Perugia: L’omelia del cardinale Bassetti della Domenica della Divina Misericordia. Il presule: «Il Signore mi ha fatto sperimentare che ovunque sbocciano fiori di bontà… La gioia della Pasqua nasce nel farsi carico delle ferite di tanti uomini e donne vicini e lontani da noi».

Il cardinale Gualtiero Bassetti, che ha celebrato la S. Messa della Domenica della Divina Misericordia (19 aprile) nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale di Perugia, trasmessa in diretta dai media e sui social, ha introdotto l’omelia raccontando la sua recente esperienza nel visitare, nel tempo del “coronavirus”, «due luoghi dove, per motivi diversi, la sofferenza umana è più acuta e più forte: l’Ospedale della Misericordia di Perugia e il Carcere di Capanne».

Luogo santo e valle di lacrime. «Ho benedetto l’ospedale, quel luogo santo dove la Croce del Signore è così viva e presente. Poi il carcere, che ti si presenta con i suoi recinti, le sue mura e con 430 persone fra uomini e donne più coloro che sono addetti ad accudirli e alla vigilanza. Un’altra valle di lacrime, di solitudine. La vita per i carcerati si è fatta ancora più pesante: non ci sono più le visite dei parenti, non sono accordati i permessi, è terminato anche quel po’ di lavoro che almeno teneva alcuni occupati. Ma il Signore mi ha fatto sperimentare che ovunque sbocciano fiori di bontà».

Esempio evangelico di condivisione. Il cardinale ha raccontato un episodio che l’«ha profondamente commosso, e che si presta – ha sottolineato –, a modo di esempio, ad essere un buon commento al brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato, dove si parla di comunione fraterna e di condivisione dei beni, come avveniva nella primitiva comunità cristiana. I detenuti si sono impegnati a fare una colletta per i malati dell’Ospedale: uno di loro, che aveva sul suo conto corrente tre euro, ne ha dati due. È un miracolo di bontà che si commenta da solo. Ricordate l’episodio della vedova del Vangelo? Aveva soltanto due spiccioli. Dare tutto, è da lì che comincia la carità vera, diceva don Primo Mazzolari. Certamente un gesto del genere è insignificante per il mondo, ma davanti a Dio quanto è grande! I suoi criteri di misura quanto differiscono dai nostri…».

La Divina Misericordia legata all’Umbria. Il presule ha anche ricordato che questa seconda domenica del tempo di Pasqua, «per volontà del Santo Papa Giovanni Paolo II, è anche la domenica della Divina Misericordia: invochiamola per noi e per tutta la società, e ringraziamo il Signore per aver ispirato la Beata Madre Speranza di Gesù a costruire quel grande santuario di Collevalenza che, della Misericordia divina, è evidente espressione».

La rivelazione cristiana. Il cardinale, nel commentare il Vangelo, ha evidenziato che la «rivelazione cristiana» sta nella frase di Gesù mentre appare ai discepoli: “Pace a voi”. «Vorrei che in questo annuncio del Signore Risorto, che dice tutto con la parola “pace”, ci sentissimo presenti anche noi, e soprattutto ci sentissimo presenti con tanta umiltà nella persona di Tommaso, perché lui rappresenta tutti noi nella sua incredulità. Spesso siamo duri nel credere e nel fidarci fino in fondo di Gesù».

Necessario mettere le mani sulle ferite altrui. «Non è necessario mettere le nostre mani sulle ferite di Gesù – ha commentato il cardinale avviandosi alla conclusione –, ma su quelle di tanti corpi feriti, di tante persone malate e indebolite, di tanti poveri, che incontriamo sulla nostra strada: sono loro che ci offrono la possibilità di incontrare il Signore Risorto. La vittoria sulla nostra incredulità e sulla incredulità del mondo inizia proprio da qui: ascoltare il Vangelo di Pasqua e toccare le ferite del corpo di Gesù, ancora piagato in tanti uomini e donne vicini e lontani da noi. È da qui che nasce la gioia della Pasqua. E noi, questa gioia, la vogliamo sperimentare. Anche papa Francesco, visitando per la prima volta Assisi ed incontrando gli assistiti dell’Istituto Serafico, disse: “in quei bambini ci sono le ferite, le piaghe del Corpo di Cristo”. Gesù ci affida il compito di curare tante piaghe, tante lacrime dei nostri fratelli».

Gubbio – #ChiesaProssima: il bilancio del primo mese di interventi. La Diocesi rilancia i servizi per l’emergenza Coronavirus

Centinaia di interventi di vario genere e migliaia di euro in contributi economici di fronte ai vari bisogni incontrati. È un bilancio molto articolato quello stilato dalla diocesi di Gubbio, dopo oltre un mese di attività dei servizi attivati dall’inizio dello “stop” del Paese per l’inizio dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19. Con il coordinamento della Caritas diocesana, a fine marzo era stata lanciata anche l’iniziativa #ChiesaProssima, per dare ancora maggiore ascolto e risposte concrete alle persone in difficoltà.
Il centro di ascolto Caritas, nelle prime cinque settimane fino a Pasqua, ha incontrato 237 persone, distribuendo 137 pacchi viveri e mettendo in campo 8.865 euro di interventi economici di vario genere.
Il numero telefonico unico per le richieste di aiuto ha ricevuto una settantina telefonate, per attivare i vari servizi. Cioè: aiuto e sostegno spirituale, centro di ascolto della Caritas diocesana, attività di tutoraggio compiti e studio e attività di supporto genitoriale, supporto psicologico, consulenza e mediazione familiare, consulenza su questioni legali, amministrative e fiscali, sostegno alla maternità e genitorialità e altro ancora.
In particolare, la socializzazione telefonica a cura dei volontari di Anteas Gubbio-Gualdo Tadino ha riguardato 48 persone chiamanti, con 103 chiamate ricevute per richieste o il solo bisogno di compagnia e 115 chiamate fatte dagli operatori per ricontattare e assistere gli utenti. Cinque chiamate hanno riguardato il servizio psicologico, con vere e proprie visite o consulti attivati a distanza. Due gli interventi di assistenza legale: uno per la sospensione delle rate di un mutuo e uno per una questione di locazione.
Il contatto mobile numero 3357894562 resta attivo per molte tipologie di assistenza. Dal lunedì alla domenica, dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 18, chi chiama troverà un operatore qualificato, pronto ad ascoltare e a offrire indicazioni utili. Tutti i servizi offerti sono completamente gratuiti e viene garantito il pieno rispetto delle normative in materia di privacy e riservatezza.
La diocesi eugubina sta rilanciando questo progetto per il secondo mese, aggiungendo un conto corrente bancario dove si possono versare aiuti economici per contribuire alle tante attività avviate per il sostegno a povertà e stato di necessità. Si possono inviare fondi con un bonifico sul conto Iban IT21R0103038480000063165776, presso il Monte dei Paschi di Siena, intestato a Diocesi di Gubbio – Caritas, con la causale “Emergenza Coronavirus – Sostegno alle famiglie”.

Perugia: Il cardinale Bassetti in visita ai detenuti, alle detenute e al personale di sorveglianza del Carcere. Il presule: «Per venire incontro alle persone verso la fine pena o in permesso, anche come Chiesa, dovremo trovare nuove forme suggerite dall’amore e dalla fantasia, e soprattutto dal Vangelo».

«Carissimi fratelli ristretti, la mia non è una visita di cortesia e neppure frutto di un invito ufficiale. Ho sentito il bisogno di essere per un po’ in mezzo a voi. Naturalmente, come i tempi del coronavirus ce lo consentono, con mascherina e guanti. E questo mi mette un po’ a disagio». Con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha salutato una rappresentanza di detenuti, di detenute e del personale di sorveglianza della Casa Circondariale in località Capanne di Perugia, nella mattinata del 18 aprile. Il cardinale è stato accolto dalla direttrice Bernardina Di Mario e dal comandante della Polizia penitenziaria Fulvio Brillo. La direttrice Di Mario, nel rivolgere il saluto di benvenuto all’ospite, ha sottolineato quanto l’arcivescovo di Perugia sia vicino e sensibile al mondo carcerario, anche attraverso la sua periodica presenza sia in occasioni belle che meno belle, condividendo con questa realtà, spesso relegata ai margini della società, le gioie e le sofferenze che la vita riserva come nel tempo del Covid-19.

Vite dei guariti profondamente segnate. «Gli altri anni, nella settimana prima di Pasqua, il Giovedì Santo – ha proseguito il cardinale Bassetti –, sono sempre venuto per la celebrazione della Cena del Signore e la lavanda dei piedi. Quest’anno vengo nella settimana di Pasqua, nel sabato che precede la domenica in Albis, seconda di Pasqua, quando coloro che erano stati battezzati nella notte del Sabato Santo, deponevano la loro veste bianca, che avevano indossato per tutta la settimana. È indubbio che stiamo attraversando tempi difficili. Il coronavirus è un nemico impietoso, che in tanti casi distrugge la vita. Ieri sono stato a visitare il grande ospedale della Misericordia di Perugia, che non è lontano da voi. Ho ascoltato la testimonianza dei medici, ho saluto gli infermieri e gli operatori sanitari. Ho potuto parlare, attraverso contatto telematico, con alcuni malati. Li ho confortati, ho pregato con loro, li ho benedetti. Ho fatto gli auguri ad un uomo ed una donna, che penso siano in via di guarigione, le cui vite però rimarranno profondamente segnate».

La libertà il più grande dono di Dio. «So quanto sia difficile, ed anche a me è costato tanto dover abbandonare il proprio impegno, la propria missione, e rinchiudermi in casa; ma io tutto sommato vivo in un episcopio grande… Penso ad alcune famiglie che conosco e che vivono, con tre o quattro bambini, in 60/70 metri quadrati: senza terrazza, senza possibilità di uscire. Penso soprattutto a voi. Sempre ho pregato per voi, come tante volte vi ho assicurato, ora la mia preghiera, avendo anche più tempo libero, nonostante le preoccupazioni per la nostra Diocesi e per l’Italia, è più supplice. Penso a tanti di voi, ristretti in spazi, certamente limitati, lontani dai vostri cari e dagli affetti più belli e naturali. Privati della vostra famiglia e della vostra libertà. La libertà, come dice Dante, è il più grande dono che Dio ci abbia fatto, creandoci».

I dimenticati dalla società. «Cari fratelli, spesso dimenticati dalla società – ha evidenziato il presule –, che risentite fra le vostre fragilità anche questa pena dell’abbandono, per voi in particolare i problemi, in questo tragico contingente, si sono certamente aggravati. Io ringrazio ancora la direzione e coloro che accudiscono il carcere, perché nella mia lunga esperienza ho sempre trovato in essi un cuore buono; ma purtroppo nessuno può fare miracoli».

Una situazione ancor più problematica. «Soprattutto in questo periodo, sono molto preoccupato anche per la grave crisi economica, che già accentuata dalla pandemia – ha detto il cardinale –, si abbatterà su tutta la nazione. I rischi per la salute, la necessaria mancanza di contatti con l’esterno, e per voi le visite e i permessi aboliti, come pure la mancanza di possibilità di qualche lavoro, fa sì che il carcere diventi ancor più problematico di quanto non lo fosse già nel passato. Forse anche come Chiesa, dovremo trovare nuove forme suggerite dall’amore e dalla fantasia, e soprattutto dal Vangelo. Ho visto, girando per l’Italia, in qualche Diocesi, delle case in cui si accolgono i carcerati quando arrivano verso il fine pena, oppure coloro che, ottenuto il permesso, non hanno la possibilità di tornare in famiglia. Credo che anche da parte della nostra Diocesi sarà opportuno pensare a tali iniziative di carità, perché particolarmente i carcerati possano sentirsi amati, rispettati e accolti».

Il pensiero corre veloce verso Capanne. «Vi sono vicino, vi penso quotidianamente – ha concluso Bassetti, rivolgendosi ai detenuti e alle detenute presenti –. Tutte le mattine, quando mi reco a pregare nella mia Cappella, il pensiero corre veloce verso Capanne. Per me voi ci siete, siete nel cuore del vostro Vescovo. Mi dia il Signore la forza, nonostante la fragilità dei miei 78 anni, di poter fare ancora qualche cosa di buono per voi, fratelli e sorelle carissimi».

Città di Castello – Centenario dalla morte di Beata Margherita da Castello

Avrebbe dovuto aprirsi solennemente domenica 19 aprile l’anno di celebrazioni per il settimo centenario della morte della beata Margherita, nata alla Metola (Mercatello sul Metauro) attorno all’anno 1287 e morta il 13 aprile 1320 a Città di Castello. Per circa due anni un comitato composto dalle diocesi di Città di Castello e di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, dai comuni di Città di Castello, Mercatello sul Metauro e Sant’Angelo in Vado e dall’Ordine dei Predicatori ha lavorato a un programma articolato in vari momenti liturgici, pastorali e culturali, accogliendo anche proposte e suggerimenti di varie associazioni. La pandemia in atto ha però imposto il rinvio delle manifestazioni programmate nei primi mesi a partire dalla solenne celebrazione di apertura, prevista per domenica prossima a Mercatello sul Metauro, dove il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, avrebbe presieduto la solenne concelebrazione eucaristica. Appena possibile, il comitato tornerà a riunirsi per ridefinire il calendario già previsto e proporre in altre date le varie iniziative.

Per ricordare la beata Margherita e segnare, a livello diocesano, l’inizio dell’anno sette volte centenario – che si concluderà il 9 maggio 2021 – il vescovo di Città di Castello, mons. Domenico Cancian, domenica 19 aprile celebrerà una messa nella chiesa cittadina di San Domenico, dove si conserva il corpo della beata. La celebrazione avverrà senza la partecipazione del popolo e secondo le norme emanate dalla CEI e dal Ministero degli Interni.

La beata Margherita

Nacque da nobili genitori (Parisio ed Emilia) nel castello di Metola nella Massa Trabaria (oggi Comune di Mercatello sul Metauro e Arcidiocesi di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado), presumibilmente nel 1287.

Margherita nacque cieca e con una difformità degli arti inferiori e a motivo di ciò il padre le costruì una cella presso la chiesa del castello per nasconderla alla vista degli altri, ma anche per proteggerla dai conflitti in atto nella zona. Fin dai sette anni la fanciulla inizia una vita di penitenza con digiuni e cilicio. Nella speranza di un miracolo i genitori la portano a Città di Castello, al sepolcro di un pio frate minore morto da poco (il beato Giacomo), ma il miracolo non avviene e Margheritaviene abbandonata dai genitori stessi in quella città. Vive girovagando e ricevendo il vitto dalla carità della gente del popolo, fino a quando è accolta nel monasteriolum di Santa Margherita, da cui però in seguito viene espulsa. Margherita trova quindi un approdo nella casa dei coniugi Venturino e Grigia, dove si comincia ad attribuirle miracoli e dove vive in orazione e praticando forme penitenziali come la disciplina. Avendo imparato da fanciulla la preghiera liturgica grazie al cappellano che di lei si prese cura, ricambia l’ospitalità occupandosi dell’istruzione e dell’educazione dei figli della coppia. Si lega ai frati Predicatori (Domenicani) del vicino convento di San Domenico, porta l’abito domenicano e frequenta la loro chiesa. La sua vita è caratterizzata da una intensa preghiera e dalla meditazione sul mistero dell’incarnazione e sulla sacra famiglia: le si attribuiscono levitazioni e la visione di Cristo incarnato al momento dell’elevazione dell’eucarestia nella celebrazione della messa. Muore nella casa di Venturino e Grigia, munita dei sacramenti a lei impartiti dai frati domenicani, il 13 aprile 1320 e subito viene sepolta nella chiesa dei Domenicani; da qui, sarà poi traslata nell’attuale chiesa di San Domenico, edificata tra 1392 e 1424, dove tutt’ora i corpo è custodito e venerato. Il culto è diffuso in Europa, America e Asia.

Le caratteristiche della sua santità

La figura di Margherita bene s’inquadra in quella schiera di nuovi santi locali, sostenuti anche dal sentimento civico proprio dell’età comunale, assorbiti dagli ordini mendicanti, nel caso specifico dai Domenicani. La santità della beata Margherita è di profilo mistico-penitenziale, incentrato sulla meditazione dell’Incarnazione di Cristo, ma le due vite trecentesche esaltano la figura cristiforme di Margherita per la sua sofferenza e povertà di vita, una povertà non solo materiale, ma anche spirituale, che la porta a rinunciare a tutto per farsi strumento della volontà di Dio. Completamente sprovvista di beni materiali e di forze fisiche adeguate, Margherita non può esercitare la carità materiale nei confronti degli altri, ma non dimentica gli altri, ai quali rivolge il suo magistero spirituale, istruendo nella vita di fede sia i figli di Venturino e Grigia che un gruppo di donne. Nella sua vita spirituale la preghiera e le devozioni occupano un posto di grande rilievo.

Il culto

Nel 1395 a Città di Castello il culto e la devozione per la beata dovevano essere già stati istituzionalizzati, poiché si trova l’esplicita menzione della festivitas et obstensiocorporis beate Margarite. Nel 1422 il comune stabilisce che ogni anno nel giorno della festa della beata sia offerto un doppiere di cera. Da questa epoca il culto per la beata è sempre più intensamente documentato.

Il culto liturgico viene autorizzato da papa Paolo V nel 1609. Negli anni Sessanta del Seicento le lunette del chiostro del convento domenicano tifernate furono illustrate con scene di vita e di miracoli di Margherita, il cui corpo, nel 1678, fu collocato, in una urna nell’altare maggiore della chiesa di San Domenico.

Margherita oggi

In cosa ci è modello oggi la beata Margherita? Non dobbiamo cedere a facili attualizzazioni, perché ognuno è figlio del proprio tempo e nella sua vicenda umana e spirituale vi sono elementi tipici della stagione storica da lei vissuta. Tuttavia, Margherita continua a insegnarci la forza della carità, la fiducia in Dio, l’accettazione di noi stessi e dei nostri limiti, la possibilità di mettersi a servizio di Dio e del prossimo qualunque sia la nostra condizione; ci insegna i valori dell’accoglienza e dell’inclusione. La sua vicenda umana e spirituale ci dice che ciò gli uomini scartano viene esaltato da Dio e da lui adoperato per realizzare un mondo più umano.

Terni – messa e supplica al santo patrono Valentino. Mons. Piemontese: “Chiediamo a san Valentino che protegga l’umanità, la nostra città e diocesi dal Coronavirus, così come in passato ha protetto la società da altri flagelli”.

Un pellegrinaggio spirituale dei ternani verso la basilica del patrono della città e dell’amore san Valentino, nel tempo del Coronavirus, per chiedere la protezione del santo, perchè con il suo sguardo benigno possa intercedere presso il Signore per liberarci dal male che ci avvolge.
Così, rappresentando l’intera comunità diocesana, il vescovo Giuseppe Piemontese ha celebrato la messa della seconda domenica di Pasqua nella basilica di San Valentino alla presenza del sindaco di Terni Leonardo Latini, del vicario generale della diocesi don Salvatore Ferdinandi, del parroco di San Valentino padre Johnson Perumittath e della comunità dei frati Carmelitani. Sul sagrato della chiesa ha benedetto la città di Terni e l’intera Diocesi con le reliquie del patrono san Valentino.
“Anche noi, come gli apostoli, siamo rinchiusi nelle nostre case a motivo del Coronavirus e siamo assaliti da varie paure – ha detto il vescovo nell’omelia -. E’ una sensazione nuova, che può aiutarci a comprendere gli apostoli e a fare l’esperienza del Risorto. Abbiamo sperimentato in queste ultime settimane cosa significhi vivere come comunità dispersa dei discepoli del Signore, impedita di incontrarsi per provare in pienezza la dimensione della Chiesa. Innanzitutto deve affiorare una maggiore consapevolezza del dono che ci viene fatto quando possiamo incontrarci come comunità cristiana per celebrare i santi misteri. Troppi cristiani ritengono non necessario se non superfluo partecipare alle assemblee eucaristiche ed ecclesiali di vario genere”.
E quindi l’invocazione a San Valentino “che col suo patrocinio protegga l’umanità, la nostra città, la nostra diocesi dalla pandemia del Coronavirus, così come in passato ha protetto la società da altri flagelli. Ci aiuti a imparare l’amore verso Dio e verso il prossimo, incontrato secondo lo sguardo di Gesù.
Ci insegni il vero amore: tra genitori e figli, tra sposi, tra fidanzati; l’amore umano nella sua tenerezza e interezza, segno e orma di quello pieno che Dio ha seminato nel cuore dell’uomo, scala che conduce al Cielo”.

