Festa solenne in diocesi per l’ordinazione dei due giovani diaconi Daniele Martelli e Giuseppe Zen nella Cattedrale di Terni, sabato 2 ottobre per imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del vescovo Giuseppe Piemontese, circondanti dai sacerdoti della diocesi, diaconi, religiosi e fedeli che hanno conosciuto i due nuovi sacerdoti nel periodo di formazione e servizio svolto nelle parrocchie della diocesi. A quasi due anni dall’ultima ordinazione diaconale, con le limitazioni dettate dalla pandemia di Covid 19 che ha condizionato anche il normale svolgimento della vita religiosa, l’ingresso di due nuovi sacerdoti nel presbiterio diocesano è salutato da tutta la comunità diocesana come un importante segno di ritorno alla vita “normale”, e soprattutto di speranza e d’impegno costante per una più intensa pastorale diocesana specie in ambito vocazionale.
“Due preti ci vengono oggi donati – ha detto il vescovo nell’omelia – a incoraggiamento e slancio per questa chiesa particolare di Terni-Narni-Amelia del Terzo Millennio, ricca di un Presbiterio i cui volti sono qui raffigurati, di una vita consacrata ridotta nei numeri di una vita consacrata ridotta nei numeri, ma generosa e variopinta per la rappresentanza dell’universalità della Chiesa, dalla molteplicità di lingua, popolo e nazione. Due preti inviati ad un popolo, che ancora conserva e custodisce le tradizioni degli avi e spesso lotta per non lasciarsi strappare da una società, incline alla miscredenza e spesso laicista, i tesori e i valori, ancora presenti, di una vita ispirata al Vangelo, piena, veramente libera, aperta all’Infinito e gioiosa”.
E poi, rivolgendosi a due nuovi sacerdoti ha detto: “siete ordinati preti per una chiesa che è immersa nella crisi dei tempi attuali, ed è essa stessa alquanto instabile e in fase di transizione e di passaggio. La stessa identità del prete, per secoli ancorata ad un cliché collaudato, è in evoluzione. Sarete preti per una “chiesa-sinodo”, sotto la forza della spinta propulsiva del Vaticano II. Il presbitero cioè è incoraggiato a non indugiare prevalentemente nell’azione rituale o nel caldo della sagrestia, ma a proiettarsi nella trama delle relazioni ecclesiali, come fratello tra fratelli. In questi tempi di cambiamenti e di pericoli accresciuti a causa della società secolarizzata, farcita di materialismo ed edonismo, di rischi comunicativi e informatici, che portano nelle nostre case, perfino nelle nostre tasche, schizzi di fango, i miti del potere, della priorità dell’apparire e dalla spudoratezza, la fedeltà a Cristo e la perseveranza è un dono che va coltivato giorno dopo giorno, con una intensa vita spirituale, che si sviluppa nella convinta e fedele azione sacramentale, pastorale e profetica, e nella fraternità del Presbiterio”.
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