«Grazie fratelli e sorelle, sacerdoti e autorità di essere qui presenti. Stasera non è stato il vescovo a convocarvi, a chiamarvi nella nostra cattedrale, ma è stata personalmente la Vergine Maria che ha voluto che tutta la nostra Chiesa fosse qui riunita, perché noi siamo obbedienti anche a tutta la sua tradizione. Sempre, quando ci sono stati dei pericoli imminenti, di tenebre intense, di grida di guerra per il mondo e per la società cristiana, come stiamo vivendo in questo momento, sempre si è invocato il nome del Padre e di Maria. Grazie ancora e che il Signore, attraverso la Beata Vergine a cui ci affidiamo e ci consacriamo stasera, ascolti e accolga le nostre preghiere». Così il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel saluto introduttivo della celebrazione eucaristica della Consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria della Russia e dell’Ucraina, in comunione spirituale con papa Francesco, nella preghiera per la pace, venerdì 25 marzo, nella cattedrale di San Lorenzo. Alla celebrazione hanno partecipato diversi sacerdoti, i rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, di Ordini cavallereschi e di confraternite e numerosi fedeli, conclusa dinanzi alla splendida e molto venerata immagine della Madonna delle Grazie con l’Atto di Consacrazione e l’omaggio floreale del cardinale Bassetti all’icona della Beata Vergine.
«Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande – ha evidenziato il cardinale nell’omelia –. Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa. Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera. Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo “sì”. Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà – come diranno gli angeli ai pastori – la “pace a tutti gli uomini amati dal Signore” (cf. Lc 2,14)».
Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul significato della festa dell’Annunciazione a Maria (25 marzo) si è chiesto «che senso potrà mai avere in un contesto così doloroso e drammatico? Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel “Non temere”, detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti».
Omelia del cardinale Gualtiero Bassetti.
Carissimi fratelli e sorelle, accogliendo l’invito del Santo Padre Francesco, ci siamo anche noi raccolti questa sera in cattedrale per celebrare la santa eucaristia e pronunciare l’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’Immacolato Cuore di Maria, perché per intercessione della Madre di Dio torni a regnare la pace in quelle terre e in tutto il mondo.
Unito con tutti i pastori della Chiesa, pronuncerò le parole dell’atto di consacrazione al cuore di Maria, in cui desidero racchiudere, ancora una volta, le speranze e le angosce della Chiesa per questo nostro mondo.
Si tratta di un gesto non nuovo. Infatti, più volte i pontefici hanno affidato al cuore di Maria la speranza della pace e della concordia nel mondo. Lo ha fatto due volte Pio XII, durante la seconda guerra mondiale, poi ancora negli anni Cinquanta, vedendo dinanzi a sé le esperienze dolorose dell’intera famiglia umana. Lo hanno rinnovato i santi pontefici Paolo VI, durante il pellegrinaggio a Fatima nel 1967, e poi Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro nel giorno di oggi del 1984.
In particolare, il grande pontefice polacco, inginocchiato dinanzi all’immagine della Santa Vergine, così pregò: «O Madre degli uomini e dei popoli, tu che conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al Tuo Cuore: abbraccia, con amore di madre e di serva del Signore, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli».
Stasera è Papa Francesco, che in questi giorni ha seguito con grande trepidazione e sofferenza la tragica situazione della guerra in Ucraina, a chiedere di rivolgerci a Maria per invocare il dono supremo della pace.
Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande.
Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa.
Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera.
Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo “sì”.
Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà – come diranno gli angeli ai pastori – la «pace a tutti gli uomini amati dal Signore» (cf. Lc 2,14).
Che senso potrà mai avere, carissimi fratelli e sorelle, celebrare l’Annunciazione a Maria in un contesto così doloroso e drammatico?
Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel «Non temere», detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti.
Ecco perché, in questo 25 marzo, tutta la Chiesa, con i Vescovi e le comunità del mondo intero, è unita a Papa Francesco. Egli ha desiderato compiere un atto di consacrazione al cuore di Maria che non solo richiama le apparizioni a Fatima, ma che ha radici ancora più profonde, già nella Sacra Scrittura.
Un grande esegeta come il cardinale Carlo Maria Martini spiegava che «il cuore è l’intimo dell’uomo, il centro della persona, il luogo profondo in cui la nostra persona prende coscienza di sé, riflette sugli avvenimenti, medita sul senso della realtà, assume comportamenti responsabili verso i fatti della vita e verso lo stesso mistero di Dio». Anche Papa Francesco, ultimamente, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, ha scritto che «nel cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo». Ecco perché – scrive ancora il Papa – Dio «cerca di parlarci nel cuore» (83).
Come Dio parla al nostro cuore, noi oggi, in questo tempo di prova per l’Europa, per il mondo, per le Chiese in Ucraina, noi oggi con tutto il nostro cuore vogliamo parlare al cuore di Dio, attraverso la consacrazione al cuore di Maria.
Con grande fiducia e speranza, mi inginocchierò, al termine di questa celebrazione, dinanzi alla venerata immagine della Santa Vergine, madre della Chiesa perugino-pievese onorata da secoli come Madonna delle Grazie, cui si sono rivolti i perugini nelle loro spirituali e materiali necessità, ottenendo aiuto e liberazione. Vogliamo perciò stasera far rivivere non solo la devozione, ma la fede nel patrocinio di Maria, che è, prima di tutto, madre della divina grazia che è Gesù, e quindi “madre del popolo cristiano” e cioè “della Chiesa”, ma anche ausiliatrice e mediatrice “di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace” (Prefazio).
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Amen!
Gualtiero Card. Bassetti
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve