“L’Eucaristia è davvero il ponte gettato tra cielo e terra. Fare della nostra vita un’esistenza eucaristica, è il programma della Chiesa. Don Vittorio lo sapeva e lo insegnava. Soprattutto lo testimoniava”. Lo ha detto il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, all’omelia delle solenni esequie di monsignor Vittorio Peri, celebrate giovedì 26 agosto ad Assisi, nella cattedrale di San Rufino.
Hanno concelebrato il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze; il vescovo di Terni-Narni-Amelia, monsignor Giuseppe Piemontese; il vescovo di Orvieto-Todi, monsignor Gualtiero Sigismondi e monsignor Marcello Bartolucci, segretario emerito della Congregazione della Causa dei Santi, il clero locale e di altre diocesi. In tanti hanno voluto dare l’ultimo saluto al vicario giudiziale e vicario episcopale per la cultura della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, particolarmente attivo in ambito associazionistico.
Durante l’omelia monsignor Sorrentino ha ricordato che il “caro don Vittorio, come persona, persino nel suo fisico, era uno che gustava la bellezza della vita. In qualche modo, la celebrava. Sul letto del dolore – ha detto il vescovo – , mi ha rievocato la sua esperienza di estimatore dello sport, che aveva conosciuto da vicino nel suo servizio al Centro Sportivo Italiano. Ne aveva decantato i valori anche spirituali. Quando le sue gambe hanno cominciato a cedere, ha dovuto con fatica rassegnarsi. Fino a che ha potuto, ha camminato. È stato anche in questo un testimone di una vita positiva e bella, di un cristianesimo che recalcitra ai colori lugubri, perché tutto illuminato dalla luce della Pasqua. Ma era uno che camminava soprattutto col suo spirito, con la sua mente aperta e rigorosa, con il suo animo attento ai segni dei tempi, con il suo cristianesimo ‘conciliare’, che gli faceva sentire la gioia del Vangelo e l’amore per la Chiesa. Di questa voleva ardentemente il rinnovamento pastorale, disegnandolo da canonista che aveva una concezione vitale del diritto, promuovendolo concretamente nelle responsabilità da lui espletate accanto al mio predecessore, come vicario generale, e a me come vicario giudiziale e vicario episcopale per la cultura. Alcune cose – ha continuato il vescovo – erano sua preoccupazione costante. In modo particolare gli premeva una visione di Chiesa che, come il Concilio insegna, è l’universale che si invera nel particolare, la ‘catholica’ che si fa presente qui ed ora nella Chiesa locale, e soprattutto nel mistero eucaristico”. Commosso monsignor Sorrentino quando ha ricordato il suo ultimo incontro con don Vittorio di qualche giorno fa. “L’affetto che dimostrava al vescovo era davvero esemplare. Me ne ha voluto dare qualche giorno fa un’ultima testimonianza con dei gesti e delle espressioni del volto, che mi rimarranno nel cuore. Erano le uniche cose che poteva fare, quando ormai anche la parola si spegneva sulle sue labbra. Chi gli stava intorno, e da giorni non lo sentiva più parlare, quasi in totale assenza, si è meravigliato quando, al sentire la mia voce, si è come risvegliato, ha tentato invano di parlare, ma gli occhi sono diventati luminosi, ha voluto prendermi la mano e baciarmela, e ha fatto un’espressione di grande tenerezza, quando gli ho mostrato dei disegni dei ragazzi del Serafico, un Istituto che gli stava nel cuore, come gli stavano a cuore i poveri, ai quali ha pensato, attraverso la Caritas, nel suo Testamento. Molta parte del servizio ecclesiale di don Vittorio – ha ricordato ancora monsignor Sorrentino – si è sviluppata nello studio e nell’insegnamento. L’Istituto Teologico di Assisi – ha detto – deve molto a lui, ed egli non lo ha dimenticato fin sul letto di morte. La sua cultura e la sua acribia erano note. Hanno formato tanti presbiteri, diaconi, laici, persone di vita consacrata della nostra regione, e, attraverso le sue conferenze, in tutta Italia. Ho sentito in questi giorni testimonianze commosse di suoi ex alunni. Ci mancherà. A me in particolare mancheranno le sue revisioni ai miei testi. Tra quanti ne ho elaborati nel mio ministero assisano da quindici anni a questa parte, non ve n’è uno solo che non sia passato previamente sotto i suoi occhi, e quando mi arrivavano le sue osservazioni e i suoi suggerimenti, pignoli fino alle virgole, per me era un sospiro di sollievo. Mi sentivo davvero sicuro. Tempra di evangelizzatore qual era, fino alle ultime battute della sua vita si è speso a sminuzzare, con la sua limpida prosa, i temi della fede, convinto che è ora più che mai di far sul serio con l’annuncio del Vangelo”.
Al termine della santa messa sono seguite alcune testimonianze che hanno evidenziato il grande spessore umano e spirituale di monsignor Peri, la sua vicinanza agli ultimi e ai giovani. È stato inoltre comunicato che la sua casa “continuerà ad essere viva e aperta e diventerà il Convento della Divina Misericordia”.