L’obiettivo minimo è quello di restituire alle case il nome di Gesù e la proposta del Vangelo. L’obiettivo finale, secondo quanto lo Spirito di Dio darà di ottenere, è: promuovere famiglie davvero evangeliche, centrate sul matrimonio cristianamente inteso, o accompagnate nel cammino cristiano se si tratta di situazioni matrimoniali e familiari in difficoltà; nelle case e tra le case, mettere insieme membri di diverse famiglie in piccoli gruppi (7 – 15 persone), promuovendo una rete di famiglie spirituali secondo il nostro progetto diocesano del rinnovamento parrocchiale”. Lo scrive il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino nel piano pastorale consegnato domenica 12 settembre al termine della celebrazione eucaristica nella Basilica di San Maria degli Angeli e illustrato il giorno prima nel corso dell’assemblea diocesana dal titolo “Tessere relazioni”. “Quello che vi consegno – scrive il vescovo – non è un piano pastorale: è piuttosto il programma che lo declina. Il piano lo abbiamo già, per un triennio (almeno), ed è tutto centrato sull’amore. La prima tessitura di relazioni – ha spiegato ancora il vescovo – me la aspetto innanzitutto tra gli uffici e le commissioni di Curia. In particolare l’Ufficio per il rinnovamento pastorale con le piccole comunità – cardine organizzativo della missione – l’Ufficio catechistico, l’Ufficio Liturgico, l’Ufficio per la pastorale familiare e la Caritas lavorino in grande sinergia, quasi come fossero un unico Ufficio. Questi Uffici formano l’équipe centrale della missione, che farà capo direttamente a me e ai miei immediati collaboratori”. Nel piano monsignor Sorrentino indica poi gli altri step da seguire affinché la missione si svolga ovunque. “Alle singole parrocchie – aggiunge ancora – si cercherà di dare l’aiuto di équipes missionarie che possono rendersi disponibili (una o più a seconda delle possibilità e necessità): équipes formate con una logica di complementarietà (ad es. un prete, un diacono, un religioso o religiosa, uno o due laici, meglio una coppia di sposi)”. Il segreto per fare tutto questo è, secondo il vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, la preghiera. “Se la nostra missione non comincia dal cenacolo, sarà un battere l’aria. Chiedo pertanto, cari fratelli e sorelle, di metterci tutti in preghiera. Una preghiera ardente, implorante, adorante (incrementiamo l’adorazione eucaristica, come naturale eco della celebrazione). La si faccia da tutti: monasteri, comunità di vita consacrata, parrocchie, famiglie, singoli. Le espressioni potranno essere le più varie. Ma una in particolare può darci un senso di concretezza e di unità: la nostra preghiera diocesana”. Della necessità di recuperare esperienze familiari ha parlato anche l’arcivescovo di Modena-Nonantola e vice presidente della Cei monsignor Erio Castellucci durante la sua relazione sul tema “Chiesa come famiglia, famiglia come Chiesa: al cuore dell’annuncio del Vangelo”. “Oggi abbiamo modelli di relazioni spesso sono segnati dall’aggressività. Non c’è tempo e desiderio di ragionare. Noi dobbiamo andare controcorrente se vogliamo essere interessanti. Dobbiamo tessere relazioni a cominciare dai più vicini”. Nel soffermarsi sull’esperienza derivata dalla pandemia monsignor Castellucci ha evidenziato che “anche prima di essa facevamo discorsi sulla centralità delle relazioni. Avevamo capito che non è più l’epoca delle grandi manifestazioni, ma è l’epoca della profondità”. L’arcivescovo ha poi parlato delle cinque crisi degli ultimi venti anni: la crisi del terrorismo, la crisi economico-finanziaria, la crisi migratoria, la crisi ecologica e la crisi sanitaria. “Si tratta di crisi – ha detto – che producono fatiche, ma anche che le svelano. Queste crisi – ha aggiunto – sono come le eruzioni del vulcano. C’è sempre la lava, il magma dentro al vulcano e ogni tanto si vede. Dentro queste crisi c’è sempre il problema delle relazioni. Noi siamo un fascio di relazioni”.
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