Non all’indifferenza. «Vivendo le beatitudini non si rimane più avidi di beni materiali, di relazioni affrettate, di esperienze superficiali; si trova in Dio la pace, la sicurezza, la felicità; si intuisce che il significato della propria esistenza si sporge al di là delle realtà terrene; si è ricondotti all’essenziale, alle poche cose che contano davvero. Quando avviene questo incontro con il Signore non rimane più spazio in noi per l’indifferenza: ci lasciamo toccare e coinvolgere da quello che accade, fino a divenire partecipi delle gioie e delle sofferenze degli altri». Lo ha sottolineato l’arcivescovo Ivan Maffeis durante l’omelia della celebrazione eucaristica per la XXXI Giornata Mondiale del Malato, domenica pomeriggio 12 febbraio, nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia in Perugia, alla presenza di numerosi fedeli tra diversamente abili e loro familiari, volontari della Caritas-Associazione Perugina di Volontariato, Croce Rossa, UNITALSI ed operatori socio-sanitari; celebrazione promossa dall’equipe della Pastorale diocesana della Salute e trasmessa in diretta da Umbria Radio InBlu.
A “Villa Nazarena”. L’arcivescovo Maffeis, che si è intrattenuto lungamente dopo la messa con il “protagonisti” della Giornata del Malato dedicata al tema “Abbi cura di lui” (Lc 10,35), tratto dal passo evangelico della parabola del buon samaritano, lunedì 13 febbraio (ore 15.30), farà visita a una delle realtà diocesane dove si mette in pratica quotidianamente l’esortazione umana e cristiana del prendersi cura del prossimo sofferente nel corpo e nello spirito, “Villa Nazarena” in località Pozzuolo Umbro di Castiglione del Lago. È animata e gestita da oltre 65 anni dalle suore della Congregazione della Sacra Famiglia di Spoleto che assistono una trentina di donne giovani e adulte diversamente abili. Con loro e con quanti le assisto amorevolmente e con professionalità, monsignor Maffeis celebrerà l’Eucaristia, ricordando, come ha fatto nella chiesa di Santa Lucia di Perugia, che «nonostante la fragilità, la vulnerabilità e malattia facciano parte della nostra esperienze umana, non siamo mai pronti per affrontarle: anzi, come ricorda il Papa, la malattia può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono da parte degli altri o nella chiusura che ci imponiamo per non essere loro di peso».
Un mondo più fraterno. «Ecco perché è così importante, anche riguardo alla malattia – ha evidenziato l’arcivescovo concludendo l’omelia –, che la Chiesa non venga meno alla sua missione, che si esprime nell’esercizio della cura, della vicinanza e della compassione. A far la differenza a volte basta poco ed è un poco alla portata di tutti: quell’attimo di attenzione, di ascolto, quel sapersi ricordati dalla preghiera degli altri cambia le cose, elimina la condizione di solitudine, genera un mondo più fraterno».
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