Intervista al presidente della Ceu, l’arcivescovo Renato Boccardo, in vista del Giubileo, degli “Stati Generali” delle Commissioni Ceu e sul rapporto “Chiesa-Politica”

Tocca temi di grande attualità non solo per la Chiesa, ma per l’intera società umbra, l’intervista rilasciata da monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu), al sito-quotidiano online Chiesainumbria, in vista sia del Giubileo 2025 sia degli “Stati Generali” delle Commissioni Ceu, ad Assisi, il prossimo 9 novembre, per fare il punto sul Cammino sinodale della Chiesa voluto da Papa Francesco. Gli “Stati Generali” vedranno la partecipazione di circa duecento membri, in gran parte laici, delle attuali ventidue Commissioni Ceu raggruppate in sei macro aree: Evangelizzazione e Liturgia; Carità e Salute (Delegazione Caritas; Fondazione Contro l’Usura; Commissioni pastorali Salute e Sociale); Clero e Vita Consacrata; Laici (Famiglia; Giovani e Vocazioni; Servizio Tutela Minori); Cultura e Comunicazione; Giuridico-Amministrativa (cfr. www.chiesainumbria.it – sezione “Commissioni”)

Monsignor Boccardo, nell’intervista, si sofferma su come la Chiesa umbra si sta preparando a vivere l’anno giubilare sia localmente, privilegiando la dimensione personale e comunitaria di questo evento di grazia, sia nell’accogliere i pellegrini di passaggio e sosta nella nostra regione, in primis i giovani diretti a Roma per il loro Giubileo della prossima estate, offrendo cammini di spiritualità e la possibilità di conoscere il vasto patrimonio storico-artistico e culturale ecclesiale. Nel contempo, non trascura le criticità, come la crisi delle vocazioni, ed esorta ad un maggiore impegno per l’evangelizzazione di tutti. «Non si tratta di portare la gente in chiesa, di aumentare il numero dei partecipanti alle nostre celebrazioni – afferma il presidente della Ceu -. Si tratta di aiutare la gente ad incontrare il Signore Gesù… Far vedere con la nostra testimonianza di cristiani che seguire il Vangelo può dare senso e pienezza alla vita anche nel terzo millennio».

Altro tema trattato da monsignor Boccardo, nel sostenere l’importanza di operare tutti per «il bene massimo della società», è il rapporto “Chiesa-Politica”, facendo chiarezza su un aspetto non secondario in questo periodo, soprattutto per gli umbri chiamati alle urne il 17-18 novembre per eleggere il presidente della Regione e l’Assemblea Legislativa. «I Vescovi non hanno candidati politici da proporre e tanto meno da sostenere nelle elezioni regionali del prossimo novembre, così come in tutte le altre – precisa il presidente della Ceu -. La Chiesa richiama i cattolici e tutti gli uomini e donne di buona volontà ad operare per una società nella quale tutti abbiano il proprio posto e vedano rispettata la propria dignità, in particolare i più fragili, al di là di ogni ideologia e di ogni interesse di gruppo…».

Monsignor Boccardo conclude ammettendo che «c’è sempre il rischio che qualcuno si voglia appropriare del cappello della Chiesa, ma la Chiesa non garantisce cappelli di nessun genere, la Chiesa ribadisce la propria volontà di lavorare insieme nella ricerca del bene di tutti, nella promozione della solidarietà, dell’accoglienza e dell’attenzione privilegiata alle fasce più deboli della società, sia a chi ha problemi economici sia a chi viene da fuori, protagonista della grave tragedia delle migrazioni, sia a tutti coloro che stanno tentando di uscire da una situazione che li opprime e li umilia».

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Eccellenza, la Chiesa umbra si sta preparando all’imminente Giubileo, in che modo?

«Nella Bolla di indizione Papa Francesco ci ha indicato alcune piste preferenziali: la prima è quella personale, interiore, per creare le condizioni affinché l’appello alla riconciliazione, al rinnovamento, alla novità di vita che porta il tempo giubilare possa trovare un terreno fecondo a livello personale. Poi, nella misura in cui le persone si rinnovano anche la vita cristiana e le comunità si rinnovano. A livello organizzativo, i delegati diocesani per il Giubileo si sono già incontrati per confrontarsi sui diversi percorsi che le Chiese stanno elaborando e individuando per vivere anche localmente questo tempo di grazia».

L’Umbria, con le sue grandi figure di santità e luoghi di spiritualità noti in tutto il mondo, è da sempre terra di passaggio e sosta per tanti pellegrini diretti a Roma. Siamo pronti ad accoglierli?

«Certamente, molta della nostra attenzione è riservata alla capacità dell’accoglienza, peraltro già sperimentata durante il Grande Giubileo del 2000. In particolare, un gruppo di lavoro si occupa dell’accoglienza da assicurare ai tanti giovani che transiteranno nella nostra regione alla volta di Roma, a fine luglio, in occasione del “Giubileo dei Giovani”. Si sta puntando molto sull’accoglienza nelle famiglie, perché non si tratta semplicemente di fornire un tetto e un pasto, ma di promuovere una conoscenza e un arricchimento reciproci, uno scambio di storie di vita. Abbiamo fiducia che non soltanto a livello giovanile, ma nelle diverse comunità questa accoglienza possa essere un investimento che arricchisce la dimensione umana della vita anche degli adulti».

Altro ambito di impegno e promozione dell’Umbria religiosa e culturale per il Giubileo sono i cammini di fede…

«Su quest’ambito si sta lavorando molto perché, pensando ai pellegrini che vorranno raggiungere Roma a piedi, la nostra regione è ricca di cammini legati alla memoria dei nostri Santi e delle nostre Sante. La dimensione del pellegrinaggio giubilare è anche un momento da vivere nel silenzio, nel raccoglimento, nella solitudine… Per questo l’accoglienza del pellegrino può diventare anche una delle caratteristiche dell’Anno Santo. Un anno che donerà agli umbri e a tutta la Chiesa altre due figure di santità: la beatificazione dello spoletino don Giovanni Merlini, che sarà la prima giubilare (il 12 gennaio), e la canonizzazione di Carlo Acutis. Inoltre, ci prepareremo a vivere il nostro pellegrinaggio regionale, a Roma, alla tomba dell’Apostolo Pietro, in programma il 13 settembre, che vedrà la partecipazione di alcune migliaia di fedeli umbri con i loro Pastori».

