Assisi – riapre la libreria Fonteviva. Sarà accessibile al pubblico il martedì e il venerdì dalle 9 alle 13.

Piccoli segnali di ripresa anche dalla diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino. In seguito alle nuove disposizioni del Governo per l’emergenza Covid-19, la Fondazione diocesana Opera Casa Papa Giovanni ha deciso di riaprire la libreria Fonteviva, nella sede principale di Via San Paolo n. 32 ad Assisi, tutti i martedì e i venerdì mattina dalle ore 9 alle ore 13.

“Con la parziale riapertura della libreria Fonteviva – dichiara Daniela Fanelli, direttore dell’Opera Casa Papa Giovanni – vogliamo dare un piccolo segnale di ripartenza, nel rispetto delle normative previste per l’emergenza Covid-19. La libreria – aggiunge – offre la sua ricca collezione di libri religiosi per tutti i livelli, anche universitari, di best seller, ultime pubblicazioni e una sezione dedicata ai bambini”.

Riapre così una storica attività di Assisi, fondata dopo il Concilio Vaticano II da Don Aldo Brunacci, con l’intento di offrire un servizio di aggiornamento dedicato alla numerosa comunità religiosa e non, presente nella città di Assisi specializzata nella vendita di libri, film, musica, oggettistica religiosa, con un occhio di riguardo per il settore francescano. La libreria possiede anche una ricca collezione di testi non religiosi, come i grandi classici della letteratura italiana e straniera, e una sezione specifica per i bambini.

È disponibile anche tutto il materiale sulla Shoah e sul venerabile Carlo Acutis, presente nel bookshop annesso al “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944”, situato in piazza Vescovado n. 3, che resta invece chiuso.

Per ordini online e ulteriori informazioni, anche fuori dagli orari di apertura, si può fare riferimento ai seguenti contatti: 075/812467 – 340/2750903 libreriafonteviva@yahoo.it .

Perugia, “Report Empori della Solidarietà 2019”: dalla loro apertura aiutate 7.738 persone, 3.854 nell’ultimo anno. Il direttore della Caritas diocesana: “Speriamo di non passare dalla pandemia alla carestia”. Aumentato del 30%, in un mese, il numero delle famiglie fruitrici dell’Emporio “Tabgha”

«A fine marzo avremmo dovuto presentare il “Report Empori della Solidarietà 2019”, ma l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 non l’ha permesso; lo facciamo attraverso questa nota del nostro Ufficio stampa e comunicazione». A precisarlo è il diacono Giancarlo Pecetti, direttore della Caritas di Perugia-Città della Pieve, nel presentare non solo i numeri, ma soprattutto l’operato dei quattro Empori Caritas attivi da alcuni anni nelle zone più sensibili del territorio diocesano, sottolineando l’importanza del lavoro dei volontari, «vera anima di questi servizi».

I quattro Empori. Sono “opere segno” della Chiesa perugino-pievese volute e sostenute dal cardinale Gualtiero Bassetti «come una testimonianza concreta della carità affinché non venga mai perso di vista il valore cristiano dell’accoglienza, della solidarietà e della gratuità». Lo disse lo stesso cardinale, nel 2014, all’inaugurazione del primo degli Empori, il “Tabgha” di Perugia città, presso il “Villaggio della Carità” (zona Stazione Fs-via Cortonese). Gli altri tre, inaugurati nel 2016 come opere segno del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco, sono: il “Divina Misericordia”, nella zona industriale di San Sisto; il “Siloe”, nel centro abitato di Ponte San Giovanni; il “Betlemme”, nel comune di Marsciano.

Supermercati solidali. «Questi Empori – ricorda il direttore Pecetti – sono la soluzione più idonea e dignitosa per aiutare le famiglie in difficoltà per un periodo di tempo sufficiente a renderle più autonome e integrate. Questo metodo, alternativo alla distribuzione del pacco viveri, permette alle famiglie, attraverso una tessera a punti, di accedere al supermercato solidale ed effettuare la “spesa”».

Più prodotti donati. Nei quattro Empori sono transitati complessivamente 303,9 tonnellate di prodotti, contro le 304,8 del 2018, una contrazione di quasi una tonnellata a fronte di un incremento di cento nuove famiglie fruitrici. Il dato positivo è l’aumento delle tonnellate donate, passate da 200,9 del 2018 a 208,3 del 2019. Si tratta di un incremento significativo grazie alla generosità di aziende della grande e media distribuzione, ma anche alla generosità di privati benefattori. Nel 2019 le restanti 95,6 tonnellate sono state acquistate con il contributo stanziato per il 90% dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Perugia. Sempre nel 2019 sono state distribuite 294,7 tonnellate di prodotti di cui 236 negli Empori e 58,7 nelle strutture caritative diocesane e parrocchiali.

Il duplice ruolo degli Empori. «Gli Empori rivestono oggi un duplice ruolo – spiega il direttore Pecetti –, quello di essere contemporaneamente centri di accoglienza-ascolto e di distribuzione di generi alimentari di prima necessità, di prodotti per l’igiene intima e della casa (quest’ultimi molto richiesti in questo periodo) e di materiale scolastico».

L’impegno di 158 volontari. Questa duplice opera è portata avanti dai volontari, in gran parte anziani; impegno che prosegue in questo difficile momento nel rispetto delle norme vigenti e adottando le precauzioni del caso per evitare contagi fra fruitori e gli stessi volontari. Questi ultimi, nel 2019, sono stati 158, prestando servizio nei quattro Empori per complessive 20.074 ore di volontariato (127 ore in media per ciascun volontario). «Occorrono più volontari e possibilmente più giovani – precisa il diacono Pecetti –, in modo da permettere un ricambio generazionale. Gli attuali sono tutti ben motivati e formati, partecipando con interesse alle giornate di formazione a loro dedicate, attualmente sospese per l’emergenza sanitaria».

1.199 le famiglie aiutate.

«Il dato più rappresentativo – spiega Paolo Montori, curatore del “Report” – è senz’altro quello delle famiglie fruitrici degli Empori a cui sono state consegnate nel 2019 1.199 “tessere famiglia”, più 214 “tessere baby” (181 nel 2018) per un numero complessivo di assistiti di 3.854 persone tra adulti e minori». L’incremento delle “tessere baby” evidenzia che sono sempre più le giovani famiglie a chiedere aiuto e quelle italiane ed europee sono in aumento, rispettivamente il 27,5% e il 15%. Le famiglie provenienti dall’Africa sono il 35%, quelle latinoamericane il 18% e le asiatiche il 4,5%. L’aumento di famiglie italiane si registra negli Empori delle due principali aree industriali, San Sisto e Ponte San Giovanni, dove di più persistono gli effetti della crisi occupazionale. Ad esempio all’Emporio di San Sisto le famiglie italiane hanno raggiunto quasi il 37%, contro il 34% del 2018. Complessivamente le “tessere famiglia” sono aumentate di 101 unità (nel 2018 erano 1.098) e nei primi cinque anni di attività degli Empori, in particolare del “Tabgha” di Perugia, le persone aiutate sono state 7.738, la metà delle quali nell’ultimo anno: 3.854. Da precisare che gran parte di queste persone sono fruitrici degli Empori da più anni.

Dati preoccupanti. «Sono dati che non possono non farci riflettere – commenta il direttore Pecetti – a cui va aggiunto un altro ancor più preoccupante. Nello scorso marzo il numero delle famiglie che si sono recate all’Emporio “Tabgha” è aumentato del 30% rispetto allo stesso mese del 2019. Queste famiglie sono arrivate al Centro di ascolto diocesano e nella quasi totalità dei casi sono i “nuovi poveri” del Covid-19. Sono famiglie in gravi difficoltà perché non hanno al momento un lavoro e quello che avevano prima non gli ha consentito di mettere da parte risparmi tali da poter fronteggiare quest’emergenza. Speriamo di non dover passare dalla pandemia alla carestia. Questo evento, così doloroso, possa continuare ad aprire il cuore dell’attenzione verso l’altro e possa rendere tutti noi testimoni che camminare insieme è camminare con Cristo accanto a noi».

Foligno – videoconferenze Rete famiglie adottive

A partire da venerdì 17 aprile dalle ore 21.00 alle 22.00 l’Associazione Rete Famiglie Adottive ha organizzato il primo appuntamento di un ciclo di webconference gratuite. Tre appuntamenti, sottolineano gli organizzatori, aperti a tutti, famiglie adottive e non, nonni, zii, amici…con i quali riflettere su alcuni temi come:
– affrontare il tempo che ci è dato di vivere;
– comprendere i bisogni dei figli e rispondere adeguatamente;
– guardare avanti e prepararci già oggi a quel tempo che giungerà portando tante novità fuori e dentro di noi.

Ecco i tre appuntamenti:

Venerdì 17 aprile ore 21.00 – 22.00
Dott.ssa Papa Maria Luisa
Psicologo, Psicoterapeuta, Dirigente Sanitario Asl 1, Servizio Adozioni nazionali ed internazionali delle zone sociali 2, 3, 4, 5 dell’Umbria
“È tempo di non fare: sostare e so stare”

Sabato 25 aprile ore 17.30 – 18.30
Dott.ssa Barbanera Francesca
Medico-Neuropsichiatra Infantile presso USL UMBRIA 1
Esperienze formative e cliniche di lavoro con i genitori
“Esserci: genitori e figli-Dal reparenting al parenting”

Venerdì 1 maggio ore 17.30 – 18.30
Dott. Astori Sergio
Psicoterapeuta, psichiatra, docente alla Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano
“Tra il ‘non più’ e il ‘non ancora’ ”

Per l’iscrizione bisogna compilare questo modulo: https://forms.gle/Bnp2FbFgYWhxxPXu9 e successivamente riceverete il giorno prima dell’evento il link per partecipare on line!

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Foligno – alla libreria vescovile disponibile il volume: Mons. Gualtiero Sigismondi, il vescovo della Sinodalità”.

Da mercoledì 15 aprile, presso la Libreria vescovile, aperta tutti i giorni, ore 9-12.30, permette di aprire uno spazio comunicativo non solo virtuale, ma anche reale. Presso la libreria sono disponibili due importanti e recenti pubblicazioni: il nuovo Annuario diocesano 2020, redatto e dato alle stampe il 22 febbraio scorso, quindi prima della nuova nomina a Vescovo di Orvieto-Todi, e il libro che la segreteria del Consiglio pastorale ha in questi giorni redatto e fatto stampare dal titolo: “Mons. Gualtiero Sigismondi, il Vescovo della sinodalità”. Se la distribuzione dell’Annuario è ovviamente gratuita, per il libro si suggerisce di lasciare un’offerta allo scopo di venire incontro alle spese di pubblicazione.

Qualora vi fosse la possibilità di superare la fase del cosiddetto distanziamento sociale, sottolineano i referenti della segreteria del consiglio pastorale, saremo invitati a partecipare alla consegna al Vescovo Gualtiero della suddetta pubblicazione.

Pagina facebook della Libreria Vescovile per conoscere le varie pubblicazioni: https://www.facebook.com/libreriavescovilejesuscaritas/

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Spoleto – pellegrinaggio pasquale dell’arcivescovo Boccardo nei monasteri di clausura per ringraziare le contemplative delle preghiere di intercessione in questo tempo di pandemia. La badessa delle Clarisse di Trevi parla della vita claustrale al tempo del Coronavirus: «Abbiamo tre monache originarie della Lombardia, la mamma di una è a casa coi sintomi del virus, ogni giorno ci giungono notizie di persone conosciute guarite o purtroppo decedute. La nostra preghiera è ancora più intensa».

