ASSISI – PREADOLESCENTI AMBROSIANI IN PELLEGRINAGGIO AD ASSISI SULLE ORME DEL BEATO CARLO ACUTIS

Dal 22 al 24 aprile è in programma ad Assisi il tradizionale pellegrinaggio diocesano dei preadolescenti (11- 14 anni), che quest’anno coinvolge circa 1500 ragazzi ambrosiani. Sarà un’immersione nella spiritualità di San Francesco e Santa Chiara e nei luoghi della loro vita ma anche l’occasione per rendere omaggio a Carlo Acutis, beatificato nel 2020, che ora riposa nel Santuario della Spogliazione.

Una lampada votiva offerta dai ragazzi degli oratori milanesi sarà collocata in forma stabile vicino alla tomba del beato: un gesto simbolico per consolidare l’unione spirituale che lega la Diocesi e il milanese Acutis, deceduto nel 2006 a soli 15 anni. La fiamma della lampada sarà alimentata continuamente grazie all’offerta dell’olio da parte degli oratori che aderiscono alla FOM (Fondazione Oratori Milanesi).

Un’iniziativa promossa e voluta anche dalla Diocesi meta del pellegrinaggio perché, sottolinea monsignor Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, «Questa lampada ci fa sentire più vicine e unite, Chiese sorelle che si ritrovano nel segno del Beato Carlo Acutis. Ringrazio di cuore l’Arcidiocesi di Milano per questo dono che simboleggia la luce, la speranza, la gioia e soprattutto la fede in Cristo che Carlo, con la sua vita santa, ha testimoniato. Sarà accanto al corpo del Beato, nel Santuario della Spogliazione dove l’esempio di San Francesco ha spinto anche Carlo ad essere tutto di Dio e dei fratelli».

«Ho desiderato che ci fosse una lampada portata dagli oratori della Diocesi di Milano vicino alla tomba di Carlo Acutis – spiega l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini – proprio perché vogliamo ribadire il nostro impegno a pregarlo, a conoscerlo e a imitarlo e vogliamo chiedere a questo santo ragazzo, che ora è più vicino a Dio, che ci aiuti a trovare la nostra strada, a vivere intensamente i nostri cammini negli oratori, a cercare con semplicità e gioia la nostra vocazione».

A guidare il pellegrinaggio, in rappresentanza dell’Arcivescovo, sarà il Vescovo ausiliare mons. Luca Raimondi che con don Stefano Guidi, direttore della FOM, accompagnerà i ragazzi in questa esperienza di grande valore spirituale.

Due i momenti più significativi. Domenica 23, ore 17.30, mons. Raimondi darà avvio alla celebrazione della luce con la benedizione e l’accensione della lampada nella cattedrale di San Rufino e poi con il gruppo dei giovani ambrosiani si recherà in processione verso la tomba di Carlo Acutis dove sarà collocata la lampada. Il giorno seguente, ore 9, nella basilica di Santa Maria degli Angeli l’altro momento diocesano con la Messa celebrata dal Vescovo ausiliare e la visita alla Porziuncola.

A questo link il video messaggio di mons. Delpini e mons. Sorrentino: https://www.youtube.com/watch?v=AA8XYwsylIc

Assisi – nuovo rettore al Santuario della Spogliazione: è padre Marco Gaballo

“Padre Carlos ci saluta ma non per dirci un addio di separazione. Ormai il globo terrestre, il nostro pianeta è diventato piccolo, non c’è più la distanza che poteva esserci nei secoli passati, quando i frati cappuccini cominciarono a partire per il Brasile. E dunque gli diamo questo incarico di apostolo della spogliazione in Amazzonia, in quella terra che è stata una terra spogliata nella quale egli potrà ricordare cosa significa la spogliazione operata dalla violenza e insieme potrà ricordare la spogliazione di chi si spoglia per amore come San Francesco e il Beato Carlo Acutis”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno monsignor Domenico Sorrentino all’omelia della santa messa celebrata domenica 16 aprile nella chiesa di Santa Maria Maggiore – Santuario della Spogliazione per salutare e ringraziare padre Carlos Acácio Gonçalves Ferreira che, dopo circa 9 anni di servizio in diocesi come parroco e rettore del Santuario della Spogliazione, lascia Assisi per una grande parrocchia dell’Amazzonia e per accogliere il suo successore padre Marco Gaballo. All’inizio della santa messa il vescovo ha ricordato che “gli avvicendamenti nella Chiesa come nella società servono perché siamo fatti per dare il nostro servizio e poi per dare spazio ad altri che ci possono succedere. Nella Chiesa – ha aggiunto il vescovo – questo ha un’importanza ancora più grande perché ci ricorda che noi servitori passiamo e che al centro della nostra vita, della nostra attenzione, del nostro cuore deve rimanere Gesù, il Buon Pastore, il Crocifisso risorto”. Prima della benedizione del nuovo parroco, monsignor Sorrentino ha spiegato che padre Marco prende questo incarico “dopo essere stato già da un po’ con noi. Io – ha aggiunto il vescovo – fin da ora lo ringrazio. Ringrazio tanto di cuore – ha sottolineato – anche padre Carlos che ha svolto per diversi anni questo servizio e che ora vola verso la sua Amazzonia. Padre Carlos torna in quella terra che è la sua di origine a ricordare e a testimoniare tutto questo insieme ai suoi fratelli cappuccini. Ed ora Padre Marco assume la responsabilità piena e diretta di questa comunità parrocchiale e di questa comunità santuariale”.

