Gubbio – “A gonfie vele”, l’iniziativa estiva degli oratori diocesani per bambini e ragazzi

Uno strumento per aiutare ragazzi e bambini a vivere insieme le attività estive, nonostante le difficoltà di questo momento di pandemia. Nasce con questo obiettivo “A gonfie vele”, il giornale settimanale frutto del lavoro degli animatori dell’oratorio cittadino “Don Bosco” di Gubbio e di varie altre parrocchie della diocesi che hanno aderito al progetto.
“Lo abbiamo pensato come un diario di bordo attivo – spiegano don Andrea Svanosio e il diacono Mirko Nardelli – in cui poter raccontare, settimana dopo settimana, una storia diversa”.
Dal lunedì alla domenica le pagine prenderanno vita, grazie ai personaggi che le popoleranno, ai momenti di preghiera, ai giochi e agli enigmi, ai fumetti e ai laboratori proposti. Il tutto con materiali da scaricare con il computer e stampare, e con contenuti speciali da scoprire attraverso i Qr code che si trovano sulle pagine. “A gonfie vele” arriverà ai ragazzi grazie alla rete diocesana degli animatori di pastorale giovanile e avrà lo scopo proprio tenere compagnia ai giovanissimi, invitandoli anche a ritrovarsi in piccoli gruppi negli oratori parrocchiali, nel rispetto delle disposizioni per la sicurezza sanitaria e il distanziamento sociale.
Nella seconda metà del mese di luglio, infatti, sono in programma due o tre settimane di centro estivo in presenza, presso l’oratorio cittadino di via Massarelli, come anche in altre parrocchie diocesane.
“Con l’estate il vento torna a soffiare e le nostre vele possono farci ripartire”, incoraggia il vescovo Luciano Paolucci Bedini. “Perciò, ragazzi coraggio! Un passo per volta torniamo a navigare, non sulla rete digitale, ma nella vita concreta. C’è bisogno che ognuno prenda il suo posto e dia il massimo”.
Il primo numero di “A gonfie vele” servirà ad “animare” la settimana tra il 22 e il 28 giugno ed è realizzato dalla redazione centrale che, nelle prossime settimane, passerà il timone del giornale alle redazioni periferiche di Padule, Torre e Spada, Cipolleto e Ponte d’Assi, Semonte e Casamorcia, in attesa di altri animatori-redattori come quelli di San Marco e di altre parrocchie diocesane. La supervisione grafica e creativa dell’intero progetto è curata da Federico Venerucci.
Si può contattare la redazione centrale – anche per richiedere copie del giornale – scrivendo una mail a redazione.agonfievele@gmail.com oppure chiamare e scrivere messaggi al numero 3491596125.

Gubbio – Il vescovo Paolucci Bedini annuncia nomine e trasferimenti nelle parrocchie diocesane

Continua il percorso di riorganizzazione delle parrocchie e delle zone pastorali della diocesi di Gubbio, iniziato da mons. Luciano Paolucci Bedini circa un anno fa con l’annuncio delle prime nomine e di alcuni spostamenti tra i sacerdoti.
Nell’ultima riunione del clero diocesano, il Vescovo ha annunciato altre decisioni, sulle quali stava lavorando da tempo. Don Gaetano Bonomi Boseggia viene trasferito dalla parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice di Padule a quella di Cristo Risorto a Umbertide. Il parroco di quest’ultima comunità, don Luca Lepri, torna a Gubbio a disposizione della pastorale diocesana e per dedicarsi all’insegnamento presso l’Istituto teologico di Assisi. Don Cristoforo Przyborowski sarà il nuovo parroco delle comunità di Padule e San Marco a Gubbio, mentre don Francesco Menichetti sarà il nuovo parroco della zona pastorale di Mocaiana (che comprende Loreto, Monteleto, San Benedetto Vecchio e Camporeggiano). Infine, a don Mauro Salciarini sarà affidata la comunità di San Martino in Colle.
Tutte le nomine e i trasferimenti saranno operativi dal primo settembre prossimo, per la ripresa a pieno ritmo delle attività pastorali parrocchiali. È invece già operativa dal 19 giugno la nomina di Luca Uccellani come nuovo direttore della Caritas diocesana, al posto di don Roberto Revelant. Uccellani era vicedirettore e in passato era già stato anche direttore.

