Contributo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino

1. VIVERE LA CHIESA
Per una fede celebrata e condivisa: tessuto delle comunità, senso di appartenenza, qualità delle celebrazioni.

1. Quali segnali mettono in evidenza il senso di appartenenza alla parrocchia, all’unità pastorale, alla diocesi, alla Chiesa universale?

La diocesi di Assisi-Nocera Umbra e Gualdo Tadino, soprattutto la città di Assisi, è meta di pellegrinaggio in tutto il periodo dell’anno. La presenza di numerosi santuari rende la pastorale complessa. Per accrescere il senso di appartenenza alla parrocchia si ritiene utile offrire dei momenti di preghiera comunitaria, ad esempio di Adorazione Eucaristica, delle celebrazioni più partecipate e che trasmettano gioia anche con l’aiuto dei laici e ripensare la catechesi per i bambini a partire dagli adulti.
Inoltre si potrebbe riorganizzare le parrocchie in più Unità Pastorali per poter unire le forze ormai scarse ed inoltre ripensare la parrocchia come Famiglia di Famiglie secondo il progetto delle Comunità Maria Famiglie del Vangelo. A livello diocesano sarebbe opportuno decentrare i tanti momenti di preghiera anche nelle zone lontane da Assisi, pur mantenendo il riferimento alla Cattedrale, per poter accrescere nei fedeli il senso di appartenenza alla diocesi. È necessario infine una maggiore diffusione, conoscenza e approfondimento dei documenti del Magistero.

2. Quanto la domenica esprime e genera la gioia di fare comunità attorno al Risorto e manifesta il senso della festa?

Si nota una sostanziale differenza tra le piccole parrocchie dove la messa domenicale rappresenta ancora per molti un momento di festa per il Signore Risorto e un appuntamento a cui non si può mancare e le grandi realtà dove le famiglie hanno difficoltà anche ad intessere relazioni tra di loro.
È molto importante il coinvolgimento dei laici, in particolar modo degli operatori pastorali nella preparazione della celebrazione domenicale. Nelle CMFV settimanalmente si ascolta la Parola di Dio della domenica successiva e ci si confronta intorno ad essa.
Potrebbe essere utile creare dei momenti post celebrazione per stare insieme con i parrocchiani e accogliendo i pellegrini.

3. Come valutiamo la qualità delle celebrazioni domenicali? Circola in esse la gioia della fede, il clima della festa e il senso di appartenenza ecclesiale?

Nel complesso la gioia della fede, il clima della festa e il senso di appartenenza ecclesiale circolano nella nostra realtà. Le celebrazioni sono, nella maggior parte dei casi, ben preparate e curate con attenzione ai gesti e ai simboli liturgici e ai canti grazie anche alla presenza dei ministeri laicali e ai vari gruppi liturgici parrocchiali. Grazie ai Ministri Straordinari della Comunione e alle Famiglie del Vangelo, inoltre, la gioia della fede viene portata anche agli anziani e ai malati.

4. Come il clero della nostra diocesi vive e annuncia la gioia del Vangelo? In che misura la Evangelii gaudium è stata recepita dai presbiteri e dai diaconi?

Nonostante i sacerdoti siano sempre di meno e l’età media sia sempre più alta, nella nostra diocesi i sacerdoti si impegnano a recepire e realizzare quanto indicato nell’Evangelii Gaudium. Vivono e annunciano la gioia del Vangelo anche seguendo quanto dettato dal nostro Vescovo nel Libro del Sinodo dal titolo “Tu sei la nostra gioia!”. È quindi evidente che abbiano accolto il cambiamento auspicato da papa Francesco.

2. GLI ADULTI E LA FEDE
Per una fede pensata e adulta: priorità degli adulti, problema dei linguaggi.

1. Quanto il primo annuncio della fede e la formazione cristiana permanente sono fondati sulla Parola di Dio ascoltata, meditata, celebrata, vissuta e testimoniata?

Il centro dell’Evangelizzazione rimane la Parola, lampada ai nostri passi: da leggere, spezzare, far risuonare nei nostri cuori, condividere con gli altri e farla diventare preghiera continua, incessante così da plasmare e conformare la propria vita a quella di Cristo.

2. Quali sono le proposte e gli strumenti messi in atto dalla diocesi, dalla parrocchia e dalle associazioni per offrire agli adulti un accompagnamento costante, organico e strutturato nel percorso verso una fede sempre più pensata e adulta?

Il progetto diocesano che si configura in continua espansione è quello della “Comunità Maria Famiglie del Vangelo” che si basa sul modello delle prime comunità cristiane che mettendo al centro la Parola di Dio si incontravano nelle case e ne sperimentavano la gioia. È interessante vedere come gli stessi laici siano impegnati e motivati ad essere guida e punto di riferimento per i fratelli.
All’inizio di ogni anno pastorale in tutti i vicariati si tiene la Scuola di Bibbia e di Vita Cristiana, un’opportunità per l’approfondimento della Sacra Scrittura e la formazione degli operatori.
In diocesi, stiamo inoltre vivendo il Triennio della Liturgia giunto ormai al termine del secondo anno dedicato ai sacramenti.
Sono presenti inoltre movimenti e aggregazioni laicali con i loro percorsi che permettono a molti uomini e donne di riscoprire e accrescere la propria fede.
Cammini molto interessanti sono anche quelli dei “I 10 Comandamenti” e delle “Beatitudini”.

3. Gli adulti comprendono i vari linguaggi utilizzati nella comunicazione della fede? Quali sono gli ostacoli da rimuovere affinché tale comunicazione risulti più efficace?
4. Il ruolo dei pastori è determinante in ordine alla trasmissione e alla maturità della fede dei fedeli: quali gioiose prospettive e quali maggiori difficoltà trova oggi il ministero ordinato nella nostra Regione?

In diocesi il ruolo dei pastori è determinante per la trasmissione e la maturità della fede dei fedeli, esistono però degli ostacoli oggettivi:
a. nelle piccole realtà legate alla tradizione ed abituati ad avere il proprio parroco si creano tensioni e difficoltà nelle relazioni venendo meno il numero dei sacerdoti e divenendo necessario accorpamento delle parrocchie.
b. Il sacerdote si trova spesso di fronte ad un numero ristretto di fedeli attivi nella parrocchia e partecipi alle celebrazioni e alle attività e un numero invece elevato di persone sempre più lontane da recuperare.
I laici sono chiamati quindi ad essere protagonisti di una Chiesa che sta cambiando volto. La Speranza, la Gioia e lo Spirito di Servizio saranno motori per il rinnovamento della comunità ecclesiale.
3. I GIOVANI E LA FEDE
Per una fede “interessante” trasmessa alle nuove generazioni: coraggio innovativo.

1. Quali sono gli ostacoli che rendono difficoltose la trasmissione della buona notizia alle nuove generazioni e la sua accoglienza?

Gli ostacoli maggiori sono l’habitat culturale in cui vivono i nostri giovani, i loro orari e i loro gusti che difficilmente si intersecano con le tante proposte delle comunità cristiane. Si nota un forte allontanamento dalla pratica religiosa a partire dal “dopo cresima”. Occorre assolutamente, seguendo l’invito di papa Francesco, continuare comunque a scommettere sui giovani ance mettendo in discussione il modo tradizionale di proporre il Vangelo.

2. I giovani sono chiamati ad evangelizzare gli altri giovani. Avviene questo nel nostro territorio? Quanto viene apprezzato e valorizzato dalle comunità?

Esistono nel nostro territorio esperienze significative di giovani che partecipano a gruppi parrocchiali o associazioni, che si impegnano ad annunciare la gioia del Vangelo e a coinvolgere i coetanei e i più piccoli. Si tratta però di casi sporadici, non legati tra di loro e spesso non coinvolgono la comunità.

3. Riteniamo che l’attuale impegno nella pastorale giovanile risponda alle attese e ai sogni dei giovani? Quanto li aiuta a scoprire e ad accogliere la vocazione di ognuno?

La pastorale giovanile diocesana offre appuntamenti qualificati, ma sporadici e episodici che non possono esaurire il bisogno di continuità e di coinvolgimento tipico dei giovani. Occorrerebbe stimolare esperienze associative come lo scoutismo, l’Azione Cattolica, ecc. per far fare esperienza sul campo. Non solo iniziative per i giovani, ma soprattutto da coltivare localmente “con” i giovani e “dai” giovani.
In tal modo un giovane potrebbe scoprire e coltivare la propria vocazione alla vita, all’amore, alla realizzazione di sé attraverso il dono e la condivisione dei propri talenti.

4. Che percezione sussiste oggi in Umbria della vocazione al ministero ordinato e alla vita consacrata?

La percezione della vocazione al ministero ordinato e alla vita consacrata nella nostra regione, nonostante il numero elevato di religiosi e religiose, è molto scarsa. Si nota come manchino figure educative mature e credibili che possano costituire per i ragazzi punti di riferimento autorevoli per un sano discernimento vocazionale.

4. FEDE E VITA /1
Per una fede capace di plasmare la vita: gli affetti.

1. Le nostre comunità sono capaci di un annuncio evangelico che tocca la vita delle persone nella dimensione degli affetti?

Nelle piccole comunità l’annuncio evangelico è efficace soprattutto nei momenti di dolore, di lutto, di povertà e di bisogno. I laici, con o senza la guida del parroco, offrono sostegno e conforto ai fratelli portando loro il proprio affetto. Nella catechesi si accompagnano i fanciulli e i ragazzi nella costruzione della propria identità contribuendo a riconoscere la propria vocazione e a motivare il messaggio di amore.

2. Mai come oggi l’amore è fragile. Nel nostro territorio quali sono le fragilità emergenti in questo ambito?

La prima grande fragilità è il disagio adolescenziale. I nostri giovani sono annichiliti dalla precarietà e dalla mancanza di prospettive. La loro fragilità emerge dalla continua ricerca della perfezione nella cura del proprio corpo.
Altra grande fragilità l’amore di coppia, spesso vulnerabile e che tende a morire rapidamente. L’ “Io è più importante del noi”, la libertà, il piacere fisico, la felicità sessuale e la gratificazione personale sono più importanti del progetto di coppia e di famiglia con figli.

3. Quali sono le iniziative che la Chiesa mette in atto nel nostro territorio per “evangelizzare gli affetti” nelle differenti stagioni e stati di vita delle persone?

Per evangelizzare gli affetti nella nostra diocesi ci sono due importanti iniziative. La prima è quella de “I 10 comandamenti” che ha la capacità di evangelizzare un bacino di fedeli molto ampio ma che partecipano a livello personale non permettendo la formazione di una comunità e il senso di appartenenza ad essa. L’altra iniziativa è il cammino dell’ACR.
Ogni parrocchia, poi, offre diversi momenti di catechesi in vista dei sacramenti e all’interno dei vari ambiti della pastorale.

4. Come le nostre comunità stanno recependo il rinnovamento della pastorale familiare alla luce dell’Amoris lætitia?

Nelle nostre comunità sono pochi coloro che conoscono l’Esortazione apostolica Amoris lætitia. In poche parrocchie è oggetto di studio e confronto nei percorsi pre matrimoniali.

5. FEDE E VITA /2
Per una fede concreta e incisiva: il lavoro, il tempo libero.

1. Come vengono percepiti il significato e il valore del lavoro e del riposo? Come sono vissuti non solo da parte dei credenti ma anche dalle altre persone che abitano il nostro territorio?

2. Come si pone la comunità cristiana di fronte ai problemi dell’occupazione e della disoccupazione, del lavoro precario, del lavoro “nero” e della mancanza di lavoro per i giovani? In particolare, come si coinvolgono i credenti laici nelle situazioni
concrete in cui essi stessi si trovano a vivere ed operare?

3. Come sono vissuti il riposo e il tempo libero? Quali opportunità concrete offre la comunità per superare la visione consumistica ed evasiva del riposo?

In un territorio così fortemente segnato dalla crisi economica, come Chiesa registriamo un potere sovra economico che sta cercando di azzittire il mondo cattolico per imporre le proprie ideologie. Nelle nostre comunità, pur radicate nel sentimento religioso, si sta perdendo il valore del riposo nel Giorno del Signore. Per questo motivo il primo anno del Triennio della Liturgia è stato proprio dedicato alla riscoperta della Domenica.
Un tempo era il giorno in cui la famiglia si ritrovava per stare insieme, riposarsi e partecipare alla Celebrazione. Oggi è sempre più difficile, molti lavori prevedono anche turni domenicali, tutti gli sport prevedono partite, gare e incontri spesso di domenica con il conseguente lento ma inesorabile intiepidimento delle nostre comunità e l’allontanamento dalla vita e dai valori cristiani.
Come cristiani siamo chiamati a tornare ad essere un segno, a dare testimonianza concreta di uno stile di vita più possibile coerente con il Vangelo.
La vita, il tempo libero, le opere dipendono dalla scelta di vita cristiana che ogni battezzato fa.

6. FEDE E VITA /3
Per una fede risanante e consolante: le fragilità.

1. Quale atteggiamento prevalente circola nelle nostre comunità nei confronti delle persone che mostrano i segni delle ferite, a volte evidenti ma spesso nascoste?
Chi sono oggi nel nostro territorio quelli che “rimangono indietro, i deboli o i meno dotati”?

Verso le varie situazioni di fragilità, evidenti o nascoste, l’atteggiamento prevalente sta diventando l’indifferenza e la chiusura.
Gli anziani, soli o conviventi con badanti, sono certamente tra i deboli, ma tra i soggetti fragili ci sono sicuramente i ragazzi in età adolescenziale, non adeguatamente educati e seguiti dalla famiglia nel loro cammino di fede perché troppo impegnati nel lavoro o in attività extra lavorative. Verso i migranti si notano situazioni di accoglienza ma anche altre di rifiuto.

2. Quanti sono feriti dalla vita e sperimentano fragilità e debolezze sul piano fisico e psicologico, affettivo, morale e relazionale si sentono incoraggiati a bussare alla porta della comunità, delle famiglie e del cuore dei credenti?

Le parrocchie vengono ancora percepite come luoghi di ascolto e sono attente alle fragilità presenti nel territorio ma queste sono purtroppo ben superiori alle disponibilità di risorse che può esprimere per venire incontro ai bisogni, sia di tempo che economiche.

3. Esistono in modo stabile nelle comunità o nella zona pastorale luoghi, tempi, servizi di accoglienza e di ascolto, di consolazione e di “compassione”, di “simpatia” e di misericordia per le persone in difficoltà? Se sì, quale valutazione ne diamo?
Quali esperienze di sinergia esistono tra le comunità cristiane
e le strutture pubbliche?

Nelle nostre comunità sono attive Caritas, CVS, case famiglia e un emporio di distribuzione di alimenti per le famiglie in difficoltà. Il lavoro svolto dalle varie realtà è valutato positivamente e tutte operano in sinergia con i comuni (Servizi Sociali) ed in particolare l’emporio della distribuzione alimentare.

7. FEDE E BENE COMUNE
Per una fede incisiva e decisiva nella e per la costruzione delle città a partire dai più deboli e ultimi: politica e solidarietà.

1. I percorsi di evangelizzazione proposti dalle comunità generano nei cristiani la convinzione che la fede è matura e incisiva solo se si traduce nell’attenzione operosa all’altro, chiunque esso sia?

La nostra diocesi offre diverse esperienze di evangelizzazione: i corsi di cristianità, le Comunità Maria Famiglie del Vangelo, i 10 comandamenti, l’Equipe di Notre Dame…
Questi cammini aiutano a crescere e maturare nella fede ma spesso non porta ad un’attenzione operosa verso l’altro che viene talvolta considerato un ostacolo al nostro benessere, specialmente se viene da lontano, anziché una fonte e un’occasione di interscambio e di arricchimento umano.
Tutto questo genera cristiani chiusi, soli, interdetti ed immobili.

2. Quali sono gli strumenti messi in atto dalle parrocchie per rispondere ai bisogni del territorio? Tali strumenti educano alla carità tutti i cristiani oppure si traducono semplicemente in una delega?

In tutta la diocesi si registra un sempre minore numero di vocazioni sacerdotali e un tessuto sociale sempre più frammentato e in continuo mutamento. I piccoli centri si spopolano e i pochi fedeli rimasti si chiudono in sé stessi riducendo ai minimi termini le relazioni umane.
Inoltre viene ancora concepita la parrocchia con al centro il parroco sul quale sono concentrate tutte le attività e le incombenze. C’è un forte bisogno di cambiare questo tipo di concezione e di formare i laici affinché possano essere d’aiuto al proprio sacerdote.
Sono fondamentali per soddisfare le sempre più numerose famiglie in difficoltà le Caritas diocesana e parrocchiali.

3. Quanto l’esercizio della carità si traduce in preoccupazione e impegno per lo sviluppo umano integrale dei più poveri, cioè in un impegno sociale e politico?
Come cattolici quanto incidiamo nell’azione politica e sociale della nostra Regione?

Passare dall’esercizio personale della carità, fatto di gesti concreti verso fratelli e sorelle di cui spesso si conoscono le storie, ad un impegno pubblico sociale e politico spesso generare una forte solidarietà e un grande servizio ma rischia di inaridire i rapporti e non creare relazioni. Di grande interesse e sempre più da valorizzare è l’esperienza della scuola socio-politica presente nella nostra diocesi.