Nel tempo pasquale l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Renato Boccardo compie un “pellegrinaggio” alle comunità contemplative della Diocesi: con loro celebra la Messa trasmessa alle 18.00 sulla pagina Facebook (SpoletoNorcia) e sul canale YouTube (Archidiocesi Spoleto Norcia) della Diocesi. «Con questo piccolo gesto – afferma il Presule – intendo sottolineare la presenza significativa della vita contemplativa all’interno del tessuto ecclesiale. È giusto celebrare questa testimonianza di vita donata al servizio di Dio e della Chiesa e dire grazie alle monache per la preghiera di intercessione a favore della Diocesi in questo tempo di Coronavirus». La prima comunità visitata da mons. Boccardo è stata quella, martedì 14 aprile 2020, delle Clarisse di S. Martino in Trevi guidata da madre Milena Russo. E anche le claustrali stanno sperimentando un nuovo stile di vita causato dal Coronavirus. A tal proposito, infatti, suor Milena afferma: «Per noi la vita a causa delle restrizioni non è cambiata tanto perché viviamo in clausura. Però alcuni aspetti fondamentali della nostra comunità sono stati modificati: ad esempio non abbiamo più la celebrazione quotidiana della Messa e non possiamo accostarci al sacramento della riconciliazione. E per noi tutto ciò è stranissimo. Le nostre giornate poi erano scandite anche da persone che bussavano alla nostra porta per domandare preghiere, per lasciare un’intenzione, per confidarsi, per chiedere aiuto, per sostare un paio di giorni in foresteria e riscoprire o approfondire la propria spiritualità. E invece, ma sottolineo giustamente, non si vede nessuno». «Ma non è venuta meno la preghiera», tiene a sottolineare madre Russo. «Anzi – dice – si è rafforzata per il bene della Chiesa e del mondo. Ma sentiamo la mancanza dei sacramenti e del contatto con le persone». Nella comunità delle Clarisse di Trevi sono presenti tre monache lombarde, una di Lodi e due della zona di Milano-Brianza. «Siamo sempre in contatto – afferma ancora la Badessa – con i loro parenti e amici che ci informano dell’andamento della situazione. All’inizio anche per noi la tentazione è stata quella di sapere tante più cose di quante ce ne fossero realmente da sapere. Poi abbiamo compreso che la cosa migliore è sostenere con la preghiera chi si trova nelle prima fila come i medici, gli infermieri, i malati e le loro famiglie. Conosciamo persone che sono state molto male ma ce l’hanno fatta. Non ultimo la mamma di una nostra sorella, suor Sara, che lavora presso una casa di risposo in Lombardia è a casa con i sintomi del virus, ma in buone condizioni. Infine – conclude – suor Milena – sappiamo di qualcun altro di nostra conoscenza che purtroppo non ce l’ha fatta».

Questo il calendario del pellegrinaggio pasquale in tempo di Covid-19 che l’Arcivescovo compie nei monasteri di clausura:

· Mercoledì 15 aprile: Bevagna, Monastero di Santa Margherita (Agostiniane).

· Giovedì 16 aprile: Spoleto, Monastero della Stella in San Ponziano (Canonichesse Regolari Lateranensi).

· Venerdì 17 aprile: Castel Ritaldi, Monastero di Santa Caterina (Benedettine Celestine).

· Sabato 18 aprile: Montefalco, Monastero di San Leonardo (Clarisse).

· Lunedì 20 aprile: Montefalco, Monastero di Santa Chiara della Croce (Agostiniane).

· Martedì 21 aprile: Trevi, Monastero di Santa Lucia (Benedettine).

· Mercoledì 22 aprile: Cascia, Monastero di Santa Rita (Agostiniane).

· Giovedì 23 aprile: Norcia, Monastero di Sant’Antonio (Benedettine).

Città di Castello – Donazione della diocesi all’Ospedale per l’emergenza Covid 19

Da quando è iniziata l’emergenza Covid 19 il vescovo della diocesi di Città di Castello mons. Domenico Cancian ha cercato di realizzare una significativa donazione all’ospedale di Città di Castello che si è trovato da subito ad affrontare numerose difficoltà.
A seguito del confronto tra l’ufficio economato della diocesi con la direzione sanitaria dell’ospedale, affrontate molte difficoltà per reperire quanto richiesto, in questi giorni la Diocesi di Città di Castello ha consegnato l’apparato Portatile per Radiografia digitale M40-1° WDM destinato all’Ospedale tifernate.
La direzione dell’Azienda Usl Umbria 1, nella persona del Commissario dott. Silvio Pasqui, ha voluto ringraziare la Diocesi per la concreta disponibilità. L’apparato è da subito disponibile per tute le necessità della struttura ospedaliera.
La diocesi ha provveduto ad acquistare l’apparecchiatura sostenendo la spesa di euro 58.000,00 (iva compresa) nella consapevolezza che la stessa consentirà all’Azienda USL di perseguire l’obiettivo di far fronte, ancor più efficacemente, all’emergenza Covid- 19.
Questo gesto vuole anche onorare la memoria della beata Margherita di Città di Castello (nata alla Metola nel 1287) di cui il prossimo 13 aprile ricorrerà il settimo centenario della morte. Margherita, nata cieca e con difficoltà nella deambulazione, durante la sua vita si prodigò per alleviare le sofferenze morali e materiali della popolazione tifernate.

Perugia: celebrata la Passione del Signore del Venerdì Santo. Bassetti: «Pensiamo al Crocifisso e auguriamo che chiunque venga a consegnare la propria vita, anche in questo periodo di epidemia, possa avere la consolazione di avere fra le mani il Crocifisso”.

«Per tre lunghe ore Gesù agonizza sulla Croce. Ai piedi della croce stanno sua madre e il discepolo prediletto. “Ecco, questo è tuo figlio”, dice a Lei, e “questa è la madre tua”, dice a Giovanni. È come se svincolasse da sé l’amore di cui lo circondano queste due creature. Egli vuole essere solo. Si è addossato il nostro debito. Nessuno deve assisterlo». Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti all’inizio dell’omelia della celebrazione della Passione del Signore, Venerdì Santo 10 aprile, presieduta insieme al vescovo ausiliare mons. Marco Salvi nella spoglia e vuota cattedrale di San Lorenzo di Perugia. Spoglia in segno di partecipazione della Chiesa alla Passione di Cristo e vuota per l’assenza di fedeli a causa della pandemia. Il cardinale, come è ormai consuetudine, attraverso i mezzi della comunicazione sociale, si è rivolto alla sua comunità diocesana offrendole una riflessione sulla Passione di Cristo incentrata sull’immagine del Crocifisso, simbolo sempre attuale, soprattutto in questo periodo, di fede e di salvezza (il testo integrale dell’omelia è sul sito: www.diocesi.perugia.it).

Abbandonato da tutti… tutto è compiuto. «Quello che sia passato nell’animo di Gesù in quell’ora nessuno lo sa – ha commentato il presule –. Poi Egli ad alta voce gridò: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Nessuno mai solleverà il velo su questo mistero: come il Figlio di Dio possa essere abbandonato da Dio. Noi possiamo solo dire questo: fino ad ora ha sentito la vicinanza del Padre come conforto e sostegno. Ora anche questo gli viene meno. Egli è solo, spogliato di tutto, anche delle sue vesti: potremmo dire della sua stessa dignità. Abbandonato da tutti. Solo davanti al Padre. Nessuno potrà mai rendersi conto di cosa ciò voglia dire. Una cosa sola ora lo sostiene: la sua incrollabile fedeltà alla missione avuta dal Padre e il suo inconcepibile amore per noi. Ed è in questo amore che Egli si consuma finché tutto è compiuto».

Si è umiliato, ma non ci ha umiliato. «L’antifona, che si proclama il Venerdì Santo prima del racconto della Passione, tratta dalla lettera ai Filippesi (Fil 2, 8) è come un preludio per tutta la Settimana Santa: “Umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome”: il nome di Signore. “Umiliò sé stesso”. Non si avvalse del suo diritto di essere figlio di Dio. Non lo ritenne un privilegio, ci dice San Paolo, “ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. E potremmo aggiungere: fino ad inabissarsi sul più profondo della nostra voragine. “Si è umiliato”, ma non ci ha umiliato. Piuttosto dovremmo dire che Lui “ha preso il nostro posto”».

La leggenda di Barabba. Il cardinale Bassetti, soffermandosi sulla figura di Barabba, ha ricordato il libro di Giovanni Papini: “I testimoni della Passione”. «Naturalmente – ha precisato il cardinale – quello che Papini racconta è una leggenda, ma potrebbe essere verosimile» nel descrivere un Barabba che «si sarebbe poi convertito», quando dopo «una notte agitata, la mattina presto si recò al Golgota: c’erano ancora piantate le tre croci. Quella di mezzo aveva scolature di sangue raggrumate, ma ancora fresco per effetto della rugiada notturna. Barabba toccò quel sangue e disse: “Questo è sangue versato per conto mio, per me!”». Bassetti, nel ribadire che «si tratta di una leggenda, di una bellissima leggenda», evidenzia «che racchiude però una grande verità. Dice l’Apostolo Paolo, nella lettera al Galati: “mi ha amato e ha dato tutto sé stesso per me!”.

Il cuore di Cristo squarciato. «Impariamo ad incontrarci col Crocifisso. Purtroppo siamo troppo abituati a vederlo dappertutto, che quasi siamo diventati indifferenti. San Bonaventura definisce il crocifisso “prodigio di giustizia, modello di sofferenza, stimolo e provocazione d’amore”. Pensiamo al Crocifisso, particolarmente in questo giorno, pensiamo al Crocifisso e vediamo tutti i luoghi dove si soffre, pensiamo al Crocifisso e auguriamo che chiunque venga a consegnare la propria vita, anche in questo periodo di epidemia, possa avere la consolazione di avere fra le mani il Crocifisso. Poiché tutti soffriamo e poiché tutti dobbiamo morire, impariamo a guardare più e meglio l’immagine del Crocifisso, e meditiamo su tutto ciò che questa immagine rappresenta. Sarà il pensiero di Barabba: “è morto al mio posto”. Sarà il pensiero di San Paolo: “Mi ha amato e ha dato tutto sé stesso per me”. Sarà il pensiero di San Bonaventura, che sopra ho citato. Il cuore di Cristo è stato squarciato per rimanere sempre aperto. Guardiamo questa ferita, e in questo cuore aperto cerchiamo il nostro rifugio e la nostra salvezza».

Le ferite del Crocifisso. «Stasera chiedo per me, per voi, per tutti coloro che ci stanno seguendo, soprattutto i più sofferenti – ha concluso il cardinale –, che il Padre misericordioso apra la nostra mente e il nostro cuore e ci renda sempre capaci di ascolto e di risposta, perché le piaghe di ogni fratello e ogni sorella, anche quelle di coloro che non conosciamo, sono le ferite del Crocifisso».