Foligno – Il primo giorno dell’oratorio estivo in Diocesi

Il saluto attraverso lo schermo di un pc. Autocertificazioni all’ingresso, misurazione della temperatura corporea, igienizzazione delle mani e tutti in mascherina. E’ iniziato così il cammino estivo degli oratori di Foligno. Un cammino che la pandemia ha reso più difficoltoso ma che, anche in un periodo decisamente particolare, non si è fermato. Nei prossimi giorni operatori e animatori formati e preparati accompagneranno bambini e ragazzi nel divertimento e nella riflessione, in un luogo che da sempre ha rappresentato il cuore pulsante delle comunità, capace di rinsaldare relazioni e legami.

Ma cosa significa “oratorio” ai tempi del Coronavirus? “Significa speranza e sicurezza nel futuro – spiega don Luigi Filippucci dell’Unità pastorale ‘Sant’Eraclio-Cancellara’ -, perché il ritrovarsi in se stessi ed insieme agli altri dà la speranza di un futuro certo. Non esistono virus che possono mettere fine alla speranza e alla gioia. Ogni uomo è gioia ed è chiamato a donarsi agli altri perché di fronte a sé vede chi si è donato in maniera incondizionata: quel Dio in Cristo che è parte del cammino degli oratori”.

Quella scelta dalla Conferenza episcopale italiana e recepita anche nelle realtà folignati è la via degli “oratori arcipelago”. Bimbi divisi in più gruppi e sparsi per il territorio. Così si evitano assembramenti, lasciando libero spazio al divertimento. Ogni “isola” sarà seguita sempre dagli stessi operatori e utilizzerà sempre gli stessi spazi. Oltre a ritrovare gli altri, questa innovativa formula permetterà di intensificare anche il rapporto con il territorio. “La gioia – afferma don Luigi Filippucci – è data anche dalla scoperta di ciò che abbiamo avuto in dono: il Creato. Mi riferisco a territorio, natura, persone, realtà e beni che ci circondano. La gioia è arricchita dall’essere insieme presenti ed operanti”. Nel primo giorno di laboratori estivi è arrivato anche il saluto dell’assessore alle politiche sociali, Agostino Cetorelli: “Vi auguro un buon gioco e un buon cammino, godete di questi momenti di speranza per tutti noi”.

In attesa dell’avvio degli oratori delle altre Unità pastorali, quello di Sant’Eraclio (diviso in cinque “isole” sparse per il territorio: Sant’Eraclio, San Pietro, Santo Stefano dei Piccioni, Colle Scandolaro e Cancellara) conta circa 85 ragazzi e 30 educatori che si muovono nel solco delle linee guida del Dipartimento per le politiche della famiglia e dell’ordinanza della Regione Umbria. Dal documento “Aperto per ferie” della Cei invece la progettazione dell’estate negli oratori. Progettazione partita con la preziosa formazione degli educatori, attraverso incontri via web con gli esperti.

Fabio Luccioli

Gubbio – “O lume della fede”, il libro-omaggio al patrono Ubaldo per aiutare le famiglie in difficoltà

“Un maggio straordinario, a causa delle conseguenze della pandemia che si è abbattuta sul mondo, ha significato per Gubbio anche la modifica delle tradizionali modalità di espressione del solenne omaggio al suo Patrono sant’Ubaldo. La Festa dei Ceri, con tutte le sue travolgenti ritualità, è stata sospesa, e così anche le celebrazioni religiose consuete si sono svolte in un clima sospeso, mancanti di alcune espressioni popolari cariche di devozione. Ne è emerso un percorso diverso, originale per alcuni aspetti, molto partecipato, non meno intenso, anzi a tratti più profondo e sentito”.
Si apre così il volume di 48 pagine che raccoglie omelie, meditazioni e immagini fotografiche salienti del maggio 2020, a testimonianza e per trasmettere la memoria delle celebrazioni ubaldiane presiedute dal vescovo di Gubbio, mons. Luciano Paolucci Bedini, e dal cappellano dell’Università dei muratori, scalpellini e arti congeneri, don Mirko Orsini.
“Abbiamo voluto raccogliere – continua l’introduzione del libro – le immagini e i testi che lo hanno segnato perché non si perdano, e per tutti divengano memoria e testimonianza di come il popolo eugubino ha saputo e voluto non mancare all’appuntamento con il suo Concittadino, Padre e Pastore. In suo onore, e nella fedeltà ai suoi insegnamenti, offriamo queste pagine a chi vorrà partecipare così a un ulteriore gesto comune di fraterna solidarietà in questo duro tempo di prova. Le offerte raccolte infatti saranno devolute alla Caritas diocesana per soccorrere le famiglie più in difficoltà”.
Il libro si intitola “O lume della fede – Omaggio a Sant’Ubaldo” e, oltre ai testi, contiene numerose immagini fotografiche realizzate da alcuni fotografi eugubini che hanno messo a disposizione gratuitamente i loro scatti per contribuire agli scopi benefici della pubblicazione. Sarà possibile reperire il volumetto presso le parrocchie della diocesi eugubina e attraverso le famiglie ceraiole, l’Università dei muratori e il Maggio Eugubino. Le offerte raccolte saranno devolute alla Caritas diocesana per il sostegno delle famiglie con difficoltà economiche, che la Chiesa eugubina sta aiutando in modo speciale fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria nel mese di marzo.
“Ci è sembrato bello – ha detto il vescovo Luciano in occasione della presentazione del libro – realizzare un segno che potesse far parte del patrimonio di ogni famiglia eugubina per ricordare questo maggio straordinario e abbiamo legato questa iniziativa anche un gesto di carità, pensando come anche gli insegnamenti di sant’Ubaldo ci ricordano che la preghiera andrebbe sempre legata all’attenzione verso i più poveri”.
“Molti eugubini – ha spiegato don Mirko Orsini – dopo aver vissuto virtualmente i momenti di preghiera e le celebrazioni di maggio attraverso il web e la tv, ci hanno chiesto di poter avere i testi da conservare e rileggere. Così è nata l’idea del volume che mettesse anche le fotografie di questi momenti di ‘festa senza festa’ insieme a meditazioni e omelie”.

Assisi – Presentato il nuovo libro del vescovo al Sacro Convento

“Credo che questa crisi ci aiuta a capire che l’Evangelii gaudium è la prospettiva e il libro del vescovo Sorrentino è un’applicazione pratica per capire l’Evangelii gaudium”. Lo ha detto il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo metropolita di Bologna durante la presentazione del libro scritto dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, intitolato “Crisi come grazia. Per una nuova primavera della Chiesa” che è stato presentato sabato 20 giugno al Sacro Convento di Assisi. Un libro che come ha detto Luca Diotallevi, professore di sociologia all’Università di Roma nel suo intervento, seguito all’introduzione di Piero Felice Damosso, caporedattore centrale del Tg1, “doveva essere scritto perché non parla del Vangelo sine glossa, ma ha al centro dei capitoli uno spazio ideologico, uno spazio di analisi sociale e un risvolto di ricostruzione storica che non sono secondari rispetto alla comprensione della Parola del Vangelo, ma ne sono condizione”.
Le conclusioni sono state affidate al vescovo, il quale ha detto che “quello che ho tentato di dire è qualcosa che sta dentro un’esperienza, una storia, una vita”.
Un’altra presentazione del libro è prevista per mercoledì 24 giugno a Roma alle ore 17,30 nella sala Convegni della Comunità di Sant’Egidio in via della Paglia n. 14 b.

Perugia – solennità del Corpus Domini. Il cardinale Gualtiero Bassetti: «Nutrirsi dell’Eucaristia per vivere in pienezza la nostra vita»

Carissimi fratelli e sorelle, nella pagina del libro del Deuteronomio, poco prima che il popolo di Israele entri nella Terra promessa, Mosè ricorda quanto Dio ha compiuto per essi: ha liberato gli Ebrei dall’Egitto, e non ha fatto mai mancare la sua Provvidenza: pensate ai quarant’anni nel deserto. Due sono i segni su cui Mosè si sofferma nella lettura ora proclamata: l’acqua, elemento essenziale per la vita, e la manna.

La Chiesa e il deserto globalizzato. Mi torna alla mente quanto ho avuto occasione di scrivere alla nostra Chiesa di Perugia, il 23 aprile, proprio nel tempo di deserto, che la pandemia ci ha costretto a vivere. Dicevo: «A un tratto ci siamo trovati nel deserto, esattamente come è accaduto al popolo di Israele. Quante volte, nel mondo cristiano, ci siamo riempiti la bocca di questa parola, il deserto: “facciamo un momento di deserto!”. Cioè prendiamoci uno spazio, un tempo di preghiera e solitudine. Ma si trattava di un deserto che avevamo scelto noi e che, alla fine, ci dava anche un po’ di gratificazione. Oggi, invece, – scrivevo – ci troviamo in un deserto che non abbiamo scelto, che ci appare pieno di pericoli mortali e del quale non si vede ancora la fine. E la Chiesa condivide con l’intera umanità questa improvvisa condizione di deserto globalizzato. Come riuscire a viverla? Questo è il punto su cui può venirci in aiuto la parola di Dio: che cosa ci può dire la Scrittura in relazione al deserto? E al deserto dei nostri giorni?».

L’Eucaristia, il pane che ci nutre ogni giorno. Cari fratelli e sorelle, le letture di questa solennità ci permettono ancora di capire, forse più di quanto non avessimo mai compreso prima, quanto importante fosse la manna per Israele, e anche quanto – per noi discepoli di Gesù – sia così prezioso il “pane disceso dal cielo”, che è l’Eucaristia, il Corpo e Sangue di Cristo.

Nel tempo appena trascorso, anche se i presbiteri non hanno cessato di offrire nella celebrazione quotidiana dell’Eucaristia il corpo di Cristo per tutti, pregando incessantemente per il bene della Chiesa e del mondo, il fatto che a molti fedeli sia mancata la possibilità di nutrirsi del “pane del cielo” ha indubbiamente fatto crescere il desiderio e la nostalgia per quel dono di Dio.

L’Eucaristia infatti è il pane che ci nutre ogni giorno, e come si legge nella pagina del Vangelo appena proclamato, senza quel pane non abbiamo in noi la vita (cf. Gv 6,53). Così, come ogni giorno chiediamo al Padre il “pane quotidiano”, che non può mancare sulle nostre tavole, nelle nostre famiglie, così la Chiesa ha compreso che senza l’Eucaristia non possiamo vivere.

Privati della Mensa della Parola e dell’Eucaristia. Per tornare al tempo di pandemia che abbiamo trascorso, certamente sono state molto importanti le occasioni di preghiera a cui si è potuto partecipare attraverso i mezzi di comunicazione di massa; ricordo non solo la Messa quotidiana a Santa Marta con Papa Francesco, ma anche il momento straordinario di preghiera tenutosi sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il 27 marzo 2020: qualcuno ha definito questo evento uno dei più significativi del suo Pontificato. Ma se queste e altre occasioni ci hanno permesso di rafforzare la nostra preghiera nella “chiesa domestica” che è la famiglia, solo con la partecipazione alla Mensa della Parola e dell’Eucaristia si è tornati a quello che Gesù ci ha chiesto di fare, quando ha detto in quell’ultima cena: «Fate questo in memoria di me» (1Cor 11,24).

C’è fame di vita, ma purtroppo non si sa vivere. Mi colpiscono, in modo particolare, nella giornata odierna, ma anche nel contesto in cui viviamo, le parole di Gesù che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. In queste parole si sottolinea per ben tre volte la parola “vita” e “vivere”. Molti, purtroppo, trascorrono il loro tempo senza sapere o senza porsi il problema del perché si vive. È come se il perché della vita sfuggisse. L’uomo moderno è bravissimo, sa tante cose, ma spesso non sa perché vive. Si tratta di una grande contraddizione.

Pur cogliendo attorno a noi fame di vita, purtroppo non si sa vivere. Anzi, si fa di tutto per sopprimere la vita. Le cronache quotidiane sono piene di esempi. Forse non abbiamo ancora capito che la vita è un dono, un grande, meraviglioso dono di Dio, che va rispettato, custodito, alimentato come una fiamma santa.

Una vita senza senso è una vera tortura. Avete ascoltato il Vangelo: ci parla di vita! Tocca a noi, fratelli, trovare il senso dell’esistenza, se vogliamo essere persone autentiche. Perché, e lo possiamo ben constatare, una vita senza senso è una vera tortura, un peso opprimente. E dove, noi cristiani, possiamo trovare il senso più pieno della nostra vita e di quella degli altri, se non nell’Eucarestia, il sacramento nel quale Cristo si dona a noi, pane di vita?

Oggi celebriamo in modo solenne il mistero dell’Eucarestia. Un mistero di fede, di amore e di vita. “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Cristo si è rivestito delle apparenze del pane, per farci capire che Lui è l’alimento, il principio interiore, rinnovatore della nostra povera esistenza terrena!