Al termine della celebrazione eucaristica padre Carlos ha salutato l’intera comunità. “Il mio ringraziamento – ha detto – va innanzitutto a nostro Signore che è l’artefice di tutto, che ci chiama e ci sorprende. In Amazzonia, dove sono cresciuto, da ragazzino ascoltavo mia madre raccontare la vita di San Francesco e la cosa che più mi colpiva era la spogliazione. Sognare non costa nulla, ma io non mi sono mai permesso neanche di sognare che un giorno avrei visitato Assisi perché mi sembrava una possibilità irraggiungibile. Invece non solo ho visitato Assisi, ma sono stato con voi dieci anni fratelli amati che mi avete fatto sentire a casa”. Infine Padre Carlos ha ringraziato tra gli altri, il vescovo, il presbiterio e il Vicariato di Assisi, i confratelli, il sindaco di Assisi Stefania Proietti, alcune fraternità e associazioni locali, come l’Ente Calendimaggio e la Parte de Sotto, presente con il proprio vessillo. Padre Marco ha sottolineato che “tutto quello che abbiamo celebrato bisognerà viverlo. Sono veramente grato al Signore, al vescovo, a Dio per questo dono. Le parole che mi risuonano dalla liturgia sono: essere scelto, benedetto, inviato. Sono tutti nomi dell’amore. Nell’omelia il vescovo ha detto che siamo tutti benedetti, chiamati, inviati, abbiamo una missione che impariamo da Dio giorno per giorno. In questo andremo insieme nel vedere i piani del Signore”. Infine a Padre Carlos sono stati consegnati alcuni doni, tra essi quelli del Consiglio di amministrazione della Fondazione diocesana Assisi Santuario della Spogliazione, della Città di Assisi e dell’Associazione Amici Carlo Acutis.

Perugia – è tornato alla Casa del Padre don Francesco Bastianoni, parroco emerito di Preggio e già direttore della Corale “Laurenziana – R. Casimiri” della Cattedrale di San Lorenzo

Dopo una grave lunga malattia, nella tarda serata del 15 aprile, presso l’Ospedale di Città di Castello, è tornato alla Casa del Padre don Francesco Bastianoni, parroco emerito di Preggio, Castel Rigone e Lisciano Niccone, già direttore della Corale “Laurenziana – R. Casimiri” della Cattedrale di San Lorenzo di Perugia.

Le esequie si terranno a Preggio, suo paese natale, lunedì 17 aprile, alle ore 15.30, nella chiesa parrocchiale di San Francesco, presiedute dall’arcivescovo Ivan Maffeis insieme al vicario generale don Simone Sorbaioli e ai confratelli diocesani.

Un sacerdote molto legato alle comunità. A Preggio don Francesco ha esercitato il ministero sacerdotale fin dal lontano 1974, dopo essere stato, nei primi anni di sacerdozio, vice parroco a Madonna Alta di Perugia, da sempre legato alla sua chiesa parrocchiale dove ricevette il battesimo e celebrò la sua prima Messa dopo l’ordinazione presbiterale avvenuta il 29 giugno 1966 nella cattedrale di San Lorenzo. Un legame che ha intessuto sin da giovane con le sue comunità parrocchiali divenendo loro punto di riferimento non solo pastorale e spirituale, ma anche sociale, nel prodigarsi per i più bisognosi, e culturale, per la sua “seconda vocazione”, quella al canto e alla musica sacra. È stato anche un cultore della storia dell’arte e del bello, attraverso la tutela del patrimonio storico-artistico ecclesiale locale. Basti pensare al suo impegno per il restauro ed il consolidamento strutturale dell’antica chiesa di San Francesco a Preggio, ma non solo. Un uomo e un sacerdote, che il prossimo 30 agosto avrebbe compiuto ottantuno anni, che “ha speso la sua intera vita per la Chiesa”, è stato il primo commento di quanti l’hanno conosciuto nell’apprendere la notizia della sua morte.

Ricordi e testimonianze di confratelli ed amici

Mons. Fausto Sciurpa. “Don Francesco è stato un sacerdote con la passione per il canto e la musica sacra, esercitando con competenza il ruolo di direttore della Corale Laurenziana animandola oltre la ‘semplice’ direzione”. A dirlo è mons. Fausto Sciurpa, arciprete della cattedrale. “Negli ultimi anni giungeva da Preggio facendosi spesso accompagnare dal fratello Giorgio, dopo aver celebrato nella sua chiesa parrocchiale. Arrivava anche a tarda sera, a volte non curante delle proibitive condizioni meteo, per dirigere la Corale nelle celebrazioni come quelle della notte di Natale e della Veglia pasquale. Non gli nascondevo la mia preoccupazione sapendolo per strada – commenta don Sciupa –, ma fino a quando ha potuto non ha mancato al suo impegno, a testimonianza di quanto fosse legato alla nostra cattedrale e al suo servizio di direttore della Laurenziana”.

Mons. Saulo Scarabattoli. “Siamo stati insieme, nella Chiesa perugina, dall’ottobre del 1953, quando entrammo in Seminario con altri 23 giovani. In sei diventammo sacerdoti e don Francesco è il primo ad andare in Paradiso”. Lo racconta mons. Saulo Scarabattoli, parroco di Santo Spirito e vicario episcopale della Prima Zona pastorale dell’Archidiocesi. “Suonavamo il pianoforte a quattro mani, sin dagli anni del seminario, e lo facevamo anche ogni mese, nell’ultimo anno della sua malattia, quando insieme agli altri ‘vecchi’ amici e confratelli lo andavamo a trovare nella sua Preggio. Anche la fase acuta della malattia non l’ha distolto dalla grande passione per il canto e la musica, perché, come diceva spesso, “aiutano, insieme alla Parola e alla Carità, ad avvicinare l’uomo a Dio”.

Gli amici della Corale Laurenziana. Come non raccoglie anche il ricordo degli amici coristi della Laurenziana. “È ritornato al Padre il nostro caro don Francesco, sacerdote e musicista di grande valore, che ha diretto per più di trenta anni il Coro della Cattedrale”. Lo scrivono i coristi in un breve ma significativo messaggio in cui sottolineano: “Ha educato e trasmesso la passione per la musica bella a decine di coristi, mettendo sempre in primo piano il senso vero del servizio liturgico: raffinare lo spirito attraverso il canto per meglio esprimere, nei confronti del Signore, la lode, il grazie per i doni ricevuti e per il suo perdono. In questo modo era facile cogliere quanta ricchezza ci fosse in lui e quanto fosse profondo il suo amore per il Signore. Ha mantenuto fino all’ultimo il suo entusiasmo contagioso. Il nostro Coro gli è debitore per il suo esempio, il suo generoso impegno e per tutto quello che ci ha insegnato e che porteremo con noi”.

Assisi – veglia pasquale. Mons. Sorrentino: “Non scoraggiamoci di fronte alle disgrazie del mondo, Cristo risorto è con noi”

“La Pasqua di risurrezione è speranza che rimane salda tra le miserie della nostra esistenza. Ognuno di noi, guardando alle proprie fragilità, di spirito e di corpo, potrebbe essere tentato di scoraggiamento. Gesù risorto viene a dirci: non ti scoraggiare, io sono con te. Ognuno di noi, osservando il mondo così provato da guerre, da squilibri ecologici, da disuguaglianze che rendono così ingiusta la ripartizione della ricchezza e così disumana la vita di tanti fratelli e sorelle, sarebbe tentato di pessimismo e dire: non se ne uscirà mai. E invece il Risorto viene a dirci: riprovaci. Riprovateci insieme, con la mia parola e la mia forza. Io sono con voi”. È questo uno dei passaggi centrali dell’omelia pronunciata dal vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, nel corso della veglia pasquale celebrata sabato 8 aprile, nella cattedrale di San Rufino ad Assisi. In una chiesa gremita, anche per la presenza dei parenti di alcuni adulti che hanno ricevuto il Battesimo, monsignor Sorrentino ha invitato a vivere “la Pasqua come un nuovo sguardo che trae forza dallo sguardo del Risorto. Niente, certo, è automatico: siamo chiamati a fare la nostra parte. Ma sentire Cristo Risorto in mezzo a noi è il segreto per fare cose belle e grandi, che le nostre forze umane non potrebbero realizzare”.

OMELIA VEGLIA PASQUALE ASSISI 2023
Alleluia! Davvero alleluia! Rallegriamoci e lodiamo il Signore, cari fratelli e sorelle!
Che tristezza se tutto fosse finito il venerdì santo! E invece no. E non soltanto come accade in tanti funerali di persone care delle quali si dice: “rimarrai sempre nei nostri cuori”. No. La risurrezione di Cristo è un’altra cosa. Non è nemmeno la semplice risurrezione del corpo, come ad esempio quella sperimentata da Lazzaro ad opera di Gesù. No. La risurrezione di Gesù è il passaggio a una nuova vita, in cui il corpo è trasfigurato secondo criteri misteriosi che lo sottraggono ai limiti di una biologia che inevitabilmente invecchia e perisce, e diventa un corpo glorioso, pienamente abitato e condotto dalla forza dello Spirito di Dio.

Cari fratelli e sorelle, questo mistero sfida la ragione. È tuttavia il mistero sul quale è fondata la nostra fede. Quando tra poco alcuni adulti riceveranno il battesimo, a loro verrà richiesto di accogliere questa verità ed anzi di farne la roccia della loro vita. Come infatti abbiamo ascoltato da San Paolo, il battesimo ci immerge nell’ acqua, per esprimere il nostro morire al peccato, e ci fa risalire da essa, per indicare che risorgiamo con Gesù a nuova vita.
La risurrezione di Gesù è un mistero. Esso è però ben radicato nella storia, come è stata vissuta dai primi testimoni. I vangeli si industriano a raccontarci lo svolgimento dei fatti, con particolari che possono variare a seconda di come la memoria e la lettura degli eventi si sono sviluppate nel tempo e nei diversi contesti narrativi, ma tutti convergono in questa notizia – shock: la tomba di Gesù, la mattina di Pasqua, è stata trovata vuota. A trovarla vuota furono le donne che ne diedero il primo annuncio. Fu poi il Risorto stesso, in diversi momenti e modi, a farsi vedere dai suoi discepoli.
Ci possiamo fidare di quanto ci raccontano? A rendere credibili le loro testimonianze, basti pensare che questi narratori erano gli stessi che poche ore prima erano stati sconvolti dalla passione di Cristo e si erano dileguati. Il Risorto li sorprende nel cenacolo a porte chiuse per paura. Uno di loro, Tommaso, non crederà che dopo aver toccato la carne di Cristo. E che non si tratti di un’invenzione, lo dice il fatto che, dopo la morte di Gesù, tutto era diventato più difficile per i suoi discepoli. Niente li avrebbe spinti a inventare un racconto che li metteva ancora più in difficoltà e li candidava al martirio. Avrebbero potuto cavarsela con molto meno, dicendo che il messaggio di Gesù restava vivo. E invece sono costretti dall’evidenza a scegliere la via più difficile: annunciare che Gesù stesso era vivo, e rimane vivo per sempre. La risurrezione di Gesù è così il fondamento della nostra fede in lui, al punto che, secondo le parole dell’Apostolo Paolo, anch’egli testimone del Risorto sulla via di Damasco, se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede (1Cor 15,14).
Sì, noi siamo qui in questa notte santa a dire che la risurrezione di Gesù è la vera sconfitta della morte. In Gesù Risorto il mondo ritrova il suo significato originario, oscurato dal peccato. Per questo nella veglia che abbiamo fatto, le letture bibliche partivano da molto lontano, dalla creazione stessa del mondo, e ci hanno poi riassunto le principali tappe attraverso le quali Dio si è fatto a noi vicino, per rifare l’alleanza originaria e renderla anzi nuova, più bella e più grande, facendo della morte e risurrezione di Gesù il suo approdo e il suo vertice, la “nuova ed eterna” alleanza.
In Gesù l’armonia del mondo è ricomposta. L’oscurità è vinta, come ci ha spiegato il simbolo della luce e del fuoco nuovo. Con la Pasqua un’ondata traboccante dello Spirito di Dio si è riversata nella storia, perché chiunque confessi il nome di Gesù e si aggrappi a lui possa ritrovare un nuovo senso per la sua vita, ponendosi sulla via dell’eternità, ma anche ritrovando una nuova bussola per la sua umanità.
La Pasqua di risurrezione è speranza che rimane salda tra le miserie della nostra esistenza. Ognuno di noi, guardando alle proprie fragilità, di spirito e di corpo, potrebbe essere tentato di scoraggiamento. Gesù risorto viene a dirci: non ti scoraggiare, io sono con te. Ognuno di noi, osservando il mondo così provato da guerre, da squilibri ecologici, da disuguaglianze che rendono così ingiusta la ripartizione della ricchezza e così disumana la vita di tanti fratelli e sorelle, sarebbe tentato di pessimismo e dire: non se ne uscirà mai. E invece il Risorto viene a dirci: riprovaci. Riprovateci insieme, con la mia parola e la mia forza. Io sono con voi.

Vogliamo pertanto vivere la Pasqua come un nuovo sguardo che trae forza dallo sguardo del Risorto. Niente, certo, è automatico: siamo chiamati a fare la nostra parte. Ma sentire Cristo Risorto in mezzo a noi è il segreto per fare cose belle e grandi, che le nostre forze umane non potrebbero realizzare.

Non è questo che dimostra la nostra Assisi? Qui la forza della risurrezione di Gesù ha tracciato nuove vie di speranza. Che cosa è stata, se non una risurrezione, la conversione di Francesco, che ne fece un uomo tutto di Dio e dei poveri? Che cosa è stata, se non una risurrezione, la scelta di Chiara di seguirne le orme sulla via del Vangelo? E che cosa è oggi il volto sorridente del beato Carlo Acutis, che sta attraendo giovani da tutte le parti del mondo, se non l’esplosione della vita di Gesù Risorto in un ragazzo morto ad appena quindici anni?

Davanti a cose come queste, non c’è che da cantare l’alleluia della gioia e rinnovare la nostra fede, come due millenni di storia ce l’hanno trasmessa: sì, Cristo è risorto, è davvero risorto. E dunque noi possiamo risorgere con lui a vita nuova. È questa la Pasqua che ci auguriamo e vogliamo vivere fino in fondo. Ne facciamo un augurio di pace per i tanti fratelli e sorelle che stanno morendo tra le armi e sotto le bombe anche in questi giorni santi. A tutti, proprio a tutti, buona Pasqua!

Terni – Pasqua 2023 – celebrazione della veglia nella cattedrale di Terni. Mons. Soddu: “La resurrezione di Gesù che ci viene donata, la vita nuova, che è la vita in Dio, il cui sapore e bellezza l’assapora solo chi ha un cuore nuovo”

Celebrata la veglia pasquale nella Cattedrale di Terni con la suggestiva liturgia, presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, iniziata sul sagrato della chiesa con la benedizione del fuoco nuovo e con l’accensione del cero pasquale che è stato decorato dalle suore Clarisse di Terni. Il cero è stato portato in processione lungo la navata centrale della cattedrale al canto del Lumen Christi.
È seguita la liturgia della parola con le letture dell’Antico Testamento e del Vangelo e quindi la liturgia battesimale con la benedizione dell’acqua del fonte battesimale, il rinnovo delle promesse battesimali e l’aspersione dell’assemblea. Con l’acqua del fonte battesimale è stata battezzata una giovane donna Rachel, che insieme ad altri sei adulti, ha terminato il percorso del catecumenato, sotto la guida di don Pio Scipioni, ed hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana, dell’Eucarestia e della Confermazione.
«E’ un momento carico di emozione quello che viviamo nella veglia pasquale – ha detto il vescovo – radunati nel cuore della notte per rivivere e incontrare il Signore risorto, questa realtà fondamentale della nostra fede è per l’umanità intera e quindi per ciascuno di noi il dono essenziale in forza del quale, liberati dal peccato, abbiamo l’opportunità di vivere in Cristo Gesù come figli di Dio. La solennità della veglia pasquale ci pone dei segni per rendere evidente quanto il Signore attraverso la passione e morte del suo figlio ha voluto dare all’umanità. Manifestare la potenza dell’amore di Dio, significare attraverso dei gesti che sono il riversarsi dell’amore di Dio nel mondo di sempre. La resurrezione di Gesù che ci viene donata, la vita nuova che è la vita in Dio, il cui sapore e bellezza l’assapora solo chi ha un cuore nuovo. Non si può sovrapporre un dono così nuovo in una situazione di antichità. Ascoltare Gesù non le altre voci che partono da un cuore non rinnovato che sono farfugliate e che non hanno a che fare niente con la vita nuova che Dio ci dà, quella del battezzato di colui che partecipa di Cristo. Non è possibile l’amore senza passare attraverso la donazione».

Terni – processione del Cristo Morto per le vie di Terni. Mons. Soddu: “la pietra del sepolcro delle nostre colpe e del peccato sia rimossa dal nostro desiderio di essere uniti a Cristo”

Tante persone, famiglie, i sacerdoti delle parrocchie di Terni centro, dame e cavalieri del Santo Sepolcro  hanno partecipato venerdì sera alla processione del Cristo morto presieduta dal vescovo Francesco Soddu. La processione aux flambeaux con la statua del Cristo morto e della Madonna addolorata, partita dalla chiesa di San Francesco, si è snodata lungo le vie centrali della città, passando per piazza della Repubblica dove c’è stata la sosta davanti all’edicola della Madonna del Popolo con la lettura del vangelo e la meditazione, per proseguire poi fino alla Cattedrale.
Sono stati letti brano del Vangelo di Giovanni e preghiere di invocazione perchè cessino babarie e violenze dei nostri giorni: “Perdonaci Signore, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi. Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte”.
Il vescovo ha ricordato come il momento della celebrazione del venerdì santo con la processione cittadina del Cristo morto e della Madonna Addolorata dia testimonianza dell’amore di Gesù: “Apriamo il nostro cuore a Gesù che ancora una volta dice “ho sete”, chiede di dargli da bere. Gesù ha sete della nostra fede, perchè possiamo accedere alla sorgente zampillante della sua grazia. In qest’ora, appeso sulla croce ha ancora sete; spetterà a noi dargli il senso pulito della nostra adesione a lui, oppure inzuppare d’aceto la nostra vita fatta di egoismo, prevaricazione, di cose acide che non sono la sorgente zampillante di acqua fresca che ci è stata donata con il battesimo. Maria ai piedi della croce raccoglie l’ultimo respiro del figlio e lo unisce al suo immenso dolore di madre. Accoglie nella morte del figlio la morte di ciascuno di noi, che esanime a causa del peccato, anela ancora di essere liberato dalla schiavitù di quella corruzione che è molto più forte di quella del corpo. Fa che nessuno di noi abbia ad imputridire nel proprio egoismo; fa che la pietra del sepolcro delle nostre colpe e del nostro peccato sia rimosso dal nostro desiderio di essere uniti a Cristo. Solo nell’amore totale possiamo avere la piena freschezza della vita, che dal sepoclro di Cristo si apre a vita nuova. Rimuoviamo quella pietra messa all’imboccatura del sepolcro delle nostre vite, Gesù l’ha già rimossa, spetta a noi affidarci alla sua grazia, e dalle nostre morti cerchiamo di accogliere la resurrezione”.

Terni – celebrazione della Passione di Cristo del venerdì santo

Celebrata nella Cattedrale di Terni dal vescovo Francesco Antonio Soddu la liturgia della passione del Signore con l’adorazione della croce. La processione d’ingresso dei sacerdoti che ha attraversato la navata della chiesa, iniziata nel silenzio senza canti, ha raggiunto l’altare spoglio, dove la celebrazione è proseguita con la proclamazione delle letture e del vangelo della Passione di Gesù, quindi lo svelamento della croce coperta d’un velo posta al fondo delal chiesa che viene portata in processione all’altare con tre soste e innalzamenti della Croce, l’adorazione della Croce e la comunione. Hanno concelebrato don Salvatore Ferdinandi vicario generale della diocesi, don Antonio Maniero, don Camillo Camozzi e don Saul Bileo.
Al centro della riflessione del vescovo, rifacendosi alla lettura del profeta Isaia e della lettera agli Ebrei, il dono di Gesù all’umanità: “nel servizio si ha la realizzazione piena dell’umanità, tutto il resto porta al fallimento. Il servizio come ha fatto Gesù che ha dato la vita per noi. Noi abbiamo ricevuto Gesù nel battesimo e che cosa ne facciamo? Dal tradimento di Giudia al rinnegamento di Pietro. La verità va inseguita sempre e solo in Dio troverà le risposte. Nessuna paura deve frapporsi tra noi e la testimonianza di Gesù. In questo momento Gesù è la nostra fede, è la sua sete che ci fa giusti nel testioniare sempre il nostro essere cristiani”.
Dopo la lettura della passione di Cristo si è pregato con una serie d’invocazioni per la chiesa, per le categorie della società civile, i credenti e non credenti, i tribolati e malati, per la pace, perchè il mondo sia liberato dalle sofferenze del tempo presente, perchè si estingua l’odio e la violenza, perchè regni la pace, la concordia, la comunione, la giustizia.

Perugia: Celebrata in cattedrale la Cena del Signore del Giovedì Santo. L’arcivescovo Ivan Maffeis ha compiuto il rito della lavanda dei piedi ad un gruppo di persone colpite dal recente terremoto.

«Nei giorni scorsi ho letto la recensione di un libro, che fotografa una situazione che, per molti versi, ci tocca da vicino fin dal titolo: “Scontenti”. La scontentezza – leggo – è “un malessere personale e sociale”, “un male interiore”, che “porta all’animosità”; “uno stato d’incompiutezza che non trova sbocco religioso e che sfocia in malcontento e ribellione”. Ancora: “Ci inoltriamo in un vuoto di punti fermi, di legami di provenienza e di orizzonti di aspettativa…”». Con queste parole l’arcivescovo Ivan Maffeis ha introdotto l’omelia della celebrazione della Cena del Signore del Giovedì Santo, 6 aprile, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, compiendo il rito della lavanda dei piedi ad gruppo di persone dei territori colpiti dal terremoto dello scorso 9 marzo, quattro settimane fa, come segno di attenzione della Chiesa particolare nei loro confronti. Gesto che il presule ha compiuto, in mattinata, in Carcere, ad alcune decine di detenute e detenuti.

Proseguendo l’omelia (il testo completo e la fotogallery sono scaricabili al link: https://diocesi.perugia.it/wd-document/giovedi-santo-messa-nella-cena-del-signore-6-aprile-2023/ ), mons. Maffeis ha commentato: «Quanto è distante questa condizione esasperata (disperata?) dalla serena consapevolezza che Gesù ha di sé: “Sapendo che era venuto da Dio e a Dio ritornava…”. Queste parole sono scritte per noi: siamo venuti da Dio, a Dio apparteniamo e a Dio ritorniamo… È questa è la sintesi, piena di speranza, che la fede cristiana offre della parabola della vita…».

«Il racconto della lavanda dei piedi – ha evidenziato l’arcivescovo – ci rivela fino in fondo l’identità di Gesù. Quando si era invitati a partecipare a un banchetto, sulla porta un servo lavava i piedi per consentire di entrare e di sedersi a tavola con gli altri. Così, nel suo amore il Signore si abbassa e si fa servo: ci lava dalle nostre sporcizie e ci rende la possibilità di accedere al Padre e di riconoscerci fratelli, comunità, sua Chiesa».

«La vera umiltà – ha ricordato mons. Maffeis – è quella di chi si lascia raggiungere e salvare dall’amore del Signore, pane per noi spezzato, vino per noi versato. In Lui – in Cristo Gesù, nel mistero della sua passione, morte e risurrezione che si rinnova in ogni Eucaristia – veniamo liberati da una vita ripiegata su noi stessi, che è sterile e rende scontenti; veniamo restituiti alla verità più profonda di ciò che siamo: persone per le quali il Signore ha dato la sua vita».

«È quanto abbiamo vissuto anche questa mattina, celebrando la liturgia della Parola, nel carcere di Capanne, compiendo il gesto della lavanda dei piedi ad alcune decine di detenute e detenuti in un clima di profondo raccoglimento e di profonda commozione che ti fa sentire che per essere perdonato, a volte, devi davvero toccare il fondo della tua povertà e della tua miseria. Si toccava con mano un bisogno, un desiderio, una disponibilità a far spazio all’amore del Signore e a rialzarsi».

«Questa sera preghiamo per le tante famiglie che sono provate dal terremoto perché fuori casa, e abbiamo invitato alcuni di loro, simbolicamente, per non dimenticarci di questi fratelli e di queste sorelle che celebrano una Pasqua nella difficoltà e nel disagio. Sappiamo cosa sia la mancanza della casa – ha commentato l’arcivescovo, concludendo l’omelia –. Preghiamo per loro e per ciascuno di noi, perché sappiamo lasciarci raggiungere dalla Pasqua del Signore: sarà per ciascuno “l’inizio dei mesi, il primo mese dell’anno”, come richiamava la pagina dell’Esodo; sarà il Capodanno da cui discende l’anno di grazia del Signore…».

Terni – celebrazione del giovedì santo nella Casa Circodariale di Terni, il vescovo lava i piedi a dodici detenuti

La celebrazione della messa in Coena Domini, del giovedì santo, è stata presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu all’interno della Casa Circondariale, prima volta che questo importante momento del triduo pasquale viene celebrato dal vescovo nel carcere cittadino.
La messa è stata concelebrata dal cappellano del carcere padre Massimo Lelli, dal diacono Ideale Piantoni e alla presenza del magistrato di sorveglianza Fabio Gianfilippi, del comandante della Polizia Penitenziaria Fabio Gallo, del presidente dell’associazione di volontariato San Martino Francesco Venturini, della responsabile del settore carcere della Caritas Nadia Agostini, di altri volontari e operatori all’interno del carcere.
Nel corso della celebrazione, molto partecipata e vissuta con particolare intensità e raccoglimento dai detenuti, il vescovo ha ripetuto il gesto della lavanda dei piedi a undici detenuti e ad un volontario.
«Gesù con la sua morte e resurrezione – ha detto il vescovo ai detenuti – ci libera dalla schiavitù del peccato. Ci libera dal carcere più duro, che è quello che è nel nostro cuore. La libertà dei figli di Dio supera le barriere di ogni carcere, perchè il carcere più duro è quello di fronte a se stessi, non vi è situazione più dura di quella di non vedere una prospettiva. Quando siamo assediati dal peccato cosa ci potrà liberare? Solo il Signore, vincitore della morte. In questa celebrazione ricordiamo l’istituzione dell’Eucaristia nell’ultima cena. Il significato di quel gesto, che dice la presenza reale di Gesù nel pane e nel vino, rivela anche qualcosa di molto pratico che ciascuno è chiamato a fare; e se l’eucaristia sacramentalmente è propria del sacerdote, il suo significato reale lo possiamo fare tutti quanti, nel donarci agli altri. Nello stesso lavare i piedi da parte di Gesù agli apostoli è espresso il senso profondo del servizio, sino alle estreme conseguenze, cioè dare la vita per gli altri. Il tradimento di Gesù è il nostro tradimento, di ciascuno di noi, davanti al quale dobbiamo fare i conti, o cadere nella disperazione come Giuda, oppure in un pentimento profondo come è stato per Pietro. Però il pianto amaro non deve cadere nello sconforto definitivo, ma aprirsi alla speranza, perchè quello che è morto dentro di noi, con l’aiuto di Gesù, può rinascere a vita nuova».

Perugia, inaugurato il parco giochi del Villaggio della Carità: un dono che restituisce il sorriso ai bambini.

«Nei giorni che precedono la Santa Pasqua, presso la sede della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve, è stato inaugurato un bellissimo parco giochi per i bambini e le bambine che vivono quotidianamente il “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza”. Un’occasione di gioco e relazione anche per tutti i bambini e le bambine che accompagnano genitori e nonni al Centro di ascolto, all’Emporio, alla Mensa e al Consultorio medico presso la splendida realtà di questo “Villaggio” sorto nove anni fa nella città capoluogo dell’Umbria, terra da sempre di solidarietà e condivisione». Così il direttore della Caritas diocesana don Marco Briziarelli nel dare notizia di quest’iniziativa «resa possibile – prosegue il sacerdote – grazie al prezioso sostegno di “Legnolandia s.r.l.”, azienda di Forni di Sopra (Ud), specializzata nella lavorazione del legno, e di “Fondazione Geld Onlus”, fondata nel 2005 dalla famiglia Bacchi, con sede a Città di Castello (Pg). Se il parco giochi ha visto la luce in breve tempo, questo lo si deve anche alla ditta “F.lli Tenerini Sergio & Alvaro S.r.l.”, nella persona di Roberto Tenerini per i lavori di preparazione dell’area, a cui riserviamo il nostro “grazie speciale” unito a quello rivolto ai ragazzi della Comunità del Santuario “Madonna dei Bagni” per i lavori di sistemazione dell’area verde».

L’importanza dell’area giochi. A tagliare il nastro del nuovo parco giochi, che sorge all’ombra di un fantastico cedro libanese, sono intervenuti Giovanni De Santa, titolare di “Legnolandia s.r.l.”, Pier Paolo Pieroni, presidente della “Fondazione Geld Onlus”, e don Marco Briziarelli. Quest’ultimo, con la voce rotta dall’emozione, si è rivolto ai due donatori dicendo: «Questa area giochi rappresenta molto per noi, ma ancora di più per i bambini e le bambine che vivono e frequentano questo “Villaggio”, perché grazie al vostro sostegno donate loro un’occasione di serenità e la bellezza del sorriso ritrovato attraverso il gioco».

Un fenomeno preoccupante. «Durante il periodo della pandemia da Covid-19 – ha proseguito don Briziarelli –, la libertà di azione dei bambini è stata compressa in modo molto significativo. Si tratta di una condizione che ha riguardato tutti, indistintamente, ma l’impatto psico-fisico sui più piccini è quello che desta in noi maggiore preoccupazione. Un fenomeno preoccupante che accresce ulteriormente per i piccoli che vivono in condizioni di povertà, in cui spesso si sperimentano situazioni familiari difficili».

L’allarmante quadro delle neuroscienze. Sotto questo profilo, parlando il direttore della Caritas perugina dell’allarmante quadro tracciato dalle neuroscienze, ha evidenziato che «i primi dati indicherebbero un alto rischio da stress post-traumatico. Si tratta per altro di un effetto che misureremo nel tempo, come dimostrano le raccomandazioni di continuare a mantenere alta la soglia di attenzione nei prossimi anni per capire a fondo l’impatto del Covid-19 sulla salute mentale di bambini e adolescenti, e rafforzare i servizi di salute mentale nell’eventualità di un’ondata di casi di depressione. Tra le varie soluzioni proposte, il Rapporto ISS n. 43/20 raccomanda di promuovere opportunità organizzate di socialità, condivisione, gioco e apprendimento per i bambini e i ragazzi e iniziative di respiro comunitario per le famiglie, in particolare per le fasce maggiormente vulnerabili a livello socio-economico». Da sempre, ha precisato don Briziarelli, «in Caritas cerchiamo di prenderci cura di chi ha bisogno con la massima attenzione, tenendo conto degli allarmi lanciati dalla comunità scientifica e, nell’ultimo periodo, abbiamo sentito l’urgenza di intervenire anche a sostegno dei più piccoli».

Intervenendo Giovanni De Santa, titolare di “Legnolandia s.r.l.”, ha raccontato quando è stato contattato da don Marco Briziarelli e da Alfonso Dragone, responsabile dell’Area progetti di Caritas diocesana, illustrandogli il loro progetto. «Abbiamo deciso subito di dare loro supporto – ha commentato De Santa –. Oggi, dopo aver appreso il funzionamento di questa splendida realtà che non solo si occupa di aiutare le persone in difficoltà, ma soprattutto di ridargli autonomia e dignità affinché possano tornare a vivere serenamente nella società, sono ancora più convinto che questo piccolo gesto sia un tassello importante per permettere ai piccoli ospiti del “Villaggio” di condividere l’esperienza del gioco all’aria aperta».

Dal canto suo Pier Paolo Pieroni, presidente della “Fondazione Geld Onlus”, ha molto apprezzato le molteplici attività del “Villaggio della Carità” illustrate dal direttore della Caritas. «Essere insieme ai consiglieri Luisa Amanti e Lucio Boldrini, coprotagonisti di questo evento – ha commentato Pieroni –, ha permesso di toccare con mano una realtà impegnativa nel sostegno alle numerose famiglie che vivono al suo interno. Un’opera, che, se inizialmente è assistenzialista, vuole seguire un percorso rieducativo, finalizzato al loro reinserimento nella società con il raggiungimento dell’indipendenza. Impressionante è il numero di colloqui tenuti in un anno dalle poche operatrici del Centro di ascolto diocesano, ma estremamente qualificate, in aiuto di coloro che stanno attraversando delle difficoltà. Notevoli sono i costi di gestione, sostenuti con fondi per lo più reperti grazie a donazioni o tramite eventi organizzati da responsabili e volontari Caritas».

Sentimento di commozione. Riguardo all’inaugurazione del parco giochi, il presidente Pieroni è rimasto colpito dal «sentimento di commozione» provato da don Briziarelli e dagli operatori e volontari Caritas nel vedere i tantissimi bambini presenti “invadere” il parco giochi riempiendolo con le loro grida di allegria. «Guardandoli – ha concluso Pieroni – non sono riuscito a definire il colore dei loro visi, per la presenza di enormi e smaglianti sorrisi di felicità».