Perugia: “Una speranza che non delude”. La sesta “Lettera settimanale di collegamento” del cardinale Bassetti alla comunità diocesana nel tempo del “Coronavirus”. Annuncio delle visite all’Ospedale e al Carcere di Capanne.

Tra le immagini della Quaresima appena vissuta, che difficilmente riusciremo a dimenticare, ci sono quelle della «lunga fila di camion militari che lasciano Bergamo con il loro carico di morte…», ma anche «i primi timidi sguardi di coloro che sono guariti. Sguardi persi, ancora un po’ spaventati, ma pieni di stupore». In quelle immagini si coglie «metaforicamente il mistero vissuto nel triduo pasquale: la morte, il silenzio, la risurrezione. E ancora: il dolore, la paura, la gioia. C’è tutto questo nella Pasqua: il passaggio dalla morte alla vita. Il passaggio dall’angoscia alla speranza: dallo scandalo della croce alla promessa della vita eterna». Lo scrive il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti nella sesta “Lettera settimanale di collegamento” alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve, nel tempo del “Coronavirus”, dal titolo: “Una speranza che non delude”, una sua meditazione contenuta in un articolo pubblicato da Avvenire domenica di Pasqua. Il testo integrale della lettera è scaricabile all’indirizzo: http://diocesi.perugia.it/la-vi-lettera-settimanale-collegamento-del-cardinale-gualtiero-bassetti-alla-comunita-diocesana-nel-tempo-del-coronavirus-martedi-14-aprile-2020/ .

Gesù, la porta aperta verso il Cielo. «So bene che molti italiani in questi giorni stanno piangendo i propri defunti e sono in trepidazione per amici e parenti ammalati –sottolinea il cardinale –. È un dolore che ci unisce profondamente in una comunione spirituale quotidiana e ininterrotta. Una comunione con il Padre che non può essere interrotta dalle difficolta della vita presente che colpiscono ognuno di noi. Chi ci separerà dall’amore di Dio? Non certo l’angoscia e la persecuzione. Nella celebrazione pasquale noi siamo “vincitori” proprio “grazie a colui che ci ha amati”. Gesù è la porta sempre aperta verso il Cielo. Dobbiamo gridarlo con gioia e senza paura».

Le prime visite nel tempo di Pasqua. Con questo spirito il cardinale Bassetti si recherà in visita, nel fine settimana, all’Ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Perugia e al Carcere di Capanne. A questi due luoghi-simbolo della sofferenza umana, nel periodo del “Coronavirus”, il presule dedica le sue prime visite nel tempo di Pasqua. In Ospedale si recherà venerdì 17 aprile, alle ore 11; mentre in Carcere sarà sabato 18, alle ore 10. Per tutti coloro che incontrerà avrà una parola di “speranza che non delude”: il messaggio pasquale della salvezza.

Chiese aperte e liturgia domestica. Ritornando alla sua lettera alla comunità diocesana, essa si conclude con «alcune note importanti per affrontare le ristrettezze che siamo chiamati a vivere in questo tempo». In primis «l’apertura delle nostre chiese – scrive il cardinale –. Esse rimarranno aperte tutti i giorni, almeno la cattedrale e quelle parrocchiali, secondo orari stabiliti… In secondo luogo, alcuni suggerimenti circa la liturgia domestica. In questo tempo nel quale le celebrazioni con adunanza di popolo non possono essere praticate, oltre al lodevole servizio che le emittenti televisive, come quelle radio, ed anche i social media, stanno dando, nella trasmissione della celebrazione eucaristica e di altri momenti di preghiera o catechesi, non possiamo dimenticare una dimensione particolare della liturgia che è quella familiare, riconoscendo alla famiglia la sua identità di chiesa domestica… Nulla potrà mai sostituire la celebrazione comunitaria dell’Eucarestia, fonte e culmine della vita cristiana (cfr. LG 11), altresì nulla può sostituire il focolare domestico quale luogo originario della trasmissione della fede come dell’iniziazione alla preghiera».

Foligno – videoconferenze Rete famiglie adottive

A partire da venerdì 17 aprile dalle ore 21.00 alle 22.00 l’Associazione Rete Famiglie Adottive ha organizzato il primo appuntamento di un ciclo di webconference gratuite. Tre appuntamenti, sottolineano gli organizzatori, aperti a tutti, famiglie adottive e non, nonni, zii, amici…con i quali riflettere su alcuni temi come:
– affrontare il tempo che ci è dato di vivere;
– comprendere i bisogni dei figli e rispondere adeguatamente;
– guardare avanti e prepararci già oggi a quel tempo che giungerà portando tante novità fuori e dentro di noi.

Ecco i tre appuntamenti:

Venerdì 17 aprile ore 21.00 – 22.00
Dott.ssa Papa Maria Luisa
Psicologo, Psicoterapeuta, Dirigente Sanitario Asl 1, Servizio Adozioni nazionali ed internazionali delle zone sociali 2, 3, 4, 5 dell’Umbria
“È tempo di non fare: sostare e so stare”

Sabato 25 aprile ore 17.30 – 18.30
Dott.ssa Barbanera Francesca
Medico-Neuropsichiatra Infantile presso USL UMBRIA 1
Esperienze formative e cliniche di lavoro con i genitori
“Esserci: genitori e figli-Dal reparenting al parenting”

Venerdì 1 maggio ore 17.30 – 18.30
Dott. Astori Sergio
Psicoterapeuta, psichiatra, docente alla Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano
“Tra il ‘non più’ e il ‘non ancora’ ”

Per l’iscrizione bisogna compilare questo modulo: https://forms.gle/Bnp2FbFgYWhxxPXu9 e successivamente riceverete il giorno prima dell’evento il link per partecipare on line!

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Foligno – alla libreria vescovile disponibile il volume: Mons. Gualtiero Sigismondi, il vescovo della Sinodalità”.

Da mercoledì 15 aprile, presso la Libreria vescovile, aperta tutti i giorni, ore 9-12.30, permette di aprire uno spazio comunicativo non solo virtuale, ma anche reale. Presso la libreria sono disponibili due importanti e recenti pubblicazioni: il nuovo Annuario diocesano 2020, redatto e dato alle stampe il 22 febbraio scorso, quindi prima della nuova nomina a Vescovo di Orvieto-Todi, e il libro che la segreteria del Consiglio pastorale ha in questi giorni redatto e fatto stampare dal titolo: “Mons. Gualtiero Sigismondi, il Vescovo della sinodalità”. Se la distribuzione dell’Annuario è ovviamente gratuita, per il libro si suggerisce di lasciare un’offerta allo scopo di venire incontro alle spese di pubblicazione.

Qualora vi fosse la possibilità di superare la fase del cosiddetto distanziamento sociale, sottolineano i referenti della segreteria del consiglio pastorale, saremo invitati a partecipare alla consegna al Vescovo Gualtiero della suddetta pubblicazione.

Pagina facebook della Libreria Vescovile per conoscere le varie pubblicazioni: https://www.facebook.com/libreriavescovilejesuscaritas/

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Spoleto – pellegrinaggio pasquale dell’arcivescovo Boccardo nei monasteri di clausura per ringraziare le contemplative delle preghiere di intercessione in questo tempo di pandemia. La badessa delle Clarisse di Trevi parla della vita claustrale al tempo del Coronavirus: «Abbiamo tre monache originarie della Lombardia, la mamma di una è a casa coi sintomi del virus, ogni giorno ci giungono notizie di persone conosciute guarite o purtroppo decedute. La nostra preghiera è ancora più intensa».

Nel tempo pasquale l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo compie un “pellegrinaggio” alle comunità contemplative della Diocesi: con loro celebra la Messa trasmessa alle 18.00 sulla pagina Facebook (SpoletoNorcia) e sul canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia) della Diocesi. «Con questo piccolo gesto – afferma il Presule – intendo sottolineare la presenza significativa della vita contemplativa all’interno del tessuto ecclesiale. È giusto celebrare questa testimonianza di vita donata al servizio di Dio e della Chiesa e dire grazie alle monache per la preghiera di intercessione a favore della Diocesi in questo tempo di Coronavirus». La prima comunità visitata da mons. Boccardo è stata quella, martedì 14 aprile 2020, delle Clarisse di S. Martino in Trevi guidata da madre Milena Russo. E anche le claustrali stanno sperimentando un nuovo stile di vita causato dal Coronavirus. A tal proposito, infatti, suor Milena afferma: «Per noi la vita a causa delle restrizioni non è cambiata tanto perché viviamo in clausura. Però alcuni aspetti fondamentali della nostra comunità sono stati modificati: ad esempio non abbiamo più la celebrazione quotidiana della Messa e non possiamo accostarci al sacramento della riconciliazione. E per noi tutto ciò è stranissimo. Le nostre giornate poi erano scandite anche da persone che bussavano alla nostra porta per domandare preghiere, per lasciare un’intenzione, per confidarsi, per chiedere aiuto, per sostare un paio di giorni in foresteria e riscoprire o approfondire la propria spiritualità. E invece, ma sottolineo giustamente, non si vede nessuno». «Ma non è venuta meno la preghiera», tiene a sottolineare madre Russo. «Anzi – dice – si è rafforzata per il bene della Chiesa e del mondo. Ma sentiamo la mancanza dei sacramenti e del contatto con le persone». Nella comunità delle Clarisse di Trevi sono presenti tre monache lombarde, una di Lodi e due della zona di Milano-Brianza. «Siamo sempre in contatto – afferma ancora la Badessa – con i loro parenti e amici che ci informano dell’andamento della situazione. All’inizio anche per noi la tentazione è stata quella di sapere tante più cose di quante ce ne fossero realmente da sapere. Poi abbiamo compreso che la cosa migliore è sostenere con la preghiera chi si trova nelle prima fila come i medici, gli infermieri, i malati e le loro famiglie. Conosciamo persone che sono state molto male ma ce l’hanno fatta. Non ultimo la mamma di una nostra sorella, suor Sara, che lavora presso una casa di risposo in Lombardia è a casa con i sintomi del virus, ma in buone condizioni. Infine – conclude – suor Milena – sappiamo di qualcun altro di nostra conoscenza che purtroppo non ce l’ha fatta».

Questo il calendario del pellegrinaggio pasquale in tempo di Covid-19 che l’Arcivescovo compie nei monasteri di clausura:

· Mercoledì 15 aprile: Bevagna, Monastero di Santa Margherita (Agostiniane).

· Giovedì 16 aprile: Spoleto, Monastero della Stella in San Ponziano (Canonichesse Regolari Lateranensi).

· Venerdì 17 aprile: Castel Ritaldi, Monastero di Santa Caterina (Benedettine Celestine).

· Sabato 18 aprile: Montefalco, Monastero di San Leonardo (Clarisse).

· Lunedì 20 aprile: Montefalco, Monastero di Santa Chiara della Croce (Agostiniane).

· Martedì 21 aprile: Trevi, Monastero di Santa Lucia (Benedettine).

· Mercoledì 22 aprile: Cascia, Monastero di Santa Rita (Agostiniane).

· Giovedì 23 aprile: Norcia, Monastero di Sant’Antonio (Benedettine).

Perugia, celebrazione della Notta di Pasqua in cattedrale. Il cardinale Bassetti: «Cristo Risorto ci aiuta ad uscire fuori dal sepolcro del nostro egoismo, che uccide più della morte»

«Fratelli e sorelle, più di ogni altro Sabato Santo, questo è stato per noi il giorno del silenzio. Gesù nel sepolcro ha voluto condividere con l’umanità il dramma della morte e dello smarrimento. Anche noi in questi giorni del Triduo Pasquale abbiamo sofferto e stiamo soffrendo paura, angoscia, incertezza. Quante persone care ci hanno lasciato, o Signore! Quante persone colpite, anche in Umbria 1.300! Quante famiglie in difficoltà. Nei miei 78 anni di vita questa è per me la Pasqua più sofferta e, lasciatemelo dire, più drammatica…». Ha esordito con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti nell’omelia della celebrazione eucaristica della Notte di Pasqua, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, segnata dal tempo della pandemia, presieduta insieme al vescovo ausiliare mons. Marco Salvi e trasmessa in diretta dai mezzi della comunicazione sociale e sui social ecclesiali (il testo integrale dell’omelia è sul sito: www.diocesi.perugia.it).

Il cero pasquale riaccende la speranza. «Con il cero pasquale – ha proseguito il cardinale –, la speranza si riaccende e la speranza cristiana non è un’illusione: è una persona viva, è il Risorto! E Cristo Risorto è la luce del mondo, capace di abbattere ogni tenebra. Pasqua: passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce. È vero che soprattutto in questo periodo ci sentiamo oppressi dalla fatica del vivere, ma la nostra vita è chiamata a partecipare alla Risurrezione di Cristo. Cristo Risorto ci aiuta ad uscire fuori dal sepolcro del nostro egoismo, che uccide più della morte. Cristo Risorto ci aiuta a uscire fuori dalla nostra superbia, dalla presunzione di sentirci meglio degli altri. Cristo Risorto ci dice che la gioia della vita sta nell’amore disinteressato e nel donare. Cristo Risorto ci aiuta ad abbattere la tomba del pregiudizio, e del dito sempre puntato verso gli altri».

Strappare dalla morte i fratelli. «Gesù, dopo la Tua morte, scendesti agli inferi, il luogo della dimora dei morti, per prenderli e portarli nel tuo paradiso; mediante la tua Pasqua di Risurrezione, continua a scendere negli inferni di questo mondo, per strappare dalle mani della morte i fratelli e le sorelle, aggrediti dal male e abbattuti da questa spietata pandemia. Conduci in cielo le anime dei troppi caduti, con le parole che rivolgesti dall’alto della croce, a chi era crocifisso con te: “oggi sarai con me in paradiso”».

Non abbiate paura. «Pasqua, il giorno più felice, perché fatto dal Signore, impensabile per noi uomini – ha sottolineato il cardinale –. Perciò, fratelli, non lasciate che i nostri animi si intristiscano. Nutrite i vostri spiriti nella fiducia del bene, e abbiate sempre il coraggio di esserne i promotori. E per voi più poveri, per voi che avete subito le ingiustizie degli uomini, per voi che ora piangete, per voi che avete fame e sete di giustizia, per voi che volete essere operatori di pace, il Risorto, statene certi, continuerà a cantare le beatitudini evangeliche. Ricordate cosa disse l’Angelo alle donne, che di buon mattino si erano recate al sepolcro? “Non abbiate paura, voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. È risorto, non è qui”. È il Vangelo della Resurrezione».

Rimuovere le pietre pesanti. «La Resurrezione è un annuncio che scuote l’intera esistenza degli uomini – ha ricordato il presule –. La scuote da capo a fondo per ridarle un nuovo volto: rimuove le pietre pesanti che gravano sui nostri cuori per renderci liberi, illumina il buio che grava sulla nostra vita per manifestare il chiarore della misericordia… “Cristo è Risorto, veramente è Risorto!”, anche se la nostra cattedrale è vuota e questo è una immensa pena nel mio cuore».

Non mancherà l’aiuto della Chiesa. «Buona Pasqua, alla città di Perugia, alla Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve. A tutte le istituzioni, cominciando dai sindaci, ai sacerdoti, ai consacrati, ai giovani, ai carissimi ragazzi, alle famiglie, ai malati, ai carcerati, ai poveri. A chiunque si trovi in difficoltà economica non vogliamo far mancare il nostro aiuto e la nostra solidarietà – ha concluso il cardinale –. A tutti coloro che sono impegnati in politica, a tutte le persone di buona volontà che si impegnano per il bene comune, sappiate che la Chiesa vi sostiene con la sua preghiera e la sua carità. Diceva un saggio maestro di vita spirituale: da soli noi siamo soltanto capaci di perderci, ma insieme a Cristo saremo certamente salvati».

Spoleto – Pasqua di Risurrezione. Mons. Boccardo: «Guai a noi se sprecassimo nell’impazienza di far tornare tutto come prima la lezione di vita nascosta negli eventi di queste settimane»

«Gesù risorto è perfino in mezzo alle situazioni di peccato come misericordia, pronta ad attendere fino alla fine». È questo uno dei passaggi dell’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra ha tenuto il giorno di Pasqua, domenica 12 aprile 2020, in una Cattedrale di Spoleto vuota di fedeli a causa del Coronavirus, ma piena di spirito di compartecipazione. «Ciò che noi chiamiamo la risurrezione di Gesù – ha proseguito mons. Boccardo – attesta che tutto è cambiato. Nell’intimo di ogni realtà sono sconfitti la caducità, il peccato e la morte e in ogni nostra azione quotidiana è presente il seme dell’eternità. Il Risorto è nella nostra storia personale, è in tutte le lacrime e in ogni morte come la forza segreta di una vita che vince anche quando sembra morire; è nell’uomo che soffre, al quale ci facciamo prossimo; è nella nostra impotenza come la potenza che può permettersi di apparire debole perché è invincibile».

Poi il passaggio sulla pandemia del Coronavirus: «Veniamo da una Quaresima – ha detto il Presidente dei Vescovi umbri – segnata profondamente dal digiuno: digiuno dalle abituali sicurezze, digiuno dalle relazioni e dai contatti che danno calore alla vita, digiuno anche dai sacramenti e dall’azione pastorale. Nella pedagogia della Chiesa, il digiuno è da sempre proposto come occasione propizia per riscoprire ciò che è essenziale, distinguendolo da ciò che è soltanto importante o ritenuto tale. Guai a noi se sprecassimo nell’impazienza di far tornare tutto come prima la lezione di vita nascosta negli eventi di queste settimane. Saremmo davvero dei poveri uomini, immersi nella superficialità, votati alla delusione e perciò infelici. Dobbiamo imparare piuttosto a leggere dentro le giornate che stiamo vivendo e – senza nasconderci la tragica situazione di tante famiglie ferite dalla morte di qualche congiunto, dalla perdita del lavoro, dall’incertezza per il futuro – guardare avanti con fiducia sicuri che anche il nostro oggi abitato da tanti segnali di morte racchiude in sé dei germi di vita».

L’Arcivescovo ha esortato i fedeli che seguivano la celebrazione sui canali social della Diocesi (Facebook e YouTube) a far emergere il grido della Risurrezione in questa società a volte triste e contraddittoria. «Mi piace riconoscere questo grido nascosto – ha detto mons. Boccardo – nella dedizione di tanti operatori sanitari e volontari che donano tempo e professionalità – e qualcuno anche materialmente la vita – a servizio dei malati di Coronavirus e delle loro famiglie. Lo sento questo grido nei tanti gesti dalla origine più svariata, che offrono tempo, competenza e aiuto materiale affinché il nostro progetto di solidarietà denominato “Su questa barca ci siamo tutti” possa farsi prossimo a chi è nel bisogno a causa della grave crisi che stiamo attraversando. Da questo altare desidero far giungere a tutti il mio vivissimo grazie».

E nel pomeriggio del Sabato Santo, 11 aprile, l’Arcivescovo è andato in visita al Centro Caritas per l’emergenza Covid-19 allestito al Centro diocesano di pastorale giovanile a Spoleto e coordinato da don Edoardo Rossi. Ha salutato i volontari presenti, ringraziandoli a nome dell’intera Diocesi e da quel luogo significativo ha annunciato un nuovo servizio: uno dei quattro numeri attivati (328 7253937) sarà dedicato prevalentemente per l’ascolto di persone anziane e sole. «So di tante persone – afferma l’Arcivescovo – in là con gli anni che stanno vivendo questa quarantena in piena solitudine, con i figli magari che vivono altrove. Ho pensato allora che un altro sostegno che la Caritas può assicurare nel mezzo di questa pandemia è quello del semplice ma importantissimo ascolto. Al numero dedicato risponderà una ragazza, Lucia, che volentieri e con entusiasmo ha accettato».

Terni – celebrazione della Pasqua. Mons. Piemontese: “Che quel macigno, ribaltato dal sepolcro di Gesù, possa chiudere definitivamente il sepolcro nel quale, con corale responsabilità, confinare il Coronavirus con tutte le sue conseguenze di sofferenza e di morte”.

Nella cattedrale di Terni, il vescovo Giuseppe Piemontese ha presieduto la solenne celebrazione della Pasqua di Risurrezione, senza la presenza dei fedeli, e concelebrata don Alessandro Rossini parroco della Cattedrale, don Carlo Romani, don Stefan Sallisanimarum, padre Mario Lendini cappellano del cimitero di Terni.
Nella serata di sabato si è tenuta la celebrazione della veglia pasquale con la suggestiva liturgia, nel buio totale della chiesa del rito della benedizione del fuoco e l’accensione del cero pasquale, portato in processione lungo la navata centrale della cattedrale al canto del Lumen Christi. E’ seguita la liturgia della parola con le letture dell’Antico Testamento e del Vangelo e quindi il rinnovo delle promesse battesimali.
L’omelia del vescovo Piemontese:
“Una Pasqua singolare questa del 2020. La comunità civile si trova da oltre un mese in quarantena. La comunità cristiana in più vive una diaspora silenziosa, una dispersione che procura indicibile tristezza. Neanche durante la guerra mondiale i cristiani sono stati impediti di celebrare comunitariamente i santi misteri della Pasqua.
In questa interminabile quarantena tutti abbiamo potuto ammirare la gara di solidarietà avviata tra la gente: medici, infermieri, volontari, forze dell’ordine, persone comuni. Il mondo ecclesiale vi ha partecipato con intensa carità. Tanti sono i cristiani anche delle nostre città, dediti a sollevare i bisognosi: sacerdoti e laici impegnati nella Caritas diocesana, nell’Associazione di Volontariato San Martino, presso la mensa San Valentino e in tante altre opere di emergenza; si è avuta la bella testimonianza dei giovani dell’AC, della Comunità di Sant’Egidio, del Cammino neocatecumenale, del Movimento per la Vita, dell’Agesci, della Gifra e di altre associazioni che si sono attivati per servire anziani a domicilio. E tanti altri singoli che hanno inventato piccole e grandi forme di amore e di solidarietà direttamente e a distanza. Questi sono l’espressione della pasqua vera, premessa di speranza: a tutti rinnoviamo il nostro grazie!
Il Cambiamento d’epoca, preconizzato da papa Francesco, si va delineando con crudezza imprevista. Molti miti stanno crollando, cresce la consapevolezza delle ricchezze alternative che abbiamo dilapidato: la preziosità e bellezza del creato, il valore delle relazioni interpersonali “dirette” e non solo virtuali in famiglia e con gli amici, la scoperta di ciò che è essenziale all’esistenza, la centralità della fede e della spiritualità che orientano la vita e il valore supremo dell’amore in tutte le sue accezioni in questo tempo di Coronavirus.
La passione della nostra società e della Chiesa, provocata dalla epidemia viene assunta da Cristo: Lui si fa nostro Cireneo, compagno di viaggio nella lotta contro la malattia e la solitudine, in vista della guarigione-risurrezione.
A Pasqua Gesù vuole associarsi a noi come conviandante nel cammino di ripresa e di guarigione, dentro e fuori della città, verso Emmaus della delusione per spiegarci e recuperare le ragioni antiche e nuove del senso della esistenza, provata dalla delusione improvvisa e inaspettata.
L’augurio è che si avviino progetti di ripartenza con fiducia e speranza, facendo tesoro della lezione offerta all’umanità dall’imprevisto ostacolo-nemico rappresentato dal Coronavirus.
Gesù a pasqua si ripropone a noi come colui che ha vinto la morte e tutto ciò che è ad essa collegato: sofferenze, malattia, egoismo, distruzione, odio, rancore, peccato, violenze, guerre e morte. Con Lui e con la sua vittoria troveremo la nostra.
Che quel macigno, ribaltato dal sepolcro di Gesù, possa chiudere definitivamente il sepolcro nel quale con corale responsabilità si possa confinare il Coronavirus con tutte le sue conseguenze di sofferenza e di morte.
Auguro a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, alle vostre comunità di trascorrere la Pasqua con intima gioia. La Parola di Dio e la carità vissuta suppliscano alla privazione dell’Eucarestia. La fame di Gesù purifichi la nostra vita cristiana e ci prepari alla grande festa, quando potremo tornare a nutrirci del Pane della vita, conforto dei sofferenti e forza dei pellegrini. BUONA PASQUA!”

Spoleto – Pasqua 2020 in tempo di Coronavirus: il video messaggio dell’Arcivescovo Renato Boccardo e la benedizione alla Diocesi dal balcone della sua abitazione che si affaccia sulla Valle Spoletana. Il Presule: «Sappiamo che Cristo è più forte del Virus».

Venerdì 10 aprile 2020 la Chiesa ha celebrato la Passione di Cristo: non è stato un giorno di lutto o sconfitta, ma una pausa nella quale si è stati invitati a contemplare il Crocifisso attraverso la proclamazione della Passione, l’adorazione della Croce e la comunione
al Corpo di Cristo dato per noi. In questa giornata l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha presieduto due momenti: la Via Crucis allo Scoglio della Preghiera di Roccaporena di Cascia (15.00) e l’Azione liturgica del Venerdì Santo nella Cattedrale di Spoleto (18.00).

La salita solitaria dello Scoglio di Roccaporena. L’Arcivescovo ha pregato la Via Crucis nel Venerdì Santo salendo lo Scoglio della preghiera di Roccaporena, il luogo dove Santa Rita andava ad affidare al Signore le sue pene e i suoi desideri. Con mons. Boccardo c’era solamente il pro rettore del Santuario don Canzio Scarabottini, che teneva la croce, e naturalmente i tecnici per la diretta sulla pagina Facebook “Opera di Santa Rita”.

«Cari amici e devoti di Santa Rita – ha detto all’inizio il Presule – ci ritroviamo questo pomeriggio per un tempo di riflessione e preghiera mentre facciamo memoria di Gesù sul Calvario. Porto con me idealmente la vostra preghiera, la vostra preoccupazione, la vostra speranza. Non possiamo dimenticare tutti quelli che soffrono a causa del Covid-19 che si diffonde nel mondo: penso a quelle famiglie che sono provate dalla sofferenza per la perdita di qualcuno dei loro cari, a quelle persone che non hanno più un lavoro o che è precario, alla trepidazione per il presente e per il futuro. Pur salendo da solo questa montagna, so che c’è tutto un popolo che sale in unione di preghiera con me. Siete tutti qui rappresentanti davanti al Signore che dona la vita per la nostra salvezza. Santa Rita, certamente, si unisce a noi in questa salita e condivide anche la fatica di questo tempo: lei che ha vissuto grandi sofferenze, è più che mai vicina alle donne e agli uomini di oggi che devono affrontare questa pandemia».

L’Azione liturgica nel Duomo di Spoleto. Sceso da Roccaporena, mons. Boccardo si è recato nel Duomo di Spoleto per l’Azione liturgica del Venerdì Santo. In segno di solidarietà con la comunità cristiana che in questo tempo di pandemia non si può accostare al sacramento eucaristico nella Santa Comunione, anche l’Arcivescovo e i sacerdoti non hanno ricevuto il Corpo del Signore. La liturgia è termina in silenzio, con l’orazione che ha invocato la
benedizione di Dio sul popolo che ha commemorato la morte di Gesù. La celebrazione è stata trasmessa in diretta nella pagina Facebook e nel canale YouTube della Diocesi.

Nell’omelia l’Arcivescovo ha ricordato che «Gesù, morendo, dà origine ad un nuovo modo di vivere e di morire, un modo che sconfigge la morte non perché essa sia evitata, bensì perché viene battuta sullo stesso terreno. Invece di essere segno di disperazione, occasione di maledizione, dopo il Calvario la morte diviene segno di speranza e di obbedienza. E con la morte ogni altro elemento negativo della vita umana – umiliazione, sofferenza fisica e morale, insuccesso, menzogna, tradimento – può acquistare capacità e valore redentivo». Poi, un passaggio sulla situazione di emergenza causata dal Covid-19: «Con il virus sconosciuto che minaccia l’esistenza di tante persone ormai in quasi tutte le regioni della terra, anche noi abbiamo l’impressione di stare attraversando un’epoca di buio. Pensiamo certo a tutte le vittime della pandemia, alla fatica eroica di tanti medici, operatori sanitari e volontari, e li abbracciamo con il nostro ricordo e la nostra preghiera. Ma abbiamo la certezza che questo tempo passerà e tornerà a splendere il sole sul nostro cammino. Perché l’esperienza tragica della morte di Gesù ci dice che anche questa situazione di paura e dolore porta con sé dei germi di vita e di fraternità».

Gli auguri video dell’Arcivescovo dalla sua cappella privata e la benedizione alla Diocesi dal balcone della sua residenza. La Notte di Pasqua, sabato 11 aprile, mons. Boccardo presiederà la Veglia in Duomo alle 21.00 e il giorno di Pasqua, 12 aprile, la Messa alle 11.00, sempre in Cattedrale. Il tutto trasmesso in diretta sui social della Diocesi. E mons. Boccardo in questo tempo di pandemia in cui la gente non può uscire di casa, ha affidato ad un breve video (https://youtu.be/vJTc0OLymy0) gli auguri di Pasqua. Per la registrazione sono stati scelti due luoghi significativi: la cappella del Palazzo Arcivescovile dove ogni giorno mons. Boccardo celebra e prega e il terrazzino della sua abitazione che si affaccia sulla Valle spoletana da dove ogni sera benedice la Diocesi. «Da questa cappella – dice – che è piccolina, però ci entrate tutti, penso a voi e prego per voi e desidero farvi giungere un augurio speciale. È una Pasqua particolare, eppure è una Pasqua che non ha perso nulla della sua novità: è la vittoria della luce sulle tenebre. Il Signore non ci abbandona, continua a prendersi cura di noi anche in questo tempo di pandemia. Sappiamo che Cristo è più forte del Virus. Vi benedico di cuore dal balcone da dove ogni sera mi affaccio per benedire la Diocesi».

Città di Castello – Donazione della diocesi all’Ospedale per l’emergenza Covid 19

Da quando è iniziata l’emergenza Covid 19 il vescovo della diocesi di Città di Castello mons. Domenico Cancian ha cercato di realizzare una significativa donazione all’ospedale di Città di Castello che si è trovato da subito ad affrontare numerose difficoltà.
A seguito del confronto tra l’ufficio economato della diocesi con la direzione sanitaria dell’ospedale, affrontate molte difficoltà per reperire quanto richiesto, in questi giorni la Diocesi di Città di Castello ha consegnato l’apparato Portatile per Radiografia digitale M40-1° WDM destinato all’Ospedale tifernate.
La direzione dell’Azienda Usl Umbria 1, nella persona del Commissario dott. Silvio Pasqui, ha voluto ringraziare la Diocesi per la concreta disponibilità. L’apparato è da subito disponibile per tute le necessità della struttura ospedaliera.
La diocesi ha provveduto ad acquistare l’apparecchiatura sostenendo la spesa di euro 58.000,00 (iva compresa) nella consapevolezza che la stessa consentirà all’Azienda USL di perseguire l’obiettivo di far fronte, ancor più efficacemente, all’emergenza Covid- 19.
Questo gesto vuole anche onorare la memoria della beata Margherita di Città di Castello (nata alla Metola nel 1287) di cui il prossimo 13 aprile ricorrerà il settimo centenario della morte. Margherita, nata cieca e con difficoltà nella deambulazione, durante la sua vita si prodigò per alleviare le sofferenze morali e materiali della popolazione tifernate.

Perugia: celebrata la Passione del Signore del Venerdì Santo. Bassetti: «Pensiamo al Crocifisso e auguriamo che chiunque venga a consegnare la propria vita, anche in questo periodo di epidemia, possa avere la consolazione di avere fra le mani il Crocifisso”.

«Per tre lunghe ore Gesù agonizza sulla Croce. Ai piedi della croce stanno sua madre e il discepolo prediletto. “Ecco, questo è tuo figlio”, dice a Lei, e “questa è la madre tua”, dice a Giovanni. È come se svincolasse da sé l’amore di cui lo circondano queste due creature. Egli vuole essere solo. Si è addossato il nostro debito. Nessuno deve assisterlo». Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti all’inizio dell’omelia della celebrazione della Passione del Signore, Venerdì Santo 10 aprile, presieduta insieme al vescovo ausiliare mons. Marco Salvi nella spoglia e vuota cattedrale di San Lorenzo di Perugia. Spoglia in segno di partecipazione della Chiesa alla Passione di Cristo e vuota per l’assenza di fedeli a causa della pandemia. Il cardinale, come è ormai consuetudine, attraverso i mezzi della comunicazione sociale, si è rivolto alla sua comunità diocesana offrendole una riflessione sulla Passione di Cristo incentrata sull’immagine del Crocifisso, simbolo sempre attuale, soprattutto in questo periodo, di fede e di salvezza (il testo integrale dell’omelia è sul sito: www.diocesi.perugia.it).

Abbandonato da tutti… tutto è compiuto. «Quello che sia passato nell’animo di Gesù in quell’ora nessuno lo sa – ha commentato il presule –. Poi Egli ad alta voce gridò: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Nessuno mai solleverà il velo su questo mistero: come il Figlio di Dio possa essere abbandonato da Dio. Noi possiamo solo dire questo: fino ad ora ha sentito la vicinanza del Padre come conforto e sostegno. Ora anche questo gli viene meno. Egli è solo, spogliato di tutto, anche delle sue vesti: potremmo dire della sua stessa dignità. Abbandonato da tutti. Solo davanti al Padre. Nessuno potrà mai rendersi conto di cosa ciò voglia dire. Una cosa sola ora lo sostiene: la sua incrollabile fedeltà alla missione avuta dal Padre e il suo inconcepibile amore per noi. Ed è in questo amore che Egli si consuma finché tutto è compiuto».

Si è umiliato, ma non ci ha umiliato. «L’antifona, che si proclama il Venerdì Santo prima del racconto della Passione, tratta dalla lettera ai Filippesi (Fil 2, 8) è come un preludio per tutta la Settimana Santa: “Umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome”: il nome di Signore. “Umiliò sé stesso”. Non si avvalse del suo diritto di essere figlio di Dio. Non lo ritenne un privilegio, ci dice San Paolo, “ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. E potremmo aggiungere: fino ad inabissarsi sul più profondo della nostra voragine. “Si è umiliato”, ma non ci ha umiliato. Piuttosto dovremmo dire che Lui “ha preso il nostro posto”».

La leggenda di Barabba. Il cardinale Bassetti, soffermandosi sulla figura di Barabba, ha ricordato il libro di Giovanni Papini: “I testimoni della Passione”. «Naturalmente – ha precisato il cardinale – quello che Papini racconta è una leggenda, ma potrebbe essere verosimile» nel descrivere un Barabba che «si sarebbe poi convertito», quando dopo «una notte agitata, la mattina presto si recò al Golgota: c’erano ancora piantate le tre croci. Quella di mezzo aveva scolature di sangue raggrumate, ma ancora fresco per effetto della rugiada notturna. Barabba toccò quel sangue e disse: “Questo è sangue versato per conto mio, per me!”». Bassetti, nel ribadire che «si tratta di una leggenda, di una bellissima leggenda», evidenzia «che racchiude però una grande verità. Dice l’Apostolo Paolo, nella lettera al Galati: “mi ha amato e ha dato tutto sé stesso per me!”.

Il cuore di Cristo squarciato. «Impariamo ad incontrarci col Crocifisso. Purtroppo siamo troppo abituati a vederlo dappertutto, che quasi siamo diventati indifferenti. San Bonaventura definisce il crocifisso “prodigio di giustizia, modello di sofferenza, stimolo e provocazione d’amore”. Pensiamo al Crocifisso, particolarmente in questo giorno, pensiamo al Crocifisso e vediamo tutti i luoghi dove si soffre, pensiamo al Crocifisso e auguriamo che chiunque venga a consegnare la propria vita, anche in questo periodo di epidemia, possa avere la consolazione di avere fra le mani il Crocifisso. Poiché tutti soffriamo e poiché tutti dobbiamo morire, impariamo a guardare più e meglio l’immagine del Crocifisso, e meditiamo su tutto ciò che questa immagine rappresenta. Sarà il pensiero di Barabba: “è morto al mio posto”. Sarà il pensiero di San Paolo: “Mi ha amato e ha dato tutto sé stesso per me”. Sarà il pensiero di San Bonaventura, che sopra ho citato. Il cuore di Cristo è stato squarciato per rimanere sempre aperto. Guardiamo questa ferita, e in questo cuore aperto cerchiamo il nostro rifugio e la nostra salvezza».

Le ferite del Crocifisso. «Stasera chiedo per me, per voi, per tutti coloro che ci stanno seguendo, soprattutto i più sofferenti – ha concluso il cardinale –, che il Padre misericordioso apra la nostra mente e il nostro cuore e ci renda sempre capaci di ascolto e di risposta, perché le piaghe di ogni fratello e ogni sorella, anche quelle di coloro che non conosciamo, sono le ferite del Crocifisso».