Assisi – assemblea diocesana e consegna del piano pastorale sulla Carità politica. Mons. Sorrentino: “Abbiamo bisogno di cristiani più formati e consapevoli”

“Sarei tanto felice, se dopo tanti anni di servizio, nei quali ritengo di avervi dato nella mia povertà, linee di rinnovamento pastorale che credo vitali e urgenti, ma che siamo ben lontani dall’aver realizzato, mi deste la consolazione di sentirmi accompagnato ed esaudito. Credo che sarebbe un bene anche per voi, per la nostra Chiesa e per il nostro territorio. Tutto affido alla grazia e alla benevolenza del Signore”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, domenica pomeriggio 10 settembre nella cattedrale di San Rufino ad Assisi, nel corso della celebrazione eucaristica di consegna del piano pastorale dal titolo: ‘Carità politica per una Chiesa radicata nel territorio e nella storia’. Il vescovo Sorrentino ha spiegato che “arrivando alla carità politica, siamo a un punto particolarmente importante, ma anche particolarmente delicato del nostro impegno di Chiesa. Occorre formarci bene. La scelta che vi propongo quest’anno è appunto quella formativa”. Facendo riferimento poi alla proroga del suo mandato episcopale il vescovo ha precisato che “avevamo programmato da tempo questo discorso sulla carità politica, ma essendo io arrivato all’età canonica in cui noi vescovi siamo invitati a lasciare ad altri il testimone, temevo che proprio questo tema conclusivo sarebbe rimasto fuori dal mio servizio. Ed invece il Papa ha voluto confermarmi per questa sorte di tempi supplementari, di cui io stesso non conosco i termini. Mi sono permesso a conclusione di questa lettera, di usare ancora la metafora sportiva per dire che ringrazio Dio per avermeli dati, ma mi piacerebbe però che il ‘goal’ lo facessimo insieme”.

Poi il vescovo ha posto l’accento sulle linee guida del piano: “È tempo di un cristianesimo adulto, capace di essere informato, responsabile, attivo nella realtà sociale, economica, politica, perché il Vangelo illumini anche questi ambiti così vitali della civile convivenza”. A sottolineare e condividere i punti del piano pastorale era stato, sabato mattina, Marco Tarquinio, editorialista e già direttore di Avvenire, che si è soffermato, tra gli altri, sui temi della famiglia, ambiente, relazioni, pace, educazione, formazione.

“Il territorio della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, ma soprattutto Assisi – ha detto Tarquinio – è imperniato di fede profonda, con figure in grado di cambiare la vita della fede e delle persone. I cristiani sono uomini e donne che partecipano interamente al tempo in cui vivono, alle gioie, ai dolori, alle sofferenze e alle angosce degli altri fratelli e sorelle, nel segno della fede che, come diceva Benedetto XVI, aiuta a illuminare i valori che abbiamo saputo indagare e scoprire. L’azione politica è una delle azioni del cristiano”. Tarquinio ha poi fatto un appello alla fratellanza tra popoli: “Molti di quelli che arrivano da lontano hanno la nostra stessa fede e non ce ne accorgiamo, li cataloghiamo per il colore della pelle senza pensare a quello che hanno dentro. E non bisogna dimenticare che il tempo cui viviamo è quello in cui la famiglia ha perso le sue dimensioni fondamentali, una crisi frutto delle politiche che sono state fatte. Abbiamo perso la dimensione verticale, quando le generazioni convivevano e che nella società che abbiamo costruito si è spezzata: ora ognuno vive per conto suo. Ma abbiamo anche perso la dimensione orizzontale: è in crisi il rapporto genitori-figli, abbiamo costruito sistemi di vita e di lavoro per cui padre e madre fanno fatica a stare insieme e anche i figli faticano a stare con i genitori. Abbiamo perso la sapienza civile del matrimonio: lo pensiamo come una gabbia e abbiamo costruito società da rapporti flebili che si sciolgono rapidamente. Ma ridare unità e armonia alla vita degli uomini e delle donne è una sfida per cui la comunità cristiana può essere protagonista, difendendo la vita nascente e nel rispetto assoluto della vita morente”. L’assemblea diocesana si è poi caratterizzata per un interessante dibattito innescato dalle domande di alcuni amministratori e rappresentanti delle istituzioni presenti in sala, come il sindaco di Gualdo Tadino, Massimiliano Presciutti, il vice sindaco di Assisi, Valter Stoppini, la presidente del consiglio comunale assisiate, Donatella Casciarri e Laura Pizziconi, consigliere comunale del medesimo consesso.

Perugia – il cordoglio dell’arcivescovo Maffeis e dell’intera comunità diocesana per la morte dell’abate benedettino emerito Giustino Farnedi.

Appresa la notizia, nella mattinata dell’8 settembre, del ritorno alla Casa del Padre dell’abate benedettino emerito dom Giustino Farnedi (1939-2023), l’arcivescovo Ivan Maffeis esprime a nome suo e dell’intera comunità diocesana di Perugia-Città della Pieve il profondo cordoglio ai familiari e ai monaci dell’Abbazia perugina di San Pietro.
Il vicario generale don Simone Sorbaioli, che ha conosciuto l’abate Farnedi fin dall’arrivo di questi a Perugia (2004), dopo aver terminato il mandato presso il Monastero di Pontida, ne ricorda i tratti umani e spirituali dalle non comuni doti di «un pastore sempre innamorato e testimone della “Regola di San Benedetto” praticata nei suoi diversi incarichi svolti anche a livello diocesano, in primis quello di vicario episcopale per la Vita consacrata (2013), affidatogli dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti. Fu anche segretario delle Comunità di vita consacrata maschili (Cism) – ricorda il vicario generale –, distinguendosi non poco nella loro animazione e formazione. Significativa la sua collaborazione, svolta fino all’ultimo, di delegato vescovile per il Sacramento della Confermazione, incarico conferitogli nel 2005 dall’allora arcivescovo Giuseppe Chiaretti e confermato dai suoi successori Bassetti e Maffeis».

Don Simone Sorbaioli ha sempre molto apprezzato e stimato l’abate Giustino Farnedi anche per la sua «grande competenza e passione per lo studio e la ricerca sul Monachesimo occidentale, in particolare quello umbro e italiano, curando diverse pubblicazioni tra cui “L’Abbazia di San Pietro in Perugia e gli studi storici”. È stato un uomo e un benedettino di raffinata cultura che attraverso il suo lavoro di fine ricercatore ha saputo valorizzare ed attualizzare la storia e la testimonianza dei figli di San Benedetto, anche dal punto di vista sociale, non solo negli scritti ma nel suo ministero sacerdotale. La sua affabilità, disponibilità, cordialità mancheranno a tante persone che lo hanno conosciuto. Con tanti fedeli e non, non esitava ad intessere rapporti di amicizia. Per noi sacerdoti è stato un valido punto di riferimento spirituale e culturale da prendere di esempio, come anche la sua propensione a tessere rapporti di collaborazione in diversi ambiti pastorali con vescovi e parroci».

Dalla serata dell’8 al mattino del 10 settembre si potrà rendere omaggio e raccogliersi in preghiera davanti alla salma dell’abate Giustino, esposta nella chiesa abbaziale di San Pietro di Perugia dove lunedì 11 alle ore 10.30, sarà celebrata la messa esequiale. Al termine la salma verrà trasferita a Roma, presso l’Abbazia di San Paolo Fuori le Mura.

Breve nota biografica. Era nato a Roversano (Cesena) il 23 gennaio 1939, ultimo di sei figli i cui due maschi divennero entrambi sacerdoti. Il 18 ottobre 1959 emise la professione monastica a Santa Maria del Monte in Cesena, dove era entrato ad appena 11 anni, e lì fu ordinato sacerdote il 19 marzo 1964. Studiò Teologia e Liturgia nel Pontificio ateneo di Sant’Anselmo, diplomandosi in Biblioteconomia alla Biblioteca apostolica vaticana e in Paleografia, archivistica e diplomatica all’Archivio segreto vaticano. A Roma iniziò la sua attività di editore e di promotore della ricerca sulla cultura monastica. Fra i numerosi incarichi, negli anni ’80 fu direttore della Libreria editrice vaticana (Lev). Al termine del suo mandato alla Lev assunse incarichi di rilievo nel governo della Congregazione benedettina cassinese. L’11 ottobre 1989 fu eletto abate del Monastero di San Giacomo a Pontida (Bg), dove fu anche parroco, animando numerose attività religiose, culturali e sociali da suscitare l’apprezzamento e la stima profonda di tanti fedeli e delle autorità civili ed ecclesiastiche. Terminato il mandado di abate di San Giacomo, nel 2003, si trasferì per un anno nell’Abbazia di San Paolo Fuori le Mura a Roma, per poi giungere, l’’anno seguente a Perugia, nell’Abbazia di San Pietro divenendone conservatore del Monumento abbaziale e direttore dell’Archivio storico benedettino. Nel capoluogo umbro ha affrontato importanti studi sul monachesimo, realizzando non poche ricerche date anche alle stampe sulla storia dell’Abbazia perugina di San Pietro dove è morto l’8 settembre 2023, giorno in cui la Chiesa fa memoria liturgica della nascita della Beata Vergine Maria.

Assisi – assemblea diocesana sul tema “Carità politica”

“Il ministero dei pastori, istituzionalmente a servizio di tutti, non deve essere pregiudicato da logiche di parte e atteggiamenti impropri da ‘galoppini’ elettorali di questo o quel candidato, di questa o quella lista. In questo senso la Chiesa, come tale, ‘non’ fa politica. Educa tuttavia i suoi figli, in particolare i laici, a farla, e a farla bene. È un compito che fa corpo con la sua missione, ed è insieme cosa tanto urgente per la società. E per questo mi auguro che, oltre ai cittadini, sia presente anche una rappresentanza delle istituzioni che ogni giorno, nel loro impegno politico, si trovano ad affrontare i temi posti anche dalla dottrina sociale della Chiesa”. È l’invito del vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, in vista dell’assemblea diocesana sul tema “Carità politica”, che si terrà sabato 9 alle ore 9 al Centro pastorale di Santa Maria degli Angeli e poi domenica 10 alle ore 17 nella Cattedrale di San Rufino con la consegna del piano pastorale.

“Dobbiamo ritornare ai principi – dice il vescovo Sorrentino – e concentrarci sulla formazione. In tutti gli ambiti, anche nel nostro, non è più ammessa una conoscenza superficiale. Bisogna conoscere la dottrina sociale della Chiesa e farla conoscere; in gioco sono la persona umana, la fraternità universale, la casa comune dell’ambiente. Rispetto a queste problematiche tocca alla Chiesa educare i cristiani al senso critico e profetico”.

Per quanto riguarda il programma di sabato 9, dopo un iniziale momento di preghiera seguirà la relazione “Carità politica, per una chiesa radicata nel territorio e nella storia” a cura di Marco Tarquinio, editorialista e già direttore del quotidiano Avvenire. Al termine di un momento di dialogo e confronto ci sarà l’intervento conclusivo del vescovo Sorrentino. Infine si concluderà con la preghiera. Domenica 10 settembre alle ore 17, il vescovo presiederà la celebrazione eucaristica nella cattedrale di San Rufino, durante la quale verrà consegnato il Piano pastorale “Carità politica – Per una Chiesa radicata nel territorio e nella storia”.

Spoleto – celebrazioni per la solennità dell’Assunta. Mons. Boccardo ha richiamato la dignità inviolabile di ogni persona, fatta “a immagine e somiglianza di Dio”, qualunque sia la razza, il colore e la religione

“Bella al sol quando d’oro ammantata … Ave o pura Regina dei Santi … a Spoleto ti dava un guerrier”. A Spoleto, dal 13 al 15 agosto 2023, nelle celebrazioni per le solennità dell’Assunta, ha risuonato ancora una volta l’inno alla Santissima Icone. Celebrazioni che sono state presiedute dall’arcivescovo Renato Boccardo e si sono tenute nella Basilica Cattedrale.

Atto di affidamento. La sera di domenica 13 agosto c’è stato il solenne atto di affidamento a Maria della Diocesi e di tutte le comunità che la compongono. Ciò è avvenuto nel cuore dell’anno giubilare (ottobre 2022-ottobre 2024, ndr) indetto per l’825° anniversario del Duomo spoletino e nella solennità dell’Assunta, titolare proprio della Cattedrale e patrona dell’Archidiocesi. «L’anno del Giubileo – afferma mons. Boccardo – ha visto nei mesi scorsi il pellegrinaggio delle diverse categorie del popolo di Dio in Duomo: prego e spero che i diversi incontri e le liturgie celebrate abbiano contribuito e ancora contribuiscano a rafforzare il legame di appartenenza e dedizione dei credenti alla Chiesa locale. Questa sera affideremo alla Vergine le intenzioni, le urgenze, le paure e le difficoltà, le domande e le speranze di ciascuno». Ogni parrocchia era rappresentata dai rispettivi parroci e da una delegazione di fedeli. Al centro del presbiterio c’era la Santissima Icone donata a Spoleto da Federico Barbarossa nel 1185 in segno di pace e riconciliazione dopo che aveva distrutto la città; la tradizione afferma che sia stata dipinta da S. Luca ed è annoverata tra le immagini mariane del tipo della Paraklisis o della “intercessione”. Vescovo, presbiteri e fedeli hanno affidato ad essa, in modo particolare, la Chiesa diocesana di Spoleto-Norcia affinché – ha detto mons. Boccardo – «la sua bellezza non sia offuscata mai da un cristianesimo rassegnato e smorto; trasparente al Vangelo, assuma con coerenza ed entusiasmo la missione di annunciare, celebrare e servire il tuo Figlio Gesù, via, verità e vita del mondo».

Processione da S. Gregorio al Duomo. La sera del 14 agosto c’è stata la processione da S. Gregorio al Duomo con la Santissima Icone. Giunti davanti al Portico della Cattedrale, la processione si è fermata e i portatori della SS.ma Icone si sono collocati sotto il Portico, a lato della Porta Santa. Dopo una preghiera dell’Arcivescovo, c’è stato l’ingresso in Duomo dalla Porta Santa: prima mons. Boccardo, poi il clero e i fedeli, infine la Santissima Icone. Intanto la corale cantava l’inno “Bella al sol”.

Solenne pontificale. La mattina del 15 agosto mons. Boccardo ha presieduto il solenne pontificale dell’Assunta in Duomo. Presente il voce sindaco della Città Stefano Lisci. Nell’omelia il Presule ha detto che «Dio ci ha dato Maria come modello e come aiuto affinché comprendiamo che la meta del nostro cammino e il nostro destino è la vita di Dio, là dove sarà raccolto ed esaltato il tutto della nostra fragile ma nobile umanità. La realtà di questo corpo destinato ad una pienezza di vita e di gloria richiama ancora una volta la dignità inviolabile di ogni persona, fatta “a immagine e somiglianza di Dio” (cf Gen 1, 27), qualunque sia la razza, il colore e la religione. E sottolinea la responsabilità che incombe su ogni uomo e donna di buona volontà nei confronti dei suoi simili. Abbiamo ogni giorno davanti agli occhi la disperazione e le tragedie di tanti profughi e migranti, costretti a lasciare la propria casa e il proprio Paese in cerca di libertà e sicurezza per sé e per i propri figli. Destano pertanto preoccupazione e sconcerto, insieme a viva riprovazione, parole e atteggiamenti di persone e comunità ecclesiali e civili che, anche sul nostro territorio, rasentano l’intolleranza e il razzismo quando si tratta di assicurare una regolata accoglienza e dare volto e mani al dovere della solidarietà e della cura nei confronti di ogni fratello e sorella in umanità. Come se i “buoni” stessero necessariamente da una parte (la nostra), e i “cattivi” fossero automaticamente quelli che vengono da fuori. A me e a tutti ricordo, senza ulteriori commenti, la parola severa di Gesù: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (Mt 25, 45). Non dimentichiamo che Dio glorifica chi lo ha glorificato in vita mediante il suo corpo, cioè con le opere generate dalla fede e che manifestano la fede, come ha fatto Maria». Al termine della Messa c’è stata la tradizionale benedizione alla Città di Spoleto dalla loggia centrale della Cattedrale.

Spoleto – solenne Atto di affidamento della Diocesi alla Vergine Maria nell’anno giubilare

Domenica 13 agosto 2023 nella Basilica Cattedrale di Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto un solenne atto di affidamento a Maria della Diocesi e di tutte le comunità che la compongono. Ciò è avvenuto nel cuore dell’anno giubilare indetto per l’825° anniversario del Duomo spoletino e nella solennità dell’Assunta, titolare proprio della Cattedrale e patrona dell’Archidiocesi.

«L’anno del Giubileo – afferma mons. Boccardo – ha visto nei mesi scorsi il pellegrinaggio delle diverse categorie del popolo di Dio in Duomo: prego e spero che i diversi incontri e le liturgie celebrate abbiano contribuito e ancora contribuiscano a rafforzare il legame di appartenenza e dedizione dei credenti alla Chiesa locale. Questa sera affideremo alla Vergine le intenzioni, le urgenze, le paure e le difficoltà, le domande e le speranze di ciascuno». Ogni parrocchia era rappresentata dai rispettivi parroci e da una delegazione di fedeli. Al centro del presbiterio c’era la Santissima Icone donata a Spoleto da Federico Barbarossa nel 1185 in segno di pace e riconciliazione dopo che aveva distrutto la città; la tradizione afferma che sia stata dipinta da S. Luca ed è annoverata tra le immagini mariane del tipo della Paraklisis o della “intercessione”. Vescovo, presbiteri e fedeli hanno affidato ad essa, in modo particolare, la Chiesa diocesana di Spoleto-Norcia affinché – ha detto mons. Boccardo – «la sua bellezza non sia offuscata mai da un cristianesimo rassegnato e smorto; trasparente al Vangelo, assuma con coerenza ed entusiasmo la missione di annunciare, celebrare e servire il tuo Figlio Gesù, via, verità e vita del mondo». La diocesi spoletana-nursina è arrivata a questo solenne atto di affidamento “fresca” della riforma della presenza e dell’azione pastorale sul territorio con il passaggio da 71 parrocchie a 16 Pievanie LEGGI QUI. E alla Vergine è stata chiesta la sua potente intercessione per questo rinnovato slancio missionario, per far sì che «le nostre Pievanie – ha detto il Presule – diventino luogo e strumento di vita fraterna, affinché la gioia della Buona Novella sia da tutti conosciuta, esperimentata e amata».

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Assisi – festa di San Rufino. Monsignor Sorrentino: “Tante criticità, a cominciare dalla crisi della famiglia, occorre uno scatto di entusiasmo”

“La festa di San Rufino ci porta all’attualità. Ci interroga. Ci chiede se siamo una comunità che si arrende alla stanchezza, che guarda stupita agli eventi che la segnano senza capacità di reazione, quasi arrendendosi a una prospettiva di estinzione. San Rufino ci dice, con il suo martirio, che invece la primavera è già seminata. E per sempre”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, durante il Pontificale da lui presieduto sabato 12 agosto per la solennità di San Rufino, patrono della Città di Assisi e della diocesi. Alla solenne celebrazione nella cattedrale assisana erano presenti le autorità civili e militari, il clero diocesano e tanti fedeli.

“Abbiamo la grazia di avere come patrono il fondatore di questa Chiesa. Colui che con la sua parola, la sua vita e il suo sangue ha tracciato la via sulla quale essa ha camminato per secoli. Non tutte le Chiese hanno per patrono il fondatore. È un privilegio che ci fa sentire comunità che cammina nel tempo, nell’unità tra le generazioni che si avvicendano”, l’incipit dell’omelia. Nel ricordare che “Assisi è ricca di cultura pre-cristiana”, Sorrentino ha sottolineato come “è con il passaggio a quella cristiana che c’è stato un salto di qualità: la qualità che veniva ormai non da uomini, ma da Dio stesso. E noi oggi vogliamo dire a San Rufino che egli non è morto invano. Che il sangue versato per noi ha prodotto frutti. E non soltanto i frutti eminenti di santità che, soprattutto con Francesco, Chiara e oggi il beato Carlo, rendono questa città un’attrazione per la Chiesa universale. Ma anche la santità nascosta, quella della ‘porta accanto’, come la chiama papa Francesco, che ha contraddistinto tante generazioni di persone devote, coerenti, umili, che hanno trovato nella fede il senso della vita”.

Non mancano però le criticità: “L’era internet – ha continuato il vescovo – sta riplasmando i nostri pensieri, i nostri costumi, i nostri rapporti”, senza dimenticare “ciò che sta avvenendo nel mondo della famiglia, il piccolo mondo da cui tutto dipende. Siamo ormai in un tempo in cui il valore stesso dell’amore di coppia, che si fa per sempre anche amore genitoriale, capace di indissolubilità e di fecondità, è messo radicalmente in questione. Non sappiamo dove questa crisi dell’istituto matrimoniale ci porterà, ma certamente, se non c’è un’inversione di rotta, non ci porterà verso il bene”. Monsignor Sorrentino si è soffermato poi sul “prossimo tratto del cammino pastorale, incentrato sul tema della carità faremo un’applicazione che avrà come ambito la ‘polis’, la città in tutte le sue espressioni. Parleremo, il 9-10 settembre prossimo, di carità politica, di un amore che, proprio per essere l’amore di Cristo a noi trasmesso da san Rufino, non può essere il piccolo amore dei nostri sentimenti personali espressi in maniera individuale e verso singole situazioni di bisogno, ma deve diventare un amore a tutto campo. Occorre uno scatto di entusiasmo, che parte dal coraggio di guardare in faccia la realtà, ma soprattutto di fissare gli occhi su Cristo”.

Le celebrazioni per San Rufino, cominciate venerdì sera con la veglia di preghiera, la processione e la benedizione della città, vanno avanti nel pomeriggio del 12 agosto con la santa messa delle ore 18 e il concerto delle 21 in cattedrale, a cura della Cappella musicale di San Rufino.

Assisi – festa di Santa Chiara. Il cardinale Ferrer: “Chiara, esempio della bellezza di Cristo”

“Santa Chiara vergine e povera, nata da una famiglia aristocratica si unisce ai frati minori della chiesetta della Porziuncola, vestita col sacco della penitenza, divenendo, nelle parole di Papa Benedetto XVI, vergine sposa di Cristo umile e povero, affascinata dall’amore per Cristo che, bellezza della sua divina persona, riempie il suo cuore”. Lo ha detto il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto emerito del Dicastero per la dottrina della fede, nel corso della celebrazione eucaristica da lui presieduta in occasione della solennità di Santa Chiara di Assisi. Nella grande Basilica autorità civili e militari e moltissimi fedeli hanno preso parte alla festa dell’umile compagna di San Francesco di cui, l’11 agosto, si ricorda la memoria liturgica. Nella sua omelia il cardinale Ladaria Ferrer ha sottolineato le virtù e i carismi di Santa a Chiara. “Chi ha a che fare con Dio – ha detto – conosce i paradossi: Chiara non fa eccezione e ricorre alle contraddizioni per descrivere il suo sposo: dice, amandolo siete casta, toccandolo sarete pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine. Ha conosciuto Cristo e Cristo occupa la totalità del suo essere. Questa totalità si è impossessata di Chiara con luce interiore che le ha permesso di conoscere la gloria di Dio. Come San Francesco attraverso la contemplazione, che lei afferma essere un esercizio che ristora. Ma la pianticella di San francesco è consapevole che la bellezza con cui il Signore si è impossessato di lei – ha continuato ancora – non viene da essa: le gemme e i ricami sono frutto della virtù con la quale lo sposo l’ha adornata, prima di sposarla. Questa dimensione sponsale si concretizza in Chiara nella sua conformazione a Cristo povero: il linguaggio mistico e sponsale in cui si muoveva non le impediva al contrario di scendere in esercizio pratico delle virtù. Come tutte le sante e i santi mistiche della cristianità non è una mistica senza opere: le opere sono il decantatore della vera mistica. Santa Chiara non fa eccezione: in Cristo, dirà lei, rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità.

Chiara è attratta dall’amore di Cristo, la cui benignità sazia, la cui soavità ricolma, il cui ricordo risplende soavemente, al cui profumo morti torneranno in vita, la cui visione gloriosa renderà beati tutti i cittadini della celeste Gerusalemme. In lei e in altre donne sante, la Chiesa tutta per mezzo della mistica vocazione nuziale delle vergini consacrate, appare ciò che sarà la sposa bella e pura di Cristo, come diceva Benedetto XVI”. Al termine della santa messa il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino e il ministro provinciale dei Frati minori di Umbria e Sardegna, padre Francesco Piloni, hanno ringraziato il cardinale per la sua presenze e le belle parole espresse su Santa Chiara e la centralità di Cristo.

Perugia – celebrata la solennità di San Lorenzo, diacono e martire, titolare della Cattedrale. L’arcivescovo Ivan Maffeis nell’omelia: «Aiutaci a riconoscerci parte attiva e responsabile di una comunità»

Una “lettera” dal tono molto confidenziale, toccante temi anche di carattere sociale, può essere colta l’omelia pronunciata dall’arcivescovo Ivan Maffeis durante la solenne celebrazione eucaristica della memoria liturgica del Santo titolare della Cattedrale di Perugia, il diacono e martire Lorenzo, che la Chiesa celebra il 10 agosto. È la prima tenuta da mons. Maffeis in occasione della solennità di San Lorenzo, avendo ricevuto l’ordinazione episcopale l’11 settembre dello scorso anno nella cattedrale del capoluogo umbro. Il presule, nel rivolgersi a San Lorenzo, esorta i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà a vivere sull’esempio di questo martire della primordiale Chiesa di Cristo, non tralasciando nei ringraziamenti il neo diacono permanente Massimo Pio Gallì, ordinato da mons. Maffeis, come è tradizione, il giorno di San Lorenzo, nella cattedrale perugina, e «le tante persone che, come te (San Lorenzo, n.d.r), già vivono la logica del Vangelo e consegnano la loro libertà in tanti piccoli atti di servizio».

«Caro San Lorenzo, in questo giorno santo donaci la grazia di non rassegnarci a tanta superficialità – è anche la preghiera di mons. Maffeis –. Non stancarti di ricordarci che l’amore, anche se tante volte appare perdente, rimane il segreto intimo, la forza della vita, la forza che genera e rende feconda la vita. Aiutaci a calarci con disponibilità nella terra della nostra famiglia, in quella del lavoro, nella terra della nostra Chiesa e in quella – altrettanto sacra – della nostra Città».

Di seguito il testo integrale dell’omelia dell’arcivescovo Maffeis.

Caro San Lorenzo, la prima tentazione che in questo momento s’affaccia nell’animo nostro è quella di confinarti in una lontana vicenda – del resto, capirai anche tu, sei vissuto nella prima metà del III secolo… –; una vicenda che rievochiamo volentieri una volta all’anno, come si sfoglia un album di fotografie ingiallite dalla polvere del tempo; una vicenda, la tua, tra le più conosciute, che però stentiamo a raccordare con il nostro presente.
Così, da una parte, siamo pronti a celebrare le tue virtù e a venerarti nostro patrono, ma, dall’altra, badiamo di farlo tenendocene a debita distanza.
Davanti a te, che sei stato bruciato vivo a causa della tua testimonianza, usiamo la prudenza di chi – una volta colto il pericolo dell’acqua calda – gira al largo perfino da quella tiepida…
Perché, lo intuiamo, se per un attimo – un attimo soltanto – incrociassimo il tuo sguardo, se ci lasciassimo catturare dal fascino che la tua figura emana, se specchiassimo la nostra vita nella tua, fino a imitarla, potremmo rischiare di scottarci per davvero.
Eri diacono, ministro, strettamente unito al Vescovo e consacrato al servizio degli altri, dei poveri soprattutto. Probabilmente, Papa Francesco pensava proprio a te, quando qualche giorno fa, ai giovani di tutto il mondo riuniti a Lisbona, ricordava che “l’amore astratto non esiste. L’amore platonico sta in orbita, non nella realtà. L’amore è concreto, si sporca le mani con i poveri, i prediletti di Dio”.
Concreto il tuo servizio lo è stato davvero, al punto che, quando l’imperatore Valeriano cercò di spogliare la Chiesa, mosso dal sospetto che avesse accumulato tanti tesori nascosti, tu non ti sei fatto pregare due volte nel consegnarglieli. Hai radunato ciechi, storpi e zoppi e li hai presentati all’imperatore, dicendogli: “Ecco i tesori eterni, che non diminuiscono mai e che fruttano sempre…”. Una risposta puntuale e veritiera, ma che – concorderai – agli orecchi del potere doveva risuonare piuttosto beffarda, una sorta di presa in giro…
Hai pagato il tuo coraggio con il martirio, chicco di grano caduto nel nascondimento della terra, senza clamore alcuno.
Servizio, coraggio, martirio… Sai, noi oggi abbiamo altro per la testa. Stentiamo perfino a guardarci attorno, a lasciarci coinvolgere da quello che accade, preoccupati come siamo di tutelare le nostre libertà e i nostri diritti individuali: vi siamo aggrappati quasi fossero il nostro tutto, pretendiamo di trattenerli con avidità, al punto che per difenderli evitiamo con cura di assumerci impegni stabili, di legarci, di riconoscerci parte attiva e responsabile di una comunità.

Certo, se – a fari spenti – tu ci chiedessi se siamo contenti di vivere così, di organizzare la nostra vita a prescindere dalle conseguenze che le nostre scelte hanno sugli altri, probabilmente faremmo fatica a risponderti di sì. Per paura o per calcolo, quel chicco di grano che siamo rischia di conservare la sua forza straordinaria nel chiuso del suo involucro. Ci condanniamo allora – per esprimerci ancora con parole del Papa – a una vita “distillata”: “Quante vite distillate, inutili, che passano senza lasciare un’impronta, perché quelle vite non hanno peso!”

Caro San Lorenzo, in questo giorno santo donaci la grazia di non rassegnarci a tanta superficialità. Non stancarti di ricordarci che l’amore, anche se tante volte appare perdente, rimane il segreto intimo, la forza della vita, la forza che genera e rende feconda la vita. Aiutaci a calarci con disponibilità nella terra della nostra famiglia, in quella del lavoro, nella terra della nostra Chiesa e in quella – altrettanto sacra – della nostra Città.

Se tu intercedi per noi, sapremo abbandonarci con fiducia nelle mani di Dio. Eviteremo, allora, di assolutizzare le nostre opinioni e le nostre cose, arrivando a dare loro il giusto posto. Ricondotti all’essenziale, sperimenteremo la gioia di chi trova se stesso donandosi con gratuità; sentiremo che la vita altro non è che restituzione, risposta all’amore che abbiamo ricevuto.

Grazie per le tante persone che, come te, già vivono la logica del Vangelo e consegnano la loro libertà in tanti piccoli atti di servizio. Grazie per la disponibilità di Massimo Pio al diaconato, grazie per sua moglie Sandra e per la loro famiglia. Grazie a p. Giulio Michelini e a don Pietro Ortica, che ne hanno curato la formazione. Grazie per i nostri diaconi e i nostri presbiteri; grazie per gli uomini delle nostre Istituzioni… Sono tutte stelle che, con il loro operato, più che la notte di San Lorenzo, illuminano quella del nostro mondo.

+ Don Ivan Maffeis, vescovo

Assisi in festa per Santa Chiara e San Rufino

Assisi è pronta a celebrare le due solennità di Santa Chiara e San Rufino che cadono rispettivamente l’11 e il 12 agosto. Per quanto riguarda la solennità di Santa Chiara la novena “Beata te! Chiara vive le beatitudini” si concluderà mercoledì 9 agosto con i vespri solenni delle ore 18 presieduti dai Frati della Fraternità del Sacro Convento di San Francesco di Assisi e animati dal canto delle sorelle clarisse nella Basilica dedicata alla Santa.

Giovedì 10 agosto sono previsti alle ore 17,30 i primi vespri e a seguire la santa messa della solennità presieduta dal vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino. Alle ore 21 nel Santuario di San Damiano la veglia di preghiera nel transito di Santa Chiara sarà presieduta da padre Marco Moroni, custode del Sacro Convento di Assisi. Nel giorno della solennità, nella Basilica di Santa Chiara, sono previste diverse celebrazioni a partire dalle ore 7,15, con la santa messa conventuale officiata da padre Gianpaolo Masotti. Seguirà la santa messa alle ore 9. Alle ore 11 la concelebrazione solenne sarà presieduta dal cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto emerito del Dicastero per la dottrina della fede e animata dal Coro dei “Cantori di Assisi”. Nel pomeriggio, alle ore 17,30, i secondi vespri e la santa messa del transito di Santa Chiara saranno celebrati da padre Francesco Piloni, ministro provinciale dei frati minori di Umbria e Sardegna.

Per la solennità di San Rufino, patrono di Assisi e della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, le celebrazioni in cattedrale inizieranno venerdì 11 agosto alle ore 21 con la veglia di preghiera, la processione e la benedizione della città. Sabato 12 agosto sono previste la santa messa alle ore 8 e il pontificale delle ore 11, con la messa presieduta dal vescovo Sorrentino e animata dalla Cappella musicale di San Rufino. Nel pomeriggio la santa messa verrà celebrata alle ore 18, mentre alle ore 21 sempre in cattedrale si terrà il concerto in onore del patrono, sempre a cura della Cappella musicale di San Rufino.

“Vi invito a partecipare alle solennità di Santa Chiara e San Rufino, alle celebrazioni liturgiche, alla processione e al concerto, tutti eventi che ci aiutano a mettere l’animo in pace e in festa. Sarò felice di incontrarvi tutti e sono sicuro che con la benedizione dei nostri Santi andremo avanti con coraggio e speranza: i problemi non ci mancano, ma da credenti dobbiamo raccontare l’amore di Dio che non finisce mai di sorprenderci e ci dona la forza di andare avanti”. Sono le parole del vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, alla vigilia delle celebrazioni in programma ad Assisi dal 10 al 12 agosto.
“La festa del patrono – ricorda il vescovo – significa andare alle radici, a ciò che noi siamo oggi anche in forza dell’annuncio del Vangelo che san Rufino fece alla città e che sigillò con il suo martirio: ritrovarci alle radici della tradizione è vitalizzante, non possiamo smarrire le radici, ma dobbiamo riconoscerle e coltivarle”. Ma non meno importante è Santa Chiara, “che insieme a San Francesco, di cui era la pianticella, è il vanto della nostra città. Assisi la onora nella Festa del Voto, ma adesso c’è la sua festa e tanti pellegrini arrivano da tutte le parti del mondo e certo non possiamo mancare noi assisani”.

Le celebrazioni di giovedì 10 agosto alle ore 17.30 e venerdì 11 agosto alle ore 11 saranno trasmesse in diretta dall’emittente “Maria Vision” (in streaming all’indirizzo https://www.mariavision.it/maria-vision-italia e sul canale nazionale del digitale terrestre 255).

Perugia – L’arcivescovo Maffeis in visita ai tre Monasteri delle Clarisse della comunità diocesana, per la festa di Santa Chiara, nel 770° anno della morte (1253-2023)

La Chiesa fa memoria liturgica di Santa Chiara d’Assisi l’11 agosto, giorno della morte della fondatrice dell’Ordine delle Clarisse di cui quest’anno ricorre il 770° anniversario (1253-2023). L’arcivescovo Ivan Maffeis, il prossimo 11 agosto, farà visita alle comunità delle Clarisse parti integranti della comunità diocesana, che animano da secoli la vita dei Monasteri di clausura di Sant’Agnese in Porta Sant’Angelo e di Santa Maria di Monteluce in Sant’Erminio di Perugia e di Santa Lucia di Città della Pieve.

Donne donate completamente a Dio. Mons. Maffeis sarà in questi tre luoghi dell’Ordine di Santa Chiara per l’intera giornata, recandosi, al mattino, nei monasteri di Sant’Agnese (ore 8) e di Santa Lucia (ore 11), e, nel pomeriggio, in quello di Santa Maria di Monteluce (ore 18). Una visita, quella dell’arcivescovo perugino-pievese, per esprimere la gratitudine dell’intera comunità diocesana a queste donne che hanno fatto la scelta di donarsi completamente a Dio nell’abbracciare la regola della loro Santa fondatrice. Donne dedite alla preghiera incessante, alla contemplazione delle Sacre Scritture e alle opere di carità nel condividere quello che hanno (anche grazie a tanti benefattori) con quanti bussano (sono sempre di più) alla porta dei loro monasteri.

Ricchezza della Chiesa e del mondo. La loro la preghiera, richiesta da tante persone giovani e adulte (in presenza, per lettere, e-mail e canali social), unita al loro ascolto (in parlatorio e al telefono), sono la ricchezza della Chiesa e del mondo a cui non si può rinunciare, anzi vanno sostenute con l’attenzione e la vicinanza costante. Di questo ne è convinto mons. Maffeis nell’apprestarsi ad incontrare le 57 monache clarisse, insieme a 4 professe di voti temporanei e ad una postulante, che fanno vita di clausura nei tre monasteri. Come anche è convinto dell’importanza di fare conoscere sempre di più la testimonianza di fede di queste comunità religiose nella Chiesa e al di fuori. Occasione propizia per farlo è il 770° anniversario della morte della loro Santa fondatrice, che diventa anche momento di approfondimento degli insegnamenti e della storia di Chiara d’Assisi e del Francescanesimo in generale, in vista dell’atteso ottavo centenario del “transito” di San Francesco (1226-2026), oltre che di preghiera e ringraziamento al Signore della comunità diocesana per il dono delle sorelle Clarisse, affinché abbiano anche più vocazioni indispensabili al prosieguo della loro testimonianza umana e cristiana.

Ancore di salvezza e via verso Dio. Una testimonianza che va oltre la vita di clausura, perché, come raccontano le stesse Clarisse, «molte persone affidano alle nostre preghiere tante situazioni di sofferenza… Viviamo in mondo con tanta solitudine dove la comunicazione è facilissima, ma, al contempo, è superficiale e con scarso rispetto. Molti chiedono di essere accompagnati in un cammino di fede e di senso di dare alla propria vita, spesso segnata da dolori, inquietudini, povertà». La vita monastica, in particolare quella di clausura, evidenziano le Clarisse, «è molto importante per la stessa vita della Chiesa e del mondo, perché luogo di incontro con Dio in un momento di confusione, di conflitto che l’umanità sta vivendo. Santa Chiara, una piccola donna ma forte, che ha incontrato Dio senza fare tanto rumore, ci sostiene nell’indicarci una via da seguire per incontrarlo. Tante persone, anche giovani, arrivano nei nostri monasteri o ci contattano attraverso i mezzi tradizionali e nuovi di comunicazione, perché, come queste persone ci raccontano fin dal primo contatto, trovano in noi delle “ancore di salvezza” perché trasmettiamo la speranza che cercano».

Una clausura aperta al mondo. La clausura delle Clarisse, pur nel rispetto della regola impartita quasi otto secoli fa da Chiara d’Assisi, è aperta al mondo e lo è concretamente. Basti pensare ai momenti di preghiera, di incontro, di formazione e di ritiro spirituale offerti durante l’anno e in particolare nel periodo estivo. Basta visitare i loro siti web per rendersi conto di questa preziosa attività-testimonianza vissuta tra le loro mura, nelle loro foresterie in cui hanno accesso tutti gli interessati di vivere queste esperienze di crescita umana e cristiana all’insegna degli insegnamenti di Chiara e di Francesco d’Assisi, dalle studentesse e studenti di università, agli adulti, alle famiglie. Ad esempio, a Sant’Agnese, la cui chiesa è aperta ai fedeli tutti i giorni, dalle ore 6 alle 21.30, ed è visitabile lo splendido affresco della Madonna delle Grazie con Santi dipindo dal Perugino, si terrà, dal 9 al 16 agosto, il ritiro spirituale “Settimana con Dio”; mentre a Santa Maria di Monteluce, dal 13 al 16 agosto, si terranno delle giornate di approfondimento per ragazze sulla figura di Santa Chiara, e a settembre, dal 18 al 22, la “Settimana di studio” per studenti e studentesse.

Il rapporto con i giovani. Uno sguardo particolare le Clarisse lo riservano alle giovani generazioni, perché, spiegano, «le generazioni passano ed ognuna è diversa rispetto alla precedente, ma la Misericordia di Dio di generazione in generazione raggiunge il cuore di tutti i giovani dando senso e speranza alla loro vita. Dio, attraverso testimonianze di santità quali Chiara d’Assisi, aiuta tanti giovani a prendere una decisione per una vocazione sia al matrimonio, alla famiglia sia alla vita consacrata, perché Dio ha un disegno grande per ciascuno contribuendo alla costruzione della civiltà dell’Amore».

Clausura, antidoto alla chiusura del cuore. E per i giovani della GMG di Lisbona, come anche per quelli che sono rimasti a casa, le Clarisse pregano incessantemente, affinché, commentano, «i loro cuori si aprano a quest’Amore, non restino chiusi, come quando trascorrono intere giornate in solitudine nella propria stanza davanti al computer o al cellulare. Questa loro chiusura verso il mondo reale, ben lungi dall’esser clausura, spesso, purtroppo, coincide con la chiusura del loro cuore. Per questo li invitiamo a conosce la bellezza e la forza della nostra vita di clausura, vita donata per la pace e la speranza del mondo sull’esempio di Chiara e di Francesco d’Assisi».