Gli umbri, richiamando il tema del Giubileo, come potranno essere loro stessi dei “pellegrini di speranza” nella propria terra, nel farsi più prossimi, ad esempio, con quanti vivono gravi disagi?

«Non possiamo farci assorbire totalmente dalla dimensione logistica e gestionale dell’evento giubilare, ma privilegiare, come dicevo all’inizio, la dimensione personale e comunitaria, perché il Giubileo ci viene offerto come un tempo di grazia. Già nell’antico Israele il Giubileo portava con sé il tema della “restituzione”. Restituire quanto nel corso del tempo era stato alienato, riportare a pienezza quanto si era incrinato, curare e guarire quanto era stato ferito. Il Papa ci parla di “pellegrini di speranza” e ci esorta a ricomporre l’unità dell’essere umano con una attenzione particolare a chi affronta con maggiore fatica le ferite della vita. Immettere dei germi di speranza nel tessuto della vita quotidiana».

Come si può ricomporre l’unità dell’essere umano?

«Penso alle relazioni, ai gesti di vicinanza, di accoglienza, di solidarietà nei confronti delle persone che il Papa definisce gli “scarti” della società. Sappiamo anche in Umbria quante sono le Istituzioni religiose e civili che si prendono cura del reinserimento nella vita sociale di chi ha vissuto momenti difficili. Penso alle opere segno delle nostre Caritas. Penso alle carceri, alle case di cura e a quelle di riposo, tutti luoghi dove il cristiano può portare una parola, un gesto concreto che riscaldi il cuore. Penso ai problemi che segnano gravemente la vita quotidiana delle famiglie, come quelli della mancanza o della difficoltà del lavoro. Penso al mondo giovanile bisognoso di segni concreti che diano speranza; e questa è una responsabilità di non poco conto degli adulti, chiamati a trasmettere ai giovani le “chiavi” per interpretare la vita e affrontare con fiducia il futuro. Sono una fucina di valori i nostri Oratori».

L’evento giubilare è anche un’occasione per valorizzare ancora di più il vasto patrimonio storico-artistico della Chiesa umbra. Cosa verrà offerto?

«Quanti verranno in Umbria nel 2025 potranno godere della ricchezza di quei monumenti che noi oggi presentiamo al mondo con giustificato orgoglio, e che sono il frutto, nella stragrande maggioranza, della fede del popolo cristiano che con grandi sacrifici ha voluto rendere bella la Casa di Dio arricchendola di tante opere d’arte. È un contribuito alla bellezza che noi vogliamo dare offrendo la possibilità ai pellegrini e a tutti i visitatori di godere di quello che noi abbiamo continuamente a nostra disposizione».

Eccellenza, nel prepararsi al Giubileo la Chiesa non si distrae dalle sue criticità come la crisi delle vocazioni…

«Io sostengo da sempre che non c’è crisi di vocazioni, perché Dio continua a chiamare, la crisi sta nella capacità di rispondere. C’è una crisi di risposta perché, probabilmente, i nostri giovani non sono accompagnati a scoprire e valorizzare la dimensione dell’ascolto e, dunque, a discernere tra le diverse voci che li circondano, e nelle quali sono immersi, quella di Dio che li chiama. Questo perché nelle nostre comunità parrocchiali, presi da tante urgenze e priorità, si è messo un po’ da parte il clima di raccoglimento, di silenzio, di frequentazione della Parola di Dio, dell’accompagnamento spirituale, che può aiutare sia i giovani che gli adulti a scoprire il progetto di Dio per ciascuno».

Nonostante questo si colgono dei segnali incoraggianti in ambito vocazionale? 

«Direi di sì. Il nostro Seminario Regionale oggi è frequentato da ventuno giovani che si preparano al sacerdozio. Come Conferenza episcopale umbra, in quest’ultimo periodo, abbiamo avuto la possibilità di garantire il completamento dell’équipe formativa, costituita dal rettore, dal vice rettore, da due padri spirituali e da altri collaboratori che con le loro specifiche competenze accompagnano i giovani in questo cammino. Naturalmente, quando guardiamo i numeri vediamo la grande sproporzione tra i sacerdoti che invecchiano e concludono il proprio percorso terreno, e le giovani forze che sono chiamate a sostituirli. Papa Francesco ci ha detto: “Non siamo in un’epoca di cambiamento, ma in un cambiamento d’epoca”. In questa epoca nuova, che ci fa paura perché non la conosciamo e non la sappiamo gestire, dobbiamo avere modalità nuove di presenza e di azione pastorale».

Prima del Giubileo la Chiesa è impegnata negli “Stati Generali” delle Commissioni Ceu. Questo per fare il punto in Umbria sul Cammino sinodale della Chiesa, quindi sulla missione e sull’annuncio del Vangelo?

«Ormai da anni abbiamo ascoltato, interiorizzato e tentato di rendere operativo l’appello insistente di Papa Francesco alla missione, che è l’annuncio del Vangelo. Annunciare il Vangelo in un mondo che non soltanto cambia velocemente ma che è già cambiato, richiede di prendere coscienza che il rinnovamento non consiste semplicemente nel cambiare le strutture, ma specialmente e innanzitutto nel rinnovare l’autenticità della nostra fede e la professione della nostra vita cristiana. Nel contempo, siamo chiamati a trovare i mezzi per annunciare il Vangelo di Gesù a questa società concreta. Non si tratta di portare la gente in chiesa, di aumentare il numero dei partecipanti alle nostre celebrazioni. Si tratta di aiutare la gente ad incontrare il Signore Gesù e il resto verrà di conseguenza. Far vedere con la nostra testimonianza di cristiani che seguire il Vangelo può dare senso e pienezza alla vita anche nel terzo millennio».

La finalità di questi “Stati Generali” non è per contarsi e nemmeno per guardarsi gli uni e gli altri. Può dirci quale è?