L’OMELIA DEL VESCOVO

LA PREGHIERA DI INTERCESSIONE 

Il cardinale Bassetti al personale sanitario ospedaliero: «Voi non siete fuggiti»; e agli ammalati Covid-19: «abbiate anche fiducia di questi “angeli” che vi curano»

Il cardinale arcivescovo di Perugia e Città della Pieve e presidente della CEI Gualtiero Bassetti è intervenuto questa mattina con una semplice cerimonia presso l’Ospedale di Perugia per una testimonianza di solidarietà e condivisione del periodo di emergenze a pazienti e personale sanitario.

S.Em. Bassetti prima di una preghiera e della solenne benedizione nell’atrio dell’ospedale ha voluto ispirarsi alle parole del Papa pronunciate una settimana fa. “Mi hanno colpito le parole di Papa Francesco e anche io come lui penso alle tante storie di crocifissi, a quelli di oggi, a questa pandemia: medici, infermieri, tutto il personale di servizio, sacerdoti, suore, morti al fronte come soldati che hanno dato la vita per amore”. Il cardinal Bassetti è stato accolto al Santa Maria della Misericordia da una piccola delegazione di sanitari guidata dal commissario straordinario Antonio Onnis e dal sindaco di Perugia Andrea Romizi: “Se qualcuno dicesse a voi sanitari che questa è la vostra missione e la vostra professione, io rispondo no, perché ci state mettendo molto di più. Chi nella vita non ha la tentazione di fuggire davanti ad un nemico? Voi non siete fuggiti!. Se c’è una categoria di persone che conosce i rischi a cui si espone, affrontando questo tipo di pandemia, siete proprio voi, e a medici, infermieri ed operatori aggiungo anche i cappellani di questo ospedale. Sono qui – ha proseguito Bassetti – a nome della Chiesa per dirvi grazie e per ricordare tutti i sanitari deceduti in Italia. Il Papa li ha definiti “i Santi della porta accanto”, io ho guardato una per una le loro foto riportate sui giornali, volti belli di uomini e donne generosi e forti”.

Ha poi rivolto un pensiero agli ammalati prima di effettuare un collegamento via skipe con uno dei reparti di degenza Covid-19 per parlare con alcuni di loro e con il personale sanitario. “Abbiate fiducia in Dio Padre che non ci abbandona mai e abbiate anche fiducia di questi “angeli” che vi curano. Vi ho molto pensato in questo periodo in cui anch’io vivo in clausura forzata. L’ospedale è la vera casa di tutti il luogo della fiducia, dell’affidamento dove ci si mette nelle mani di un’altra persona come si faceva da bambini in braccio alla mamma”.

Il cardinale Bassetti ha voluto infine ricordare come nella chiesa dell’Ospedale ci sia la tomba “di un medico buono e generoso”, che ha saputo dare tutto se stesso al prossimo come buon samaritano: il Venerabile Vittorio Trancanelli. “Cari ammalati invocatelo che il Signore per mezzo di lui possa venire in soccorso di chi è particolarmente colpito dal male. A ciascuno di voi dico: coraggio, coraggio, coraggio non temere non sei solo”.

La fase della visita si è svolta nell’aula Montalcini del CREO, dove sono intervenuti alcuni dei professionisti impegnati in prima linea nella cura e assistenza dei malati Covid-19. Testimonianze forti, molto partecipate, a tratti commoventi proprio perché: “Abbiamo anche noi sofferto non poter fare una carezza ai pazienti, parlando con loro solo con i nostri sguardi”. E’ stata che sottolineata dagli stessi professionisti lo spirito di coesione messo in campo per fare squadra, per scambiare esperienze professionali e umane.”

Il commissario Onnis nel ringraziare il cardinal Bassetti ha voluto ripercorrere le fasi drammatiche in cui l’ospedale si è trovato nell’affrontare un fenomeno completamente nuovo, dando merito ai professionisti di aver saputo interpretare al meglio le esigenze assistenziali e organizzative di una gestione assistenziale molto complessa e sconosciuta: “Resa possibile con uno spirito di generosità e altruismo che mi ha commosso”.

