Terni – la vicinanza della Chiesa al mondo del lavoro nel 40° anniversario della visita di Giovanni paolo II all’acciaieria

Nel giorno della festa di San Giuseppe lavoratore, il primo maggio, la chiesa diocesana esprime vicinanza e solidarietà al mondo del lavoro, ai lavoratori e ai disoccupati con un messaggio del vescovo Giuseppe Piemontese. Affida a san Giuseppe lavoratore le speranze di ogni cittadino per un lavoro dignitoso, e invoca per tutti prosperità e salute, in questo periodo difficile in cui la pandemia ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico e nel mondo del lavoro si sono aggravate le diseguaglianze esistenti e create nuove povertà.
«La festa di San Giuseppe lavoratore, che Papa Francesco ha voluto celebrare con un anno a lui dedicato, ci spinga a vivere questa difficile fase senza disimpegno e senza rassegnazione. Nulla ci distolga dall’attenzione verso i lavoratori, sapendo che le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce del mondo del lavoro, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono i sentimenti dei discepoli di Cristo Signore. Condividiamo le preoccupazioni, ma ci facciamo carico di sostenere nuove forme di imprenditorialità e di cura. Se tutto è connesso, lo è anche la Chiesa italiana con la sorte dei propri figli che lavorano o soffrono la mancanza di lavoro. Ci stanno a cuore». (dal messaggio dei vescovi italiani per il 1° maggio 2021)

Terni, città operaia, celebra il 40° anniversario della visita di papa san Giovanni Paolo II alle acciaierie e alla città di Terni (19 marzo 1981) con la messa che sarà celebrata dal vescovo Piemontese il 15 maggio 2021 alle ore 18 presso Acciai Speciali Terni, in viale Brin, nello stesso piazzale interno all’acciaieria dove il Papa incontro migliaia di lavoratori.
Nell’incontro con il mondo del lavoro papa Giovanni Paolo II toccò temi fondamentali per la vita dell’uomo: la dignità del lavoro, la giustizia e la moralità come condizioni essenziali per la pace in tutte le nazioni, la famiglia, la libertà dell’uomo e la creatività dell’opera umana, insegnamenti profetici che il Papa consegnò al mondo del lavoro e all’intera comunità diocesana

«La memoria di questa storica visita – ricorda il vescovo Piemontese – col suo messaggio di speranza, può sostenere gli sforzi della chiesa, dei concittadini, uomini e donne di buona volontà, a promuovere il rinnovamento e lo sviluppo sociale e religioso. Rivedendo i gesti di quella visita memorabile, rileggendo le parole del Papa Santo, possiamo trovare spunti e suggerimenti per inventare e seguire vie di nuovo umanesimo e crescita sociale.
Rileggiamo i segni: la fabbrica, il lavoro, le persone, le autorità, la convivialità, il dialogo, la preghiera, l’Eucarestia conclusiva, evento santificatore del lavoro umano e prospettiva metodologica di giustizia sociale e di dignità civile e religiosa, culmine e ripartenza di ogni rinnovamento.
La nostra città, capoluogo e capofila della pluralità delle città e dei castelli del territorio, non può rassegnarsi al declino indotto da scelte sbagliate, da egoismi di campanile o di parte e da ultimo dalle asfissie e dai fallimenti causati dalla pandemia.
Parafrasando le parole di Gesù, è utile prendere consapevolezza che se una città “è divisa in se stessa, non può reggersi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi”.
In un’ora grave e delicata, varie vicende politiche hanno portato la nostra Italia a dotarsi di un governo di collaborazione nazionale. Un analogo spirito dovrebbe spingere la classe dirigente e tutte le forze civili, politiche e sociali più significative della città e della regione a collaborare a favore della next generation a Terni, in Umbria, in Italia e in Europa».

Città di Castello – la beata Margherita è stata proclamata Santa

La Chiesa che è in Città di Castello vive con immensa gioia e gratitudine al Signore per la canonizzazione della nostra amatissima beata Margherita, che ha vissuto tra noi gran parte della sua vita fino alla morte, avvenuta il 13 aprile 1320.
La sua immagine raffigurata al centro del catino absidale della Cattedrale, così come nella cupola, evidenzia la straordinaria importanza di questa piccola donna nelle generazioni lungo i sette secoli che la separano cronologicamente dal nostro tempo. Ininterrottamente le è stato tributato il culto, estesosi progressivamente in vari continenti in un crescendo di devozione, e la sua figura è stata ispiratrice di opere di carità.
La canonizzazione avviene mentre si stanno svolgendo le celebrazioni del settimo centenario della sua morte, che si concluderanno il 9 maggio. Avviene, inoltre, in un periodo segnato in maniera drammatica dalla pandemia: Margherita può autorevolmente insegnarci come trasformare il male in bene, senza cedere allo sterile vittimismo e alla lamentela inutile, invitandoci a una reazione evangelica che sa vedere come tutto può concorrere al bene.
Passando per le nostre vie possiamo immaginarcela con le parole poetiche di Fernando Pessoa:
Con le mie mani tocco i muri,
ma con l’anima la verità …
Sento solo ali di uccelli
Ma vedo ali di angeli.
In me esiste, al fondo di un pozzo,
un pertugio di luce verso Dio.
Là, molto in fondo alla fine,
un occhio fabbricato nei cieli.

Nel 2019 il vescovo di Città di Castello, mons. Domenico Cancian, e l’arcivescovo di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, mons. Giovanni Tani, tenuto conto della grande diffusione del culto tributato alla beata in varie parti del mondo e con il sostegno di altri presuli umbri, hanno presentato al Santo Padre Francesco la richiesta di procedere alla canonizzazione per equipollenza. Oggi, al termine dell’espletamento di tutte le procedure canoniche e grazie all’impegno della Postulazione Generale dell’Ordine dei Predicatori, questa richiesta trova la sua piena accoglienza con la firma del papa.
Il prossimo 19 settembre, secondo modalità che saranno successivamente rese note, avrà luogo una solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento al Signore per la nuova santa nella chiesa monumentale di San Domenico in Città di Castello.
Questa circostanza è un grande stimolo per la Chiesa e per l’intera città a raccogliere la preziosa eredità umana e spirituale lasciata dalla nuova santa impegnandoci tutti a concretizzare l’accoglienza, l’inclusione, la pacificazione, la gioiosa carità di cui lei è stata esemplare testimone.