Nell’Eucarestia Dio si fa “piccolo”, si fa “cibo”. Fratelli, adoriamo, amiamo, godiamo l’Eucarestia. Cristo si dona totalmente per essere a disposizione di tutti. Noi siamo affamati di vita e Lui ha fame di noi. Disse ai suoi discepoli nell’ultima cena: “ho desiderato ardentemente di consumare questa cena con voi…”.

Nutriamoci di Lui, se vogliamo vivere in pienezza la nostra vita. Diceva Sant’Antonio di Padova, di cui ieri abbiamo fatto memoria: “Alcuni a motivo del rispetto che nutrono per il corpo di Cristo dicono: “Signore, non son degno”, e perciò si astengono dall’accostarsi con frequenza all’Eucarestia; ma altri, proprio per onorare il corpo di Cristo, lo ricevono con gioiosa riconoscenza”. Nell’Eucarestia Dio si fa “piccolo”, si fa “cibo”, per essere in piena comunione con noi, adattandosi a noi, che siamo così piccoli. Come potremmo ricambiare questo amore, se non adorandolo e ricevendolo con altrettanto amore?

Gualtiero card. Bassetti

Città di Castello – solennità del Corpus Domini, l’omelia di mons. Cancian

In occasione della Solennità del Corpo e Sangue del Signore mons. Domenico Cancian ha celebrato la Santa Messa nella Cattedrale di Città di Castello alle ore 10.30 alla presenza delle autorità cittadine.
Durante la celebrazione, alla quale è seguito un breve momento di adorazione e la benedizione eucaristica sulla città, ha pronunciato la seguente omelia.

“La processione del Corpus Domini, assieme a quella del venerdì Santo, ha un’importanza storica. Vede solitamente una straordinaria partecipazione della città, oltre quella della comunità cristiana. Anche da noi si è soliti fare le infiorate e si porta il Santissimo per le vie della città tra canti e preghiere.
In Cattedrale insieme al vescovo, al clero e alle confraternite, non mancavano le autorità civili e militari, e tante persone lungo la via si facevano trovare in preghiera. La banda accompagnava i canti e suonava gli inni tradizionali. Dalla porta gotica il vescovo rivolgeva una riflessione e un saluto prima di benedire l’intera città.
Il significato era semplice: portare Gesù per le strade e per le piazze per chiedere di restare con noi e aiutarci.
Oggi con le limitazioni dovute alla pandemia la Processione non possiamo farla: sarebbe abbastanza difficile mettere in atto tutte le giuste prescrizioni. E quindi ci siamo organizzati in un altro modo.

Il significato del Corpus Domini.

L’eucarestia riassume in modo sommo tutto l’amore di Gesù per l’uomo. Per amore si è fatto uomo nella forma più povera e umile, per amore è morto in croce, per amore ha voluto farsi pane di vita eterna per tutti. Nel pane che è il suo Corpo egli si dona completamente a ciascuno di noi.
E così l’uomo ha a disposizione un altro Pane che non è meno importante del cibo quotidiano, se vogliamo alimentare la vita eterna donataci nel battesimo.
Gesù per farsi presente in ogni uomo ha istituito l’eucarestia dicendo: “prendimi e mangiami!”. E ha detto ancora: chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui, vivrà di me e come me.
In questo modo Gesù entra nel nostro cuore per trasformarlo e darci la forza di percorrere la sua strada. Con Lui la vita davvero può cambiare, può diventare vita come la sua, impostata nella logica dell’amore suo. Con Lui anche noi possiamo diventare pane per i nostri fratelli, passando così dall’egoismo al dono di noi stessi.
Il miracolo più grosso non è tanto la trasformazione del pane nel Corpo di Cristo, quanto la trasformazione del nostro cuore non raramente duro, chiuso e carico di amarezza in un cuore paziente, benevolo e generoso come quello di Cristo.
Chi non ha bisogno di questo pane? L’assenza dell’eucarestia a motivo della pandemia spero abbia accresciuto la fame di questo Pane che ci dà forza e speranza per sostenerci nel cammino verso il banchetto eterno del Paradiso”.