Il ringraziamento finale è toccato al sindaco di Perugia Andrea Romizi “Non dimenticheremo mai questa fase della nostra vita vissuta con paura, preoccupazione e davvero abbiamo avvertito tutti come il nostro ospedale abbia arginato bene questa pandemia. – continua Romizi – Sono rimasto molto toccato dalle testimonianze dei medici e avverto in questa situazione che nessuno avrebbe dovuto vivere un clima di rinascita, come se sia nato un nuovo ospedale”.

Perugia: Ricevuto in dono da papa Francesco un ingente quantitativo di materiale sanitario per le Residenze protette per anziani del territorio. Il cardinale Gualtiero Bassetti ha ringraziato il titolare dell’Elemosineria Apostolica cardinale Konrad Krajewski

Poco dopo le 11 di stamani (17 aprile) è giunto nell’Arcivescovado di Perugia un automezzo dell’Elemosineria Apostolica Vaticana con a bordo un ingente quantitativo di materiale sanitario da distribuire alle Residenze protette per anziani del territorio perugino. Si tratta di tute, mascherine, guanti e copri scarpe monouso per il fabbisogno di queste residenze nel tempo del “Coronavirus”.

A ricevere il materiale, donato da papa Francesco su segnalazione del cardinale Gualtiero Bassetti, è stato il vescovo ausiliare mons. Marco Salvi. “Il Papa, attraverso il suo elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski – ha commentato mons. Salvi – ha voluto donare questi oggetti molto utili e richiesti dalle strutture per l’accoglienza e la cura delle persone anziane e in gravi difficoltà, convinto – come lo stesso Santo Padre ci ricorda – che “i depositi vaticani devo essere sempre vuoti””.

Il cardinale Bassetti ha contattato personalmente al telefono il titolare della Elemosineria Apostolica, il confratello Krajewski, per manifestargli la sua gratitudine e per far giungere al Santo Padre Francesco il suo vivo ringraziamo.

Vita Francescana – Dalla Porziuncola al servizio degli appestati: fra Bartolomeo Cordoni da Castello tra mistica e misericordia

Frate Francesco d’Assisi, pochi mesi prima di morire alla Porziuncola, nel Testamento ha affermato che il suo cambiamento di vita e il conseguente passaggio dalla vita mercantile a quella evangelica è avvenuto nel fare misericordia con i lebbrosi (cfr. Francesco misericordioso. La sfida della fraternità, Milano 2019). I frati Minori come il Santo fondatore vissero la misericordia in molti modi, a seconda delle esigenze del tempo storico in cui si trovavano; basti ricordare l’azione tanto attuale dei Monti di pietà con cui l’Osservanza francescana aiutava i poveri meno poveri perché non diventassero più poveri, ossia – per dirla con Stefano Zamagni – sostenere i vulnerabili per non renderli fragili e quindi accattoni.

Un personaggio tanto sconosciuto quanto importante in ciò è il beato Bartolomeo Cordoni da Città di Castello (1471-1535). Dopo aver studiato a Firenze alla scuola di Poliziano, rimase vedovo e nel 1540 a trentatré anni entrò nei frati Minori osservanti presso il convento della Porziuncola. Seguendo le orme di Gesù si prese cura degli appestati, prima a Gubbio e successivamente a Terni. Divenuto guardiano di Monteripido presso Perugia, al termine del suo servizio si recò nella terra dei non cristiani per predicarvi il Vangelo e morì a Tunisi nel 1535.

Narrò la sua esperienza spirituale e mistica, radicata nella tradizione francescana, ossia negli scritti di Francesco d’Assisi, Jacopone da Todi, Angela da Foligno, Raimondo Lullo e altri ancora nel Liber de unione animae cum supereminenti lumine. Centrale del suo pensiero e spiritualità è la chiamata a diventare per grazia ciò che Gesù è per natura – concetto ben diverso dalla fusione con Dio che finirebbe in una sorta di pantesimo –, espressione già usata da Guglielmo da Saint-Thierry che la riprende da san Massimo Confessore e diffusa in tempi più recenti dal beato Columba Marmion.

Le opere e le parole del beato Bartolomeo Cordoni da Castello lungo i secoli sono state stimolo all’Ordine minoritico a essere sempre in uno stato di riforma, come la Chiesa che semper reformanda est.

a cura di Padre Pietro Messa

Terni – il vescovo Piemontese pellegrino alla basilica di San Valentino per affidare la città alla protezione del santo dell’amore

Un pellegrinaggio spirituale dei ternani verso la basilica del patrono della città e dell’amore, san Valentino, nel tempo del Coronavirus, per chiedere la protezione del santo, perchè con il suo sguardo benigno possa intercedere presso il Signore per liberarci dal male che ci avvolge.

Così, rappresentando l’intera comunità diocesana, il vescovo Giuseppe Piemontese si farà pellegrino verso il colle dove si trova la basilica di San Valentino, sabato 18 aprile, dove celebrerà la messa della domenica, ottava di Pasqua e della Divina Misericordia, alle ore 17, alla presenza del sindaco di Terni avv. Leonardo Latini e di pochi ministri.

A termine, dal sagrato della basilica, il vescovo impartirà la benedizione sulla città di Terni e sull’intera Diocesi con le Reliquie del patrono san Valentino.

La celebrazione e la preghiera saranno trasmesse dall’emittente televisiva Teleterni e dai canali You Toube e Facebook della Diocesi di Terni Narni Amelia.

“Mentre da oltre un mese siamo tutti in quarantena – ricorda mons. Piemontese – rinchiusi nelle nostre case, avvertiamo la durezza e la sofferenza, che l’epidemia del Coronavirus ha provocato a ciascuno di noi, alle nostre famiglie e alla società.
L’isolamento, il disagio di vivere in spazi ristretti, la paura del contagio, la sofferenza per la morte di tante persone care, specie nonni, la prospettiva di un futuro economico precario o di povertà, la proibizione di partecipare alle celebrazioni liturgiche, specie alla messa domenicale, il divieto di scambiarci abbracci e altri gesti di affetto, tutto ciò unito ad altri divieti ci spinge verso considerazioni preoccupate.

La fede nel Signore ci orienta alla speranza e ad una prospettiva ottimistica. Vogliamo lasciarci illuminare dalla Parola di Dio e affidarci alla protezione dei nostri Santi, in particolare del nostro patrono san Valentino, che nei momenti difficili e di pestilenza ha fatto sentire la sua vicinanza e il suo patrocinio. Invito tutti a unirsi spiritualmente alla preghiera”.

Assisi – riapre la libreria Fonteviva. Sarà accessibile al pubblico il martedì e il venerdì dalle 9 alle 13.

Piccoli segnali di ripresa anche dalla diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino. In seguito alle nuove disposizioni del Governo per l’emergenza Covid-19, la Fondazione diocesana Opera Casa Papa Giovanni ha deciso di riaprire la libreria Fonteviva, nella sede principale di Via San Paolo n. 32 ad Assisi, tutti i martedì e i venerdì mattina dalle ore 9 alle ore 13.

“Con la parziale riapertura della libreria Fonteviva – dichiara Daniela Fanelli, direttore dell’Opera Casa Papa Giovanni – vogliamo dare un piccolo segnale di ripartenza, nel rispetto delle normative previste per l’emergenza Covid-19. La libreria – aggiunge – offre la sua ricca collezione di libri religiosi per tutti i livelli, anche universitari, di best seller, ultime pubblicazioni e una sezione dedicata ai bambini”.

Riapre così una storica attività di Assisi, fondata dopo il Concilio Vaticano II da Don Aldo Brunacci, con l’intento di offrire un servizio di aggiornamento dedicato alla numerosa comunità religiosa e non, presente nella città di Assisi specializzata nella vendita di libri, film, musica, oggettistica religiosa, con un occhio di riguardo per il settore francescano. La libreria possiede anche una ricca collezione di testi non religiosi, come i grandi classici della letteratura italiana e straniera, e una sezione specifica per i bambini.

È disponibile anche tutto il materiale sulla Shoah e sul venerabile Carlo Acutis, presente nel bookshop annesso al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944”, situato in piazza Vescovado n. 3, che resta invece chiuso.

Per ordini online e ulteriori informazioni, anche fuori dagli orari di apertura, si può fare riferimento ai seguenti contatti: 075/812467 – 340/2750903 libreriafonteviva@yahoo.it .