Città di Castello, 24 aprile 2021
+ Domenico Cancian, Vescovo

PROMULGAZIONE DI DECRETI

Il 24 aprile 2021, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Durante l’Udienza, il Sommo Pontefice ha confermato le conclusioni della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi, Membri della Congregazione, e ha deciso di estendere alla Chiesa universale il culto della Beata Margherita di Città di Castello, del Terz’Ordine dei Frati Predicatori; nata intorno al 1287 a Metola (Italia) e morta a Città di Castello (Italia) il 13 aprile 1320, iscrivendola nel catalogo dei Santi (Canonizzazione Equipollente).

La Beata Margherita di Città di Castello nacque intorno al 1287 nel borgo fortificato di Metola (Urbino, Italia), in una famiglia della piccola nobiltà. Nata cieca e deforme, fu rinchiusa dal padre in una piccola cella costruita a ridosso della chiesa del castello in modo che restasse nascosta agli occhi del mondo. All’età di cinque anni, fu portata dai genitori a Città di Castello, nella chiesa di San Francesco presso la tomba di un frate francescano laico, Giacomo da Città di Castello, morto nel 1292 in concetto di santità, nella speranza di ottenere il miracolo della vista per la figlia. Ma il miracolo atteso non avvenne, perciò i genitori decisero di abbandonare definitivamente la figlia e di affidarla alla solidarietà degli abitanti di Città di Castello.
La bambina visse per qualche tempo mendicando per le vie della città, prima di essere accolta da alcune monache della piccola comunità di Santa Margherita. La sua condotta di vita molto mortificata e i suoi ammonimenti destarono l’invidia delle monache, che dopo un breve tempo la mandarono via. La bambina fu salvata da una coppia di devoti genitori cristiani, Grigia e Venturino, che l’accolsero, insieme ai due figli che già avevano, riservandole una piccola cella nella parte superiore della propria casa, affinché potesse liberamente dedicarsi alla preghiera, alla contemplazione e alle pratiche penitenziali, quali digiuni, flagellazioni e il cilicio. Da parte sua Margherita mise a disposizione della famiglia i suoi doni spirituali ed intellettuali, dedicandosi all’educazione cristiana dei figli di Grigia e Venturino e, nonostante la sua cecità, alle opere di carità, visitando i carcerati e gli infermi. Si cominciò ad attribuirle segni prodigiosi, miracoli e guarigioni straordinarie ed altri fenomeni mistici.
Margherita frequentava anche quotidianamente la vicina chiesa della Carità dei Frati Predicatori e fece parte delle Mantellate Domenicane, più tardi chiamate Terziarie secolari di San Domenico. Si dedicò alla preghiera assidua, alla confessione quotidiana, alla comunione frequente, alla recita dell’ufficio della Vergine e del Salterio, alla costante meditazione del mistero dell’Incarnazione.
Morì il 13 aprile 1320 a Città di Castello (Italia).

Il vissuto virtuoso della Beata si caratterizza soprattutto per il fiducioso abbandono alla Provvidenza, come partecipazione gioiosa al mistero della croce, soprattutto nella sua condizione di disabile, rifiutata ed emarginata. Questa conformità amorosa al Cristo era accompagnata da intense esperienze mistiche. La sapientia cordis così maturata si irradiava negli altri. Frequente e assidua era la sua meditazione della vita di Cristo. Le furono attribuite anche guarigioni miracolose e questo contribuiva a farne un punto di riferimento per tanti. Nonostante la sua disabilità, spinta dalla carità, esercitò il proprio magistero nei confronti di alcune discepole, alle quali insegnava l’Ufficio della Vergine e il Salterio; istruì i figli della coppia che l’accolse nella sua casa; fu madrina e formò alla dottrina cristiana una nipote dei suoi genitori adottivi; orientò la vocazione di una giovane, invitando lei e la madre a vestire l’abito religioso; cercò anche di ricondurre con dolci ammonimenti le monache di un monastero a una perfetta osservanza.
Come altre mistiche medievali, all’assidua preghiera, la Beata univa penitenze durissime: digiuno, veglie, cilicio, flagellazione. Tutto per imitare il Cristo che si consegnò volontariamente alla passione per la salvezza dell’umanità.

La Beata Margherita è un esempio di donna evangelica che maturò una profonda e fervente esperienza di vita unitiva con il Signore. L’infermità non le impedì di vivere una eccezionale e feconda maternità spirituale, che anche oggi richiama l’importanza del prendersi cura degli altri. Inoltre, può essere un forte richiamo di speranza per ogni situazione di emarginazione e sofferenza.

Nel tempo il culto si è largamente diffuso nel mondo, grazie all’impegno dei frati Predicatori. Più di recente 1988 la beata venne proclamata patrona dei disabili per le Diocesi di Città di Castello e di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, su richiesta del vescovi mons. Carlo Urru e Ugo Donato Bianchi. Nel 1999 il vescovo di Città di Castello, mons. Pellegrino Tomaso Ronchi, riaprì la causa per la canonizzazione, in collaborazione con la Postulazione dell’Ordine dei Predicatori. Dal 22 marzo 2000 ha avuto inizio il processo diocesano e nel 2019 i vescovi di Città di Castello, mons. Domenico Cancian, e di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado hanno chiesto al Santo Padre la procedura dell’equipollenza, proprio tenendo conto della vasta diffusione del culto.
L’11 dicembre 2019, il Santo Padre Francesco, durante l’Udienza concessa all’Em.mo Card. Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzò la preparazione della Positio super canonizatione aequipollenti, ossia circa l’estensione del culto della Beata alla Chiesa universale.
La Seduta dei Consultori Storici si tenne il 29 settembre 2020, con esito affermativo.
Il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi si celebrò il 26 gennaio 2021, con esito affermativo.
La Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi si riunì il 13 aprile 2021, esito affermativo.
In data odierna, al termine delle procedure canoniche richiese, papa Francesco ha approvato l’iscrizione del nome di Margherita di Città di Castello nell’albo dei santi della Chiesa Cattolica. La sua canonizzazione potrà contribuire a promuovere la dignità delle persone emarginate e a superare la diffusa “cultura dello scarto”.