«La sua finalità è quella di prendere coscienza, ancora una volta, della missione affidata ad ogni battezzato e mettere insieme non soltanto le nostre esperienze ma anche le nostre differenze, che sono sempre un arricchimento. Bisogna mettere insieme tutte le nostre forze, domandarci quale tipo di presenza significativa come cristiani possiamo avere nella società di oggi. È questo il servizio più prezioso che come Chiesa possiamo rendere alla società. Penso agli Apostoli Pietro e Giovanni che, andando al Tempio di Gerusalemme, incontrano uno storpio che chiede la carità e Pietro risponde: “Non ho né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina”. La nostra Chiesa in Umbria, oggi, dice la stessa cosa: non abbiamo le formule segrete per superare tutti i problemi, non abbiamo la capacità di affrontare chissà quali sfide, ma siamo coscienti di avere un tesoro prezioso che è la presenza del Signore Risorto. È di questo tesoro che noi siamo debitori nei confronti della società».

Eccellenza, ha appena menzionato il servizio che la Chiesa rende alla società. Quella umbra è chiamata alle urne, il 17-18 novembre, per eleggere il presidente della Regione e l’Assemblea legislativa…

«Papa Paolo VI diceva che “la politica è la forma più alta della carità” e la Dottrina sociale della Chiesa continua a proporre la ricerca, la promozione, la realizzazione del bene comune. Tutti coloro che ricevono la fiducia dei cittadini sono chiamati ai diversi livelli di governo (locale, regionale, nazionale) a farsi carico dei loro contemporanei con prospettive ampie e sguardo attento, solleciti non del bene di qualcuno ma del bene di tutti. E per ottenere il bene di tutti bisogna essere disponibili a rinunciare a qualcosa del bene personale, a prescindere dalla appartenenza partitica».

La Chiesa, attraverso il suo Magistero, contribuisce non poco al bene dell’intera società, incoraggiando i cattolici dei diversi schieramenti a farsi interpreti dei propri ideali e valori nei consessi democratici. Incoraggiamento che spesso è recepito o anche confuso con l’appoggiare uno o più politici. Eccellenza, vuole provare a fare chiarezza?

«I Vescovi non hanno candidati politici da proporre e tanto meno da sostenere nelle elezioni regionali del prossimo novembre, così come in tutte le altre.  La Chiesa richiama i cattolici e tutti gli uomini e donne di buona volontà ad operare per una società nella quale tutti abbiano il proprio posto e vedano rispettata la propria dignità, in particolare i più fragili, al di là di ogni ideologia e di ogni interesse di gruppo… Tutti i cittadini hanno la grave responsabilità di esprimere il proprio voto, perché non si può guardare alla finestra quello che succede, così come non ci si può lamentare di quello che non succede senza impegnarsi in prima persona. Nel contempo, anche gli eletti hanno una grave responsabilità: quella di dover rendere conto agli elettori delle loro azioni e della realizzazione delle promesse manifestate in campagna elettorale. Se vogliamo progredire e guardare avanti, sappiamo che solo con lo sforzo e la collaborazione di tutti, ai vari livelli, si riesce a costruire qualcosa di buono».

L’incoraggiamento della Chiesa nei confronti dei cattolici ad impegnarsi in prima persona c’è sempre stato, soprattutto da quando non c’è più la DC…

«Si parla di sussidiarietà, di collaborazione intelligente e certamente la comunità cristiana non si tira indietro nell’assumersi le proprie responsabilità, ma attende dalla controparte, sia politica, sociale o economica, l’apertura e la disponibilità a lavorare insieme, come dicevo prima, per il bene comune. È vero che c’è sempre il rischio che qualcuno si voglia appropriare del cappello della Chiesa, ma la Chiesa non garantisce cappelli di nessun genere; la Chiesa ribadisce piuttosto la propria volontà di lavorare insieme nella ricerca del bene di tutti, della solidarietà, dell’accoglienza e dell’attenzione privilegiata alle fasce più deboli della società, sia a chi ha problemi economici sia a chi viene da fuori, protagonista della grave tragedia delle migrazioni, sia a tutti coloro che stanno tentando di uscire da una situazione che li opprime e li umilia».

Riccardo Liguori

Spirito di Assisi – il 27 ottobre torna la preghiera interreligiosa per la pace

“Noi credenti in Dio partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, chiediamo a noi stessi e ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”. È questo uno dei passaggi dell’invito alla preghiera di monsignor Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, in occasione del prossimo 27 ottobre, 38esimo anniversario dello Spirito di Assisi che ricorda lo storico incontro interreligioso di preghiera per la pace del 1986, voluto da San Giovanni Paolo II. Nella sua lettera, monsignor Sorrentino scrive che “nell’anniversario dello spirito di Assisi del 27 ottobre 1986, non possiamo fare a meno di volgere ancora lo sguardo ai tanti conflitti armati in corso e a farci voce del dolore delle tante vittime che questi producono. Come donne e uomini di fede – aggiunge il vescovo -, siamo chiamati ad adottare lo sguardo di Dio sull’umanità, sguardo che è sempre una volontà di pace. Per questo, come membri di tante religioni diverse, siamo chiamati a riaffermare il bene supremo della pace nelle nostre coscienze, nella preghiera e nelle nostre scelte, come avvenne in quello storico incontro di Assisi. Dobbiamo smascherare ogni tentativo strumentale di usare Dio e la religione per giustificare o addirittura motivare l’uso della forza e della violenza in tutte le sue espressioni. Pertanto ci facciamo volentieri eco di quanto Papa Francesco e Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar, affermarono nel Documento sulla Fratellanza umana ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019”.

Ricco il programma di quest’anno, che si apre venerdì 25 ottobre alle ore 10.30 nella Sala della Spogliazione del palazzo vescovile di Assisi con un incontro di approfondimento con gli studenti, dal titolo “Lo Spirito di Assisi è giovane”. Dopo il videomessaggio del vescovo Sorrentino ci sarà il dialogo con don Tonio Dell’Olio, presidente della Commissione spirito di Assisi. Sabato 26 ottobre dalle ore 8 alle ore 20 nella chiesa della Cittadella – Laudato sì preghiera continua per la pace. Domenica 27 ottobre alle ore 12, nella Basilica superiore di San Francesco, si terrà la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Sorrentino. Nel pomeriggio alle ore 17 nel Refettorietto della Porziuncola a Santa Maria degli Angeli è prevista la preghiera interreligiosa con la partecipazione dei membri di diverse tradizioni religiose.

