Orvieto – Festival di Arte e Fede #19 fa della bellezza un ponte verso il senso e la speranza

“Credere non significa avere la certezza, ma scegliere di credere ad una certezza. Si crede quando si sceglie di mettersi in cammino. Tutte le grandi storie delle Bibbia sono storie di viaggio. Dio risponde alla nostra incredulità, dandoci la traccia di un’esperienza”. Questo uno dei tanti messaggi affidati da don Luigi Maria Epicoco, al pubblico del Festival Internazionale d’Arte e Fede, in occasione dell’incontro “Pellegrini di Speranza” tenutosi lunedì 16 giugno nel Duomo di Orvieto.

“Un luogo – ha detto – di estrema bellezza. Una bellezza che non distrae, ma accoglie e custodisce il dono della fede che aiuta a comprendere. Tutti veniamo da un sogno di amore di Dio, il pellegrino è tale perché sceglie di mettersi in cammino alla ricerca di qualcosa o Qualcuno. Essere pellegrini significa sapere dove stiamo andando. La vita eterna è verso le braccia di Qualcuno, Gesù è la meta per chi ha il dono la fede. La speranza, al centro dell’Anno Giubilare, diventa concreta quando si trasforma in un’esperienza di senso.

Solo chi ha il dono della fede può testimoniare che la propria vita è significativa, e da questa consapevolezza può nascere la costruzione di ponti con chi, invece, vive nella solitudine e nella disperazione. Il credente autentico non si chiude, ma diventa costruttore di relazioni, di senso, di comunità”. Il concetto di pellegrinaggio, scelto come filo conduttore dell’incontro, è stato proposto come metafora potente del cammino umano. Don Luigi Maria Epicoco ha distinto con forza tra il pellegrino e il vagabondo.

“Il primo sa da dove viene e dove sta andando, il secondo gira su sé stesso, senza meta. Ecco perché il pellegrino è testimone di speranza: perché ha una direzione, un orizzonte da raggiungere”. In un festival che da venti anni – l’anniversario sarà celebrato il prossimo anno – mette al centro il dialogo tra arte e fede, non poteva mancare una riflessione sul ruolo dell’arte sacra nel risvegliare la dimensione spirituale dell’uomo. “L’arte – ha spiegato Epicoco – è un alfabeto che ci aiuta a parlare di Dio. Lì dove manca l’arte, mancano anche le parole per raccontare il senso. Ma se coltiviamo questo linguaggio, tutto si arricchisce: fede, cultura, umanità”.

Con questo incontro si è chiusa un’edizione del festival che ha saputo, ancora una volta, offrire alla città e ai suoi visitatori un’esperienza in cui la bellezza visibile diventa segno di una bellezza invisibile: quella che, nel cuore dell’uomo, si traduce in cammino, ricerca e speranza.
“Camminare insieme – ha dichiarato monsignor Gualtiero Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi – è la postura corretta con cui, a piccoli passi, si raggiungono grandi orizzonti. Questo è lo stile sinodale con cui non solo la Diocesi, ma anche altre istituzioni cittadine, prendono parte al Festival Arte e Fede che, con le sue iniziative, invita ad ascoltare nella melodia dell’arte l’armonia della fede”.

“A nome dell’Opera del Duomo – le parole del presidente, Andrea Taddei – esprimo un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di un’edizione particolarmente significativa, che si è inserita con forza e coerenza nel cammino del Giubileo della Speranza. Il racconto teatrale ‘Scrivere di Dio – Tommaso d’Aquino’, tra parola, musica e immagini, ci ha condotto nel cuore del pensiero teologico come esperienza viva. L’incontro con don Luigi Maria Epicoco ha offerto spunti profondi per ritrovare il senso del nostro essere pellegrini oggi. Questa collaborazione con la Diocesi e con il Festival si è confermata un’opportunità preziosa per fare del Duomo non solo un luogo artistico e simbolico, ma uno spazio reale di ricerca e testimonianza”.