Carissimi, ancora una volta, se pure in forma più lieve, il Signore ha voluto che, durante queste Feste, condividessi il disagio di tutti coloro che stanno soffrendo, colpiti dal Covid 19.
Ciò mi costringe a non essere presente alle celebrazioni liturgiche e ai vari incontri di questo periodo benedetto.
Come abbiamo riflettuto durante l’Avvento, la nascita del Salvatore, con tutto il Mistero dell’Incarnazione, è il più grande connubio che si possa immaginare fra cielo e terra, ed esprime tutta la tenerezza del nostro Dio.
Tornano in mente le parole del profeta Isaia, riportate dall’antifona di ingresso della IV Domenica di Avvento: «Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto; si apra la terra, germogli il Salvatore» (Is 45,8). Il Salvatore viene dal Padre, ma ha bisogno di un grembo materno che lo accolga.
Scrive un grande convertito, Giovanni Testori, in un piccolo libro dal suggestivo titolo Un bambino per sempre: «Ci siamo dimenticati e vergognati perfino del Natale. Invece il Natale è il momento in cui l’uomo domanda di ritrovare la propria nascita». Occorre, sottolineo anch’io come lui, «trovare dentro di noi il Bambino che il Padre ha creato».
Parto dal cuore del Natale: la nascita di Gesù in una grotta. Da millenni l’uomo porta in sé l’immagine della grotta, del rifugio scavato nella roccia, del tepore della terra nascosta: pensiamo alle grotte di Greccio, della Verna, delle Celle di Cortona. La grotta è il simbolo delle origini, della nascita e della rinascita.
Gesù è nato in una grotta e in una grotta fu sepolto, da dove è risorto nella pienezza della vita. Nella grotta il Bambino Gesù nasce fuori dalla civiltà costruita dall’uomo, dalla cultura ufficiale. Io sono certo che nella grotta profonda del nostro inconscio sia racchiuso un desiderio inespresso di nascita e rinascita: per questo, il Figlio di Dio, venendo nel mondo, l’ha scelta per la sua nascita.
Sono convinto che il grande mistero della Notte Santa si ripeta per ogni creatura umana molto più di quanto possiamo pensare. La grotta di Betlemme ha il suo fanciullo che lì nasce, e la Vergine lo depone come pane vero di vita nella mangiatoia. La mangiatoia indica appunto un bacino, una cavità ricavata dalla parete della grotta per deporre non solo il mangiare del bestiame, ma anche il cibo dei pastori. A loro aveva detto l’angelo: «Non temete: ecco, oggi vi annuncio una grande gioia… oggi, nella città di Davide, è nato per noi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». Noi sappiamo che il Bambino della mangiatoia è il pane vero disceso dal cielo: «Chi mangia di questo pane avrà la vita» dice Gesù.
Cari fratelli, c’è chi si è dimenticato o forse arriva anche a vergognarsi del Natale, oppure è semplicemente smarrito. Perciò arriva pressante per ognuno di noi, in qualsiasi situazione interiore possa trovarsi, l’invito a ritrovare la propria nascita!
Trovare dentro di noi il bambino che il Padre ci dona significa ritrovare e riscoprire le nostre radici profonde. È questo il Natale che il vostro Vescovo augura ai cristiani e a tutti gli uomini e le donne amati dal Signore.
Gualtiero card. Bassetti
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve