Perugia: “Tutto è compiuto”, la quinta “Lettera settimanale di collegamento” del cardinale Gualtiero Bassetti alla comunità diocesana nel tempo del “Coronavirus”

“Tutto è compiuto” è il titolo della quinta “Lettera settimanale di collegamento” del cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti alla comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve, il cui testo integrale è scaricabile dal link: http://diocesi.perugia.it/la-v-lettera-settimanale-collegamento-del-cardinale-gualtiero-bassetti-alla-comunita-diocesana-nel-tempo-del-coronavirus-martedi-7-aprile-2020/ .

Il mondo che cambia. Ritrovando tra le sue «vecchie carte» una meditazione che tenne per il Venerdì Santo del 2000, l’anno del «Grande Giubileo voluto e preparato da san Giovanni Paolo II», il cardinale Bassetti, nell’introdurre la sua lettera, sottolinea quanto l’ultimo ventennio non si sia trattato tanto «di un’epoca di mutamenti, ma di una vera rivoluzione, che possiamo definire “cambiamento d’epoca”. C’è però un fatto che consola e apre alla speranza: Gesù Cristo. Egli è colui che “era”, che “è” e che “verrà”. E come 20 anni fa, anche oggi, grazie a Dio, al timone della barca di Pietro c’è una guida sicura e forte, il nostro amato papa Francesco».

Lo sguardo sulla croce. «La mia riflessione – spiega il presule – è per orientare a vivere bene il Venerdì Santo. Vi invito perciò a fissare lo sguardo su Gesù inchiodato alla croce. Egli non può più far altro che pendere e soffrire. Anche per noi vengono tali ore, in cui non possiamo far nulla: è un po’ quello che stiamo vivendo in questo periodo di pandemia, e non ci resta che perseverare con Dio».

Tutto offrì al Padre. «È sempre l’innocente che soffre per il colpevole – scrive Bassetti –. È sempre il seme che deve morire se vuol portare frutto. Neppure a Gesù fu risparmiato nulla di quanto possa chiamarsi miseria umana. Tutto offrì al Padre, con libero atto di accettazione, come sacrificio infinito di lode, di ringraziamento e di espiazione per gli uomini. Soffrì la desolazione e l’abbandono. Lottò e combatté la sua battaglia, fra lacrime e tormenti …».

Ascoltare la voce del Crocifisso. «Fratelli, in questa settimana di Passione, in cui abbiamo più tempo che negli altri anni, fermiamoci un po’ e guardiamo il Crocifisso: è il luogo del nostro incontro con Dio, del dono della vita, della remissione dei nostri peccati, della nostra giustificazione e santificazione. Guardiamo il Crocifisso: è il Signore! “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!” (At 2, 36). Guardiamo il Crocifisso: questo mistero di amore e salvezza! Guardiamo il Crocifisso e ascoltiamo la sua voce: “Voi tutti che passate per strada, alzate lo sguardo e vedete se c’è un dolore grande come il mio” (Lam 1, 12)».

Esempi di santità. Il cardinale Bassetti conclude la sua lettera citando quattro grandi figure della Chiesa accomunate dall’abbraccio di ciascuno per la vita di croce: papa Paolo VI, padre Turoldo, don Mazzolari e Francesco di Assisi. Il Santo patrono d’Italia, scrive Bassetti, «si è talmente immerso nella meditazione del Crocifisso fino al punto di lasciarsi impressionare e di portare sulla sua carne le stimmate del Salvatore».

Foligno – celebrazioni della Settimana Santa presiedute dal Vescovo Mons. Gualtiero Sigismondi.

L’Ufficio per le comunicazioni sociali della Diocesi di Foligno ha realizzato la locandina degli appuntamenti delle celebrazioni della Settimana Santa presiedute dal Vescovo Mons. Gualtiero Sigismondi. Le celebrazioni, tutte in assenza di popolo secondo il decreto ministeriale a causa emergenza COVID19, saranno trasmesse in streaming sulle pagine Facebook dei mezzi di comunicazione della Diocesi: Diocesi di Foligno, Rgunotizie.it, Gazzetta di Foligno, Radio Gente Umbra.
Le celebrazioni saranno disponibili anche attraverso il sito della Diocesi di Foligno: www.diocesidifoligno.it

Terni – Caritas-San Martino è attivo il numero verde 800 766 455 per sostegno psicologico, orientamento e aiuti materiali

#Restiamoacasa#Noicisiamoadistanza è il messaggio che la Caritas di Terni-Narni-Amelia e l’associazione di volontariato San Martino, rivolgono a tutte le persone del territorio che stanno vivendo con particolare disagio l’attuale momento di emergenza senza precedenti. In questa esperienza collettiva di isolamento e quarantena domiciliare diventa ancora più necessario rispondere alle esigenze delle persone più fragili e a rischio di esclusione sociale.
Per questo è stato attivato il numero verde 800 766 455 per offrire servizi di: ascolto psicologico dalle 9:30 alle 12:30 dal lunedì al venerdì; informazioni e orientamento ai servizi, ai sussidi e sostegni economici offerti sul territorio per l’emergenza, dalle 9:30 alle 12:30 dal lunedì al venerdì e dalle 14:00 alle 16:00 dal lunedì al giovedì.
Un team composto da personale esperto e qualificato fornirà aiuto per affrontare nel migliore dei modi questi giorni di isolamento a casa, fornendo assistenza e supporto morale e psicologico a chi più di altri risente dell’emergenza sanitaria in corso.
Le prestazioni fornite rientrano tra i servizi potenziati e attivati nel Centro di Ascolto Caritas di Terni, nell’ambito del progetto Innovater, finanziato nel settore “Avviso della Regione Umbria per la Presentazione di progetti sperimentali del terzo settore – Azioni innovative di welfare territoriale”.
“In questo periodo di emergenza virus – precisa il direttore della Caritas Ideale Piantoni – per aiutare, come dice il Santo Padre Francesco i poveri che “non vediamo”, abbiamo attivato il numero verde 800 766 455 chiamando il quale sarà possibile anche fare richiesta di aiuti economici. Il nostro riferimento sono sempre le parrocchie, che saranno contattate direttamente dalla Caritas nel momento in cui al numero verde perverrà una richiesta di aiuto da parte di persone in difficoltà, in base all’appartenenza del territorio parrocchiale. Insieme alla parrocchia decideremo come intervenire in ogni singolo caso, con aiuti che permettano un pagamento con giustificativo fiscale e per un importo massimo stabilito sulla linea del “Fondo Solidale per le famiglie disagiate”, in atto da anni in Diocesi. Pertanto, per evitare spostamenti superflui, la parrocchia dovrà essere la mediatrice e far pervenire, a mezzo mail o fax, la richiesta”.

Il santuario di Santa Rita a Roccaporena. La Messa di mons. Boccardo allo Scoglio della preghiera: «Tutti abbiamo paura del virus: noi che credevamo di avere il mondo in mano, di poter allontanare pure la morte, ora ci troviamo fragili, indifesi. Con Rita diciamo: “Nell’angoscia ti invochiamo, salvaci Signore”»

In questo tempo di Coronavirus il Santuario di Santa Rita a Roccaporena di Cascia riceve tante telefonate, mail e messaggi dall’Italia e da vari Paesi del mondo. Come del resto tanti altri Santuari. La richiesta è la stessa: invocano la Santa dei casi impossibili per la fine della pandemia Covid-19. Don Canzio Scarabottini, pro rettore del Santuario, e suor Stella Lepore, eremita che vive a Roccaporena, ascoltano tante storie di dolore e sofferenza, rispondono a quanti mettono per iscritto le loro angosce, facendo del Santuario quelle “Cliniche dello Spirito” di cui parla un documento della Congregazione per il clero del Vaticano del 2011.

Richieste di preghiera dall’Italia e da vari Paesi del mondo. Scrivono anche operatori sanitari, come l’altro giorno un’infermiera dal nord Italia, che ha inviato una mail in piena notte: “Sono una devotissima di Santa Rita. Una mia collega è positiva al Coronavirus. Pregate per noi, per il nostro servizio. Ho molta paura”. Molti le richieste di preghiere da vari Paesi del mondo via WhatsApp, come una ragazza dal Brasile: “Per la salute della mia famiglia e per la fine della Pandemia”. Sono giunte anche mail dall’Argentina, dalla Slovenia, dalla Francia, dagli Stati Uniti d’America e da molti altri Stati. La risposta del Santuario naturalmente è quella di affidarsi alla preghiera: “L’anima mia, dal dolore, si strugge in lacrime; rialzami secondo la tua parola” (Salmo 119). Ogni giorno don Canzio celebra la Messa a porte chiuse alle ore 8.30 e depone sull’altare del Signore tutte le intenzioni di preghiera dei devoti. Inoltre, sul sito www.roccaporena.com ci sono alcuni sussidi per la preghiera da poter fare in famiglia, come ad esempio “I quindici giovedì di Santa Rita”. Inoltre, nel ricordo di Santa Rita che nel Lazzaretto di Roccaporena accoglieva e curava i malati di peste e i poveri del suo tempo, non mancano i gesti di carità del Santuario, in collaborazione con la Caritas diocesana di Spoleto-Norcia, per quanti sono in difficoltà a causa della pandemia.

Messa di mons. Boccardo alla Scoglio di Roccaporena per chiedere la fine della Pandemia. Alcuni momenti di preghiera organizzati in questo tempo sono stati trasmessi in diretta sulla pagina Facebook del Santuario (Opera di Santa Rita). Come ad esempio la Messa celebrata dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo venerdì 3 aprile scorso in cima allo Scoglio. «Da questo luogo – ha detto il Presule – raggiungiamo tutti voi cari fratelli e sorelle devoti di Santa Rita. E non è senza emozione che oggi ci troviamo qui davanti a questo pietrone che ha accolto ed è testimone della preghiera, delle lacrime e delle suppliche di Santa Rita. A questa grande donna chiediamo un’intercessione particolare per il mondo: di essere liberati dalla piaga del Coronavirus che ci assale misteriosamente e continua a mietere vittime. Preghiamo per quanti devono affrontare questa pandemia: gli ammalati, i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, i volontari delle diverse associazioni che stanno donando la loro vita per aiutare e sostenere i malati, quanti hanno perso la vita a causa del virus. Insieme con Rita ripetiamo: nell’angoscia ti invoco, salvami Signore. Tutti sperimentiamo – ha proseguito mons. Boccardo – questo sentimento di angoscia, tutti abbiamo paura del virus: noi che credevamo di avere il mondo in mano, che eravamo convinti di poter allontanare pure la morte, ora ci troviamo fragili, indifesi e incapaci di reagire. Dove andremo? Cosa ci sarà dopo? Con questi sentimenti, invochiamo il Signore affinché ci liberi dal male fisico (coronavirus) e morale (cattiveria, maldicenza). Lo facciamo dallo Scoglio, perché sappiamo che nei momenti difficili della sua vita Rita è salita qui per chiedere l’aiuto di Dio: quando il marito era violento con lei, quando poi è morto assassinato, quando ha vissuto la terribile esperienza della perdita dei figli, quando infine le monache del tempo non volevano accoglierla in monastero. Con Rita anche noi ripetiamo da questo Scoglio: nell’angoscia ti invochiamo, salvaci Signore».

E il venerdì Santo, 10 aprile prossimo alle ore 15.00, l’arcivescovo Boccardo, da solo, salirà nuovamente lo Scoglio di Roccaporena pregando la Via Crucis nel giorno della Passione di Cristo, chiedendo, tramite l’intercessione di Santa Rita, il coraggio di attraversare questa prova del Coronavirus. La Via Crucis sarà trasmessa in diretta Facebook nella pagina “Opera di Santa Rita”.

Perugia: Il cardinale Bassetti sull’impossibilità di partecipare ai riti della Settimana Santa e di Pasqua: «È un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell’emergenza, sono in prima linea»

“Risponde”, seppur indirettamente, nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera lunedì 6 aprile, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, anche a quanti, Domenica delle Palme, presiedendo o partecipando alle S. Messe, hanno disatteso le disposizioni della Cei e, a seguire, quelle delle Conferenze episcopali regionali e dei singoli vescovi, assunte di concerto con le autorità civili nazionali e locali per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da “Covid-19”. Il cardinale richiama tutti, inclusi gli uomini di Chiesa, alle proprie «responsabilità» e, nel soffermarsi sulla Settimana Santa, evidenzia come per la prima volta viene celebrata «senza concorso di fedeli nelle chiese e con grande sofferenza per tutti. Tutto ciò non significa rinunciare a vivere appieno questi giorni, attingendo alle risorse interiori che dovremmo aver fondate dentro di noi».

Il presule, nell’intervista, sottolinea come l’impossibilità di poter partecipare ai riti della Settimana Santa, iniziati Domenica delle Palme, e alla Messa di Pasqua «è un atto di generosità. È un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell’emergenza, sono in prima linea e, con grande rischio per la loro sicurezza, curano gli ammalati e non fanno mancare tutto ciò che è di prima necessità. È una richiesta che c’impegna moralmente». Bassetti prosegue dicendo: «non è tempo di polemiche, ma di perseveranza nella prova, di lungimiranza nella ricerca del bene comune».

La Chiesa italiana, ricorda il presidente della Cei, come riporta anche la nota dell’agenzia Ansa in cui rilancia l’intervista del Corriere, «ha scelto questa strada: abbiamo a cuore prima di tutto la salute dei fedeli, perché l’anima è sì immortale, ma abita un corpo fragile. Cerchiamo di essere a fianco di chi soffre; nessuno deve essere lasciato solo, perché, come ricorda papa Francesco, nessuno si salva da solo». La Chiesa così facendo, «non rinuncia ad alcuna autonomia, ma si fa carico della sofferenza e della difficoltà vissuta da tutto il Paese».

Il cardinale Bassetti, consapevole della difficile situazione, è convinto che «oggi viviamo nella condizione degli infermi che non possono partecipare alle celebrazioni: ci è data la grazia

di comprendere quanto sia dolorosa la limitazione e, allo stesso tempo, quanto sia ricco il nostro spirito quando sa farci riconoscere comunità anche nella distanza fisica. Torneremo a

celebrare tutti insieme, ancora più gioiosi, perché ci saremo ritrovati dopo questa prova».

Perugia: La Caritas ringrazia i tanti benefattori della “Quaresima di Carità 2020” nel tempo del “Coronavirus”. Ricevuto in dono anche del pesce fresco

L’appello a vivere con maggiore generosità e solidarietà la “Quaresima di Carità 2020”, lanciato dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, è stato raccolto da tanti fedeli e uomini di buona volontà. «La nostra comunità diocesana, ma non solo, ha vissuto la Quaresima con molta sofferenza umana, spirituale e materiale per una pandemia che ha effetti devastanti anche a livello socio-economico ed occupazionale per molte famiglie, soprattutto per quelle che non hanno superato del tutto le difficoltà generate dalla recente crisi». A sottolinearlo è il direttore della Caritas diocesana, il diacono Giancarlo Pecetti, nel ricordare quanto quest’organismo pastorale si prodighi con le sue opere anche nel tempo del “Coronavirus” per aiutare le persone in gravi difficoltà.

Contributo Cei 8XMille. Sostegno che è possibile assicurare anche grazie al contributo economico della Cei, fondo 8XMille, a favore delle 220 Caritas diocesane attive su tutta la Penisola. La Caritas perugina, come è stato già annunciato dallo stesso cardinale Bassetti, ha messo a disposizione 50 alloggi (per almeno 30 giorni) della struttura ricettiva diocesana “Villa Sacro Cuore”, anche con il contributo di un privato benefattore, per operatori sanitari impegnati nella cura di pazienti affetti da “Covid-19”, affinché abbiano una sistemazione diversa dai propri domicili per tutelare se stessi i familiari conviventi.

Orate e bronzini in dono. Con l’approssimarsi della Pasqua il direttore Pecetti ringrazia i numerosi benefattori. «Mi ha molto colpito la generosità del titolare di una pescheria, che con tanto garbo e discrezione – commenta Pecetti –, ci ha portato una prima volta quattro cassette di orate e una seconda volta altrettante cassette di bronzini. In un momento di non poche privazioni, non può non farci riflettere il gesto compiuto, quello che qualcuno sia venuto in Caritas a portare perfino del pesce fresco in modo che anche i poveri possono mangiarlo». A beneficiare delle orate e dei bronzini sono state le quindici famiglie del “Villaggio della Carità” e le persone fruitrici dell’Emporio della Solidarietà “Tabgha” di Perugia.

La spesa per le famiglie.

«Per questo è doveroso ringraziare, all’inizio della Settimana Santa – prosegue Pecetti –, quanti mostrano la loro solidarietà e vicinanza verso i più deboli e per le donazioni economiche ricevute, da quelle più piccole a quelle più consistenti; quanti, andando a fare la spesa, hanno pensato di farne una anche per una famiglia sconosciuta e più bisognosa della propria». Inoltre, il direttore della Caritas ringrazia «le aziende e i fornitori abituali dei quattro Empori della Solidarietà attivi nel territorio diocesano, che quando hanno surplus in scadenza ci contattano subito. E grazie anche ai tanti titolari di esercizi commerciali che ci hanno aiutato con i più svariati prodotti alimentari (hamburger, yogurt, pesce fresco…)».

Il grazie dei beneficiari. Il grazie più sentito è venuto dagli stessi beneficiari, nel lasciare periodicamente al Centro di ascolto della Caritas diocesana attestati di stima e di riconoscenza per il bene ricevuto, comprendendo, come sottolinea il direttore Pecetti, che «nessuno si salva da solo». Infine un grazie sentito, insieme al suo auguro pasquale, il diacono Giancarlo lo riserva a «tutti gli operatori e volontari Caritas delle opere segno e delle strutture socio-caritative della Chiesa, che svolgono la loro attività per amore agli ultimi con dedizione e con spirito di servizio dimostrato anche in questo momento così difficile e di dura prova».

Perugia – celebrata dal cardinale Bassetti la messa della Domenica delle Palme nella cattedrale di San Lorenzo: «Nel grido di Cristo in croce tutti i drammi dell’umanità…, anche tutti i drammi che l’umanità vive in questi giorni».

«Carissimi fratelli e sorelle, coi vespri di ieri sera siamo entrati nella Settimana Santa. Oggi celebriamo la liturgia della Domenica delle Palme e della Passione del Signore. In tutte le diocesi del mondo si fa anche memoria della 35° giornata mondiale della gioventù». Con queste parole il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha introdotto l’omelia della celebrazione eucaristica della Domenica delle Palme (5 aprile), pronunciata in una cattedrale di San Lorenzo vuota, a “porte chiuse”, nel tempo del “Coronavirus”, trasmessa in diretta da Umbria Tv, Umbria Radio InBlu e sui social media ecclesiali.

L’invito del Papa a far fruttare bene questo tempo. «Desidero anzitutto far mio il pensiero, che venerdì sera, durante i telegiornali – ha ricordato il cardinale –, il Santo Padre ha rivolto alla nostra nazione. Ha parlato di un periodo di difficoltà e sofferenza per tutte le famiglie, chiuse nelle loro case; delle persone sole e degli anziani; ha ricordato tutti gli ammalati, ha sottolineato la generosità di chi si espone per la loro cura, ed ha avuto un pensiero per i detenuti nelle carceri e per coloro che non hanno fissa dimora, e soprattutto per chi si trova in ristrettezze economiche. Il Papa ci invita a sfruttare bene questo tempo, ad essere generosi, a cercare per telefono o coi social le persone più sole, e soprattutto ci invita a pregare, ora che abbiamo più tempo. Mi ha molto colpito questo pensiero che vi trasmetto con le sue stesse parole: “anche se siamo isolati, il pensiero e lo spirito possono andare lontano con la creatività dell’amore”. Ed ha aggiunto: “questo oggi ci vuole, la creatività dell’amore”. Ed ha così concluso: “in Gesù morto e risorto, la vita ha vinto la morte. Questa fede pasquale nutre la nostra speranza, e la speranza non delude, perché non è un’illusione. Gli uni accanto agli altri, nell’amore e nella pazienza, possiamo preparare in questi giorni un tempo migliore”».

La prima Pasqua ridotta e a casa. «Consentitemi ora un breve pensiero sull’odierna liturgia: ci viene ricordato che “i fanciulli degli ebrei agitavano rami di ulivo andando incontro al Signore”. I bambini si contentano sempre di poco. Per loro è stato sufficiente un ramo di ulivo, una palma per dare gloria a Dio. Purtroppo, fratelli miei, in duemila anni di cristianesimo è la prima volta che celebriamo la Pasqua in una maniera così ridotta, e questo, credetemi, è una grande sofferenza per tutti voi, ma anche per noi sacerdoti e vescovo, vostri pastori. Ma, come quei bambini, cercate di ritrovare anche voi, pur restando nelle vostre case, il gusto dello stupore, della bellezza della nostra fede e la gioia di seguire Gesù che ci precede portando la sua croce».

Fedeli e coerenti al Vangelo. «Fratelli, come i bimbi di cui parla la Liturgia odierna – ha evidenziato il cardinale –, non vergogniamoci mai della nostra fede e dei riti così belli della nostra religione. Ricordiamo, con commozione, come anche noi, da piccoli, abbiamo vissuto la nostra fede semplice e il nostro incontro con Gesù. Lui un giorno ha detto: “se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Ed ora, che siamo adulti, dimostriamo, cari amici, la nostra fedeltà e la nostra coerenza a vivere il Vangelo, anche quando ci chiama, come oggi, a seguire Cristo lungo la via della Croce. Questo è l’unico modo per potere con Lui risorgere nella Pasqua. E come facevamo da piccoli, affidiamoci anche in questa terribile calamità, al nostro Padre misericordioso, a Gesù fratello nostro, alla sua grazia, alla sua parola, alla preghiera. Vi supplico, tornate a pregare…!».

Gli studenti che non hanno lasciato Perugia. «Permettetemi, a conclusione di questa breve omelia, un pensiero sulla Giornata Mondiale dei giovani. Cari giovani, forse in questo tempo siamo più portati a rientrare in noi stessi e a dialogare con chi ci sta vicino. Mi auguro che ciascuno di voi ritrovi nella sua famiglia quella piccola chiesa domestica che gli possa essere d’aiuto; ma in questo momento penso anche a tutti gli studenti universitari, che non hanno lasciato Perugia, e sono lontani dal calore delle loro famiglie. A tutti voi vorrei riuscire a dire una parola, che riscaldi il vostro cuore».

La morte in croce è atroce, si muore soffocati. Il cardinale Bassetti, nel commentare il Vangelo, ha detto: «Abbiamo ascoltato, dalla lettura della passione secondo San Matteo, le ultime parole che Gesù pronuncia sulla croce prima di morire: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. La morte in croce è atroce, perché si muore soffocati; proprio come sono morti tanti nostri fratelli colpiti dal virus; perciò questo grido a Gesù deve essergli morto sulla gola. Qualcuno si domanda: ma Gesù ha forse perso la fiducia nel Padre avendo detto “Padre, perché mi hai abbandonato?”. No, ha voluto soltanto gridare la sua solitudine, il suo strazio, lo stato di abbandono in cui veniva a trovarsi, lui che aveva preso su di sé tutto il male e i peccati del mondo! E tutto questo stato d’animo, in quel momento si concentra in un grido. In quel grido, cari giovani, ci sono i drammi di tutta l’umanità, i nostri peccati, ci sono le nostre incoerenze, ci sono le nostre paure e, perché no, anche tutti i drammi che l’umanità vive in questi giorni. Gesù nella sua umanità può avere anche lui temuto per un attimo l’abbandono del Padre, ma nel momento in cui è spirato ha riacquistato tutta la sua fiducia: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”».

Il mondo ha bisogno dei giovani per cambiare. «Cari giovani, imitate Gesù: vivete la vostra vita con una passione forte e con tanta generosità – è stato l’auspicio del cardinale –. Coltivate le amicizie, incontrate la gente. Il mondo ha bisogno di voi giovani per cambiare; la società ha bisogno di giovani forti, abbiate voi in nome del Vangelo il coraggio di diventare anche coscienza critica per tanti sbagli che si compiono nella società. Cari ragazzi, vorrei dirvi, con le parole di un grande maestro dei giovani, don Tonino Bello, che voi “non siete inutili: siete irripetibili”. La Chiesa fa affidamento sulla riserva di speranza che voi nutrite. E nessuno vi tolga la capacità di sognare, perché i vostri sogni precedono sempre l’aurora».

Il vescovo “santo” Tonino Bello e i giovani. «Voglio concludere con le parole che lo stesso don Tonino Bello rivolse ai giovani che stavano attorno al suo letto quando mancavano tre giorni alla morte, che avvenne il 20 aprile 1993; la sua voce era flebile e appena percettibile: “Cari ragazzi, auguro a tutti voi una vita splendida, illuminata dal sole che è Cristo. Voglio solo chiedere a Lui di benedire i vostri passi fino all’ultimo momento. Su tutte le orme dei vostri passi possano crescere tanti fiori… Tutta la gente che incontrerete possa benedirvi per avervi conosciuti. E quando la sera andrà a dormire, possa dire: ‘grazie Signore che mi hai fatto incontrare Michele, Angela, Antonella’… E tutti possano benedire il cielo perché, sulla loro strada, hanno incontrato voi…”. Amen».

Spoleto – domenica delle Palme in tempo di Coronavirus, in assenza di fedeli. L’arcivescovo Boccardo: «In Gesù si ritrova tutta la vicenda del dolore umano. In lui crocifisso vediamo oggi tutta l’umanità ferita e dolorante a causa della terribile pandemia».

Con la Domenica delle Palme, o più propriamente Domenica della Passione del Signore, è iniziata la solenne annuale celebrazione della Settimana Santa, nella quale vengono ricordati e celebrati gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, con i tormenti interiori, le sofferenze fisiche, i processi ingiusti, la salita al Calvario, la crocifissione, morte e sepoltura e infine la sua Risurrezione.

Celebrazione a porte chiuse. Quest’anno le celebrazioni, a causa della Pandemia del Coronavirus, avvengono senza la partecipazione dei fedeli, a porte chiuse. A Spoleto domenica 5 aprile 2020 l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo ha presieduto due momenti di preghiera nel Duomo di Spoleto: la celebrazione dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi (alle 9.00) e la Messa delle Palme (alle 11.00). Entrambi sono stati trasmessi in diretta sulla pagina Facebook (SpoletoNorcia) e sul canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia) della Diocesi. La diretta streaming, coordinata dall’Ufficio stampa diocesano, è stata realizzata grazie alle professionalità di Matteo Brocanello e Luca Starpi. Alla celebrazione, secondo quanto stabilito dall’autorità governativa, erano presenti, oltre naturalmente all’Arcivescovo e ai preti della Città che hanno concelebrato: il diacono, i lettori, l’organista, un numero esiguo di cantori e gli operatori per la trasmissione video in diretta. Tutti costoro, ha scritto il Ministero dell’Interno, “hanno giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione e, ove coinvolti in controlli o verifiche da parte delle Forze di polizia, attraverso l’esibizione dell’autocertificazione o con dichiarazione rilasciata in questo senso dagli organi accertatori, non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni correlate al mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento dell’epidemia da Covid-19”.

Omelia dell’Arcivescovo. «In Gesù – ha detto mons. Boccardo – si ritrova tutta la vicenda del dolore umano. In lui crocifisso vediamo oggi tutta l’umanità ferita e dolorante a causa della terribile pandemia che tutti minaccia e continua a mietere vittime. Gesù raccoglie in sé tutte le lacrime e tutte le lacerazioni fisiche ed interiori per portarle a Dio e dar loro un senso che solo Dio può trovare. Nella morte in croce di Gesù, senza fraintendimenti, si svela in pienezza il suo segreto: egli non era un messia politico trionfatore ma è il Figlio di Dio che donandosi salva. Ed è a questa professione di fede che siamo oggi invitati e condotti dalla liturgia attraverso la proclamazione della passione, proprio in un tempo – ha detto il Presidente della Conferenza episcopale umbra – in cui ci sentiamo minacciati da un nemico potente e invisibile e ci riconosciamo più che mai bisognosi di difesa e di salvezza. Solo accettando la “miseria” del Gesù uomo e il paradosso della croce potremo scoprire il Figlio di Dio».

Terni – domenica delle Palme. Mons. Piemontese: “Nei momenti critici dell’esistenza affiorano le domande cruciali della vita. E la risposta non può essere quella dettata dalla paura di una pandemia. La risposta è Gesù”.

Con la celebrazione della Domenica delle Palme, che ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, hanno avuto inizio le liturgie pasquali della Settimana Santa, segnate dalla pandemia da Covid-19 che ha causato migliaia di morti.
La celebrazione nella Cattedrale di Terni, senza il concorso di popolo, presieduta dal vescovo Giuseppe Piemontese, è stata introdotta con il rito della benedizione dei rami d’ulivo e la lettura del brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, cui è seguita la processione dei sacerdoti concelebranti, don Alessandro Rossini parroco della Cattedrale, don Carlo Romani, don Stefan Sallisanimarum, padre Mario Lendini, don Roberto Cherubini parroco di Santa Croce, che hanno percorso la navata centrale verso l’altare maggiore al canto dell’osanna. Il rito è proseguito con la lettura della Passione di Gesù e la celebrazione eucaristica.
L’OMELIA DEL VESCOVO
“Iniziamo insieme una Settimana particolare per la Chiesa; è chiamata santa per il mistero che si ricorda e si rinnova: la Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo, il suo esodo, fatto di passione, morte e risurrezione.
Due momenti, in questa celebrazione delle Palme si intrecciano: mistero di gloria e di passione. Infatti dopo la commemorazione dell’ingresso in Gerusalemme, abbiamo proclamato il racconto della passione di Gesù secondo l’evangelista Matteo. E’ lo stesso mistero della nostra esistenza, strettamente intrecciato, sull’esempio di Gesù, dalla sofferenza, dalla passione e dalla morte come esperienza di amore, che viene trasformata dalla risurrezione.

La condizione particolare in cui la nostra nazione, anzi gran parte del mondo, si trova quest’anno per l’epidemia di Coronavirus e l’impossibilità di essere presenti fisicamente in chiesa alla celebrazione dei santi misteri della nostra Redenzione, che si rinnovano nei giorni santi della settimana santa, ci aiuta ad attrezzare il nostro mondo interiore per rapportarci con più profonda spiritualità a Cristo che comunque rinnova per noi il mistero pasquale.
Siamo passati da una disponibilità di celebrazioni ad ogni ora e per ogni gusto alla condizione di chi non può fare altro che partecipare nel desiderio o attraverso i media ai santi riti che ci mettono in contatto con Gesù e con la Chiesa, comunità viva.
A cominciare da questa giornata, domenica delle palme, spiritualmente siamo parte del corteo dei discepoli e della folla che accompagna Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme, cantando l’osanna a Gesù e disponendoci a seguirlo nella sua passione e morte per essere parte della sua risurrezione. In questi giorni molti di noi si sono uniti dalle finestre delle case al coro virtuale fatto di condomini e di concittadini per esprimere col canto la speranza e la gratitudine per chi è negli ospedali. Tutti noi, credenti, discepoli di Gesù, impediti di essere riuniti nelle nostre chiese per partecipare ai santi misteri, possiamo unirci spiritualmente con la preghiera, col canto, con l’ascolto attento, dinamico e dialogante della Parola della Liturgia di questi giorni, particolarmente ricca.
Nessuno potrà consolarci per la privazione dell’Eucarestia, ma possiamo ugualmente far risuonare nella nostra casa-chiesa domestica la Parola di Dio con la proclamazione “drammatizzata” da parte di tutti, adulti e ragazzi, delle letture proposte dalla Liturgia per questa giornata. La Parola che risuona nella casa sarà più forte ed efficace del Coronavirus, che si aggira minaccioso intorno a noi.
Il racconto, fatto dall’evangelista Matteo, dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, dalla tonalità festosa ed osannante, si conclude con questa domanda:
“Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».
Nel volgere delle ore di questi giorni, miste di silenzio, di noia, di ozio e di relazioni virtuali, il tutto avvolto dalla sensazione di angustia, generata dalla minaccia oscura del Coronavirus, anche noi vogliamo interrogarci «Chi è costui».
Nei momenti critici dell’esistenza personale e comunitaria affiorano le domande cruciali, che sono alla base della filosofia della nostra vita.
Per un cristiano, come lo fu per gli apostoli e i discepoli, questa è “la domanda”: “chi è Gesù”.
E la risposta non può essere quella dettata dalla paura o dalla contingenza di una pandemia dallo svolgimento drammatico per la presenza di migliaia di morti e per l’esito incerto e imprevedibile, ma è quella che scaturisce dalla lucidità di una riflessione non distorta dalle distrazioni consumistiche e dall’offuscamento mentale riverso su uno stato di benessere unicamente materiale e di piaceri mondani. Una risposta che lucidamente fa riferimento ad una storia di amore, di amore totale che Gesù di Nazareth ha vissuto e testimoniato nei confronti di Dio Padre, dell’umanità intera e di ciascuno di noi.
La proclamazione delle letture della messa e in particolare del racconto della Passione di Gesù secondo Matteo concorrono e delinearci la figura di Gesù, così come è stata preannunziata nell’Antico Testamento (Prima lettura e Vangelo), come è stata interpretata da Paolo (Seconda lettura).
Matteo ci accompagna passo dopo passo dietro a Gesù che vive il mistero dell’iniquità dalla notte del tradimento, del rifiuto da parte dei capi e del popolo, dell’abbandono dei suoi discepoli, fino alla crocifissione e alla morte. Ma che sperimenta anche il conforto di Maria, delle donne, del Cireneo, di Giuseppe d’Arimatea, di Nicodemo e del Padre che lo innalza nell’alto della croce e della risurrezione
Attraverso questa santa celebrazione, anche noi, con l’aiuto dello Spirito, insieme a tutta la Chiesa, vogliamo professare come la folla di Gerusalemme: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea», e infine come il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù ai piedi della croce: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
Il salmo responsoriale, che abbiamo proclamato, si intitola Canto dell’isolamento ed è risonanza della situazione e della riflessione di questi giorni di isolamento.
E’ il canto di chi, per un motivo o un altro, cade in disgrazia di fronte agli altri: di chi è colpito dalla malattia, dalla sofferenza che sembra senza sbocco, dalla morte dei cari, dalla perdita del lavoro, da una prospettiva di futuro economico incerto e di precarietà, di relazioni interpersonali diverse da quelle passate.
Un canto doloroso che diventa uno sfogo per una situazione che, nella sua ineluttabilità, bisogna accettare. E’ il canto di Gesù tradito, umiliato e abbandonato.
Ma anche il canto della comunità dei discepoli, colpita da tragedie e ora dalla epidemia, dalla paura del futuro.
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Ma anche la preghiera che canta la speranza di una situazione transitoria che è nelle mani di Dio, che ha l’ultima parola. “Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto”.
In questa preghiera sono presenti i fratelli. “Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea”, richiamo all’assemblea che si ricostituirà per sperimentare l’unità di popolo, per lodare il Signore. Fa riferimento alla discendenza di Giacobbe, alla comunità dei discepoli, alla chiesa salvata dalla passione, morte e risurrezione del Signore.
La settimana santa, la Pasqua del Signore, la primavera che ci avvolge con i fiori e i colori, la generosità di tanti uomini e donne, la fede e l’amore per il Signore di migliaia di fratelli, i santi misteri che ovunque nel mondo, nelle chiese, nelle case celebriamo, ci annunciano la speranza che il mondo cambierà, gli uomini saranno salvati, un tempo nuovo di bellezza e di amore tornerà.
Perché Gesù è morto ed è risorto… per noi.
Quest’anno non vi sarà la distribuzione né lo scambio dei rami di ulivo.
Solo un ramo uscirà dalla Chiesa, portato misticamente dallo Spirito nelle vostre case, come uscì dall’arca di Noè quale premessa e segno di speranza perché l’arcobaleno tornerà a ristabilire l’alleanza di Dio con l’umanità.

Assisi – Lettera di monsignor Sorrentino alla comunità diocesana alla vigilia della settimana Santa

“Una Pasqua vera al tempo del coronavirus”. È il titolo della lettera scritta dal vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino e indirizzata ai fedeli, in questo periodo di sofferenza e fragilità. Una lettera per augurare una buona Pasqua di risurrezione, di famiglia e di futuro e per stare vicino alla comunità che vivrà questa solennità “unendosi” alle celebrazioni tramite le dirette streaming, a seguito delle restrizioni del Governo per evitare il contagio da Covid-19.

All’inizio della missiva il vescovo scrive che questa Pasqua verrà ricordata come la “Pasqua del coronavirus” e propone poi alcuni pensieri, approfondendo e riflettendo su: la Pasqua è Calvario, risurrezione, famiglia e futuro e su quello di celebrare con la vita.

Il vescovo infatti nella parte conclusiva della missiva, pone l’interrogativo su come vivremo questa singolare Pasqua 2020. “È ormai chiaro – scrive – che si continuerà a celebrare a porte chiuse, con i sacerdoti che porteranno tutti spiritualmente all’altare e gli altri fedeli che si uniranno dalle case, aiutandosi, come possono, con la televisione e i ‘social’. Approfittiamone per riportare nelle case più preghiera e più parola di Dio. Leggere una pagina di Vangelo al giorno non è un grande impegno, ma può darci tanto. Continuiamo a testimoniare solidarietà ai fratelli e alle sorelle che, più di noi, stanno sopportando il peso della prova. Quegli ammalati, quei morti ai quali va la nostra preghiera di suffragio, quelle famiglie devastate dal dolore, quelle fabbriche chiuse e gli operai destinati a un nuovo periodo di precarietà, quei medici, infermieri, volontari che si stanno prodigando e sono allo stremo delle forze, ci stiano nel cuore. Non ci sia una sola preghiera in cui li dimentichiamo. Vinciamo le tentazioni dell’egoismo, che già affiorano, e si faranno forse ancora più forti nello stadio della ripresa. L’amore sia il nostro ‘distintivo’: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Buona Pasqua! Sia davvero, nel ‘deserto’, una Pasqua di risurrezione, di famiglia e di futuro”.

Lettera del vescovo monsignor Domenico Sorrentino