Terni – celebrazione in preparazione alla Pasqua con i lavoratori dell’acciaieria e il cavaliere Arvedi

Nell’ambito delle celebrazioni in preparazione alla Pasqua, venerdì 8 aprile nella Cattedrale di Terni, il vescovo Francesco Antonio Soddu ha presieduto la messa per i lavoratori dell’acciaieria e i loro familiari, alla presenza del presidente di Acciai Speciali Terni Giovanni Arvedi, dell’amministratore delegato Mario Caldonazzo, della dirigenza aziendale, del prefetto vicario Andrea Gambassi, del questore Bruno Failla, delle autorità civili e militari della città, dei parlamentari umbri Alessandrini, Grimani e Nevi, dei rappresentanti della Regione Umbria, dei rappresentanti dei sindacati, del cappellano della fabbrica don Marcello Giorgi e animata dalla Corale del Cuore.
Prima della celebrazione il vescovo Soddu ha incontrato nella Curia vescovile il cavaliere Giovanni Arvedi e i suoi familiari per un saluto di benvenuto e per uno scambio di idee su questioni sociali, lavorative, ambientali del territorio.
Una celebrazione che rinnova la tradizione della Messa pasquale che riunisce e unisce direzione, maestranze, operatori e le loro famiglie, espressione della fede nel mistero centrale della religione: il mistero pasquale, mistero di salvezza e di speranza.
«Nella morte e resurrezione di Gesù Cristo – ha detto il vescovo nell’omelia – ci rendiamo conto che la vittoria sul male deve essere fatta con il bene assoluto, che è Dio. Pasqua significa nuova vita, operare nel bene e rendere lode a Dio che è nei cieli. Tutti dobbiamo adoperarci per fare opere buone ed essere capaci di rendere lode a Dio, così nelle opere buone possiamo mettere la mano di Dio benedicente che è sempre all’opera attraverso il nostro lavoro. Dobbiamo rendere presente Dio nelle nostre opere che ci auguriamo e vogliamo siano sempre buone».
Ha quindi ricordato un operaio di Terni che ha dato piena lode a Dio nelle opere buone, il venerabile Giunio Tinarelli «operaio dell’acciaieria che nella sua attività in fabbrica e di apostolo della pace e della sofferenza nella sua lunga malattia, è sempre stato esempio di fede, e che oggi vi consegno come fulgido esempio, affinchè per sua intercessione ogni vostra azione sia buona e tenda sempre alla lode di Dio, per il bene di Terni per il bene di questa regione dell’Italia e del mondo. Il lavoro significa puntare lo sguardo dove il lavoro ha un senso, quando al centro vi è la persona umana, non solo come forza lavoro, ma forza che dà nuovo slancio ai fratelli e sorelle con i quali ci troviamo a vivere, ma anche nell’ambiente da rispettare per una ecologia integrale che permetta una continuazione della vita e una vita sempre più piena».
Al termine della celebrazione alcuni lavoratori dell’Ast hanno donato al vescovo Soddu una croce in acciaio realizzata dalle maestranze dello stabilimento Arvedi di Cremona.

Emergenza Ucraina: a Maiano di Spoleto la Caritas diocesana inaugura l’emporio di indumenti “Don Guerrino Rota”. Don Edoardo Rossi: «Portate delle cose nuove. Comprare qualcosa per darlo ad altri è un gesto d’amore, è questo il vero spirito della carità».

Ad oggi la Caritas di Spoleto-Norcia accoglie, in stretta e proficua collaborazione con i Comuni che ricadono nel territorio diocesano, circa 200 profughi provenienti dall’Ucraina, alloggiati presso famiglie, opere diocesane, istituti religiosi e parrocchie. «La maggior parte – afferma il direttore don Edoardo Rossi – sono donne con bambini che arrivano senza nulla. La grande generosità della nostra gente, concretizzatasi in offerte economiche e consegna di generi alimentari, ci consente di prenderci cura di loro con amore. Ciò che manca – prosegue don Edoardo – sono vestiti, giochi e materiale per la scuola. E allora come Caritas abbiamo avuto l’idea di aprire un emporio nei locali parrocchiali di Maiano di Spoleto. Gli abitanti di questa comunità hanno accolto con entusiasmo il progetto e hanno sistemato gli spazi. Già diversi esercizi commerciali hanno donato indumenti, calzature, intimo, giochi, materiale per la scuola. L’Emporio sarà aperto il martedì e il giovedì, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 18.00. Chi volesse invece donare la merce può rivolgersi alla Caritas diocesana: 328 1615213 (numero dedicato alle emergenze) o 353 4058960 o 0743 220485». Don Edoardo, però, fa una raccomandazione chiara: «Portate delle cose nuove. Comprare qualcosa per darlo ad altri è un gesto d’amore, è questo il vero spirito della carità».

L’Emporio continuerà la sua attività anche ad emergenza Ucraina cessata. L’Emporio di Maiano nasce per rispondere alle esigenze della popolazione ucraina, ma poi rimarrà aperto anche quando sarà cessata l’emergenza, perché – dice don Edoardo – «accanto agli ucraini aiutiamo tante persone che fuggono da situazioni di miseria e guerra dal nord Africa e dal Medio Oriente; senza dimenticare poi i tanti aiuti che eroghiamo alle persone indigene: purtroppo sono sempre più numerose quelle che bussano alla nostra porta, soprattutto dopo i rincari di luce e gas degli ultimi tempi. Noi siamo qui, disposti a tendere una mano e ad ascoltare».

Infine, don Edoardo tiene a precisare che l’Emporio è stato intitolato a don Guerrino Rota, compianto parroco di Maiano e fondatore del Centro di Solidarietà di Spoleto. «È stato – afferma – un grande uomo e prete di carità. Ci è sembrato giusto dedicargli questo emporio. E a lui saranno intitolati anche tutti i punti di distribuzione indumenti che come Caritas abbiamo nel territorio diocesano: d’ora in poi si chiameranno Emporio “Don Guerrino Rota”.

Costruire la pace nello “spirito di Assisi” – Lettera del vescovo Sorrentino ai governanti dei popoli

Fratelli e sorelle, che vi trovate, a qualunque titolo, nel ruolo di governanti, con la responsabilità di prendere decisioni dalle quali dipende il presente e il futuro dell’umanità, vogliate ascoltare il grido che sale dalla coscienza che ci pone davanti al Dio eterno e misericordioso, mentre un’assurda guerra, scatenata con un’invasione, sta dilaniando due popoli fratelli in Ucraina, nel contesto di un mondo seminato di guerre spesso non meno disastrose ma più dimenticate.
Ho sentito il bisogno, come pastore di questa Chiesa di Assisi che diede i natali a San Francesco ed è tutta segnata dalla sua santità, d’intesa con i suoi figli che qui incarnano il suo carisma, di farvi giungere una parola semplice, “ingenua” come la sua, in armonia con il grido di dolore del Sommo Pontefice che porta il suo nome.

Nella sua semplicità il Poverello di Assisi scrisse una “lettera ai reggitori di popoli”. Desidero riecheggiarla e attualizzarla per voi, mentre l’umanità trema, e tanti fratelli e sorelle dell’Ucraina fuggono dalle macerie, ed altri imbracciano le armi per difendere la loro patria. Ci toccano il cuore. Ci domandano cose che non daremo mai abbastanza ­– e cioè accoglienza, solidarietà, amore, vicinanza ­– ma anche cose che non possiamo dare a cuor leggero, e cioè armi, che forse in questo momento sono per loro l’unico modo per difendersi, ma che, senza precise condizioni e misura, avrebbero un effetto boomerang su di loro e sui noi.

San Francesco, nella sua lettera ai reggitori dei popoli, si limitava a chiedere una sola cosa: di mettere in onore il pensiero di Dio. Scriveva: «Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico perciò, con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore».

Un approccio che può apparire semplicistico, di fronte a una realtà così complessa e dolorosa come quella che si sta oggi vivendo in Ucraina e di riflesso nel mondo. Ma forse il Santo era meno ingenuo di quanto possa sembrare, gettando, con quel suggerimento, le fondamenta stesse di ogni buon governo della società. Sta in questo orizzonte ciò che papa Francesco ci ha voluto dire consacrando il mondo a Maria. È la diplomazia della pace espressa con la forza mite della preghiera. È al tempo stesso l’incoraggiamento, in questo momento buio dell’Europa e dell’umanità, a credere nella forza della ragione, sapendo che essa è una scintilla inestinguibile, perché appartiene alla struttura della persona umana ed ha il suo fondamento nella presenza di Dio in ciascuna persona.

Occorre continuare a credere, nonostante tutto, nelle risorse della diplomazia, intesa come esercizio del diritto, della ragione e del dialogo.

Prima ancora urge, per tutti noi, ma con particolare responsabilità in chi ha la guida dei popoli, una vera “conversione”. Ci stiamo misurando con la “conversione” ecologica e digitale. Ma non è almeno altrettanto urgente la conversione morale e spirituale, una vera e propria revisione di vita? Francesco di Assisi invita tutti noi a farla guardando a Cristo crocifisso. Sulla sua croce, trionfa l’Amore. Sulla sua croce è anche spiegato che l’Amore consiste nel dono di sé. Tutto ci è dato in dono. Dobbiamo a nostra volta essere capaci di dono e di “perdono”. Si obietterà: non è questa una prospettiva per soli credenti? In realtà ci riguarda tutti, perché Dio è più intimo a noi dei nostri pensieri su di lui e delle nostre stesse negazioni di lui. Ciascuno di noi, guardandosi dentro con sincerità, è costretto a riconoscere di non essere Dio e, implicitamente, di dover rendere conto a Dio, comunque lo chiami o eviti di chiamarlo, secondo le differenti concezioni di vita e di fede.

Su questa base, necessaria – per implicita che sia – si può edificare un ordine sociale, economico, politico, internazionale, che non si risolva in un pragmatismo privo di orientamento, di fondamento e di anima, ma porti quel soffio di umanità che ci fa sentire tutti fratelli e sorelle, ponendoci, gli uni verso gli altri, in un atteggiamento di umiltà. San Francesco, di questa umiltà, fu maestro. Non si poneva come “superiore”, ma come “inferiore”, secondo il principio evangelico che egli aveva incarnato spogliandosi di tutto, dando poi ai suoi frati la regola: «che siano soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio».

Il segreto per sciogliere nodi complessi come quello che stiamo vivendo, alla luce del Vangelo e della spiritualità francescana, resta la preghiera, quella autentica, che implica una scelta di vita. Con la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria papa Francesco ci ha spinti a far leva sull’intercessione e l’esempio di quel “cuore” di Madre che sotto la croce vide massacrato un figlio, e non scagliò maledizioni ma continuò a benedire e perdonare. Atteggiamento troppo eroico? Privilegio dei santi? In effetti nessuno di noi può farsene maestro, se non quando riesce a viverlo nei panni degli innocenti aggrediti. E tuttavia questo ideale di umanità è da coltivare, per riempire i nostri cuori di sentimenti di benevolenza e di perdono, che ci servano nei momenti più difficili a non lasciarci risucchiare dall’odio.

Ci serve anche per resistere all’idea, che in questo momento potrebbe sembrare imposta dalla necessità, che si debba investire ancora di più per le armi, mentre in realtà andrebbe investito molto di più per sfamare i poveri. Se proprio di una difesa armata abbiamo bisogno, di fronte ad aggressori senza scrupoli, mi chiedo se non basti investire, a livello di innovazione tecnologica, per ideare strumenti che abbiano unicamente la funzione di contrastare e distruggere armi, non persone, mirando ad immobilizzare e rendere inoffensivo l’aggressore, senza togliergli la vita. Sarebbe una svolta “umanistica” della cultura della difesa, in vista di un mondo più sicuro e di una geopolitica della solidarietà, non sottoposta al diabolico ricatto della necessità degli armamenti. Se alleanze difensive, come la Nato, non si rigenerano alla luce di questi criteri, appariranno sempre a qualcuno una minaccia, e ne seguiranno reazioni uguali e contrarie. Quando si fermerà questa spirale?

Solo un orizzonte come questo può assicurare piena credibilità alla diplomazia, più che mai necessaria, ma che deve poter contare su una condivisione di valori fondamentali e su stabili e condivise istituzioni, come quelle dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. Accanto ad essa c’è forse bisogno anche di una diplomazia “carismatica”, sviluppata da persone non sospettabili di partigianeria e magari collocata in ambienti ispiranti, che siano per vocazione luoghi di pace. Mi auguro che tale venga riconosciuta – perché tale è – la diplomazia della Santa Sede che si è dichiarata disponibile a una mediazione. Se poi di un luogo carismatico si avesse bisogno, immagino che pochi luoghi al mondo possano vantare il fascino spirituale di questa Assisi, nella quale un ricco mercante otto secoli fa si spogliò di tutto, per appartenere solo a Dio e per essere, senza confini e senza misura, “fratello universale”. Ciò che i papi, da San Giovanni Paolo II in poi, hanno fatto in questi decenni, inaugurando in questa Città quel percorso di preghiera e di dialogo interreligioso, noto come “spirito di Assisi”, ne è testimonianza. Se dunque potesse essere utile un luogo come questo, nella sua anima ecclesiale, con la componente privilegiata dei figli di Francesco, ed anche – non ne dubito – nella sua componente civile, Assisi è pronta. In questa città benedetta assicuriamo, innanzitutto per le vittime, e poi per i governanti di Russia e Ucraina e per tutti i “reggitori dei popoli” chiamati a tessere le condizioni di un efficace tavolo della pace, la preghiera costante. Insieme garantiamo la “neutralità” necessaria per stare dalla parte delle vittime senza perdere fiducia nella capacità degli aggressori di tornare alla luce della ragione e del bene. A tutti il saluto-preghiera di San Francesco: «Il Signore vi dia la pace».

+ Domenico Sorrentino, vescovo

Perugia – l’atto di consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria. Il cardinale Bassetti: «Mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà la “pace a tutti gli uomini amati dal Signore»

«Grazie fratelli e sorelle, sacerdoti e autorità di essere qui presenti. Stasera non è stato il vescovo a convocarvi, a chiamarvi nella nostra cattedrale, ma è stata personalmente la Vergine Maria che ha voluto che tutta la nostra Chiesa fosse qui riunita, perché noi siamo obbedienti anche a tutta la sua tradizione. Sempre, quando ci sono stati dei pericoli imminenti, di tenebre intense, di grida di guerra per il mondo e per la società cristiana, come stiamo vivendo in questo momento, sempre si è invocato il nome del Padre e di Maria. Grazie ancora e che il Signore, attraverso la Beata Vergine a cui ci affidiamo e ci consacriamo stasera, ascolti e accolga le nostre preghiere». Così il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel saluto introduttivo della celebrazione eucaristica della Consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria della Russia e dell’Ucraina, in comunione spirituale con papa Francesco, nella preghiera per la pace, venerdì 25 marzo, nella cattedrale di San Lorenzo. Alla celebrazione hanno partecipato diversi sacerdoti, i rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, di Ordini cavallereschi e di confraternite e numerosi fedeli, conclusa dinanzi alla splendida e molto venerata immagine della Madonna delle Grazie con l’Atto di Consacrazione e l’omaggio floreale del cardinale Bassetti all’icona della Beata Vergine.

«Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande – ha evidenziato il cardinale nell’omelia –. Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa. Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera. Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo “sì”. Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà – come diranno gli angeli ai pastori – la “pace a tutti gli uomini amati dal Signore” (cf. Lc 2,14)».

Il cardinale Bassetti, soffermandosi sul significato della festa dell’Annunciazione a Maria (25 marzo) si è chiesto «che senso potrà mai avere in un contesto così doloroso e drammatico? Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel “Non temere”, detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti».

Omelia del cardinale Gualtiero Bassetti.

Carissimi fratelli e sorelle, accogliendo l’invito del Santo Padre Francesco, ci siamo anche noi raccolti questa sera in cattedrale per celebrare la santa eucaristia e pronunciare l’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’Immacolato Cuore di Maria, perché per intercessione della Madre di Dio torni a regnare la pace in quelle terre e in tutto il mondo.
Unito con tutti i pastori della Chiesa, pronuncerò le parole dell’atto di consacrazione al cuore di Maria, in cui desidero racchiudere, ancora una volta, le speranze e le angosce della Chiesa per questo nostro mondo.
Si tratta di un gesto non nuovo. Infatti, più volte i pontefici hanno affidato al cuore di Maria la speranza della pace e della concordia nel mondo. Lo ha fatto due volte Pio XII, durante la seconda guerra mondiale, poi ancora negli anni Cinquanta, vedendo dinanzi a sé le esperienze dolorose dell’intera famiglia umana. Lo hanno rinnovato i santi pontefici Paolo VI, durante il pellegrinaggio a Fatima nel 1967, e poi Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro nel giorno di oggi del 1984.
In particolare, il grande pontefice polacco, inginocchiato dinanzi all’immagine della Santa Vergine, così pregò: «O Madre degli uomini e dei popoli, tu che conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al Tuo Cuore: abbraccia, con amore di madre e di serva del Signore, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli».
Stasera è Papa Francesco, che in questi giorni ha seguito con grande trepidazione e sofferenza la tragica situazione della guerra in Ucraina, a chiedere di rivolgerci a Maria per invocare il dono supremo della pace.
Il contrasto tra quello che sta accadendo oramai da un mese in Ucraina, e quello che racconta la pagina del Vangelo di oggi, non poteva essere più grande.
Mentre le notizie di bombardamenti, devastazioni, occupazioni di città, vittime innocenti, bambini uccisi dalle bombe, o le notizie sulle centinaia di migliaia di profughi che arrivano anche nel nostro Paese sono sulle prime pagine dei giornali ed entrano prepotentemente nelle nostre case, noi celebriamo qualcosa di inaudito, quello che accadde nel segreto di una piccola casa, a Nazareth di Galilea duemila anni fa.
Quando il male e l’odio infuriano e sembrano avere l’ultima parola, nel brano dell’Annunciazione, l’evangelista Luca racconta di un amore grande: l’amore che lega Maria al suo promesso sposo, Giuseppe, e ancor di più l’amore di Dio per i suoi figli, per l’umanità intera.
Mentre in Ucraina imperversano la violenza, la forza e la prevaricazione, il Dio di cui parla l’arcangelo Gabriele è un Dio che chiede permesso, e che domanda a una giovane donna di dire liberamente il suo “sì”.
Soprattutto, mentre oggi gli uomini fanno la guerra, la risposta di Maria porterà – come diranno gli angeli ai pastori – la «pace a tutti gli uomini amati dal Signore» (cf. Lc 2,14).
Che senso potrà mai avere, carissimi fratelli e sorelle, celebrare l’Annunciazione a Maria in un contesto così doloroso e drammatico?
Questa festa, in un anno così particolare, dopo un lungo tempo di pandemia, e ora di guerra, ci conforta nelle prove, e mentre noi siamo presi dalla paura, dallo sconforto, dal timore di un conflitto globale, sentiamo che le parole dell’angelo sono rivolte anche a noi: quel «Non temere», detto in modo speciale a Maria, oggi è un invito di speranza che vale per tutti.
Ecco perché, in questo 25 marzo, tutta la Chiesa, con i Vescovi e le comunità del mondo intero, è unita a Papa Francesco. Egli ha desiderato compiere un atto di consacrazione al cuore di Maria che non solo richiama le apparizioni a Fatima, ma che ha radici ancora più profonde, già nella Sacra Scrittura.
Un grande esegeta come il cardinale Carlo Maria Martini spiegava che «il cuore è l’intimo dell’uomo, il centro della persona, il luogo profondo in cui la nostra persona prende coscienza di sé, riflette sugli avvenimenti, medita sul senso della realtà, assume comportamenti responsabili verso i fatti della vita e verso lo stesso mistero di Dio». Anche Papa Francesco, ultimamente, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, ha scritto che «nel cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo». Ecco perché – scrive ancora il Papa – Dio «cerca di parlarci nel cuore» (83).
Come Dio parla al nostro cuore, noi oggi, in questo tempo di prova per l’Europa, per il mondo, per le Chiese in Ucraina, noi oggi con tutto il nostro cuore vogliamo parlare al cuore di Dio, attraverso la consacrazione al cuore di Maria.
Con grande fiducia e speranza, mi inginocchierò, al termine di questa celebrazione, dinanzi alla venerata immagine della Santa Vergine, madre della Chiesa perugino-pievese onorata da secoli come Madonna delle Grazie, cui si sono rivolti i perugini nelle loro spirituali e materiali necessità, ottenendo aiuto e liberazione. Vogliamo perciò stasera far rivivere non solo la devozione, ma la fede nel patrocinio di Maria, che è, prima di tutto, madre della divina grazia che è Gesù, e quindi “madre del popolo cristiano” e cioè “della Chiesa”, ma anche ausiliatrice e mediatrice “di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace” (Prefazio).
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Amen!

Gualtiero Card. Bassetti

Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

Città di Castello – Comunità diocesana in preghiera per consacrare Russia ed Ucraina al Cuore Immacolato di Maria

Si è tenuta venerdì 25 marzo nel Santuario della Madonna delle Grazie la celebrazione eucaristica durante la quale la comunità diocesana di Città di Castello ha pregato, unendosi a Papa Francesco, per consacrare Russia ed Ucraina al Cuore Immacolato di Maria e per chiedere il dono della pace. Don Andrea Czortek ha presieduto la santa messa durante la quale è stata letta l’omelia del vescovo mons. Domenico Cancian, costretto in vescovado a causa delle restrizioni sanitarie legate al covid.

Omelia del Vescovo
Fratelli e sorelle, in vescovado, dove mi trovo a motivo del covid, celebro con voi (che vi trovate nell’amato santuario della Madonna delle grazie) e con tutte le comunità della nostra Chiesa Tifernate la solenne celebrazione dell’annunciazione del Signore.
Nove mesi prima del Natale del Signore, la Chiesa celebra il misterioso incontro tra Dio e l’uomo nel grembo di una donna, Maria, nostra sorella e madre. Il Si di Gesù al Padre che lo inviava nel mondo incontra il Si di Maria che volentieri lo accoglie nel suo seno e nel suo cuore.
In quel momento, nella oscura e periferica cittadina di Nazaret, in modo estremamente umile e misterioso, senza che nessuno si accorgesse, Dio si calava nella vicenda umana facendosi come noi. In modo altrettanto umile e misterioso Maria dava alla luce Gesù a Betlemme.
Da allora Dio “si fece carne …” (carne, dice il testo sacro) “e venne ad abitare in mezzo a noi”. Dio con noi, come noi, in mezzo a noi. Grazie a Maria, l’umanità, anche quella nostra, ha come Compagno di viaggio Gesù, il Figlio di Dio che si fa figlio dell’uomo prendendo su di se le nostre miserie, indicando la via per la verità e la vita, la via della Pace che tutti desiderano e non raramente sbagliamo.
È qui la nostra gioia e la nostra speranza, anche e soprattutto nel tempo che stiamo vivendo.

Fratelli e sorelle ieri era un mese dall’inizio della guerra in Ucraina. Le perdite umane e le sofferenze di ogni genere, le distruzioni e le devastazioni, i milioni di profughi e i bombardamenti che continuano anche sui civili, tutto questo tiene ancora nell’angoscia le nazioni direttamente coinvolte e il mondo intero, temendo conseguenze ancora peggiori.
Come trovare la via della pace vedendo che ogni giorno la situazione sembra ulteriormente complicarsi e la violenza crescere?
Giustamente il Papa ha chiamato tutti alla preghiera. Per questo noi siamo qui.
Le immagini di bambini, donne, anziani e morti abbandonati, chiamano in causa anche noi. Eravamo qui l’anno scorso a chiedere alla Madonna la fine della tragedia della pandemia che purtroppo è ancora in atto; ma la guerra è ancora peggio, molto peggio.
Lo sappiamo per esperienza: quando si indurisce il cuore non sentiamo ragioni, non dialoghiamo più, facciamo saltare anche le relazioni più profonde, quelle del sangue e degli affetti.
Condividiamo la denuncia decisa del Papa che definisce la guerra “insensatezza diabolica, barbarie disumana e sacrilega, follia“. Quando anche le comunità cristiane fanno fatica a dire no alla guerrae a ritenere la pace bene fondamentale e prioritario, allora ci rendiamo proprio conto di doverci mettere in ginocchio e invocarla come dono di Dio, in una preghiera accorata, penitente e coinvolgente. Davanti al “Principe della Pace e dell’Amore”, al Dio benevolo e misericordioso “che fa sorgere il sole su tutti”, che vuole abbracciare tutti come figli (anche quelli che noi giudichiamo cattivi) e vuole che noi viviamo nella gioiosa comunione familiare di fratelli e sorelle.
Siamo davanti alla sacra immagine della nostra patrona. Nei secoli passati innumerevoli Tifernati sono passati qui a invocare guarigione, liberazione e pace. Oggi siamo noi a portare la tragedia delle guerre in atto. Ce ne sono varie decinecon migliaia di morti e milioni di profughi che hanno perso tutto. Portiamo in particolare la drammatica situazione dell’Ucraina.
L’immagine della Madonna addolorata, la Pietà, qui davanti a noi con le spade che le trafiggono il cuore, dice bene la sofferenza nella sua massima espressione umana. Ci richiama per esempio la foto della giovane mamma riuscita a salvare il suo figlio coprendolo con il suo corpo e ricevendone tante ferite.
Gesù sulla croce prima di morire ha chiesto a Maria di accogliere gli uomini come suoi figli e a noi di accoglerla come madre. Ci ha fatto un regalo. Di una Madre come Lei ne hanno bisogno tutti gli uomini che dicono come prima e ultima parola “mamma”. Questa dolce parola ci sale dal cuore in modo coinvolgente in questo momento che ci richiama il venerdì santo di cui Maria è l’esperta straordinaria.

Mi piace riportare qui un dialogo tra Gesù e Maria, scritto da un autore ignoto e che facciamo nostro con forza questa sera.
“Che chiedi, o madre” le dice Gesù.
“La salvezza dei viventi”.
“Ma mi provocano a sdegno”.
“Compatiscili, figlio mio”.
“Ma non si convertono “
“e tu salvali per grazia”.

La Madonna delle Grazie sostenga la nostra domanda di pace e c’è la ottenga come grazia. E come a Cana, Gesù gliela concederà.
Ma insieme alla preghiera questa sera vogliamo tutti prenderci due conseguenti impegni.
Anzitutto di fare pace con qualche persona con cui abbiamo interrotto il rapporto. La pace nel mondo parte dalla pace del cuore di ognuno. La pace proviene dall’amore, dal perdono, dal mettere da parte ogni forma di violenza, arroganza, vendetta, anche piccola. Con San Francesco diciamo: “Signore, fammi strumento della tua pace” e il nostro saluto sia: “Il Signore ti dia pace!.
Inoltre impegniamoci, come già stiamo facendo (e vi ringrazio), a fare tutto il possibile per accogliere qualcuno, magari in casa nostra, e ad aiutare in modo significativo nellemodalità a tutti possibile chi adesso ha bisogno urgente di cibo, vestito, casa…La nostra Caritas è a vostra disposizione.

Fratelli e sorelle sia questa un’occasionedi conversione per prepararci alla S Pasqua 2022!
Abbiamo già celebrato la Pasqua della pandemia. La vicina Pasqua sia quella della definitiva vittoria sul male dell’odio, della violenza e della guerra. La passione, morte e risurrezione di Gesù porti alla luce un mondo fraterno senza più guerra e violenza!

Vi abbraccio e vi benedico

+ Domenico Cancian

I primi 10 anni della collana di pubblicazioni “Strumenti insegnamento Religione Cattolica” dell’ISSRA di Assisi

Ai primi 10 anni della collana di pubblicazioni “Strumenti insegnamento Religione Cattolica” sarà dedicato un convegno in programma giovedì 24 marzo, alle ore 17.30, nella sede dell’Istituto di Scienze Religiose di Assisi (ISSRA), presso il Seminario regionale della Città serafica, oppure in diretta streaming sulla piattaforma Cisco Webex (link: https://tediscite.webex.com/meet/av6.fbnfa).

I relatori. Porteranno i saluti iniziali: suor Roberta Vinerba, direttore ISSRA, e don Matteo Monfrinotti, direttore Settore Editoriale e Rivista Convivium Assisiense. Interverranno: mons. Valentino Bulgarelli, sottosegretario e responsabile del Servizio nazionale per gli Studi Superiori di Teologia e Scienze Religiose della Conferenza episcopale italiana (Cei) sul tema “La trasdisciplinarietà: problema o risorsa per l’insegnante di religione?”; padre Pietro Maranesi, già direttore ISSRA e fondatore della Collana, e suor Katia Roncalli, docente ISSRA, parleranno de “Il progetto editoriale: strumenti IRC tra passato e futuro”.

