Perugia: l’omelia del cardinale Gualtiero Bassetti pronunciata alla celebrazione eucaristica della festa liturgica del Santo patrono dei giornalisti, nella cattedrale di San Lorenzo

Cari fratelli e sorelle,
cari giornalisti,

oggi celebriamo l’Eucaristia nel giorno della festa liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori dei media. A causa della pandemia siamo stati costretti ad annullare l’annuale incontro con la stampa. Un incontro che, però, oggi rinnoviamo in una forma diversa, forse meno conviviale, ma sicuramente più profonda: stringendoci in preghiera attorno alla figura di un grande santo del Cinquecento che seppe fare del dialogo un eccezionale strumento di testimonianza cristiana e di evangelizzazione.

Alla sfrontatezza della polemica, san Francesco di Sales seppe contrapporre la mitezza del confronto. Alla battuta tagliente seppe sostituire la parola amorevole. Attraverso un dialogo incessante e una dolcezza infinita, che non barattò mai con l’annuncio del Cristo, riuscì a raggiungere le persone più lontane dalla Chiesa. E con l’uso dei manifesti, infine, seppe parlare a tutti. Ecco perché, dal 1923, san Francesco di Sales è conosciuto e venerato come il patrono dei giornalisti e di quanti diffondono la verità servendosi dei mezzi di comunicazione.

Mai come oggi il tema della verità è al centro della discussione pubblica e dell’attenzione pastorale. Secondo alcuni studiosi l’epoca attuale è addirittura caratterizzata dal fenomeno della post-verità. Una verità, cioè, che non corrisponde più con la realtà fattuale delle cose ma è legata, invece, a sensazioni ed emozioni: le proprie convinzioni personali, oggi, sembrano avere più importanza del reale svolgimento dei fatti. Un racconto ben fatto, ben costruito, e che va incontro ai gusti, ai desideri e alle convinzioni del pubblico, può addirittura sostituirsi alla verità ed essere ugualmente creduto come vero. Si tratta, come capite, di una questione di grande rilevanza.

La liturgia della parola di questa domenica, non casualmente, ci propone due episodi in cui si annuncia la verità. Nel primo caso è Giona che svolge la sua missione nella città di Ninive. Una città che il profeta Naum definisce come una “città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine, che non cessa di depredare”. Giona cammina per un giorno intero per Ninive predicando la conversione del cuore. I cittadini credono alle parole del profeta, cessano la loro condotta malvagia e Dio risparmia Ninive non distruggendola. Nel secondo caso è Gesù che in Galilea fa la sua prima predica e proclama la buona Novella. Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni sono i frutti di quella predicazione: abbandonano tutto e seguono Gesù che li fa diventare pescatori di uomini.

“Il regno di Dio è vicino convertitevi e credete al Vangelo”: sono queste le parole del figlio di Dio che risuonano come vere anche al mondo di oggi. Un mondo individualista ed edonista che assomiglia, nella sua dimensione esistenziale, alla città di Ninive. Ma che in più è attraversato da una pandemia terribile che non solo uccide migliaia di persone, ma rompe relazioni umane, attacca la famiglia, distrugge il lavoro. Nella nostra società, che come Ninive è “piena di menzogne” ed è “colma di rapine”, si è abbattuta una piaga sanitaria e sociale prodotta dal virus. Un virus che solo gli scienziati con il loro microscopio riescono a vedere e che, proprio per questo, qualcuno, in modo irresponsabile, ne arriva a mettere in discussione addirittura l’esistenza.

Si tratta in realtà di un morbo che attacca i più deboli e i più fragili e che sta sconquassando il nostro tessuto sociale e anche le nostre comunità ecclesiali. Dobbiamo fare di tutto per combatterlo. Con la virtù della prudenza, prima di tutto. Con la vaccinazione, come ha sottolineato Francesco, perché è “una scelta etica”. E anche con un racconto degli eventi vero e credibile, senza lasciarsi ammaliare da narrazioni complottistiche o negazioniste.

Per poter raccontare la “verità della vita che si fa storia”, scrive Francesco nel messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, occorre “mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà”. Occorre, in altre parole, “consumare le suole delle scarpe” come hanno fatto Giona e Gesù, per camminare in lungo e in largo per le nostre città, i nostri villaggi e raccontare i fatti mettendo in evidenza sia le difficoltà dei “fenomeni sociali più gravi” e sia le “energie positive che si sprigionano dalla base della società”. È opportuno cioè andare sul posto, vedere quello che accade e raccontarlo con obiettività. Perché, come scrive Francesco, “vieni e vedi” è il modo con cui “la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea”.

Cari fratelli e sorelle, il mio pensiero dal più profondo del cuore, in questo momento va a tutti coloro che stanno soffrendo per la perdita dei loro cari – nostra diocesi, per via del morbo, ha perso tre sacerdoti -, per tutti coloro che si trovano in ospedale e, infine, per le famiglie che si sono spezzate, o sono entrate in crisi a causa di questa pandemia. Un pensiero paterno lo rivolgo inoltre a tutti i ragazzi. In particolar modo agli adolescenti che vivono un’età di transizione, di crescita personale delicata e fondamentale per la loro vita, ma che sono costretti a viverla chiusi in casa, senza poter stabilire le normali relazioni sociali. C’è troppo silenzio su questi ragazzi e ragazze che si stanno caricando, inconsapevolmente, il peso sociale più gravoso di questa pandemia: questi giovani stanno rinunciando alla loro giovinezza, alla loro spensieratezza, al loro dinamismo.

Cari ragazzi mi rivolgo a voi, e vi esorto a dare un senso alle vostre rinunce. Anche se obbligatorie, e quindi impopolari, sono un gesto d’amore verso i più deboli, i più fragili, i più anziani. Sono rinunce che fate per amore dei vostri nonni, dei vostri vecchi, dei vostri disabili. San Francesco di Sales quando fondò l’ordine femminile insieme a Giovanna de Chantal disse che bisogna avere «confidenza in Dio» e compiere «seri sforzi dell’uomo». Tenete a mente queste parole: state facendo uno sforzo grande, ma abbiate fede in Dio come l’hanno avuto i discepoli. Seguite Gesù e farete cose grandi nella vostra vita.

Gualtiero Card. Bassetti
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve