Vescovi Umbri – alla pandemia del Coronavirus sostituiamo la pandemia della preghiera e della tenerezza

Il diffondersi impressionante dell’epidemia da Coronavirus ha reso necessaria l’assunzione di numerose drastiche misure per la tutela della salute pubblica. Tra queste, anche quella – accolta non senza difficoltà e sofferenza – di celebrare la liturgia, compresa la S. Messa, senza la partecipazione della comunità credente. Nelle stesse condizioni dovremo vivere la Settimana Santa ormai alle porte, con il Triduo Pasquale e la Pasqua di risurrezione, centro dell’anno liturgico. Per ogni fedele questa situazione costituisce una amara esperienza di autentico “digiuno”: egli deve infatti rinunciare ad accostarsi alla mensa eucaristica e a condividere con gli altri fratelli e sorelle questo momento essenziale e costitutivo della vita cristiana.

Le diverse liturgie che – nel rispetto delle norme di sicurezza stabilite dalla competente autorità – si terranno nelle chiese Cattedrali e nelle parrocchie saranno comunque e sempre a nome e a beneficio di tutto il popolo fedele, raccolto idealmente attorno all’altare per il mistero della comunione dei santi. Perciò i Vescovi, attingendo al Magistero e alla Tradizione della Chiesa, hanno ritenuto di qualche utilità fornire in proposito alcuni elementi chiarificatori, che favoriscano una serena comprensione del momento difficile che stiamo vivendo.

1. La riforma del Concilio Vaticano II auspica che «i fedeli prendano parte alla celebrazione consapevolmente, attivamente e fruttuosamente» (SC 11), e raccomanda ai battezzati la comunione al sacrificio eucaristico – alle condizioni richieste – come partecipazione più perfetta al sacrificio stesso (cf SC 55).
Le indicazioni conciliari non significano tuttavia che la validità della celebrazione eucaristica dipenda o sia condizionata dalla presenza del popolo. La “materia” imprescindibile della Messa sono il pane e il vino, così come la “forma” è data dall’atto celebrativo presieduto dal sacerdote. Quando un presbitero celebra l’Eucaristia «con l’intenzione di fare ciò che vuole fare la Chiesa», quella Messa attualizza oggettivamente il mistero pasquale di Cristo. È dottrina di fede infatti che nella memoria eucaristica «è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo che si offerse una volta in modo cruento sull’altare della croce… Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi» (DS 1743). Oltretutto, se la “materia” fosse l’assemblea si dovrebbe pensare paradossalmente ad una sua trasformazione o addirittura ad una sua “transustanziazione”, concetto del tutto estraneo alla tradizione cattolica e alla teologia dell’Eucaristia.

2. L’assemblea partecipa alla celebrazione ma non è la protagonista costitutiva dell’atto sacramentale, come lo è invece il ministro ordinato, presbitero o vescovo. Egli stesso d’altronde non è ministro di se stesso, ma solo di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa. La presidenza eucaristica infatti, come ha sempre insegnato il Magistero, è un agire “nella persona stessa di Cristo” (in persona Christi), tanto è vero che il ministro in quel momento non si esprime in terza persona, bensì in prima: «Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue». È chiaro che da un punto di vista pastorale la presenza del popolo è quanto mai auspicabile, così come è raccomandato «che i fedeli non assistano come estrani o muti spettatori e vi partecipino anzi consapevolmente, piamente e attivamente» (SC 48). Teologicamente, tuttavia, l’attuazione oggettiva della pasqua di Cristo nell’azione eucaristica della Chiesa non dipende dalla loro presenza. Una cosa è la validità oggettiva, altra la fecondità o la fruttuosità soggettiva. Il celebrante e l’assemblea dei fedeli svolgono un ruolo di rappresentanza visibile, ma il ministro originario dell’azione eucaristica è lo stesso Signore Gesù, eternamente glorificato presso il Padre, Lui che «possiede un sacerdozio che non tramonta» (Eb 7, 24; cf 7, 25-26; 8, 1-2; 9, 12. 24). Lo stesso vale per la presenza eucaristica di Cristo nei segni sacramentali del pane e del vino.

