Perugia – Assemblea ecclesiale “Profezia di una presenza”. L’arcivescovo Maffeis: “Abbiamo dato volto e voce a una Chiesa Mater e Magistra”. Ricordando don Lorenzo Milani, l’invito a “sbattere la porta da didentro”

“Penso che di cose ne abbiamo ascoltate tante e, quindi, io sono libero di non dirvi altro. Questa è la prima buona notizia”. Con tono scherzo, ma anche molto soddisfatto, l’arcivescovo Ivan Maffeis si è rivolto, al termine delle sintesi relazionate da ciascun moderatore dei 26 gruppi di lavoro, ai 260 partecipanti alla due-giorni dell’Assemblea ecclesiale “Profezia di una presenza”.
L’arcivescovo, nell’annunciare che l’Assemblea si darà appuntamento il prossimo autunno, all’inizio del nuovo Anno pastorale, dopo che in estate un gruppo ristretto elaborerà quanto è emerso durante le plenarie e nei lavori di gruppo, ha voluto concludere citando l’enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII. “Una Chiesa – ha commentato – a cui abbiamo dato volto ed è maestra perché è madre. Noi sappiamo che le mamme hanno quella capacità di ascolto, di intuizione, di stare nelle situazioni ed anche di orientare. Credo che il volto della Chiesa a cui oggi, insieme, abbiamo dato anche voce sia proprio questo. Una Chiesa che è madre e grazie a questo diventa o resta, ancora e anche nel mondo di oggi maestra, nel senso che è stato ricordato, nelle sintesi delle relazioni di un paio di gruppi, la figura di don Lorenzo Milani, maestro ed educatore che oggi ne ricordiamo i cento anni dalla nascita”.

Restare fedeli alla propria Barbiana.
“È stato un uomo – ha proseguito mons. Maffeis – che ha amato i ragazzi e ha consacrato la sua vita al Vangelo, la fedeltà a loro e ha amato la Chiesa. Io mi sono innamorato di don Milani per l’amore che ha avuto per la Chiesa. Se uno va a Barbiana e si reca al cimitero, vede quella semplice tomba tra tante altre, capisce davvero quest’amore, quello di un uomo che ha avuto forza e franchezza, anche asperità in certi suoi passaggi, ma ha sempre amato la Chiesa. Don Lorenzo ci insegna che possiamo anche sbattere la porta – penso alle tante “Porte” di cui abbiamo parlato tra ieri ed oggi -, ma dobbiamo sbatterla dal didentro, non sbatterla per andarcene. Sbattiamo la porta quando serve, ma amiamo la Chiesa al punto tale di essere consegnati come don Milani a qualcosa che umanamente sembra molto piccolo, irrilevante: Barbiana. Ciascuno di noi ha una Barbiana a cui restare fedeli”. Mons. Maffeis ha concluso con un “arrivederci-augurio” che è anche un impegno di fede: “Ci vediamo questo autunno e buona festa di Pentecoste a tutti!”.

In apertura della seconda giornata (sabato 27), il teologo perugino don Alessio Fifi ha proposto una riflessione sulle “Porte dell’oppressore”, utilizzando come metafora le “porte del carcere di Erode”. Porte, ha precisato, che “rappresentano i nemici del Vangelo che vogliono impedire il suo annuncio, che la Chiesa sa ben affrontare… Un problema preoccupante, invece, è quando a non aprirsi al mondo sono le nostre ‘Porte’ per mancanza di fede e per l’incredulità verso la gioia del Risorto”.

Partendo dal concetto che “la Chiesa non è una consultazione popolare, ma un’azione spirituale voluta dallo Spirito Santo”, don Giovanni Zampa, teologo e biblista, vicario episcopale per la Pastorale della Diocesi di Foligno, ha aperto la sua relazione molto condivisa dai 260 partecipanti. “Siamo in assemblea – ha evidenziato – per farci rinnovare da Dio, perché alla base della vita cristiana c’è Lui. La Chiesa è una tenda dove il Risorto è al centro, non può essere clericale con vescovi e parroci leader indiscussi. Il fulcro della Chiesa è Dio come ci indica l’Apocalisse. Dobbiamo ringraziare il Papa che sta ricucendo la frattura tra Clero e popolo. E la Chiesa è un popolo, non delle mura, che deve recuperare le sue categorie oggi troppo lasciate ad altri.
“È il popolo che recepisce la fede e la comunica al di fuori della Chiesa, che, con i suoi tanti carismi, grazie allo Spirito Santo, deve essere luogo di incontro, accoglienza, sostegno e non deve temere il rinnovamento e, attraverso le sue pluralità, aprirsi a tutti”. Don Giovanni Zampa ha concluso elencando almeno sette “Porte della Chiesa” di Perugia-Città della Pieve, ma dell’intera Chiesa umbra, che devono aprirsi il più possibile per essere testimoni credibili del Risorto. Soprattutto, ha auspicato, “avere come Chiesa il coraggio di farle varcare al suo popolo”.

Dalla “Porta della preghiera”, perché è necessario ritornare a pregare “come ci dice il primato di Dio”, alla “Porta della missione”, di una “Chiesa in uscita che apre alla conversione”. Dalla “Porta dell’abitare la Chiesa nella fraternità”, ad iniziare da “una maggiore comunione tra sacerdoti”, perché “la solitudine uccide sia loro che i laici”, alla “Porta della Chiesa aperta di più al laicato”. E poi l’importanza del tenere aperte le “Porte” nei confronti della famiglia, “chiamata a salvare la società dopo le tempeste del nostro tempo”, e dell’Università, che a Perugia conta 37mila studenti, un popolo, quello studentesco, che “non può essere abbandonato e senza visione, perché diventa sfrenato”. E non da ultima l’esortazione a spalancare la “Porta dei poveri, dei più fragili”, riferendosi anche al luogo scelto per l’Assemblea, perché, ha sottolineato il sacerdote folignate, “sono il tesoro della Chiesa insieme all’Eucaristia”.

Evangelizzati dai poveri.
“I relatori hanno parlato di alcune ‘porte’ e ‘provocazioni’ dove poter vivere la nostra presenza come profezia e tra queste, soprattutto, la ‘Porta dei poveri’”. È il commento, a margine dell’Assemblea, del direttore dell’Istituto Don Guanella, don Giovanni Amico, che ha precisato, “la porta dei poveri, inserita nel contesto dove ci troviamo, mi fa venire in mente una sorta di provocazione che era un po’ il ritornello al tempo della mia formazione come guanelliano: ‘i poveri ci evangelizzano’. La ‘Porta della povertà’ non è un luogo dove dobbiamo avere la pretesa di evangelizzare, ma il desiderio e l’umiltà di essere evangelizzati dai tanti fratelli ultimi e fragili, scartati dalla società”.

Una visione bella di Chiesa con più bisogno di raccordarsi.
Sempre a margine dell’Assemblea ecclesiale, la riflessione del vescovo di Città di Castello e di Gubbio, mons. Luciano Paolucci Bedini, che ha guidato una delegazione di “osservatori”, sacerdoti e laici, delle sue comunità diocesane. “E’ un’occasione per le Diocesi che fanno parte della stessa Metropolia – ha precisato il vescovo – di condividere prima di tutto un ascolto importante di alcuni relatori che ci hanno aiutato a guardare avanti, con una visione bella di Chiesa verso un cammino di discernimento e rinnovamento pastorale. Ho pensato insieme ai collaboratori del Cammino sinodale delle mie Diocesi di vivere queste due giornate perché facciamo, in fondo, tutti lo stesso cammino ed anche in Umbria abbiamo bisogno sempre più di raccordarci e di pensare che tante cose le possiamo viverle insieme”.

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Assemblea diocesana 2023 – “Profezia di una presenza” – 26-27 maggio 2023 – Diocesi Perugia