Strumenti IRC è una collana a cura dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi pensata appositamente per fornire agli insegnanti di Religione Cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, ma anche ai cultori di studi teologici a vari livelli e a tutti gli interessati, specifici spunti di riflessione per un costante aggiornamento su temi teologico-biblici di particolare rilevanza nell’attuale contesto culturale.

Ad oggi sono stati pubblicati 15 volumi. 1. F. Testaferri, Gesù e il suo ambiente, Cittadella, Assisi 2011, p. 82, € 8,00 2. S. Segoloni Ruta, C. Burini De Lorenzi, La Chiesa degli inizi, Cittadella, Assisi 2011, p. 136, € 10,50 3. A. Czortek, Una presenza che fa storia, Cittadella, Assisi 2012, p. 168, € 13,00 4. P. Maranesi, Francesco d’Assisi e i frati minori, Cittadella, Assisi 2012, p. 114, € 11,00 5. P. Benanti, F. Sciurpa, S. Segoloni Ruta, Un secolo di novità complesse, Cittadella, Assisi 2013, p. 214, € 16,80 6. M. Tosti, P. Maranesi, S. Segoloni Ruta, Veluti sacramentum, Cittadella, Assisi 2014, p. 136, € 11,80 7. P. Benanti, R. Vinerba, La persona in relazione con la vita, Cittadella, Assisi 2015, p. 130, € 11,80 8. M. Borgognoni, K. Roncalli, M. Reschiglian, R. Romio, Narrare la Fede ad una generazione incredula, Cittadella, Assisi 2016, p. 198, € 15,50 9. R. Vinerba, P. Maranesi, La persona in relazione, Cittadella, Assisi 2016, p. 84, € 10,50 10. F. Faraghini, An‑nikāh., Cittadella, Assisi 2017, p. 196, € 14,90 11. L. Diotallevi, M. Asselle, R. Vinerba, La persona dentro una società complessa, Cittadella, Assisi 2017, p. 118, € 11,90 12. A. Bini, M. Monfrinotti, M. Pucciarini, Pace e violenza, Cittadella, Assisi 2018, p. 98, € 10,90 13. Maschile e femminile nei testi sacri e nelle tradizioni dell’Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo. A cura di M. Monfrinotti, Cittadella, Assisi 2021, p. ??, € 00,00 14. Democrazia e teocrazia nei testi sacri e nelle tradizioni dell’Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo. A cura di M. Monfrinotti (in corso di stampa) 15. Bisogni educativi “specialmente normali”. Legislazione, criteri di individuazione, didattica differenziata e nuova tecnologia e servizio di alunni con DSA e BES. A cura di Katia Roncalli, Cittadella, Assisi, p. 208, € 19,90.

Norcia, festa di S. Benedetto. L’Arcivescovo Boccardo: «Rivolgiamoci insistentemente a Dio e agli uomini perché tacciano le armi».

Eugenio, ragazzo ucraino residente a Norcia, e il suo piccolo cugino che lo ha raggiunto pochi giorni fa insieme alla mamma scappando dalla guerra: sono stati loro gli speciali tedofori che hanno attraversato, la sera del 21 marzo, il corso della cittadina umbra con la Fiaccola benedettina pro “Pace et Europa una” con la quale è stato acceso il tripode dinanzi alla statua di S. Benedetto. La Fiaccola, espressione comune della Terra Sancti Benedicti (Norcia, Subiaco e Cassino) è stata benedetta da papa Francesco il 23 febbraio, è stata poi accesa a Norcia il 25 febbraio alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella ed infine è stata accolta a Madrid (ogni anno è portata in una capitale europea, ndr) nella cattedrale di Santa Maria de La Almuneda dal card. Carlos Osoro Sierra e a Santiago de Compostela dove è stato siglato un simbolico patto di amicizia tra il Cammino di S. Benedetto e quello di S. Giacomo. «È un momento di festa – ha detto l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo nell’accogliere in piazza la Fiaccola – e al tempo stesso di tristezza. Tutti noi assistiamo impotenti, giorno dopo giorno, alla barbarie che si sta realizzando in Ucraina. E tutti sentiamo nascere dentro di noi un moto di ribellione: non è possibile dopo il 2000 vivere ancora giorni come quelli che stiamo vivendo. Accogliere la Fiaccola di S. Benedetto, allora, diventa per tutti noi un monito che ci invita a diventare operatori di pace e un impegno che noi ci assumiamo qui, all’ombra di S. Benedetto, per dire no ad ogni forma di violenza e di sopraffazione». Sullo stesso tono gli interventi del sindaco di Norcia Nicola Alemanno, del rappresentate dell’Ambasciatore della Spagna in Italia e della presiedente della Giunta regionale dell’Umbria Donatella Tesei che ha pubblicamente ringraziato la Caritas e le parrocchie della regione per l’accoglienza dei profughi ucraini.
Nella giornata del 21 marzo, invece, festa liturgica del Santo, a Norcia ci sono stati tre momenti: la Messa conventuale al Monastero di S. Benedetto in Monte presieduta dal priore padre Benedetto Nivakoff, OSB; la sfilata del Corteo storico di S. Benedetto e la solenne concelebrazione eucaristica in piazza presieduta dall’arcivescovo Boccardo. Nell’omelia il Presule è tornato sulla guerra tra Russia e Ucraina: «È pur vero – ha detto – che non possiamo influire direttamente sulle decisioni dei grandi, ma possiamo giorno dopo giorno seminare attorno a noi gesti di giustizia, di accoglienza, di fraternità e di riconciliazione, immettendo e moltiplicando nel tessuto sociale quei germi di vita capaci di neutralizzare i germi di morte, quali l’egoismo, l’indifferenza, la superficialità. Lo possiamo e lo dobbiamo fare richiamando con forza quell’ideale di umanesimo cristiano che S. Benedetto ha incarnato e che può essere ancora oggi fecondo di frutti. Ci pare di ascoltare ancora la sua esortazione: “Soccorrere i poveri, visitare i malati, aiutare chi è colpito da sventura, consolare gli afflitti, … non odiare nessuno, non alimentare segrete amarezze, non essere invidiosi, non amare i litigi, evitare vanterie, nell’amore di Cristo pregare per i nemici, ritornare in pace con l’avversario prima del tramonto del sole” (Reg. 4, passim). In questa celebrazione eucaristica – ha concluso mons. Boccardo – rivolgiamoci insistentemente a Dio e agli uomini perché tacciano le armi; domandiamo perdono per le nostre durezze di cuore, per i nostri peccati che alimentano il male che è nel mondo; e preghiamo perché Dio doni la pace, illumini le menti di chi fa la guerra e siano risparmiate le sofferenze degli innocenti. Preghi con noi S. Benedetto, Patrono d’Europa».