3. La presenza del popolo di Dio non è accessoria e il sacerdozio battesimale è inseparabilmente unito a quello ministeriale (cf LG 10). La Messa però non dipende dal sacerdozio battesimale. I fedeli «compiono la propria parte nell’azione liturgica» (LG 11), ma non sono loro che attuano e rendono presente il gesto di Cristo che si offre al Padre ogni volta che, obbedendo al suo comando, il ministro – a nome della Chiesa e in persona Christi – fa memoria della sua pasqua. (A questo proposito, è quanto mai urgente una appropriata catechesi che educhi la comunità alla piena partecipazione all’azione eucaristica; sarà anzi indispensabile operare in questa linea appena si possa tornare alla normalità).

4. La liturgia è un’azione comunitaria, ma quando si parla di comunità e di comunione si deve avere la consapevolezza che essa va al di là dei confini visibili; è una comunione di grazia che unisce sempre realmente tutti i battezzati nell’unico corpo mistico di Cristo. Ciò significa che i fedeli sono inclusi in ogni celebrazione eucaristica, alla quale si possono unire spiritualmente pur non essendo visibilmente presenti. È bello ricordare cosa fece P. Theilhard de Chardin quando, nel deserto di Ordos in Cina nel 1923, nel giorno della Trasfigurazione, trovandosi senza pane e senza vino, celebrò “la Messa sul mondo”, presentando a Dio la storia dell’universo come una grande oblazione che, per mezzo di Cristo nello Spirito, sale al Padre: «Poiché … sono senza pane, senza vino, senza altare, mi eleverò al di sopra dei simboli alla pura maestà del reale, e ti offrirò, io tuo sacerdote, sull’altare della terra totale, il lavoro e la pena del mondo» (“La Messa sul mondo”», in Inno dell’universo, Brescia 1992, p. 9). Il “digiuno eucaristico” a cui i fedeli sono costretti in questo momento diventa un’opportunità per educarsi a fare di tutta la propria esistenza un’offerta vivente a Dio, secondo quel “culto spirituale” tanto raccomandato da San Paolo (cf Rm 12, 1-2), e costituisce un’occasione preziosa per riscoprire la bellezza e la grandezza di potersi comunicare, non appena sarà possibile, al corpo e sangue del Signore Gesù. La Messa che i sacerdoti celebrano ogni giorno da soli, non senza una loro grande sofferenza per l’assenza dei fedeli, rappresenta un segno di comunione soprannaturale di tutta la Chiesa e dice “in atto” come i battezzati siano chiamati a farsi «pietre vive, costituiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt 2, 4-5).

5. La decisione assunta non è dunque di sospendere le Messe, ma di celebrarle senza il popolo; una scelta obbligata, che ovviamente non esclude che si debbano incrementare molteplici forme di preghiera e di carità e ricercare i tanti tipi di presenza e dialogo con i fedeli resi possibili dai moderni mezzi di comunicazione, per mantenere viva la fede e la comunione con la Chiesa in un tempo in cui nemmeno è permesso incontrarsi in gruppo per la catechesi e per altri momenti di formazione e condivisione. La mancanza della Messa coram populo chiama tutti i fedeli ad educarsi o ri-educarsi ad un rinnovato clima di ascolto della Parola di Dio, riflessione e preghiera per riscoprire la comunità familiare come “chiesa domestica” o piccola chiesa nella grande Chiesa (cf LG 11; AA 11).

La certezza che ogni giorno numerose azioni eucaristiche sono celebrate vicino alle nostre case rappresenta una grazia e una benedizione per tutti. Ad esse ci uniamo spiritualmente ed offriamo al Signore le nostre sofferenze e lo stesso “digiuno eucaristico”, affinché Dio ci aiuti a superare questo momento doloroso e sia vicino a quanti soffrono nel corpo e nello spirito. E accogliamo fiduciosi il duplice invito del Santo Padre: alla pandemia del coronavirus sostituiamo la pandemia della preghiera e della tenerezza.

Assisi, 31 marzo 2020.

+ Renato Boccardo

Arcivescovo di Spoleto-Norcia

Presidente della Conferenza Episcopale Umbra

Nota dei Vescovi umbri circa la celebrazione di Prime Comunione e Cresime in tempo di Coronavirus

A seguito della diffusione dell’epidemia da Covid-19, al fine di tutelare la salute di persone e comunità e ovviare alle incertezze che gravano su impegni pastorali programmati da tempo, considerato che l’attuale situazione non sta consentendo una adeguata preparazione dei fanciulli e dei ragazzi, i Vescovi dell’Umbria hanno stabilito che le celebrazioni della Messa di Prima Comunione e della Confermazione – programmate dal tempo pasquale fino all’estate – vengano rinviate ad altro momento opportuno, quando lo consentiranno le condizioni generali. Per le stesse ragioni, sono soppresse o rinviate le manifestazioni esterne di pietà popolare solite compiersi durante la Settimana Santa.

Assisi, 28 marzo 2020.

+ Renato Boccardo
Arcivescovo di Spoleto-Norcia
Presidente della Conferenza Episcopale Umbra

Perugia: “Stabat mater”. Quarta “Lettera settimanale di collegamento” del cardinale Bassetti alla comunità diocesana nel tempo del “Coronavirus”

“Stabat mater”. E’ la preghiera alla Vergine Maria dell’Addolorata ed anche il titolo della quarta “Lettera settimanale di collegamento” del cardinale Gualtiero Bassetti alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve nei giorni del “Coronavirus”, pubblicata, come le precedenti, sul sito dell’Archidiocesi (www.diocesi.perugia.it) e inviata a parrocchie, comunità religiose, associazioni e movimenti ecclesiali attraverso la newsletter Nuntium Perusinum (per chi fosse interessato a riceverla: http://diocesi.perugia.it/modulo-iscrizione-nuntium-perusinum/).

Passione e morte. E’ una riflessione sul significato della Passione e Morte di Cristo con cui il cardinale introduce i fedeli al Triduo pasquale. «Nella mia cappella, mentre, pregando il rosario, contemplo il bellissimo crocefisso quattrocentesco sulla parete dietro l’altare – scrive Bassetti – non mi sfugge, al tempo stesso, il volto della stupenda Maestà che sta sul lato sinistro. Stabat mater…». Nel ricordare che Maria era sul Calvario, testimone della Passione e Morte di Cristo, il porporato richiama i cristiani alla misericordia della Madre celeste.

Padre perdonali. «Mi è capitato, come forse a tutti i sacerdoti – prosegue il presule – di seguire il funerale di qualche giovane. Quante persone piangono! Ma c’è un pianto che si distingue da quello di tutti gli altri: è il gemito della madre; lei più che piangere è impietrita, e le sue labbra ripetono senza posa il nome del figlio… Questo mi fa pensare a Maria ai piedi della croce. Quando sentì il Figlio che diceva “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”, Maria comprese subito che cosa il Padre celeste si aspettava da lei: che pronunciasse anche lei, in cuor suo, le stesse parole: “Padre, perdonali…”. Anche lei le disse, anche lei perdonò.

Capaci di misericordia. «Persino di fronte ad offese indicibili o a danni, che con cattiveria possano essere arrecati alla nostra persona – conclude il cardinale Bassetti –, il Padre, per perdonare, conta anche sul nostro perdono. Il Signore ci benedica e la Vergine ci abbracci nel suo manto e ci renda capaci come lei di misericordia».

Il testo integrale della quarta lettera del cardinale Bassetti, nel tempo del “Coronavirus”, è scaricabile al seguente indirizzo: http://diocesi.perugia.it/la-iv-lettera-settimanale-collegamento-del-cardinale-gualtiero-bassetti-alla-comunita-diocesana-nel-tempo-del-coronavirus-martedi-31-marzo-2020/

Foligno – proposta per i gruppi giovanissimi sul tema della tempesta sedata

in questi giorni di emergenza COVID19 ci sentiamo come i discepoli nella tempesta sul lago che si sentono perduti. Così noi siamo oggi. Papa Francesco, chiamando il mondo intero a pregare tramite i mass media in una Piazza San Pietro vuota, ha sottolineato che in questo tempo “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”.

L’Ufficio catechistico della Diocesi di Foligno, in collaborazione con gli animatori del gruppo giovanissimi dell’Unità pastorale Giovanni Paolo II, ha realizzato un video-riflessione per i ragazzi del dopocresima o giovanissimi sulla catechesi di Papa Francesco della tempesta sedata. #chiciseparera

Per vedere il video clicca il link: https://www.youtube.com/watch?v=IqMgYqDbSK4&t=8s

Spoleto – Coronavirus: la Caritas diocesana lancia il progetto “Su questa barca ci siamo tutti” per assicurare assistenza a quanti sono in difficoltà e nel bisogno L’Arcivescovo ha affidato a don Edoardo Rossi l’incarico di promuovere le attività delle Caritas pievanali e di parrocchia in questa fase di emergenza

«Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme… Su questa barca ci siamo tutti». Queste parole di papa Francesco, pronunciate venerdì 27 marzo 2020 durante la preghiera in Piazza S. Pietro per la fine della pandemia del Coronavirus, hanno scosso le coscienze di tanti e hanno sollecitato la comunità ecclesiale a fare ancora di più a favore delle persone bisognose.

Un sacerdote dedicato all’emergenza. E allora, in questa situazione di emergenza da Coronavirus, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo ha affidato a don Edoardo Rossi, Pievano di Santa Maria in Spoleto e parroco dei Santi Pietro e Paolo, l’incarico straordinario di promuovere e coordinare a livello diocesano le attività delle Caritas pievaniali e parrocchiali, favorendo la sinergia e la collaborazione con le diverse Istituzioni del territorio per assicurare assistenza a quanti sono in difficoltà e nel bisogno.

La sinergia è fondamentale. «Nella giornata di martedì 31 marzo abbiamo già avuto un primo briefing – afferma don Edoardo Rossi – con i rappresentanti del Comune di Spoleto e di altre Associazioni di volontariato: insieme abbiamo pianificato come intervenire nei casi di necessità che possono essere, ad esempio, la consegna della spesa e dei farmaci a domicilio a persone anziane e sole. Il coordinamento in questa emergenza è fondamentale per evitare che lo stesso servizio, magari alla stessa persona, venga svolto da più realtà. La Diocesi come sappiamo – prosegue don Rossi – va ben al di là del Comune di Spoleto e allora ho contattato tutte le Caritas di Pievania per coinvolgerle in questo progetto: i volontari sono contenti e motivati da questa iniziativa ecclesiale. A loro ho chiesto anche di informare i Comuni dove vivono di questo servizio offerto della Caritas, al fine di lavorare in sinergia su tutto il territorio. A tal fine – conclude don Edoardo – sono state aperte alcune linee telefoniche, alle quali rivolgersi per richiesta di assistenza».

Questi i numeri Caritas per l’emergenza Coronavirus: 380 4790605 (h 24); 380 1750839, 328 7253937 e 388 1135440 (dalle 9.00 alle 21.00). Il “quartier generale” della Caritas per l’emergenza Covid-19 sarà presso il Centro diocesano di Pastorale giovanile a Spoleto, dove ci sono spazi sufficientemente grandi che consentono ai volontari coinvolti di svolgere questo servizio in sicurezza, nel rispetto delle norme emanate dal Governo.

Infine, è possibile contribuire alla raccolta fondi “Su questa barca ci siamo tutti” promossa dalla Caritas diocesana versando il proprio contributo sul conto intestato all’Archidiocesi di Spoleto-Norcia: IBAN IT71D0344021800000000005404; CAUSALE: Emergenza Coronavirus.

Assisi – lettera del vescovo Sorrentino agli operatori sanitari: “Siete i nostri eroi, grazie per ciò che fate con professionalità e anima”

“Siete i nostri eroi. L’opinione pubblica ve lo sta dicendo con espressioni di gratitudine che vengono dal cuore. Soprattutto a quanti tra voi sono impegnati nelle situazioni più difficili, anche a rischio della propria incolumità. Il servizio che svolgete richiede tanta efficienza e professionalità, ma ha bisogno soprattutto di un’anima”. Sono questi due passaggi della lettera di vicinanza e di auguri in vista della Pasqua che il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, ha voluto inviare al personale sanitario impegnato più che mai nell’emergenza del coronavirus. “Quanto sia importante la vostra missione lo sappiamo tutti per esperienza. Ma nella drammatica crisi che stiamo vivendo – scrive il vescovo – lo si vede ancora di più. Grazie per il vostro impegno e la vostra generosità!”.

Nella lettera il vescovo ricorda ‘Gesù-medico’. “Con la sua forza soprannaturale, ma anche con gesti e parole semplici, ricche di umanità, egli guariva gli ammalati. Ad essi – scrive monsignor Sorrentino – faceva sentire condivisione e premura. Sapeva bene che spirito e corpo sono intimamente connessi, e che la cura, per essere efficace, deve essere globale, guardando a tutte le dimensioni della persona”.

Vicinanza e ringraziamenti anche a chi non crede. “Vorrei che questi auguri giungessero anche a coloro che, tra di voi, non si pongono in una prospettiva di fede. Quante cose tuttavia possiamo condividere! La bellezza della vita, la cura della nostra umanità, la speranza che dobbiamo tutti coltivare, sono punti di incontro che ci fanno bene, ci danno forza. Vi prego di sentire tutta la vicinanza della comunità cristiana. La esprimiamo soprattutto con la nostra preghiera, per voi che operate nei reparti ospedalieri, per voi che siete presenti nel territorio, per gli ammalati a voi affidati e per le vostre famiglie. Il servizio che svolgete – conclude il vescovo – richiede tanta efficienza e professionalità, ma ha bisogno soprattutto di un’anima. Il Signore vi dia forza nelle situazioni più complesse. La Pasqua vi porti serenità e consolazione. A nome dell’intera comunità diocesana, vi saluto con affetto e vi benedico. Auguri!”. Agli auguri del vescovo si aggiunge il sostegno pieno e forte della responsabile della Pastorale della salute della diocesi, Marina Menna. “In un periodo così critico per tutti noi – scrive – più che mai scienza e fede sembrano compenetrarsi. Ne è testimonianza la professionalità e l’impegno incondizionato che medici ed operatori sanitari mostrano nel curare le persone malate, spinti altresì da un inarrestabile desiderio di luce e speranza. È un’autentica riscoperta del valore della vita – conclude Menna – e di quanto sia importante amarla e preservarla”.

Perugia nel tempo del “Covid-19” la sperimentazione di una «clausura forzata», la lettera delle clarisse

Le sorelle Clarisse del Monastero di Sant’Agnese di Perugia, con una lettera (pubblicata nel loro sito: www.clarisseperugia.it), hanno inviato un pensiero alla cittadinanza per assicurare la loro vicinanza a tutti, in questo periodo di dura prova a causa del “Covid-19”.

Domande e silenzi. «Probabilmente – scrivono – ciascuno di voi sta sperimentando una clausura forzata, che in qualche modo vi accomuna a noi!». Inoltre suggeriscono che ai tanti «perché?», che l’umanità si sta ponendo in questi giorni, non ci sono «risposte» da dare, ci sono domande e silenzi da condividere.

Eucaristia e preghiera. Alla loro quotidiana preghiera, le Clarisse aggiungono dei momenti di Adorazione eucaristica in più e il loro pensiero va a quanto fece santa Chiara di fronte all’incombere del flagello dei saraceni o alle truppe di Vitale d’Aversa che voleva espugnare Assisi. L’unica “arma” della Santa fu l’Eucaristia, sostenuta dalla preghiera.

Sguardo al Crocifisso. Le Clarisse chiedono ai credenti di unirsi alla loro preghiera, lo chiedono a tutti: bambini, giovani, adulti e anziani e di non lasciarsi portare via la speranza, di non lasciare che la disperazione «alberghi il nostro cuore, ma volgiamo lo sguardo fiducioso al Crocifisso che in questo tempo di Quaresima dovrebbe stare davanti ai nostri occhi».

Operatori socio-sanitari. Non da ultimo le Clarisse riservano ringraziamenti e preghiera particolari a tutti quelli che in ambito sanitario e sociale si spendono al servizio della comunità. E concludono con un abbraccio affettuoso: «Il Signore ci benedica tutti, benedica le vostre famiglie, tenga lontano il pericolo; la Vergine Madre interceda per tutti».

Terni – la lettera del vescovo alla diocesi per la Pasqua. “Questi giorni santi, trascorsi nell’intimità delle nostre case, siano riempiti da una liturgia spirituale ed esistenziale, dalla personalizzazione più diretta del rapporto con Gesù”. LE CELEBRAZIONI PASQUALI IN DIRETTA

La traversata del deserto quaresimale, particolarmente aspra e faticosa, condivisa con una umanità alle prese con la lotta, corpo a corpo, con il Coronavirus, intravede la città santa di Gerusalemme, quale oasi di ristoro e locanda di medicazione e guarigione. Qui, quest’anno, nei giorni della Settimana Santa, saremo in condizione di comprendere nelle ferite inferte alla nostra carne, al nostro corpo, ai nostri affetti, alle nostre comunità, particolarmente preoccupate per il presente e per un futuro incerto, la vicinanza di Gesù, che “si è addossato i nostri dolori” e per primo ha fatto sue le nostre insicurezze esistenziali. La passione della nostra società e della Chiesa, provocata dalla epidemia più che mai diventa la passione. di Cristo, viene assunta da Cristo che si fa nostro Cireneo, compagno di viaggio verso il Golgota della malattia e della solitudine, in attesa della guarigione-risurrezione. Gesù vuole associarsi a noi come conviandante nel cammino di ripresa e di guarigione, dentro e fuori della città, verso Emmaus della delusione per spiegarci e recuperare le ragioni di un nuovo significato della esistenza, provata dalla delusione improvvisa e inaspettata. Gesù anche quest’anno rinnova il suo esodo, passando attraverso l’umiliazione e la sconfitta della morte e ci annuncia la vittoria della risurrezione. E’ lui il maestro paziente, che ascolta le lagnanze impetuose e disordinate, cariche di lacrime di chi, quasi senza avvedersene, ha assistito da lontano alla morte dei propri cari. E’ Lui il mite Agnello, testimone delle pretese orgogliose e irrazionali di menti presuntuose che non hanno saputo prevedere né porre argine a comportamenti irresponsabili e solo galvanizzati dalla ricerca dissennata del benessere smodato, del consumismo fine a se stesso, a scapito della creazione sfruttata e umiliata.
E così, in questo tempo di ritiro forzato, ognuno può prendere consapevolezza della preziosità e bellezza della vita, della propria responsabilità in ordine alla vita sociale, al destino ultimo, che transita attraverso il passaggio della morte, ed è aperto all’orizzonte di Dio e dell’eternità.
Questi giorni santi, trascorsi nell’intimità delle nostre case, siano riempiti da una liturgia spirituale ed esistenziale, dalla adorazione in spirito e verità, dalla personalizzazione più diretta del nostro rapporto con Gesù, che sempre sta con noi e per noi muore e risorge, per promuovere e favorire la conversione delle nostre esistenze, per una fecondità di bene e di vita. La comunità cristiana, temporaneamente dispersa e in diaspora, si ritrova in Gesù. Il Papa, i vescovi, il vostro vescovo celebreranno i santi misteri della passione, morte, sepoltura e risurrezione di Gesù a nome di tutta la Chiesa, del Popolo santo fedele di Dio, di tutti voi. Troviamo il modo di manifestare partecipazione, vicinanza e comunione spirituale, sentimentale, virtuale. Il digiuno eucaristico sia saziato, per quanto è possibile, dalla condivisione del pane della Parola e del pane della carità, in famiglia, con i vicini, con chi soffre o è nel bisogno, ciascuno secondo le proprie possibilità e la ricchezza del suo cuore.

Spoleto – Lettera dell’Arcivescovo Boccardo ai fedeli in tempo di Coronavirus. Le celebrazioni della Settimana Santa in streaming su Facebook e You Tube

In questo tempo di Coronavirus l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha scritto una lettera alla comunità diocesana dei Santi Ponziano e Benedetto, Rita e Chiara della Croce.

Uno schiaffo brutale. «Abbiamo ricevuto all’improvviso – scrive il Presule – come uno schiaffo brutale: siamo stati costretti da un giorno all’altro a cambiare totalmente abitudini e consuetudini; a rimanere chiusi in casa, smarriti e preoccupati per il futuro; privati di una vicinanza, quella vera e reale, fatta di abbracci, di baci, di strette di mano. Ogni giorno possiamo constatare la fragilità e la precarietà dell’essere umano, nonostante gli impressionanti e meravigliosi progressi della scienza, della tecnica e della medicina. Anche il ritmo normale della vita cristiana è stato interrotto, con le celebrazioni eucaristiche domenicali e feriali che nutrono la fede e sostengono la carità; i diversi momenti di condivisone, formazione e fraternità».

Non saremo più quelli di prima. Mons. Boccardo, che dall’8 marzo scorso ogni giorno feriale alle 18.00 (i festivi alle 11.00) celebra la Messa dal Duomo di Spoleto e trasmessa in diretta sulla pagina Facebook della Diocesi, scrive che «Non sappiamo quanto durerà questa crisi, né dove ci porterà. Sappiamo, però, che non saremo più gli stessi di prima». E si domanda: «Cosa possiamo imparare da questa situazione? La solitudine e il silenzio che abitano le nostre giornate ci possono insegnare innanzitutto a coltivare uno sguardo contemplativo ed accogliente sulle persone, sulle vicende e sul mondo; a crescere nella pazienza rinunciando alla tentazione disumanizzante del “tutto subito”; a trovare libertà nella attenzione all’essenziale, non solo quanto all’avere ma anche quanto al fare: fare meno per imparare a fare meglio e insieme; assaporare la grazia della fraternità e dello stare in famiglia; coltivare relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal reciproco perdono; possiamo riscoprire la bellezza della sobrietà che fa posto alle gioie dell’interiorità, quelle che purificano lo spirito, liberano l’anima e restituiscono lucentezza allo sguardo».

La benedizione dal balconcino del palazzo vescovile. «Come ho confidato in occasione del X anniversario della mia presenza tra voi, dal balconcino del primo piano del palazzo vescovile traccio tutte le sere un segno di croce per invocare la benedizione di Dio su ogni casa e su ogni abitante della Diocesi. Contate su questo gesto orante, che assume in questi mesi una valenza particolare: vuole dire la sollecitudine, l’amicizia e la preghiera con le quali il Vescovo condivide con tutti i suoi diocesani il tempo della prova».

Le Chiese di Camerino e Perugia insieme si rendono disponibili alle autorità sanitarie regionali attraverso la “Casa di Cura Clinica Lami” nella gestione dell’emergenza Covid-19

Le Archidiocesi di Camerino-San Severino Marche e di Perugia-Città della Pieve, pienamente partecipi e solidali con le tante famiglie che si trovano nella sofferenza nel pieno dell’emergenza sanitaria attuale, hanno nelle ultime settimane messo a disposizione le strutture della “Casa di Cura Clinica Lami di Perugia”, per collaborare, nelle modalità che le autorità sanitarie regionali riterranno utili, nella gestione di tale difficile momento. Ad annunciarlo, in una nota congiunta, gli arcivescovi delle due diocesi delle Marche e dell’Umbria, titolari della “Casa di Cura Clinica Lami”, monsignor Francesco Massara e il cardinale Gualtiero Bassetti.

L’arcivescovo presidente della Cei ha commentato l’iniziativa definendola «un segno tangibile della comunione fra Chiese sorelle da sempre collaborative in ambito socio-sanitario; basti pensare al varo del recente progetto dell’”Ambulatorio della Solidarietà” per persone in gravi difficoltà. Una collaborazione che oggi si intensifica per contribuire insieme a fronteggiare l’emergenza provocata da questa pandemia».

«La nostra Chiesa diocesana, che dalla scorsa settimana ha messo a disposizione del personale medico e infermieristico una delle sue strutture ricettive – conclude il cardinale Bassetti –, si mette ulteriormente a servizio del Sistema Sanitario Regionale».