Spoleto – solennità del Corpus Domini. Mons. Boccardo: «La Celebrazione Eucaristica deve avere anche un riflesso sociale. E oggi, in questo tempo di pandemia, siamo invitato ad impegnarci per la costruzione della società e per la custodia del bene di tutti»

Una solennità del Corpus Domini ridotta quella del 2020 a causa delle norme per contrastare la diffusione del Coronavirus. Diversa, ma non per questo meno sentita. E così è stato anche nel Duomo di Spoleto dove l’arcivescovo mons. Renato Boccardo, domenica 14 giugno, ha presieduto la Messa alla presenza di un centinaio di persone distanziate l’una dall’altra, sistemate nella navata centrale, in quelle laterali e nei transetti. La liturgia è stata animata dal coro della Pievania di Santa Maria. Nella sequenza cantata dopo la liturgia della Parola, Vescovo, presbiteri e fedeli hanno, tra l’altro, ripetuto: “Al tuo comando obbedienti il pane il vino consacriamo. Per noi certezza è nella fede: il pane si trasforma in vera carne, il vino è cambiato in sangue; non vedi ma la fede ti conferma”.

Nell’omelia mons. Boccardo ha sottolineato come l’Eucaristia sia sorgente della vita della Chiesa, generatrice della comunità dei credenti, cibo di vita eterna, pane per il cammino. «L’Eucaristia e la Chiesa – ha detto – formano un binomio inscindibile. E noi siamo chiamati a credere alla potenza dell’Eucaristia che salva il mondo e attrae i credenti alla sublime carità di Cristo che tutto penetra e muove, dare il giusto rilievo alla Messa domenicale, impegno imprescindibile per una vita cristiana consapevole e coerente. La Celebrazione Eucaristica – ha proseguito il Presule – va vissuta con intensità e raccoglimento, nel silenzio e lasciando da parte ogni altro pensiero. Essa ci mette in relazione con Dio, ma anche con i fratelli: siamo un solo copro. Ma a volte i pettegolezzi e i giudizi ci fanno poco amare gli altri e di conseguenza noi stessi. E finalmente – ha detto ancora il Vescovo – la Celebrazione Eucaristica deve avere un riflesso sociale. E oggi più che mai, in questo tempo di pandemia, siamo invitati ad impegnarci per la costruzione della società e per la custodia del bene di tutti».

Al termine della Messa, tradizionalmente, c’era la processione. Ma a causa delle limitazioni per contrastare il diffondersi del Covid-19 non si è tenuta. Allora c’è stato un breve momento di adorazione eucaristica e poi l’Arcivescovo ha benedetto la Città e la Diocesi col Santissimo Sacramento dal sagrato della Cattedrale.

Assisi – beatificazione di Carlo Acutis il 10 ottobre

La diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino in festa per la notizia della beatificazione del venerabile Carlo Acutis che avverrà ad Assisi sabato 10 ottobre alle ore 16 nella Basilica papale di San Francesco.

“La gioia che da tempo stiamo aspettando ha finalmente una data – afferma il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino – . Parliamo della beatificazione del venerabile Carlo Acutis. La presiederà il cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. È bello che la notizia arrivi mentre ci prepariamo alla festa del Corpo e del Sangue del Signore. Il giovane Carlo si distinse per il suo amore per l’Eucaristia, che definiva la sua “autostrada per il Cielo”. La notizia – aggiunge il vescovo – costituisce un raggio di luce in questo periodo in cui nel nostro Paese stiamo faticosamente uscendo da una pesante situazione sanitaria, sociale e lavorativa. In questi mesi abbiamo affrontato la solitudine e il distanziamento sperimentando l’aspetto più positivo di internet, una tecnologia comunicativa per la quale Carlo aveva uno speciale talento, al punto che papa Francesco, nella sua lettera Christus vivit rivolta a tutti i giovani del mondo, lo ha presentato come modello di santità giovanile nell’era digitale. Scrive di lui il Santo Padre: «Egli sapeva molto bene che questi meccanismi della comunicazione, della pubblicità e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati, dipendenti dal consumo e dalle novità che possiamo comprare, ossessionati dal tempo libero, chiusi nella negatività. Lui però ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza»(n.105).

Com’è noto, il corpo del venerabile è conservato ad Assisi nel Santuario della Spogliazione. La sua beatificazione lo porterà ancor più all’attenzione del mondo giovanile e sarà un incoraggiamento per tutti. La prova che stiamo vivendo non ci deve abbattere. L’amore di Dio – prosegue il vescovo – può far in modo che una grande crisi diventi una grande grazia. Occorre una nuova creatività, generativa e responsabile, per costruire un mondo diverso, più bello, più solidale. Carlo lo dice specialmente ai giovani, come nella stessa lettera papa Francesco ha sottolineato: egli – scrive il Papa – «non è caduto nella trappola. Vedeva che molti giovani, pur sembrando diversi, in realtà finiscono per essere uguali agli altri, correndo dietro a ciò che i potenti impongono loro attraverso i meccanismi del consumo e dello stordimento. In tal modo, non lasciano sbocciare i doni che il Signore ha dato loro, non offrono a questo mondo quelle capacità così personali e uniche che Dio ha seminato in ognuno. Così, diceva Carlo, succede che “tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”. Non lasciare che ti succeda questo» (Christus vivit 106).

La Chiesa di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino si rallegra per la prossima beatificazione. In tempo utile saranno date le indicazioni opportune per la partecipazione”.

Gubbio – il Corpus Domini di oggi e i Congressi eucaristici del Novecento

Domenica 14 giugno, la Chiesa celebra il Corpus Domini, in cui si medita sulla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. In quest’anno, segnato dall’emergenza Covid-19, non si potrà svolgere la tradizionale processione, con le classiche infiorate, a Gubbio e in altre località della diocesi. Alle ore 18, nella chiesa di San Domenico, il vescovo Luciano Paolucci Bedini presiede la solenne celebrazione eucaristica seguita, dopo un momento di adorazione, dalla benedizione con il Santissimo Sacramento.
Come ricordiamo questa settimana sulle pagine de La Voce, tra i canti eucaristici diocesani più diffusi per questa ricorrenza da sempre spicca “Sotto i veli”, che si ispira all’inno per il secondo Congresso eucaristico diocesano, celebrato nel giugno del 1950, dopo il primo del settembre 1935, entrambi indetti dal vescovo Beniamino Ubaldi (1882-1965).
Il congresso del 1935 ebbe per motto “Per Ubaldum ad Jesum” (che fu anche il titolo dell’inno), in quanto si voleva ricordare l’ottavo centenario della pacificazione di Gubbio a opera di sant’Ubaldo, e per questo vide la traslazione del corpo del Patrono in Cattedrale. Infatti si voleva promuovere la crescita della partecipazione alla celebrazione domenicale e del culto eucaristico tramite il collegamento con la devozione ubaldiana. Il congresso vide un significativo coinvolgimento dei laici e tra gli obiettivi ci fu la tutela del riposo festivo e la lotta alla bestemmia, contro cui vennero promossi i “cartelli viventi” (persone specie ragazzi con compiti di richiamo e di rimprovero). Il contesto storico, dominato dal fascismo e dalla guerra d’Etiopia (1935-1936), influì in quanto si pregò per i militari impegnati nelle operazioni belliche.
Il secondo Congresso eucaristico, nell’Anno santo del 1950, fu all’insegna della devozione mariana (significativo il motto “Per Mariam ad Jesum”), in quanto venne preceduto dalla Peregrinatio Mariae, evento nella quale la statua della Madonna di Fatima (custodita e venerata nel convento di San Girolamo) attraversò, dall’ottobre del 1948, tutte le parrocchie della diocesi, con grande partecipazione di fedeli. Siamo nel secondo dopoguerra in un periodo segnato, oltre che dalla ricostruzione post bellica, da un clima politico molto acceso, determinato dall’insorgere della Guerra fredda con la contrapposizione tra il blocco occidentale (guidato dagli Stati Uniti) e quello comunista (capeggiato dall’Unione sovietica). Le elezioni politiche del 1948 segnarono la vittoria della Democrazia cristiana sul Fronte popolare (comunisti e socialisti), favorita anche da una forte mobilitazione del mondo cattolico. Tale contrapposizione si fece sentire anche nella diocesi di Gubbio nel cui territorio prevalse lo schieramento socialcomunista. L’intento della Peregrinatio Mariae e del Congresso eucaristico era quello di rinvigorire la fede e la pietà cristiana, duramente provata dalle ferite della guerra e dal clima politico acceso. Il momento più significativo fu l’11 giugno 1950, con la celebrazione del solenne Pontificale in piazza Grande e la processione eucaristica, a cui parteciparono circa ventimila fedeli, che si concluse con la benedizione dalla scalea del Palazzo dei Consoli.
Dal congresso si auspicò la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria che avverrà nello stesso anno con la costituzione Munificentissimus Deus di Pio XII.