Solennità di San Giuseppe 2022 – L’omelia del Vescovo Gualtiero e il video della S. Messa

La solennità di San Giuseppe cade, quest’anno, in un’ora della storia del mondo segnata dal conflitto in Ucraina. La cronaca di questi giorni difficili, destinati a lasciare sul campo un fiume in piena di sangue e di lacrime, ci chiama a fissare lo sguardo sul ritratto dello Sposo di Maria, “uomo giusto” (Mt 1,19), tracciato da Matteo con una sola pennellata. In Giuseppe risplende la virtù, detta “cardinale”, della giustizia, di cui la pace è il frutto maturo.

“La pace è opera della giustizia”: gli “operatori di pace” (cf. Mt 5,9) sono, per così dire, “promotori di giustizia”, la quale è uno dei quattro pilastri, assieme alla verità, all’amore e alla libertà, che sostengono la “casa della pace”, così come la disegna Giovanni XXIII nella Pacem in terris. Paolo VI, nella Populorum progressio, sottolinea che “lo sviluppo è il nome nuovo della pace” fra i popoli, la quale si fonda su strutture politiche ed economiche eticamente orientate, ma queste si edificano su basi solide solo se esistono processi di bonifica del cuore. La pace è, infatti, un dono di Dio da accogliere con premura e un progetto, mai totalmente compiuto, da realizzare con coraggio, tenendo bene a mente che se la pace è la “grande opera” della giustizia sociale, la riconciliazione del cuore è il “cantiere” della pace in continuo allestimento.

La pace è il risultato di un processo artigianale di purificazione e di elevazione culturale, morale e spirituale. La pace passa attraverso i piccoli gesti della vita quotidiana e giunge fino alle scelte degli uomini che hanno responsabilità di governo. È a partire da questa consapevolezza che la Chiesa si fa portavoce della “coscienza morale dell’umanità”; essa parla della pace sia all’imperativo che all’indicativo, non come qualcosa di facoltativo. Forse, mai come oggi, la Chiesa è così presente nelle “avanguardie della lotta per la pace”, senza prendere parte al “pacifismo da sfilata”, sia dichiarando che la corsa agli armamenti è un furto, un crimine, una pazzia, sia riconoscendo, come extrema ratio, il diritto di difendersi con una forza proporzionata alla violenza subita.

“La pace non è così semplice come la immagina il cuore, ma è più semplice di quanto non stabilisca la ragione (…). Bisogna essere almeno in due – sottolinea il card. Roger Etchegaray – per fare la pace, mentre basta uno solo per fare la guerra!”. Il dialogo è, in effetti, uno strumento efficace per camminare lungo la via della pace, che ha tre corsie: la diplomazia, la mediazione, il negoziato. “Se pensiamo ai conflitti bellici – osserva Papa Francesco –, le guerre si concludono, normalmente, in due modi: o con la sconfitta di una delle due parti, oppure con dei trattati di pace. Non possiamo che auspicare e pregare perché si imbocchi sempre questa seconda via; però dobbiamo considerare che la storia è un’infinita serie di trattati di pace smentiti da guerre successive”.

Fratelli e sorelle carissimi, il mondo non è ostaggio delle potenze degli inferi: la storia si dipana sotto lo sguardo misericordioso di Dio Padre. Egli, “a cui appartengono il tempo e i secoli”, apre sempre nuovi spazi al cambiamento di rotta, scegliendo di passare, con la croce di Cristo, attraverso la “cruna” del vagabondare della libertà umana. Il male non ha l’ultima parola: la preghiera ha il potere di cambiare il cuore dell’uomo e il corso della storia. “Pregare – assicura Papa Francesco – è portare il palpito della cronaca a Dio, perché il suo sguardo si spalanchi sulla storia”. Pregare significa osare chiedere a Dio la stessa benedizione concessa ad Abramo: “Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4,18).

All’intercessione di San Giuseppe, “la cui bontà è grande quanto il suo potere”, affidiamo l’invocazione suggerita da Papa Francesco: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! Ferma la mano di Caino! Illumina la nostra coscienza, non sia fatta la nostra volontà, non abbandonarci al nostro agire! Fermaci, Signore, fermaci! E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello. O Signore, poni un freno alla violenza! Fermaci, Signore!”. Questa supplica raccoglie il grido di dolore di una moltitudine immensa di persone costrette, in varie parti del mondo, a lasciare la propria terra divenuta un campo di battaglia. I tanti volti smarriti, soprattutto di donne e bambini, in fuga dall’Ucraina, richiamano alla mente il pianto degli Israeliti deportati in terra straniera: “Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion” (Sal 137,1). Le loro lacrime siano terse dalla nostra solidarietà concreta e generosa: nessuno di noi osi avere sulle labbra la parola pace senza custodire semi di pace nel cavo della mano.

+ Gualtiero Sigismondi

Guerra in Ucraina: supplica dell’Arcivescovo Renato Boccardo a Santa Rita per la pace. Visita del Presule agli ucraini accolti al Monastero di Cascia.

«Per l’Ucraina aggredita e umiliata, per la nostra Europa e per il mondo intero domanda con noi al Signore Gesù, principe della pace, giorni di pace»: con queste parole, domenica 13 marzo 2022, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo si è rivolto a Santa Rita nella supplica da lui appositamente composta per chiedere a colei che è stata donna di riconciliazione di intercedere per la pace in Ucraina. Prima della celebrazione eucaristica nella Basilica di Cascia, il Presule si è recato a salutare i dieci ucraini – due famiglie, tra cui un neonato e una donna incinta – accolti venerdì scorso dalle monache agostiniane che hanno risposto positivamente all’appello di mons. Boccardo. Alla Messa hanno partecipato molte persone: devoti della Santa, casciani e fedeli da altre zone della Diocesi. Col Presule hanno concelebrato: padre Luciano De Micheli, rettore della Basilica, don Canzio Scarabottini parroco di Cascia e rettore del Santuario di Roccaporena, gli altri agostiniani della comunità di Cascia. Presente il sindaco Mario De Carolis. «Siamo qui – ha detto il Vescovo nell’omelia – per chiedere l’aiuto di Santa Rita e per dire con forza che le nostre armi per fermare il male e la violenza sono la preghiera e la solidarietà. E ringrazio le monache per la loro disponibilità, l’amministrazione comunale per il prezioso supporto e voi cittadini di Cascia per la vostra generosità già dimostrata in questi due giorni verso questi nostri fratelli e sorelle. Preghiamo anche per coloro che fanno della violenza la loro forza: che il Signore, per intercessione di Santa Rita, gli faccia comprendere che la forza della ragione deve sempre avere la meglio».

Al termine della Messa, prima della benedizione, l’Arcivescovo, i concelebranti e il Sindaco si sono recati dinanzi l’urna di Santa Rita per la supplica composta da mons. Boccardo: «Santa Rita, sorella nostra, la tua esistenza ha profumato di Vangelo, hai accolto la parola del perdono che crea possibilità di vita sempre nuove, nel segno della spina ci hai parlato della sapienza della Croce che illumina di senso anche le prove più dure. / In quest’ora drammatica della storia, mentre avanziamo tra fragore di guerra e gemiti di morte, fiduciosi innalziamo la nostra supplica a te, che sei stata donna di riconciliazione e di pace: / la tua preghiera ottenga al nostro Continente uomini di mente illuminata e cuore magnanimo che, rinunziando ad ogni ambiziosa ricerca di prestigio e di potere, sappiano governare con vera sapienza i popoli loro affidati; / non prevalga tra loro la forza delle armi e la logica egoistica del profitto economico, ma si impegnino a collaborare nella ricerca del bene comune, per camminare insieme verso un futuro di sincera fraternità, dove siano assicurati per tutti la giustizia e il pane, la libertà e la pace; / implora per loro il dono dello Spirito Santo che fermi la logica della ritorsione e della vendetta, suggerisca soluzioni nuove, gesti generosi ed onorevoli, spazi di dialogo e di paziente attesa più fecondi delle affrettate scadenze della guerra;/ chiedi per noi la forza di essere sempre artigiani della pace, la capacità di guardare con benevolenza tutti coloro che incontriamo sul nostro cammino, la sapienza che ci fa trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia, le nostre tensioni in perdono. / Per l’Ucraina aggredita e umiliata, per la nostra Europa e per il mondo intero domanda con noi al Signore Gesù, principe della pace, giorni di pace. Amen»

Prima di lasciare la Basilica, mons. Boccardo si è recato all’interno del monastero, accolto dalla priora suor Maria Rosa Bernardinis, ed ha così ringraziato personalmente le religiose per aver aperto le porte agli ucraini. «Continuate – ha detto – nella vostra grande preghiera di intercessione per la pace in Ucraina».

Guerra in Ucraina – particolare Supplica a Santa Rita da Cascia da parte dell’Arcivescovo Renato Boccardo per chiedere la pace.

La terribile tragedia della guerra e dell’oppressione continua a ferire ed umiliare il popolo ucraino, l’Europa e tutta l’umanità. L’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, dopo aver affidato questa tragica situazione a S. Benedetto nella fiaccolata che si è tenuta domenica 6 marzo a Norcia, invita nuovamente i fedeli a riunirsi in preghiera con lui. Questa volta a Cascia, domenica 13 marzo 2022: alle ore 17.00 il Presule celebrerà la Messa nella Basilica di Santa Rita (diretta streaming sul canale You Tube: Santa Rita da Cascia Agostiniana). Col Presule concelebreranno: padre Luciano De Micheli, OSA, rettore della Basilica; don Canzio Scarabottini rettore del Santuario di Roccaporena e parroco di Cascia; presbiteri religiosi e diocesani della zona. Saranno presenti naturalmente le monache agostiniane con la priora suor Maria Rosa Bernardinis. Anche il sindaco di Cascia Mario De Carolis ha confermato la partecipazione.

Particolare Supplica. «Santa Rita – afferma mons. Boccardo è stata donna di pace e di riconciliazione: al termine della Messa, le rivolgerò a nome di tutti una particolare Supplica, affinché ottenga da Colui che è il Signore della pace e della vita consolazione e speranza per i sofferenti, giustizia per gli oppressi, luce per chi è accecato dall’odio e dalla violenza, perseveranza per chi è costruttore di pace. Desidero, quindi, continuare insieme con gli uomini e le donne che amano la pace a chiedere a Dio, Padre di misericordia, di suscitare con il suo Spirito in quanti reggono le sorti dei popoli desiderio di dialogo e volontà di pacificazione».

Il grazie a quanti aprono cuore e casa. «Noi, discepoli del Principe della pace, – dice ancora l’Arcivescovo – sentiamo forte il dovere di soccorrere questi fratelli e sorelle con la solidarietà e la preghiera. Mentre ringrazio tutti coloro che aprono il cuore e le case per assicurare accoglienza, compagnia e conforto a quanti, specialmente mamme e bambini, sono costretti a lasciare il proprio Paese, invito singoli e comunità a perseverare nell’intercessione per gli aggrediti e per gli aggressori».