Perugia – Al via la “Missione Giovani 2024” Il 18 ottobre, con la celebrazione eucaristica di mandato missionario, più di cento ad annunciare il Vangelo ai loro coetanei

Va e annuncia il Vangelo! È il “mandato missionario” che il vescovo Ivan, insieme ai frati minori e ai sacerdoti diocesani, ha affidato a più di cento ragazzi e ragazze nel consegnare a ciascuno di loro il “tau”, la croce francescana (vs. fotogallery), simbolo della “Missione Giovani 2024” avviata la sera del 18 ottobre, a Perugia, con la celebrazione eucaristica nella chiesa di San Donato all’Elce, vissuta anche in preparazione alla Giornata Mondiale Missionaria di domenica 20 ottobre. Questi giovani, provenienti da comunità parrocchiali, associazioni, gruppi e movimenti presenti nelle sette Zone pastorali dell’Arcidiocesi, simbolicamente rappresentate da sette lumi accesi sull’altare (vs. fotogallery), vivranno dieci giorni intensi nel portare la proposta cristiana ai loro coetanei. Il programma della missione, con luoghi, iniziative e incontri, è consultabile-scaricabile al link: Al via la Missione Giovani – Diocesi Perugia.

All’omelia, il vescovo Ivan, nel ricordare le «regole d’ingaggio» dei giovani missionari per tenere a debita distanza gli idoli del nostro tempo nell’annunciare il Vangelo, ha esortato tutti dicendo: «Curate i malati e non penso solo a quelli dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, dell’Hospice o che giacciono nei letti di casa nostra. Penso alle tante persone ferite nelle relazioni, ferite perché si sentono tradite o incomprese. Penso a tante persone che hanno visto sfumare il progetto buono di vita».

«Curate i malati – si è raccomandato nuovamente il vescovo –, perché la vera grandezza sta nel sapersi chinare sull’altro, saper maturare quello spessore di con-passione, che ti permetta davvero di aiutare l’altro se non a risolvere i suoi problemi, di aiutarlo a portarli, a non perdere la fiducia, a gioire di tutti quei segni di bene, di bellezza e di vita che il Signore continua, anche grazie a ciascuno di noi, a seminare nel campo». Il testo integrale dell’omelia è al link: Le regole di ingaggio di un missionario

Fra’ Alfio Vespoli, dei frati minori, responsabile della “Missione Giovani”, nel prendere la parola al termine della celebrazione, ha promesso al vescovo Ivan di «fare un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore di ragazzi e ragazze incontrandoli per le vie, le piazze, nei locali, nelle scuole, nelle facoltà…, perché il Signore ci darà la grazia per fare questo. Un chiasso che ricorderà che sono figli amabili e preziosi. Il cuore di ciascuno di loro non aspetta altro che gli venga ricordato che è amato da Dio, non aspetta altro che ricevere dai giovani missionari, attraverso il loro sguardo, i loro occhi, la loro preghiera l’annuncio che è un figlio preziosissimo. Questo sarà il chiasso che faremo nei prossimi giorni a Perugia – ha precisato fra’ Alfio –. Grazie a tutti i giovani che si dedicheranno all’annuncio della Parola di Dio e per quanti non sono giovani, chiediamo di sostenere la missione con la preghiera».

Alla Giornata regionale del Clero umbro don Fabio Rosini, ha offerto una riflessione sul sacramento della riconciliazione. «La confessione serve per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia» – IL VIDEO

«La Giornata sacerdotale del Clero umbro ospitata al Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” ad Assisi è da sempre molto partecipata e sentita. Certamente, la presenza di don Fabio Rosini ha fatto da elemento catalizzatore». Così il vescovo delegato Ceu per il Clero, mons. Gualtiero Sigismondi di Orvieto-Todi, a margine dell’annuale giornata regionale di formazione per i sacerdoti delle otto Diocesi dell’Umbria del 17 ottobre a cui hanno partecipato anche gli altri vescovi: Domenico Sorrentino di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, Luciano Paolucci Bedini di Città di Castello e Gubbio, Ivan Maffeis di Perugia-Città della Pieve, Renato Boccardo di Spoleto-Norcia e presidente Ceu, e Francesco Soddu di Terni-Narni-Amelia.
«Nell’affrontare il tema della penitenza – ha proseguito mons. Sigismondi –, don Fabio ha ricordato che non c’è rinnovamento spirituale che possa prescindere da questo sacramento, sottolineando che l’atto penitenziale è il primo passo verso la conversione. Sappiano che la penitenza è un sacramento che ha la sorgente, che è il battesimo, e ha un cammino davanti, che è quello verso il Regno».
Lo stesso relatore, noto per essere l’ideatore dei “Dieci Comandamenti” per evangelizzare in particolare le giovani generazioni, oltre ad essere il direttore del Servizio per le vocazioni della Diocesi di Roma, si è soffermato sul sacramento della riconciliazione che va «riscoperto» e «sdoganato», perché «banalizzato troppo». È entrato nel merito dicendo: «La gente ha percepito questo sacramento come un semplice antivirus per la vita. Il problema non è non fare del male, ma essere persone cristiane che annunciano e producono bellezza, altrimenti il male non svanisce».
«La confessione serve – ha aggiunto – per rifecondare la vita nuova a fronte della vecchia. La penitenza è il primo passo della vita nuova e non il peso da portare per il peccato commesso. Al centro del sacramento della riconciliazione non c’è la semplice confessione per ammettere il male, ma il movimento che lo Spirito dà al cuore dell’uomo per ritrovare la sorgente della vita dentro di sé».
Don Rosini non ha nemmeno tralasciato l’aspetto dell’«avere a cuore le persone», come confessori, «anche quando non è possibile dare l’assoluzione».

LA CATECHESI DI DON ROSINI

Assisi – al Santuario della Spogliazione celebrata la santa messa nella Memoria liturgica del beato Carlo Acutis

“Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo ‘tutto’ e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di ‘riparare la Chiesa’. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena”.

Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, sabato 12 ottobre all’omelia della santa messa nella Memoria liturgica del Beato Carlo Acutis celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione ad Assisi.

“La Provvidenza – ha aggiunto il vescovo – ha voluto che la proclamazione della sua santità – la ‘canonizzazione’ – avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo. Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto ‘san’ Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà a un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo!” Per questo – scrive il vescovo – mi è sembrato bello comporre, in vista della canonizzazione, una nuova preghiera, che lo ritrae nei suoi tratti caratteristici. Una preghiera che si potrà cominciare a recitare fin da ora”.

Tra le iniziative organizzate in vista della celebrazione della Memoria Liturgica del Beato Carlo Acutis, venerdì 11 ottobre, nella Sala dei Vescovi all’interno del Santuario della Spogliazione è stata inaugurata la mostra dei miracoli eucaristici, ideata e realizzata dal giovane Carlo Acutis, che resterà esposta al pubblico fino a metà novembre e sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18.

OMELIA DEL VESCOVO SORRENTINO
La violenza e la guerra, incredibilmente ancora praticate su così vasta scala, sembrano dirci che la cultura della morte abbia la meglio nel mondo. In realtà, nonostante tutto, l’uomo ha un bisogno irresistibile di vita. Desidera una vita piena, soprattutto piena di gioia. E non si accontenta di tempo limitato: vuole vivere per sempre.
Si comprende così la domanda che il Vangelo di questa domenica dell’anno liturgico pone sulle labbra di un uomo ricco, anzi, – precisa un altro degli evangelisti – di un “giovane” ricco: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna”?

Se pensiamo che anche Carlo era figlio di genitori facoltosi, viene spontaneo sentire riecheggiare questa domanda sulle sue labbra. Egli amava la vita in tutti i sensi. Tutto gli era caro, dalla natura allo sport, dalla musica al computer. Aveva però compreso che le cose della terra, pur belle, sono passeggere. La risposta di Gesù al giovane ricco gli era entrata nel cuore: se vuoi la vita eterna, osserva i comandamenti. E Carlo i comandamenti di Dio li osservava. Li sentiva, quali sono, non catene che imprigionano, ma una segnaletica che assicura alla nostra vita un orizzonte e una meta.
Nel brano che abbiamo letto c’è un dettaglio che non deve sfuggire. Quando il giovane ricco dice a Gesù di essere già osservante dei comandamenti, Gesù ha come un moto di tenerezza: “lo guardò e lo amò”. Che cosa ci fu in quello sguardo è impossibile dirlo. Dovette essere uno di quegli sguardi che ti stringono come un abbraccio facendoti sentire unico al mondo, amato più di tutti, guarito fin nell’intimo, pieno di cielo. Di fronte a quello sguardo, che certamente anche Carlo ha sperimentato, le vie si divaricano: il giovane del Vangelo si fa scuro in volto e volge le spalle, intrappolato dai suoi molti beni: Carlo, sceglie Gesù. Si innamora di quello sguardo intenso e divino, vedendolo nell’Eucaristia, sentendo che l’Ostia santa è veramente Gesù, da incontrare, adorare, mangiare, diventando una sola cosa con lui.
Quando si incontra Gesù, tutta la vita cambia. Non cambiano le cose che fai, cambia come le fai. Le cose restano le stesse, ma profumano di cielo. Possono essere, come fu nella vita di Carlo, i compiti di scuola o una partita di calcio, una melodia suonata al sassofono o una passeggiata in montagna, la realizzazione di un video clip o il prendere parte a una discussione, portare i cani a passeggio o accompagnare la mamma a fare la spesa, e mille altre cose proprie del quotidiano. Ma nel passeggero puoi mettere l’eterno, e la vita si trasfigura. Si illumina persino su un letto di ospedale, mentre si muore. Può succedere quello che avvenne qui, dove Francesco passò, alla fine della sua vita, molti giorni prima di scendere alla Porziuncola incontro a “sorella Morte”. Qui, ai frati che lo attorniavano, chiese di cantare senza sosta il Cantico di Frate Sole. Anche Carlo, spogliato dalla leucemia di tutti i suoi sogni, si abbandonò all’abbraccio di Gesù.
Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo “tutto” e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di “riparare la Chiesa”. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena.
La Provvidenza ha voluto che la proclamazione della sua santità – la “canonizzazione” – avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo. Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto “san” Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà a un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo! Per questo mi è sembrato bello comporre, in vista della canonizzazione, una nuova preghiera, che lo ritrae nei suoi tratti caratteristici. Una preghiera che si potrà cominciare a recitare fin da ora. Con essa mi piace chiudere questa riflessione

Carlo, sorriso di cielo
per questa terra ferita e senza pace,
noi lodiamo Dio
per la tua vita semplice, gioiosa e santa.

Tu hai accolto con fiducia
di essere spogliato della tua giovinezza
per dedicarti in cielo, con Gesù e Maria,
a una missione di amore senza confini.
Riposando col tuo corpo mortale
dove Francesco d’Assisi
si spogliò d’ogni bene terreno,
tu gridi con lui al mondo
che Gesù è tutta la nostra gioia.

Giovane pieno di sogni,
attratto dalla natura, dallo sport, da internet,
ma ancor più rapito dal miracolo
di Gesù realmente presente nell’Ostia Santa,
aiutaci a credere che egli è lì vivo e vero,
mistica “autostrada” che conduce al cielo,
e insegnaci a contemplarlo con Maria,
nei misteri del Santo Rosario.

Spiegaci, Carlo,
che, al di là delle mode,
solo Gesù, unendoci a sé,
ci rende “originali e non fotocopie”,
liberi davvero.
Ottienici di saperlo incontrare
in ogni creatura, ma soprattutto nei poveri,
perché l’umanità sia più giusta e fraterna,
ricca di bellezza e di speranza,
a gloria del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo. Amen

Perugia – Ricchezza e speranza dalle Veglie di preghiera per la “Missione Giovani 2024” nelle sette Zone pastorali della Diocesi

Nelle sette Zone pastorali della nostra Diocesi, nella serata del 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, si sono tenute le Veglie di preghiera con l’adorazione eucaristica per la “Missione Giovani” in programma, a Perugia, dal 18 al 27 ottobre, promossa dalle Pastorali Giovanile, Universitaria e Vocazionale con il coinvolgimento di
associazioni e movimenti, stimolata e incoraggiata dal vescovo Ivan Maffeis. Le Veglie si sono svolte a Perugia (I Zona), nella chiesa del quartiere di Santa Lucia, a Sant’Andrea delle Fratte (II Zona), nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, a Deruta (III Zona), nella chiesa parrocchiale, così anche a San Biagio della Valle (V Zona), a Magione (VI Zona) e nella concattedrale di Città della Pieve (VII Zona).
Le avverse condizioni meteo del 4 ottobre non hanno scoraggiato la partecipazione di giovani e adulti a vivere momenti di particolare intensità e in spirito di comunione fraterna tra più comunità parrocchiali, segno di ricchezza e speranza della Chiesa per la nuova evangelizzazione. I fedeli si sono raccolti in preghiera davanti alla Santa Eucaristia, ascoltando la Parola di Dio e diverse testimonianze di quanti si preparano alla “Missione”. Le Veglie sono state guidate dai parroci o dai vicari episcopali delle Zona pastorali.
Nella concattedrale di Città della Pieve è stata presieduta dall’arcivescovo e a Deruta, dove ha fatto ingresso il nuovo parroco, dal vicario generale.
Filo conduttore delle testimonianze ascoltate, è l’aver ritrovato la fede, dopo un periodo di “lontananza”, in parrocchia, all’oratorio…, nell’incontro con altri giovani alla ricerca di Dio, perché stare insieme, dialogare, confrontarsi è di aiuto a scacciare le “solitudini” dell’adolescenza, a non chiudersi in sé stessi. Soprattutto a dare risposte alle proprie insicurezze e al perché si è venuti al mondo. La “Missione” vuole fare tesoro di queste
esperienze portandole ad altri giovani, annunciando il Vangelo che aiuta a ritrovare la felicità e la gioia di vivere nel farsi carico del prossimo. Avviare o continuare un dialogo con quanti si lasciano avvicinare dalla Parola di Dio attraverso l’esperienza di fede dei coetanei.
Riccardo Liguori

Cascia, al via il cantiere per il recupero e consolidamento della chiesa di Santa Maria della Visitazione. L’Arcivescovo: «Ricostruire e ricominciare è possibile».

La comunità di Cascia sabato 28 settembre 2024 ha festeggiato l’avvio del cantiere di recupero dell’antica chiesa di Santa Maria della Plebe presso porta Leonina, oggi conosciuta come chiesa di Santa Maria della Visitazione. L’edificio è chiuso a seguito dei danni dei terremoti del 2016. La mattinata, cui hanno preso parte diversi fedeli casciani, si è aperta nella vicina sede del BIM (Bacino Imbrifero Montano) con la presentazione dei lavori da parte dei progettisti, ing. Natale D’Ottavio, arch. Luigi Casula, geol. Giorgio Leoni. È stato ricordato come la chiesa è stata lesionata più volte dai terremoti: dopo quello del 1599 fu ricostruita e ingrandita, come è testimoniato dalla seconda porta di ingresso, e abbellita; dopo il terremoto del 1703 fu aggiunta la torre campanaria e venne intonacata la facciata per differenziarla dall’edilizia rurale. Poi, sono state elencate le carenze emerse durante la fase dei sondaggi: le murature sono a sacco, i pilastri sono vuoti all’interno, le volte in camorcanna, il tetto molto pesante e totalmente spingente. Gli interventi, dunque, prevedono il consolidamento delle murature, delle volte con inserimento di catene metalliche, il rifacimento della copertura in acciaio e legno, il consolidamento del campanile. L’importo dei lavori è di 3.900.000 euro, contributo concesso con il decreto del Commissario n. 282 del 12 aprile 2024.

Poi, ci si è spostati dinanzi alla chiesa per la benedizione del cantiere da parte dell’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo. Accanto al Presule c’erano il parroco don Davide Travagli e l’emerito don Renzo Persiani. Tra le autorità civili e militari erano presenti, tra gli altri, il commissario per la ricostruzione post sisma 2016 sen. Guido Castelli, l’assessore alle Infrastrutture trasporti e modalità urbana della Regione Umbria Enrico Melasecche e il sindaco di Cascia Mario De Carolis. C’erano, naturalmente, anche i rappresentanti della ditta “Sacen srl” di Napoli, che si è aggiudicata la gara di appalto.

Le parole dell’Arcivescovo: «Ricostruire e ricominciare è possibile», ha detto mons. Boccardo. «Il risultato odierno è il frutto di un proficuo lavoro e questo testimonia l’importanza di fare rete tra le istituzioni, tra le istituzioni e le comunità, avendo come unico obiettivo il bene di questo nostro territorio della Valnerina, dove si sta bene e si vive bene».

Le parole del Commissario Castelli: «La giornata di oggi segna un passo importante nella ricostruzione del patrimonio spirituale dell’Umbria. Cascia e Santa Rita rappresentano un valore immenso per questo territorio, e la partenza di questo cantiere è l’ennesimo segnale positivo di una ricostruzione finalmente avviata. Stiamo lavorando insieme alla presidente Donatella Tesei, all’arcivescovo Renato Boccardo e al direttore dell’Usr Stefano Nodessi Proietti, affinché le migliaia di visitatori che ogni anno raggiungono Cascia, possano nuovamente visitare i luoghi della Santa delle cause impossibili, traendo ispirazione e beneficio da luoghi così pregni di storia, arte, natura e bellezza».

Le parole di Melasecche: «Stiamo celebrando un momento significativo per la comunità Cascia. E mi piace anche sottolineare come l’impegno della Regione per migliorare la qualità della vita in Valnerina è sempre elevato».

