Per il suo primo Natale da vescovo, mons. Ivan Maffeis fa giungere gli auguri alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve, che guida dall’11 settembre, attraverso il settimanale La Voce e Umbria Radio InBlu.
Le due redazioni hanno curato un’intervista video pubblicata sul canale Youtube del settimanale e trasmessa anche dall’emittente radiofonica; intervista che si conclude con l’auguri di «buon Natale» e «buon anno» che mons. Maffeis ha voluto formulare prendendo lo spunto da «quel verbo impegnativo che accompagna la vita di san Giuseppe. San Giuseppe – ha detto – è una bella figura perché è uno che non parla, è uno che opera nel silenzio, che c’è. Il verbo è quel “prese con sé”. Io auguro a me stesso e a tutti di sapere avvertire come questo prendere con sé consegna non solo la responsabilità per le persone che la vita ci ha affidato, ma ci consegna anche la bellezza della nostra vita, perché alla fine noi siamo le persone incontrate, siamo quel pezzo di vita che siamo riusciti a costruire insieme e a condividere. Nella misura in cui questo cresce sarà un buon Natale e un buon anno per tutti».
Il paesaggio, il volto di tante persone. L’intervista di mons. Maffeis rilasciata ai due media umbri è avvenuta cento giorni dopo la sua ordinazione episcopale e contestuale presa di possesso dell’Archidiocesi. Non ha voluto tracciare “bilanci” e con tono scherzoso ha commentato: «Io con i numeri faccio anche fatica. Non riesco a quantificare le persone incontrate, le disponibilità ricevute e anche la bellezza di tante esperienze che ho potuto se non altro intuire e iniziare a toccare con mano». Il pastore trentino ha ancora molto da ascoltare e conoscere. Per rompere il ghiaccio gli è stato chiesto se ha nostalgia delle vette del suo Trentino. Mons. Maffeis non ha esitato a rispondere: «Mi mancano le montagne, ma soprattutto mi mancano alcune persone e alcune comunità della montagna… Sono contento della mia storia, son contento di essere a Perugia. Qui, più che il paesaggio, in questo periodo ho imparato a incontrare le persone. Il paesaggio, per me, ha il volto di tante persone». Un volto, ha sottolineato, «di tante persone molto belle, conosciute in ambiti anche problematici, ma dove vedi una disponibilità, una voglia di riscatto, dove trovi anche motivo di speranza su cui lavorare».
Diversi sono stati i temi affrontati nell’intervista, spazianti dal mondo dei giovani a quello del lavoro, dalla povertà alla carità, dalla Chiesa in uscita e in dialogo con il mondo laico e delle Istituzioni alla crisi delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Non è stato pessimista, ma realista, soprattutto ottimista nel trasmettere speranza. Sulla crisi del lavoro ha precisato: «Trovo un mondo preoccupato, ma anche sanamente orgoglioso di una competenza, di una capacità, di una voglia di riscatto, di mettersi in piedi e ripartire». Sul fronte povertà-carità non ha esitato a dire: «Io mi auguro che la Chiesa contribuisca a far cultura attorno a questo tema. E far cultura vuol dire sicuramente collaborare con i servizi sociali, con le Istituzioni per cercare le risposte». Sul dialogo con il mondo laico si è augurato di «non essere frainteso, ma credo che oggi – ha evidenziato – i confini siano davvero saltati… Oggi ci è chiesto di andare al di là, e dove c’è la disponibilità ad incontrarsi, dove c’è la disponibilità ad ascoltarsi, a portare ciascuno il proprio contributo di vita e a camminare insieme, be’, io penso che ci siano delle ottime opportunità per ricostruire comunità». Ricordando i suoi incontri con le autorità civili, mons. Maffeis ha commentato: «ho trovato persone attente, non tanto a costruire un rapporto col vescovo, attente ai problemi della nostra gente, del territorio…».
Soffermandosi sui giovani e sulla crisi delle vocazioni, l’arcivescovo è convinto che «i prossimi anni cambieranno il volto di tante nostre comunità… Ho trovato tanti sacerdoti splendidi per dedizione ma anche molto anziani ed io mi auguro che non ci fermiamo solo a piangere per quello che non c’è più, ma riusciamo a interpretare questo tempo come un’occasione per ridisegnare anche un voto nuovo di Chiesa… Io sogno davvero una Chiesa di popolo, una Chiesa in cui come battezzati abbiamo la stessa dignità. All’interno di questo cammino di Chiesa, il poter valorizzare la disponibilità, la chiamata, la vocazione di ciascuno, credo che serva non solo per il servizio che poi ciascuno rende, ma anche per dare un volto bello, un volto giovane alla Chiesa di domani». I giovani, ha commentato mons. Maffeis, «ci stanno consegnando il volto di una Chiesa giovane rispetto alla quale, credo, noi non possiamo semplicemente ergerci a maestri, ma dobbiamo davvero camminare insieme e ascoltarli, perché ci restituiscono quello che forse oggi serve di più a loro e anche a noi».