I Vescovi dell’Umbria hanno incontrato il Presidente dell’ANCI regionale Michele Toniaccini, Sindaco di Deruta

Venerdì 23 aprile 2021, presso il Seminario regionale di Assisi, si è svolta la riunione della Conferenza Episcopale Umbra (Ceu). I Vescovi, tra l’altro, hanno incontrato il presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani dell’Umbria, Michele Toniaccini, sindaco di Deruta.

In un clima di grande cordialità, sono state affrontate tematiche significative sia per la Chiesa che per la società civile. Si è parlato del prezioso ruolo degli Oratori nel cammino educativo delle giovani generazioni, delle comunità di accoglienza per giovani in difficoltà a seguito di dipendenze, ed è stato evidenziato l’importante impegno delle Caritas in collaborazione con enti pubblici per far fronte alle difficoltà di tante persone e famiglie.

L’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu mons. Renato Boccardo ha ringraziato Toniaccini per l’intesa esistente tra i Comuni e le parrocchie in favore delle popolazioni del territorio, auspicando che possa crescere sempre più: «Abbiamo apprezzato l’iniziativa del Presidente dell’ANCI Umbria di farci visita, portando il saluto dei suoi colleghi sindaci, e abbiamo confermato la reciproca disponibilità ad incrementare forme di collaborazione che favoriscano la ripresa e il consolidamento del tessuto sociale ed economico, ma soprattutto umano, dopo il difficile tempo difficile della pandemia da Covid-19.

«Oggi – ha detto Michele Toniaccini – si rafforza il dialogo tra l’istituzione civile e quella ecclesiale. Solidarietà, collaborazione, fede e spirito civico sono gli elementi essenziali e necessari che ci vedono coinvolti nel progettare un nuovo percorso volto a superare questo momento caratterizzato non solo da una crisi economica, ma anche morale, civile e relazionale. Una crisi anche di valori che possiamo e dobbiamo condividere con la Chiesa: la persona e la famiglia, fulcro della nostra società, devono tornare al centro dell’azione di noi Sindaci. La missione di ogni politico deve essere ricca di ideali e di valori».

Il cardinale Bassetti ha concluso le celebrazioni pasquali nella concattedrale di Città della Pieve. Il presule: «La morte non può più avere l’ultima parola e questa è la notizia sconvolgente della Pasqua»

Le celebrazioni del Triduo pasquale presiedute dal cardinale Gualtiero Bassetti si sono concluse nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio di Città della Pieve, scrigno prezioso d’arte, cultura e storia, nella terra natale del divin pittore, Pietro Vannucci, detto il Perugino, del quale tra due anni, nel 2023, ricorrerà il V centenario della morte. Per l’importante evento è stata istituita recentemente una Commissione diocesana per l’organizzazione delle iniziative culturali ecclesiali presieduta dal vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi.

Un forte legame. Il cardinale Bassetti, che sin dall’inizio del suo episcopato umbro ha intessuto un forte legame anche affettivo con la comunità pievese, è giunto a Città della Pieve nel pomeriggio di Pasqua, 4 aprile, celebrando la messa vespertina nella concattedrale insieme al parroco e arciprete don Simone Sorbaioli e ai canonici don Aldo Gattobigio e mons. Augusto Panzanelli.

Una presenza discreta. In queste festività pasquali, nella terra del divin pittore, soggiorna con la sua famiglia il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, che ha preso parte alla messa vespertina, come fa spesso quando è alla Pieve. Una presenza discreta, quella di Draghi nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio della quale il cardinale Bassetti non era informato. Infatti, all’inizio dell’omelia, ha detto: «Voglio anche mandare un indirizzo di saluto e soprattutto assicurare le nostre preghiere al presidente del Consiglio che è da tempo nostro concittadino. In questo momento, per tutti coloro che hanno una grande responsabilità, e ne sa qualcosa anche il sottoscritto, c’è veramente bisogno di tante preghiere».

La presenza del Pastore. Prima ancora il cardinale aveva rivolto il suo ringraziamento ai sacerdoti concelebranti e al sindaco Fausto Risini, «che ci sentiamo sempre sostenuti e confortati dalla sua presenza». Rivolgendosi ai pievesi presenti nel rispetto delle norme sanitarie per prevenire la pandemia, il presule ha detto: «prego per tutti voi, per le vostre famiglie, soprattutto se ci sono delle persone ammalate e per quanti hanno perso i loro cari. La presenza del vescovo vuole essere la presenza del Pastore che tiene unito tutto il suo gregge, rivolgendo la sua attenzione e la sua preghiera verso tutti».

Pregare Dio. A conclusione della celebrazione, nel rinnovare il suo augurio pasquale alla comunità pievese, il cardinale ha esortato tutti a pregare Dio affinché «abbia misericordia per tanta parte della nostra umanità dove la gente muore senza medicine, senza ossigeno, senza ospedali, nelle capanne, per la strada. E’ una umanità che invoca la misericordia di Dio, ma c’è anche tanto bisogno della nostra preghiera che vi chiedo di rivolgere incessantemente al Signore e vedrete che Lui ci ascolta».

Tradizione e civiltà. Bassetti, nell’omelia, ha ribadito che «il primo compito del vescovo nella Chiesa è quello di testimoniare che il Signore è risorto. E se il Signore è risorto – ha precisato – è ritornata la vita, è ritornata la speranza. Per noi cristiani la Pasqua è il cuore del mondo, perché è il centro della nostra fede. E’ la festa che celebra la nascita di un mondo nuovo, ed è il giorno di un uomo, che era morto ed è risuscitato, ora è vivo e trionfa. Noi siamo qui per prendere coscienza di questo fatto, che è la nostra tradizione cristiana ed anche la nostra civiltà. Proprio perché conosciamo tutto questo finiamo per darlo per scontato. Tutto si dà per scontato, anche le cose più significative della nostra vita».

La morte è vinta. «Cristo è veramente risorto e quindi il mondo intero e la nostra vita hanno un altro senso. Questo non significa non rendersi conto dei drammi che attanagliano l’umanità – cominciando dalla pandemia, una tragedia a livello mondiale -, pensando alle guerre, alle divisioni fra gli uomini e a tutti i problemi che ben conosciamo e che sono anche nella nostra società. Ieri sera, durante la Veglia pasquale nella cattedrale di Perugia, ho sottolineato alcune di queste problematiche che ci riguardano più da vicino. Con la resurrezione di Cristo, la morte è vinta, è svotata del suo veleno, della sua maledizione. La morte non può più avere l’ultima parola e questa, fratelli e sorelle, è la notizia sconvolgente della Pasqua».

La parola Pasqua. «Accogliere questa notizia è estremamente impegnativo, perché essa deve cambiare totalmente il nostro modo di vivere. Non a caso la parola Pasqua significa passaggio dalle tenebre alla luce, passaggio dalla morte alla vita, passaggio dall’odio all’amore, passaggio da quella ruggine che sta dentro di noi – spesso nei confronti delle persone – al perdono, passaggio dal peccato alla vita di grazia, passaggio – come dice san Paolo – dall’uomo vecchio all’uomo nuovo. Oggi Cristo ci offre questa possibilità e l’unica raccomandazione che ci fa è quella di non tornare indietro, di tagliare i ponti con il vecchio, con l’odio, con le divisioni, con tanti rancori, con tutto quello che non ci fa onore nella vita, come uomini e come cristiani, che va buttato dietro le spalle per vivere come creature nuove. San Paolo ci dice: “togliete via il lievito vecchio per essere la pasta nuova”».

Pasqua di Resurrezione. L’Arcivescovo Boccardo: «Gesù Cristo è veramente risorto! E la speranza della risurrezione è anche speranza per l’uomo, per la sua cultura, perché le apre una prospettiva diversa da quella del declino e dell’autodistruzione».

«La Pasqua è il punto nodale della fede cristiana; è quel segno in cui l’autentico significato di Gesù per l’intera umanità viene condensato in una unità e in una chiarezza assolute». Con queste parole l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo si è rivolto ai fedeli riuniti nel Duomo di Spoleto, nel rispetto delle norme in atto per evitare il diffondersi del Covid-19, per partecipare alla Messa di Pasqua (domenica 4 aprile 2021). «La morte liberamente accettata per amore – ha detto ancora il Presidente della Conferenza episcopale umbra – è mutata in vita per Gesù e, in lui, per tutta l’umanità che a lui aderisce, per tutti coloro che in lui credono. Cristiano è dunque colui che proclama: Gesù Cristo è veramente risorto! Non solo chi afferma genericamente, con un istinto religioso: c’è un Dio, c’è un Dio buono; oppure, con una venatura etica: dobbiamo amarci gli uni gli altri. Non solo questo fa il cristiano, ma tutto deve condensare e riassumere nella confessione: Gesù Cristo è veramente risorto!».

La liturgia è stata animata dalla corale della Pievania di Santa Maria ed è stata trasmessa in diretta nei canali social della Diocesi. «L’evento della risurrezione – ha affermato mons. Boccardo – ci apre un orizzonte di senso, un universo di speranza; ci ripropone la bontà inalienabile dell’uomo e di tutto il creato che deriva dall’amore di Dio, dall’alleanza che Dio ha da sempre fatto con l’uomo e con la sua vita. La prospettiva della risurrezione è affermare che c’è un futuro per la vita e che questo futuro è per sempre. E la speranza della risurrezione è anche speranza per l’uomo, per la sua cultura, perché le apre una prospettiva diversa da quella del declino e dell’autodistruzione».

La sera della vigilia l’Arcivescovo, sempre in Duomo, ha presieduto la solenne Veglia Pasquale, “la notte di veglia in onore del Signore” (Es 12, 42), definita da S. Agostino “la veglia madre di tutte le veglie”. Mons. Boccardo con i fedeli presenti, tra l’altro, si è soffermato sullo slogan che imperversava durante la prima ondata della pandemia da Covid-19: “Andrà tutto bene!”. «Il passato – ha proseguito il Presule – è visto semplicemente come un tempo lontano, superato, da dimenticare, pieno di rimpianti, di tristezze o, al massimo, come un cumulo di esperienze che fanno da sfondo alle conquiste dell’oggi e del domani. L’uomo moderno si presenta volentieri come l’uomo senza memoria, senza passato, senza padre, contestatore per principio di ogni tipo di tradizione o limitazione che sembri vincolare la sua libertà. Troviamo una manifestazione di questo sentimento nella smania attuale – rilevabile in modi diversi a tutti i livelli – di tornare quanto prima alla situazione sociale ed ecclesiale pre-Covid. […] Impariamo, in questa veglia pasquale, a ricordare i fatti del passato attraverso i quali il Dio dell’alleanza, il Dio dell’amore misericordioso e fedele, ha assicurato la sua perenne presenza nella storia. Impariamo ad inserirci nei fatti del passato grazie alla presenza del Vivente, che è Signore di ogni tempo e nel quale raggiungiamo la presenza a tutte le cose su cui egli regna nella sua pienezza. Abbiamo bisogno di fare memoria in questo modo, inserendoci in Cristo, proprio in vista dei compiti che ci attendono. Sono i tanti problemi di ripresa, di crescita, di trasformazione, che dobbiamo affrontare in questo tempo, e molti di più quelli che ci attendono al termine – che speriamo non troppo lontano – di questo periodo di pandemia. Siamo chiamati ad allargare il respiro tradizionale, attingendo a pieni polmoni al vento dello Spirito, che è il dono pasquale del Risorto».

Perugia – Veglia pasquale nella cattedrale di San Lorenzo. Il cardinale Bassetti: «La Pasqua è la vita della nostra vita… Diffondete i frutti della Resurrezione: c’è chi ha bisogno di pane, c’è chi ha bisogno di casa, c’è chi ha bisogno di lavoro, c’è chi ha bisogno di ospedale…»

«Cristo è risorto! L’evento della Resurrezione non riguarda soltanto lui: irrompe nella vita degli uomini e nella storia, e quindi riguarda ciascuno di noi. Purtroppo nel mondo sembrano prevalere zone di tenebre e tanta paura». A ricordarlo è il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nell’omelia della celebrazione della Veglia pasquale nella cattedrale di San Lorenzo, Sabato Santo 3 aprile, anticipata in orario compatibile con il coprifuoco in vigore a seguito della pandemia. Celebrazione che è iniziata con i riti della benedizione del fuoco e dell’accensione del cero pasquale.

Non abbiate paura. L’omelia del cardinale, che è anche il suo messaggio augurale alla comunità diocesana, incoraggia a non avere paura. «Anch’io ho corso il rischio di dover lasciare questo mondo ed ho avuto paura – ha detto Bassetti –. Ci sono tante cose che ogni giorno possono farci temere, e sono come tante pietre pesanti sul cammino della nostra esistenza. Ma non temete: lo Spirito Santo, che è l’amore del Padre, ci ripete: “non abbiate paura!”. Cristo è risorto!».

Essere la Pasqua visibile. «La potenza dello Spirito Santo – ha proseguito il cardinale – è il terremoto misterioso e invisibile che rotola ogni pietra sul nostro cammino. Perciò noi cristiani, non tanto con le nostre parole ma con le nostre opere, dobbiamo essere la Pasqua visibile. Diffondete i frutti della Resurrezione: c’è chi ha bisogno di pane, c’è chi ha bisogno di casa, c’è chi ha bisogno di lavoro, c’è chi ha bisogno di ospedale, perché ora è diventato più difficile poter curare ciò che non è pandemia, e gli ospedali hanno enormi difficoltà».

Annunciare Cristo. «Oggi noi cristiani siamo interpellati: dov’è il vostro Cristo? Dov’è la vostra Pasqua? Guai a noi se non sapremo rispondere: Cristo è qui, vive in me, è in noi, è nella comunità, è nella chiesa! Noi credenti dobbiamo diventare credibili. E la credibilità dello stesso Gesù è dove c’è una famiglia, una comunità, una chiesa viva, in cui lui viene amato, comunicato e testimoniato. Quanto è grande la nostra responsabilità di credenti! È dalla Pasqua, dall’incontro con il Signore che nasce la nostra vocazione missionaria. È lo Spirito del Signore, che deve ardere dentro e spingerci ad annunciare Cristo!»

Non distrarsi dallo Spirito. «Facciamo dunque Pasqua in questo modo, cari figli e fratelli. La Pasqua non può terminare con la consuetudine degli auguri di domani e che domani l’altro non ci sono più. La Pasqua è la vita della nostra vita: è giunto il momento, ed è questo, di deciderci per Cristo. Dice San Paolo: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”. La vita cristiana è proiettata verso il futuro. E anche se il mondo ci distrae dalle cose spirituali, tuttavia è proprio là che dobbiamo orientare il nostro sguardo. “Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio”».

Invadere la vita. «Il tradimento vero della liturgia, e quindi anche della celebrazione pasquale – ha evidenziato Bassetti –, è quello di chiuderla nel tempio e impedirle di invadere la vita. È nascondere nel cuore il tesoro di grazia come qualcosa di personale e di privato e non avere il coraggio della fatica dell’annuncio: questo comportamento sarebbe “mettere la luce sotto il secchio e non innalzarla sopra il candelabro”».

La carezza di Dio. Il cardinale, soffermandosi sulla Via crucis da piazza San Pietro della sera precedente, ha commentato dicendo: «Sul volto scavato del Santo Padre c’era il dolore di questa umanità, così provata dalla pandemia e triste, come se la speranza fosse morta. Quei bimbi con le loro riflessioni e le loro preghiere sono stati per tutti noi la carezza di Dio».

Aprirsi alla speranza. «E se pensiamo a tutti i poveri e i disperati che giungono dai paesi della guerra, vittime di situazioni assurde, disumane, createsi in questi anni, con in più la tragedia mondiale del “virus”, e pensando quanti, anche da noi, tra breve avranno bisogno di lavoro, di casa, di aiuti economici e di solidarietà, mai come in questo nostro tempo è necessario aprirsi alla speranza. In tutti c’è bisogno di Pasqua: “le donne corsero a dare l’annuncio!”. E noi come annunceremo il Risorto, in un mondo assetato di Pasqua, ma anche così distratto?».

Alcuni suggerimenti. Al riguardo il cardinale ha voluto dare a ciascuno «alcuni suggerimenti concreti: Metti tutti gli uomini, tutti davvero, nel cuore della tua preghiera. Essa è più potente di quanto tu pensi e arriva più lontano di quanto tu immagini; Fatti una mente pulita, libera da pregiudizi e giudizi, per pensare agli altri e incontrarli con disponibilità e libertà interiore; Mantieni con tutti un dialogo aperto e carico di speranza, nel quale, come una fiammella dentro una lampada, splende la coerenza della tua vita; Apri la mano ad aiutare i fratelli secondo le loro necessità e le tue possibilità. La nostra Caritas sta promuovendo interessanti e utilissime iniziative. La carità autentica proclama che Dio non è morto e continua ad amare gli uomini. La carità autentica garantisce l’esperienza pasquale, facendoci passare dalla morte alla vita».

Terni – Veglia pasquale nella Cattedrale. Mons. Piemontese: “Noi sappiamo che il Signore Risorto è più forte della morte e di ogni pandemia: virale, morale, sociale, politica, ateistica”.

Celebrata la veglia pasquale nella Cattedrale di Terni con la suggestiva liturgia, presieduta dal vescovo Giuseppe Piemontese, iniziata sotto i portici della chiesa con la benedizione del fuoco e con l’accensione del cero pasquale, portato in processione lungo la navata centrale della cattedrale. E’ seguita la liturgia della parola con le letture dell’Antico Testamento e del Vangelo e quindi la liturgia battesimale con la benedizione dell’acqua del fonte battesimale, il rinnovo delle promesse battesimali e l’aspersione dell’assemblea. Presenti le comunità neocatecumenali di Sant’Antonio a Terni che hanno hanno rinnovano in maniera solenne di fronte al vescovo, il loro impegno battesimale e si rendono disponibili per la missione.

«La nostra presenza qui questa notte per cercare il Vivente – ha detto il vescovo – incontrare il Risorto, che rinnova per noi il mistero pasquale di passione, morte e risurrezione. Il viaggio spirituale dell’uomo e di ciascuno: dalla notte della creazione alla notte della risurrezione. Per ritrovare le radici: quando tutto ebbe inizio nella Creazione. Se abbiamo occhi e intelletto possiamo riconoscere gli sguardi e i gesti di predilezione di Dio rivolti sull’umanità, nel cercare e abbracciare l’uomo ribelle, smarrito, traviato, in balia degli istinti malevoli. La stessa nostra esperienza personale, ad una più attenta considerazione ci appare fatta susseguirsi di notti e di luce: desiderio di crescita, di felicità, di successi cognitivi, intellettivi, ma anche di regressioni, traviamenti, peccato, incredulità, indifferenza. Questa notte, termine dell’impegnativo procedere della quaresima, paradigma della nostra esistenza di lotta, peccato e pentimento-conversione, risplende e trova nella Pasqua-Risurrezione del Signore la ripresa e il rinnovamento della nostra identità di uomini e donne, trasformati e trasfigurati”.
Il vescovo ha fatto anche riferimento alla particolarità della Pasqua di quest’anno vissuta in tempo di pandemia
che minaccia, contagia, ammala e uccide. “La pandemia, quale ferita fisica e sociale, ci ha toccato nel corpo e negli affetti, nei sentimenti e nelle libertà, ci riporta alla consapevolezza dei limiti umani e al ridimensionando delle nostre manie di onnipotenza. Il vaccino non è la soluzione; è solo un rimedio temporaneo che non guarirà un mondo che è gravemente malato dal punto di vista ecologico, morale, spirituale, sociale. Io credo che l’esperienza della pandemia possa essere visto come segno ed espressione di un’altra pandemia che è la pandemia dell’egoismo di singoli, di categorie e di popoli, dell’imperialismo di governi e nazioni sempre risorgente, della morale ferita, dell’ostilità a Dio, dell’incredulità, della miscredenza, della prevalenza della cattiveria umana. Noi sappiamo che il Signore Risorto è più forte della morte, ha vinto la morte e tutto ciò che sa di morte, di ogni pandemia: virale, morale, sociale, politica, ateistica”.

Perugia – in cattedrale la Passione del Signore. Il cardinale Gualtiero Bassetti: «Non si tolga all’uomo la Croce…, accogliamola e portiamola come un messaggio d’amore, un messaggio di speranza»

«Stasera vogliamo contemplare la Croce. Nel cuore della liturgia del Venerdì Santo entra solennemente la Croce e lo vedremo tra poco. Come era bello quando anche tutto il popolo cristiano, dopo i celebranti, poteva inchinarsi a baciare la croce di Gesù, ma presto torneremo a poterlo fare perché sono certo che il Signore ci aiuta e ci libererà anche da questa pandemia». Con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha introdotto la sua omelia della celebrazione della Passione del Signore nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, Venerdì Santo 2 aprile, alla presenza di diversi fedeli convenuti nel rispetto delle norme sanitarie per il contenimento del contagio da Covid-19. Come la Coena Domini del Giovedì Santo è stata privata del rito della lavanda dei piedi, così la Passione del Venerdì Santo è stata prima del rito del bacio della Croce.

Fonte di vita nuova. «La Croce, da quando Gesù vi ha steso sopra le proprie braccia, non è più maledizione, è diventa Vangelo, cioè un lieto annunzio, cioè fonte di vita nuova. Su quella Croce è stata sconfitta la legge per l’amore per se stessi, dell’egoismo, perché su di essa stese le sue braccia Colui che ha vissuto per gli altri fino alla morte, fino a dare tutto se stesso. Gesù ha tolto agli uomini con il suo gesto il calvario, la paura di donarsi, la paura di essere solidali e il rischio che tutti possiamo correre di vivere soltanto per noi stessi, che è il pericolo più grande. La Croce sta al centro del cristianesimo, segna la nostra vita».

Citando san Giovanni Paolo II nel giorno del sedicesimo anniversario del suo ritorno alla Casa del Padre (morì il 2 aprile 2005), il cardinale Bassetti ha detto: «La Croce, innanzitutto, va accolta nel cuore e nella vita. Il messaggio di morte e di risurrezione che dalla Croce scaturisce diventa per tutti annuncio di speranza e di consolazione. La Croce è l’annuncio del messaggio di Dio, ma anche di tutto l’amore dell’uomo e l’amore di Cristo che si fondano in un unico amore salvifico». Invitando i fedeli ad accogliere questo messaggio del Papa Santo, il cardinale Bassetti ha definito Giovanni Paolo II «un testimone della Croce fino in fondo nel rischiare la vita per il Signore. Tante sue reliquie sono un pezzo di stoffa imbevuta del suo sangue», ricordando altre sue «espressioni così belle di Giovanni Paolo II: Sì la Croce è la prima lettera dell’alfabeto di Dio, essa è inscritta nella vita dell’uomo e nessuno quindi, se è inscritta da Dio, la può cancellare; volerla escludere dalla propria esistenza è come volere ignorare la realtà della natura umana».

Non togliere la Croce. Nel racconto della Passione abbiamo visto che la Croce ci rideva: il vero volto di Dio è il vero volto dell’uomo, è il vero volto del cristiano, ‘perché un cristianesimo senza sacrificio, senza croce si ridurrebbe, come ha detto una volta papa Francesco, a chiacchiere inconcludenti. Se si togliesse la croce, l’esistenza cristiana diventerebbe più una recita che una vita. E non illudiamoci – che qualcuno tenta di farlo -, che eliminando la Croce dal vocabolario, o dagli uffici pubblici, il linguaggio cristiano diventi più comprensibile e alla portata di tutti». Entrando «in una piccola testimonianza personale – come l’ha definita il cardinale –, nei momenti più bui della mia malattia, nella lunga degenza al nostro ospedale cittadino e poi al Gemelli di Roma, quanta consolazione – lo dico con forza – ho ricevuto dallo sguardo rivolto al Crocifisso che sempre stava dinanzi a me e dinanzi agli altri fratelli e sorelle ammalati. Non venga a nessuno la tentazione di toglierlo, anche dai luoghi pubblici, perché l’Uomo della Croce è in grado di parlare al cuore di tutti gli uomini e di tutte le donne. E’ un inerme, è un indifeso, è un innocente, a chi nuoce?».

E’ la Croce a fare la diversità. «Noi potremo trovare parole più facili della Croce, più consolanti, più attraenti – ha commentato il cardinale Bassetti avviandosi alla conclusione –, ma non parleremmo più di Gesù Cristo, perché è la Croce che fa la diversità del cristiano. Se vogliamo vivere in pienezza la Pasqua, se vogliamo vivere con coerenza la vita cristiana, non distogliamo mai il nostro sguardo dal Crocifisso Risorto. Accogliamo la Croce e portiamola come un messaggio d’amore, un messaggio di perdono, un messaggio di speranza. E Cristo, statene certi, non deluderà mai. Io ho quasi ottant’anni, ma non ho mai sentito nessuno che mi abbia detto di essere rimasto deluso da Cristo, perché Cristo, in un modo e in un altro, ti introduce e ti prepara sempre alla tua risurrezione con Lui»

Spoleto – Azione Liturgica del Venerdì Santo. Mons. Boccardo: «Vorrei che il bacio che deporrò fra poco a nome vostro sui piedi del Crocifisso fosse un segno di speranza anche nell’insicurezza generata in noi dalla pandemia»

Senza canto e musica, senza il segno della Croce, l’assemblea si è raduna in silenzio nella Cattedrale di Spoleto, venerdì 2 aprile 2021, per partecipare all’Azione Liturgica nella Passione del Signore presieduta dall’arcivescovo mons. Renato Boccardo. Con grande commozione, con l’altare spoglio e un linguaggio sobrio e ricco di silenzi, si è celebrato il Mistero pasquale dal quale la Chiesa è stata generata: non è un giorno di lutto o di sconfitta, ma una pausa nella quale si è invitati a contemplare il Crocifisso attraverso la proclamazione della Passione, l’adorazione della Croce e la comunione al Corpo di Cristo. Indicata come segno estremo di amore, la Croce ha fatto ingresso nell’assemblea, divenendo centro di venerazione. Ad ogni invito dell’Arcivescovo i fedeli hanno risposto: “Venite, adoriamo”. La colletta sarà destinata a sostenere i cristiani di Terra Santa, spesso osteggiati nella professione della loro fede e nella stessa loro presenza su quei territori.

«Nella croce – ha detto mons. Boccardo nell’omelia – vediamo tutto il male del mondo, il dolore, l’ingiustizia, l’insensatezza, l’abbandono e la morte; in questo anno, particolarmente, vediamo tutta la tristezza, la paura, l’insicurezza generate in noi dalla pandemia. Ma Colui che chiamiamo nostro Salvatore e Signore di tutto questo si fa carico. Per noi, la salvezza che quanti lo scherniscono vorrebbero che egli compisse, sarebbe di evitare il male e la morte; pur di salvarci la vita, siamo disposti a tutto. Egli però segue un’altra via, ci salva amandoci e ponendosi a nostro servizio fino a perdersi. […] La croce ci libera dall’egoismo, offrendoci la possibilità di vivere finalmente da figli e da fratelli. Liberati dall’incubo della morte, possiamo vivere e morire, e possiamo comprendere il vero senso della vita: in ciò che credevamo la fine ci viene offerto il nostro fine. […] Vorrei che il bacio che deporrò fra poco a nome vostro sui piedi del Crocifisso – le consegne di sicurezza sanitaria non consentono che ciascuno lo faccia personalmente – fosse un segno di speranza. Perché se la fede è un cammino, bisogna aprire le strade a chi conosce la direzione. Se il dolore ti lascia al buio, la soluzione si trova in chi porta la luce. Se la croce indica fallimento e morte, il suo senso più vero è quello di proiettarsi dal buio del Venerdì santo al sole della domenica di Pasqua». La liturgia è terminata in silenzio, con la benedizione di Dio sul popolo che ha commemorato la morte di Gesù.

Spoleto – Messa crismale in Duomo. Due importanti comunicazioni dell’arcivescovo Renato Boccardo alla Chiesa di Spoleto-Norcia: «Desidero annunciare che ho deciso di intraprendere dal prossimo autunno la seconda Visita pastorale del mio episcopato. […] Dal 1° maggio prossimo sarà attiva a Montefalco la “Casa Patris corde per padri-separati socialmente deboli ed economicamente in difficoltà»

Nel pomeriggio di mercoledì 31 marzo 2021 nella Basilica Cattedrale di Spoleto l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, insieme a tutti i presbiteri, ha presieduto la Messa Crismale. Questa celebrazione sottolinea l’unità della Chiesa raccolta intorno al proprio Pastore; in questa Messa vengono consacrati gli Oli Santi (il Crisma, quello dei Catecumeni e quello degli Infermi) e i presbiteri rinnovano le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione.

L’Arcivescovo ha ricordato quei sacerdoti che in questo anno ricordano un particolare anniversario: padre Giuseppe Spaccasassi e padre Gregorio Cibwabwa Lwaba, degli Agostiniani Scalzi, parroco e vicario parrocchiale di Santa Rita in Spoleto, 25 anni; padre Maurizio Buioni dei Passionisti della Madonna della Stella in Montefalco 25 anni; mons. Gino Reali (vescovo di Porto-Santa Rufina, ma originario di Monteleone di Spoleto) don Rinaldo Cesarini (parroco di Ferentillo), don Paolo Peciola (parroco di S. Venanzo, Morgnano e Maiano di Spoleto) e don Luciano Nobili dei Missionari del Preziosissimo Sangue dell’Abbazia di S. Felice a Giano dell’Umbria 50 anni; don Gaetano Conocchia (parroco emerito di Eggi di Spoleto) 60 anni; mons. Vincenzo Alimenti (canonico della Cattedrale), don Elio Zocchi (parroco emerito di Cascia) e don Guerrino Conti (parroco emerito di Giano dell’Umbria) 65 anni.

Nell’omelia mons. Boccardo ha sottolineato come «noi presbiteri garantiamo l’esercizio del sacerdozio di Cristo e siamo destinati a renderne presente l’opera redentrice, ad essere protagonisti umili, ma grandi e indispensabili, della storia della salvezza. […] È una storia che colma di gioia, quando si scopre il peso, soave e tremendo, di una scelta irreversibile da parte di Cristo, non meritata, non cercata, eppure trepidamente amata e voluta. Il sacerdozio è partecipazione al sacerdozio eterno di Cristo. […] Per questo siamo chiamati ogni giorno ad imparare da Gesù nell’Eucaristia ad amare la gente come Lui la ama e a donare noi stessi come Lui si dona».

Poi, l’Arcivescovo ha proiettato lo sguardo alla Chiesa del dopo pandemia: «Dovremo di certo riprendere le attività pastorali e tutto ciò che occorre perché la fede del popolo di Dio riceva il suo nutrimento quotidiano. Tuttavia questa crisi ci chiede di riflettere seriamente prima di riempire le nostre agende parrocchiali. Dobbiamo semplicemente ritornare come prima? Dobbiamo riprendere a celebrare le stesse messe di prima e nelle stesse identiche modalità? Dobbiamo ricuperare lo stesso impianto pastorale e appiccicarlo a questo tempo nuovo? Il seme della Parola, circolato nelle case e con ogni altro mezzo deve essere ritenuto un’eccezionalità da riporre velocemente nel dimenticatoio o, piuttosto, dovremmo considerare come l’avevamo trascurato, preferendo un cristianesimo devozionistico, superficiale, sacramentalizzato, senza percorsi formativi, senza spazi culturali, senza fede domestica e senza la centralità della Scrittura? Non ci sono risposte facili, ma almeno possiamo provare a porci le domande».

Al via la seconda Visita Pastorale di mons. Boccardo. Al termine dell’omelia, il Presule ha chiesto un supplemento di pazienza ai fedeli presenti per due importanti comunicazioni alla Chiesa diocesana: «Desidero annunciare che ho deciso di intraprendere dal prossimo autunno la seconda Visita pastorale del mio episcopato spoletino. Me ne offre l’occasione l’825.mo anniversario della dedicazione di questa Basilica Cattedrale, che celebreremo nel 2023 con opportune iniziative. La Visita sarà un momento di grazia che ci permetterà di riascoltare il lieto annuncio della Buona Novella, di rinsaldare i legami di conoscenza e di comunione che già ci uniscono, di approfondire e vivificare la nostra comune appartenenza alla Chiesa diocesana».

A Montefalco verrà attivata la “Casa patris corde” per padri-separati socialmente deboli ed economicamente in difficoltà. «Da qualche tempo – ha ancora detto mons. Boccardo – ha avuto inizio l’”Anno di S. Giuseppe”, indetto da Papa Francesco per presentare la figura dello sposo di Maria ed invitarci a riflettere sulla dimensione “paterna” delle nostre relazioni interpersonali, e l’”Anno della famiglia Amoris lætitia”, che ci richiama alla bellezza dell’amore famigliare. Guardando alla paternità e considerando le fatiche che accompagnano la vita di tanti, insieme con la Caritas diocesana e la collaborazione della parrocchia di Montefalco, vogliamo dare un piccolo segno di vicinanza e di aiuto a quei padri che ora vivono il dolore di un amore ferito o terminato: dal 1° maggio prossimo, memoria di S. Giuseppe lavoratore, sarà attiva la “Casa Patris corde” (nei locali attigui la chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo in Montefalco) per padri-separati socialmente deboli ed economicamente in difficoltà. Si tratta di una struttura polivalente che, oltre ad offrire la possibilità di una soluzione abitativa adeguata, può essere luogo di incontro tra genitori separati e figli, luogo di ascolto e relazioni. Anche per questa iniziativa chiedo la vostra collaborazione e la vostra preghiera». Più avanti la Diocesi fornirà tutte le informazioni in merito.