«Carissimi fratelli e sorelle ucraini, voi tutti che vivete a Perugia e in Italia e anche a coloro che in questi giorni stanno arrivando da noi, mi preme a nome della nostra Chiesa di assicurarvi che proprio questa Chiesa perusino-pievese vi è madre e si sente madre in condivisione con il vostro arcivescovo maggiore di Kiev, Svjatoslav Ševčuk, capo della Chiesa greco-cattolica. È madre anche di tutti gli ucraini lontani, i vostri parenti. Qualcuno ha i genitori, qualcuno ha i fratelli in guerra, richiamati alle armi. Di tutti voi la Chiesa perusino-pievese si sente madre e il vescovo si sente di tutti padre e pastore». Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti al termine della veglia di preghiera diocesana con l’adorazione eucaristica per la pace in Ucraina, tenutasi, nella serata del 4 marzo, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia.
Numerosi i fedeli che hanno partecipato, diversi dei quali ucraini residenti nel capoluogo umbro. Non pochi i volti segnati dalle lacrime e dalla commozione per quanto sta accadendo di orribile in Ucraina. Una sofferenza manifestata con grande dignità da persone durante provate, che vivono con immensa angoscia e preoccupazione il presente e il futuro del loro Paese.
«Nonostante tutto non dubitate, sentitevi davvero accolti – ha ripetuto loro il cardinale Bassetti –. Questa nostra terra, l’Umbria, benedetta dai santi Francesco e Benedetto, possa essere per ciascuno e per ciascuna di voi, fratelli e sorelle ucraini, una terra di speranza. Noi ci impegneremo a tenere viva questa vostra speranza, sostenendovi, pregando per voi e augurandovi pace». Il cardinale, prima di impartire la benedizione al termine della veglia, rivolgendosi ancora una volta agli ucraini, ha detto: «Ci separiamo fisicamente, ma spiritualmente rimaniamo uniti e comunione profonda».
L’arma potentissima della preghiera. Nell’omelia (il cui testo integrale è scaricabile dal sito: www.diocesi.perugia.it) il presule ha parlato «di dramma e di incertezza che tutti avvolge in questi giorni», avvertendo «ancor più la necessità di raccoglierci dinanzi al Signore per invocare la tanto desiderata pace. Pace tra gli uomini e tra le nazioni. L’immane sciagura cui stiamo assistendo ci lascia sgomenti. Su case, ospedali, scuole e intere città avanza la distruzione, e sembra spento in alcuni anche il senso dell’umana pietà: dinanzi a questo ci possiamo sentire fisicamente inermi. Ma abbiamo un’arma potentissima ed è la preghiera, insieme al digiuno e alla penitenza. Se fatta con animo puro e con insistenza, arriva al cuore di Dio, l’unico in grado di agire sulla volontà dei potenti. Di fermare questa follia che miete vittime innocenti e ignare, distrugge famiglie e comunità; costringe ad un esodo forzato donne e bambini, con il terrore negli occhi (molti profughi sono accolti anche qui a Perugia); riaccende la fiamma dell’odio in quelle terre che, già nel secolo scorso, sono state bagnate da tanto sangue e bruciate dal fuoco della violenza scatenata da ideologie devastanti».
La follia sta prevalendo sul dialogo. «Ho ancora impresse le immagini della grande celebrazione che tre anni fa ho avuto la grazia di presiedere al Santuario della Santissima Vergine di Zarvaniza, nel centro dell’Ucraina – ha proseguito Bassetti nel ricordare il suo recente viaggio –. Decine di migliaia di persone si erano raccolte da ogni angolo del Paese ai piedi della veneratissima immagine della Madre di Dio. Ho nel cuore quei luoghi di fede e di serenità, che oggi sono teatro di scontri violentissimi e di stragi. Non posso credere alla tanta crudeltà che sta trasformando uomini in belve. La follia sta prevalendo sul dialogo, sul senso di umanità e sulla fraternità. La pace che invochiamo stasera è quella che viene dal Signore: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace…”. Questa pace, infatti, supera ogni nostro meschino interesse. Ci invita prima di tutto a guardare dentro noi stessi, a mettere da parte gli egoismi quotidiani, le piccole vanità, le rivalità negli ambienti di lavoro, il desiderio di potere in ogni ambito in cui viviamo, persino nella Chiesa. La pace del Signore, se accolta con verità, è capace di rinnovarci, di cambiare tutto il nostro essere, di renderci uomini e donne migliori. È capace di cambiare il cuore delle persone e le sorti degli Stati. Mentre iniziamo il cammino di Quaresima, il Signore ci doni la grande virtù dell’umiltà. È l’umiltà, dice Papa Francesco, “il segreto che porta in Cielo”: è “l’unica strada, non ce n’è un’altra”».
Di fronte a una sfida enorme. Il cardinale ha poi parlato della sua infanzia segnata dal secondo conflitto mondiale: «Io appartengo a una generazione che ha visto cos’è la devastazione della guerra. Sono cresciuto e vissuto in un paese di orfani e di poveri. Una tragedia immensa per la piccola comunità del luogo, tuttora impressa sui volti di quei ragazzini orfani che oggi sono diventati anziani come me… Oggi abbiamo di fronte una sfida enorme: far vincere la pace, far cessare il fragore delle armi. Stringiamoci in preghiera con il popolo ucraino… Quella che stiamo vivendo è dunque una tragedia umanitaria a cui non avremmo mai voluto assistere. Il mio pensiero e la mia preghiera vanno a tutti i morti, senza distinzione di nazione, e verso tutte quelle persone che adesso si trovano nei rifugi sotterranei; e a coloro che stanno fuggendo. Ringrazio la Caritas diocesana, le parrocchie e tutti loro che stanno aiutando queste povere persone che cercano aiuto. Siamo vicini alla comunità ucraina, ci uniamo alla loro sofferenza, ma anche alla speranza di superare presto questa tragedia».
Bisogno di profeti di pace. «Mai come in questo momento la preghiera – ha evidenziato il cardinale Bassetti, avviandosi alla conclusione – è la nostra vera “arma” contro la guerra. Giorgio La Pira diceva che «la preghiera è la forza motrice della storia». Lui aveva ben conosciuto la guerra e poi aveva lottato e lavorato per la ricostruzione morale e sociale: tutto il suo impegno è stato una sintesi di contemplazione e azione. E questa è un’eredità importante anche per il mondo di oggi. Abbiamo bisogno, soprattutto oggi, di profeti di pace per rompere il muro di iniquità che gli uomini avidi hanno costruito».