Le parole del Sindaco: «La giornata di oggi è veramente particolare per Cascia. Quando, dopo il terremoto del 2016, abbiamo chiuso Santa Maria della Visitazione è stato un enorme dispiacere. Noi casciani siamo molto legati a questo luogo di culto e la partenza dei lavori è davvero una grande gioia».

Al via il cantiere per la chiese di Santa Maria della Visitazione in Cascia e di S. Agostino Minore in Norcia. Approvato il progetto per quella di S. Vito ad Agriano di Norcia

Sabato 28 settembre 2024 alle ore 12.00 verrà avviato il cantiere per il recupero della chiesa di Santa Maria della Visitazione a Cascia, chiusa a seguito dei danni del terremoto del 2016. Dinanzi all’edificio di culto ci sarà la benedizione del cantiere da parte dell’arcivescovo Renato Boccardo e poi nella vicina sede del BIM (Bacino Imbrifero Montano) ci sarà la presentazione del progetto, alla presenza delle autorità, tra cui il Commissario straordinario del Governo per il sisma 2016 sen. Guido Castelli e il sindaco Mario De Carolis, e dei fedeli. L’importo dei lavori è di 3.900.000 euro, contributo concesso con il decreto del Commissario n. 282 del 12 aprile 2024. Il gruppo della progettazione è composto da: ing. Natale D’Ottavio, arch. Luigi Casula, geol. Giorgio Leoni. La gara di appalto è stata vinta dalla ditta Sacen srl di Napoli. I tempi per effettuare i lavori sono stimati in 742 giorni. Breve storia. Il primo documento che cita la chiesa è dell’856, mentre i resti più antichi dell’attuale edificio risalgono alla pieve romanica del XII secolo. La chiesa poi è stata a più riprese restaurata e rimaneggiata. L’interno è a tre navate coperte da crociera, ha assetto cinquecentesco e presenta altari in legno e stucco policromi del XVI e XVIII secolo con abside al termine della navata centrale e con altari alle pareti delle navate laterali e cappelle al loro termine. Nella chiesa è presente il fonte dove fu battezzata Santa Rita. Gli interventi attuali saranno volti, tra le altre cose, a ridurre la vulnerabilità sismica mediante il ripristino delle lesioni, il consolidamento della struttura, l’inserimento di catene e di micropali.

Chiesa di S. Agostino minore in Norcia. La mattina di giovedì 25 settembre 2024, invece, è stato avviato il cantiere per il restauro della chiesa di S. Agostino Minore in Norcia. Si tratta della terza chiesa all’interno delle mura di Norcia per la quale partono i lavori dopo la Basilica di S. Benedetto e la Concattedrale di Santa Maria Argentea. Era presente il vicario generale dell’Archidiocesi don Sem Fioretti (l’Arcivescovo era a Roma alla riunione del Consiglio Permanente della CEI, ndr), il sindaco Giuliano Boccanera, il parroco don Marco Rufini, il direttore dell’ufficio tecnico della Curia Simone Desantis, i progettisti, le maestranze e alcuni fedeli nursini, tra cui Francesco Ferrari referente del comitato spontaneo “Salviamo S. Agostinuccio”. Notevole la gioia e la soddisfazione di tutti per quella che è considerata una delle più belle chiese di Norcia, che presenta, tra l’altro, un ricco soffitto a cassettoni dorato e dipinto. L’importo dei lavori è di circa 1.690.000 €, che provengono dal fondo sisma 2016. La gara di appalto è stata vinta dalla ESTIA srl di Bastia Umbra (PG). I Progettisti sono: ing. Graziano Mancinelli; arch. Carla Bartelli; ing. Simona Paltricia; ing. Roberto Trovati; ing. Rita Sabatini; geologo Domenico Brosio; giovane professionista arch. Laura Batocchioni Sorbini. Il progetto di recupero prevede lavori di miglioramento sismico e restauro, compresi il consolidamento delle strutture murarie e la ricostruzione delle parti crollate usando materiali compatibili e moderni sistemi di copertura. Saranno inoltre restaurate le parti lignee della chiesa.

Chiesa di S. Vito in Agriano di Norcia. Nella mattina di giovedì 26 settembre 2024, infine, si è riunita la Conferenza permanente della ricostruzione post sisma 2016 tra la struttura del Commissario alla ricostruzione, l’Ufficio speciale alla ricostruzione dell’Umbria, la Sovrintendenza Speciale alla ricostruzione, l’Archidiocesi di Spoleto-Norcia e il Comune di Norcia. Si è approvato il progetto di ricostruzione della chiesa di S. Vito in Agriano di Norcia.

L’Archidiocesi, appena arriverà il decreto commissariale di finanziamento, procederà alla gara di appalto. L’importo dell’intervento è di 1.447.000 euro, che provengono dal fondo sisma 2016. I tecnici sono: arch. Agostino Tardioli, ing. Marco Zerbini, ing. Paolo Sensi, geol. Pamela Marinelli, ing. Monia Beranzoni.

Gubbio – Il card. Matteo Zuppi ha benedetto don Edoardo, nuovo abate dei Canonici regolari lateranensi

“Ogni comunità non è mai la somma delle nostre persone, perché tra noi c’è il Signore Gesù ed è lui che ci rende una cosa sola, con lui e tra di noi. Quanto è importante essere comunità in un mondo di individualisti, a cominciare da noi. Gesù ci chiama a essere famiglia, che è molto più di un’associazione o di un gruppo di scopo. Questa è la Chiesa madre che non smette di renderci figli, di ricordarci che lo siamo, di trattarci anche quando non pensiamo di esserlo, di aiutarci a comportarci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto”.

Sono le parole del card. Matteo Maria Zuppi – arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana – che ieri a Gubbio ha presieduto la liturgia che segna l’inizio del “mandato” del nuovo abate generale dei Canonici regolari lateranensi, dopo i sei anni di don Franco Bergamin. La santa messa con la benedizione abbaziale di don Edoardo Parisotto è stata celebrata nella chiesa di San Secondo.

La galleria fotografica della celebrazione

“Don Edoardo – ha continuato nell’omelia il presidente dei vescovi italiano – ci ha sempre coinvolti nella sua vita, con molta delicatezza, con tanta dolce ma fermissima persuasione, con la sua sensibilità così attenta e presente, con il suo tratto disponibile, sobrio, essenziale, per portarci a mettere in tutto sempre al centro Gesù, la sua parola, l’incontro con il prossimo e il libero dono di sé, sempre con tanta umanità e con tanta spiritualità. Oggi celebriamo la sua chiamata al nuovo servizio come abate dei fratelli ma anche – per certi versi – di tutte le nostre comunità”.

E poi la riflessione di Zuppi sul ruolo che l’abate generale dovrà avere per la comunità. “L’abate ha il compito di aiutarci – ha detto il cardinale – a pensarci insieme, di ricordare a tutti di seguire Gesù e di lavorare nella grande vigna di questo mondo, essendo lui stesso servo, come Gesù che è venuto a servire e non per essere servito. Aiutiamo don Edoardo, perché lui servirà nella comunione ma l’unità è affidata a ciascuno di noi”.

Anche il vescovo della Chiesa eugubina ha concelebrato la messa nella chiesa abbaziale di San Secondo, la comunità canonicale dove don Parisotto ha vissuto l’anno di noviziato tra il 1991 e il 1992. Per l’occasione sono arrivate decine e decine di fedeli dalle comunità dove don Edoardo ha compiuto il suo ministero sacerdotale nei decenni scorsi, in particolare da Roma e Bologna.

“Accogliamo con gioia e gratitudine – ha detto mons. Luciano Paolucci Bedini – la visita del card. Zuppi e il bel dono che la famiglia dei Canonici regolari lateranensi ci ha fatto nel decidere di celebrare qui la benedizione del nuovo abate generale. Credo non fosse mai successo prima e quindi ringrazio anche don Edoardo per questo pensiero. Aggiungiamo così la nostra preghiera per questa famiglia religiosa che ci onora da tanti secoli della sua presenza e del suo servizio. Il nostro patrono sant’Ubaldo è frutto anche della spiritualità dei Canonici regolari lateranensi”.

Il vescovo Luciano ha anche ricordato la recente nomina di don Gabriele Pauletto a visitatore della congregazione canonicale, ringraziandolo per il servizio svolto nella diocesi eugubina come parroco a Madonna del Ponte, comunità che lascerà entro circa un mese.

Originario di Fanzolo (Treviso), 51 anni, Parisotto è stato scelto durante il capitolo generale dei Canonici regolari lateranensi, riunito in Brasile a fine giugno scorso, e chiamato a succedere a don Franco Bergamin. Don Edoardo ha compiuto la sua professione religiosa nella congregazione nel 1992 ed è stato ordinato sacerdote nel 1999 a Treviso. Ha svolto la sua attività pastorale anche a Santa Maria Forisportam a Lucca, a San Floriano nel Trevigiano, poi a Roma dov’è stato cappellano universitario alla Sapienza e parroco a Sant’Agnese fuori le mura. Dal 2018 fino alla sua elezione ad abate è stato parroco a Bologna presso la comunità dei Santi Monica e Agostino e anche uno dei vicari pastorali dell’arcivescovo Matteo. E ieri è stato proprio il cardinale Zuppi a consegnargli le “insegne” distintive dell’abate generale dei Canonici: la Regola di Sant’Agostino, l’anello segno di fedeltà alla congregazione, la mitria e il pastorale.

 

Commissione Pastorale della Salute – convegno “Giunio Tinarelli testimone di Speranza”

In preparazione al Giubileo del 2025, l’ufficio per la Pastorale della Salute dell’Umbria, promuove un incontro dedicato a “Giunio Tinarelli testimone di speranza” che presieduto da mons. Francesco Antonio Soddu vescovo di Terni-Narni-Amelia e delegato Ceu per la pastorale della salute. Suor Anna Maria Lanari dei Silenziosi Operai della Croce ha presentato la figura e la spiritualità del venerabile Giunio Tinarelli quale testimone di speranza. Ha introdotto padre Angelo Gatto direttore della commisione per la pastorale della salute ed è intervenuta la dott.ssa Gabriella Angeletti coordinatrice della commissione regionale per la pastorale della salute.

«Raccogliendo volentieri l’invito di tutte le diocesi dell’Umbria – spiega il vescovo Soddu – che hanno espresso il desiderio di celebrare un grande testimone di speranza, abbiamo voluto mettere in risalto la figura esemplare del venerabile Giunio Tinarelli perché attingendo dal suo luminoso esempio di vita possiamo abitare il tempo prezioso dell’Anno di Grazia come autentici pellegrini di speranza.  È stato, in particolare per la comunità ecclesiale umbra, un fulgido esempio di vita cristiana nel lavoro, nella malattia, nella sofferenza e oggi insegna come in ogni nostra attività possiamo mettere a frutto con onestà i talenti, come essere uniti alla croce di Cristo e solidali con le croci degli altri, come porsi al servizio umile e delicato verso coloro che soffrono nel corpo e nello spirito».

Il venerabile Giunio Tinarelli trascorse venti nell’immobilità ed è stato un esempio immenso di vocazione alla sofferenza, di una fede incrollabile, testimoniata con forza nel dolore. Una vocazione che ha segnato la vita del giovane operaio delle Acciaierie, sempre presente tra i suoi coetanei e nella vita dell’oratorio, fin quando la poliartrite anchilosante e spondilite non gli consentirono più alcun movimento, ma non impedirono al giovane Giunio di essere “operaio” nel campo dell’apostolato. Nel 1948 fondò a Terni la sottosezione dell’Unitalsi, partecipando ogni anno ai pellegrinaggi a Loreto, Lourdes con il treno dei malati. Comunicò sempre questa sua grande fede agli altri anche nella sofferenza attraverso mani, penna, carta e leggio, i suoi nuovi ferri del mestiere, conversando con gli amici e con la gente che lo andava a visitare per consolarlo. Dal suo letto Giunio ha sconfitto tante illusioni che rendono triste e amara la vita degli uomini, ricordando che la felicità non sta nell’amare se stessi o nella salute o nella tranquillità, ma che la felicità e la pace stanno nell’amare gli altri.