Città di Castello – lettera pasquale del vescovo Cancian

Quest’anno l’augurio della buona Pasqua fa i conti con la sofferenza che coinvolge il mondo intero, la pandemia!
Triste? Certo, se pensiamo ai lutti, ai malati, alla scuola, alle imprese, ai servizi che comportano rischi, alla solitudine soprattutto degli anziani…
E tuttavia proprio il Cristo che risorge il terzo giorno quando tutto sembrava finito, ci sollecita ad una Speranza piena.
Ci spinge verso la Speranza anche il tempo seguente alle grandi crisi del passato che ha visto risorgere più floridi tanti Paesi compresi il nostro. (Diciamoci pure che noi italiani siamo capaci di essere creativi e coraggiosi, geniali nel promuovere cultura e arte, come documenta la storia).
Possiamo dunque convintamente augurarci una Pasqua di resurrezione che ci rinnovi profondamente, a livello personale e comunitario, che faccia rifiorire un nuovo mondo con stili di vita più umani e cristiani. Insomma una nuova primavera che non ci farà rimpiangere il vecchio mondo.
Mi piace collegare questo augurio ai quattro simboli di questi giorni.
Uno. L’ulivo segno della pace: nel nostro cuore, tra di noi e nel mondo, mettendo a parte contese, rancori e indifferenza.
Due. La comunione fraterna che Gesù ha espresso nel Suo comandamento (amatevi come io vi ho amato)e nell’Eucaristia.
Tre. L’inevitabile croce abbracciata con l’amore capace di trasformarla nel dono di se, come ci testimoniano tante persone.
Quattro. La gioia della Pasqua che mai ci deve mancare perché il Risorto è con noi, pronto ad accompagnarci e sostenerci con una Forza straordinaria. Ravvivando la certezza che siamo diretti alla Festa della Pasqua eterna.
Concludo con l’invito a imprimere nella nostra mente il luminoso affresco della cupola della nostra Cattedrale. Gesù risorto con decisione si rivolge al Padre pregandolo di guardare il suo volto e la sua croce, ricordandosi di essere misericordioso come sempre nei confronti dei figli suoi peccatori. La preghiera di Gesù, sostenuta da quella di Maria e dei nostri santi, ci fa sentire protetti e ci dà fiducia. I nostri padri l’avevano dipinta all’indomani del grande terremoto del 1789.
Precedentemente, nel secolo sesto i santi patroni Florido, Amanzio e Donnino ricostruirono ancora più belle la Chiesa e la Città ancora più belle, distrutte da Totila.
Anche noi possiamo e vogliamo lasciare segni di questo genere, senza cedere allo scoraggiamento e alla tristezza.
Una Santa Pasqua 2020 con la certezza che il Signore è dalla nostra parte e con l’impegno a tirar fuori il meglio di noi!
Con affetto benedico e incoraggio tutti a vivere nella gioia del Signore risorto

+ Domenico vescovo

Terni – celebrazione del venerdì santo. Mons. Piemontese: “vivere in particolare questa giornata è paragonare le sofferenze dei malati di coronavirus alla passione di Cristo”.

Celebrata nella Cattedrale di Terni dal vescovo Piemontese la passione del Signore e l’adorazione della croce, in una chiesa vuota, solo con la presenza dei concelebranti: don Alessandro Rossini parroco della Cattedrale, don Carlo Romani, don Stefan Sallisanimarum, padre Mario Lendini, don Roberto Cherubini parroco di Santa Croce. Nella cattedrale sono state esposte la statua della Madonna addolorata e del Cristo Morto.
“Da una parte siamo noi: smarriti, abbiamo perso le certezze basate sul denaro, potere, la scienza, la società, la politica, la fede – ha detto il vescovo -. Noi persone smarrite, in balia dell’incertezza, della malattia, della velocità e rapidità della malattia. Dall’altra parte Gesù: Dio fatto uomo, ha preso su di sé le nostre miserie, le ansie, incertezze, i peccati, anche il sentirsi abbandonati da Dio”.
Al centro della riflessione del vescovo, nel giorno che ricorda la morte di Cristo sulla croce, la sofferenza di chi in questi giorni ha vissuto la propria croce della malattia “Gesù ha sperimentato sulla sua carne, l’angoscia dei malati di Coronavirus, le sue ultime ore di sofferenza sono quelle dei malati di oggi: anche lui ha paura, persino orrore della morte. Anche lui sperimenta l’isolamento dagli amici, i discepoli che rimangono lontani, come nel caso di tante persone malate sole. E poi la carne ferita di Gesù per le torture, anche l’intubazione subita da tanti malati, oggi, può essere simile ad una tortura. Vorrei tracciare questo parallelo: vivere in particolare questa giornata è paragonare le sofferenze dei malati di coronavirus alla passione di Cristo”.
Citando una riflessione del card. Ravasi, il vescovo ha evidenziato come questo momento possa essere di insegnamento per i credenti e non credenti perché “ha svelato la grandezza della scienza, ma anche i suoi limiti. Noi eravamo convinti che con la tecnologia, si poteva risolvere quasi tutto. Era la nostra grande fiducia. E poi il coronavirus ha riscritto la scala dei valori, che non ha più al suo vertice il denaro, il successo il potere. Infine, ha insegnato lo stare in casa insieme a padre e figlio, a giovani e anziani, e ha quindi fatto capire e riproposto le fatiche delle relazioni. non solo virtuali, ma delle relazioni dirette, semplificando il superfluo e insegnando l’essenzialità. Ma soprattutto ha rivelato un valore supremo: l’amore. Gesù è il nostro eroe, Gesù ci ha salvati col dono della sua vita e ci invita a seguirlo sulla strada dell’amore verso Dio e i fratelli”.
Dopo la lettura della passione di Cristo si è pregato con una serie d’invocazioni per i tribolati e malati di Coronavirus “Dio Padre onnipotente, liberi il mondo dalle sofferenze del tempo presente: allontani la pandemia, scacci la fame, doni la pace, estingua l’odio e la violenza, conceda salute agli ammalati, forza e sostegno agli operatori sanitari, speranza e conforto alle famiglie, salvezza eterna a coloro che sono morti”, ed anche per il mondo intero, per la pace, la concordia, la comunione, la giustizia, per la chiesa, per le categorie della società civile, i credenti e non credenti, per la città.

Orvieto – il vescovo Tuzia e il sindaco Tardani in visita al cimitero

Venerdì Santo, il Sindaco Roberta Tardani e il Vescovo di Orvieto-Todi, Mons. Benedetto Tuzia si sono recati al Cimitero di Orvieto per recitare insieme una preghiera in suffragio di tutti i
defunti che vi riposano. Con loro il Responsabile della Protezione Civile, Luca Gnagnarini. Un gesto di comunione, civile e religiosa, con il quale le due Autorità cittadine hanno voluto esprimere la loro vicinanza a tutti gli orvietani rappresentandone il sentimento di devozione e il comune sentire nella ricorrenza della Santa Pasqua quando, la visita ai propri defunti, è da sempre un rito molto sentito.
“Un piccolo gesto – ha detto il Sindaco, Roberta Tardani – per testimoniare quel senso di comunità che la città non deve perdere in questo momento di emergenza ma che deve sapersi rafforzare. Per i cristiani e i credenti la Pasqua non ha certo bisogno di ulteriori significati, tuttavia mai come adesso questa ricorrenza assume un valore universale. Abbiamo attraversato e stiamo vivendo giorni difficilissimi, abbiamo di fronte ancora un periodo di sacrifici ma vogliamo e dobbiamo trovare la forza di ripartire. Di rinascere. In questi giorni la nostra città sarebbe stata piena di visitatori e Orvieto avrebbe come sempre mostrato il suo volto migliore. Anche oggi possiamo farlo: prendendoci cura di noi e degli altri rispettando le regole. Solo così
potremmo presto tornare a vivere la nostra città e mostrare la sua bellezza che, sono sicura, continuerà ad affascinare e far innamorare le persone di tutto il Mondo”.