I Vescovi umbri in Vaticano per la “Visita ad limina Apostolorum”. Lunedì 18 marzo l’incontro con Papa Francesco e poi nei vari Dicasteri della Santa Sede

È iniziata lo scorso gennaio la “Visita ad limina Apostolorum” dei vescovi delle sedici regioni ecclesiastiche italiane “alle tombe degli apostoli”. L’ultima risale alla primavera del 2013, poche settimane dopo l’elezione di papa Francesco. I vescovi dell’Umbria saranno in Vaticano dal 18 al 22 marzo, vivendo momenti particolari in cui i Pastori riferiranno al Papa circa l’andamento delle loro Diocesi per averne indicazioni e risposte. Come evidenzia la Costituzione apostolica “Praedicate evangelium” di papa Francesco, la “Visita ad limina” rappresenta «il momento più alto delle relazioni dei pastori di ciascuna Chiesa particolare e di ogni Conferenza episcopale… con il Vescovo di Roma. Egli, infatti, ricevendo i suoi fratelli nell’episcopato, tratta con loro delle cose concernenti il bene delle Chiese e la funzione pastorale dei vescovi, li conferma e sostiene nella fede e nella carità. In tal modo si rafforzano i vincoli della comunione gerarchica e si evidenziano sia la cattolicità della Chiesa che l’unità del Collegio dei vescovi».

Lunedì 18 marzo: ore 7.15: Messa sulla tomba del beato Apostolo Pietro nella Basilica di S. Pietro presieduta da mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra; ore 9.00: udienza con il Santo Padre. Mercoledì 20 marzo: ore 7.30: Messa; ore 9.15: incontro al Dicastero per i Vescovi; ore 10.45: incontro al Dicasteri per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; ore 12.15: incontro al Dicastero per la Dottrina della Fede; ore 15.00: incontro al Dicastero per la Comunicazione. Giovedì 21 marzo: ore 7.30: Messa; ore 9.45: incontro al Dicastero per la Cultura e l’Educazione; ore 11.00: incontro al Dicastero per l’Evangelizzazione; ore 12.30: incontro in Segreteria di Stato e Sezione Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali; ore 16.00: incontro al Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; ore 17.15; incontro per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Venerdì 22 marzo: ore 7.30: Messa; ore 9.15: incontro con la Segreteria Generale per il Sinodo; ore 10.30: incontro al Dicastero per il Clero; ore 12.00: incontro al Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Le parole dell’arcivescovo Boccardo. «Recarsi alla “Visita ad limina” vuol dire innanzitutto – afferma il presidente della Ceu mons. Renato Boccardo – andare a confrontare la nostra fede con la testimonianza degli apostoli Pietro e Paolo. Raccogliere la loro adesione al Signore Gesù diventa una scuola di vita e uno stimolo alle attività pastorali delle nostre Chiese umbre. E poi andiamo in Vaticano per raccontare al Papa, vescovo di Roma e successore di Pietro, la vita quotidiana delle diocesi dell’Umbria, per ricevere da lui il conforto, l’orientamento e l’incoraggiamento a proseguire nell’annuncio della gioia del Vangelo. Si tratta di una tappa nel cammino normale delle nostre Diocesi che ci arricchisce, ci sostiene e ci sprona per rinnovare dal di dentro le nostre comunità, in una testimonianza efficace che passa attraverso la vita dei sacerdoti, dei consacrati e delle consacrate e dei fedeli laici».

Commissione Liturgica – Convegno “Partecipazione e ministerialità per una liturgia viva”

La commissione regionale per la Liturgia promuove un convegno regionale per i 60 anni della Sacrosantum Concilium, domenica 17 marzo alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli.
“Partecipazione e ministerialità per una liturgia viva” il tema dell’incontro che avrà inizio alle ore 15.30 con i saluti del vescovo Domenico Sorrentino. Seguiranno le relazioni di don Norberto Valli “La partecipazione attiva”, di mons. Valentino Bulgarelli “La ministerialità nella Liturgia” e di Suor Veronica Donatello “Liturgia e disabilità: dall’inclusione all’identità”.
L’incontro si concluderà alle 18.30 con la recita dei Vespri.

Ceu – don Marco Briziarelli nuovo delegato regonale Caritas e don Marco Rufini coordinatore regionale della Commissione per la pastorale sociale e del lavoro della Ceu

Nella riunione della Ceu del 5 marzo 2024, i vescovi hanno nominato don Marco Briziarelli, del Clero di Perugia-Città della Pieve, delegato regionale della Caritas Umbria, e don Marco Rufini, del Clero di Spoleto-Norcia, coordinatore regionale della Commissione per la pastorale sociale e del lavoro della Ceu. I due sacerdoti subentrano rispettivamente al diacono Mauro Masciotti e all’avv. Francesca Di Maolo a cui i vescovi esprimono ringraziamenti e gratitudine per il servizio pastorale da loro svolto alla Chiesa umbra.
Breve nota biografica dei due sacerdoti umbri.
Don Briziarelli, classe 1980, è nato a Perugia ed ordinato sacerdote il 25 giugno 2016, direttore della Caritas diocesana, parroco della cattedrale di San Lorenzo di Perugia. Tra gli incarichi ricoperti in diocesi quello di assistente spirituale dell’UNITALSI e di presidente dell’Associazione “Amici del Malawi”.
Don Rufini, classe 1967, è nato a Spoleto ed ordinato sacerdote il 27 settembre 1997, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, attuale pievano della Pievania dei Santi Benedetto ed Eutizio di Norcia e Preci.

Ceu – incontro con il presidente e il direttore di Caritas italiana, il direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei

Il 5 marzo, presso la sua sede, nel Pontificio Seminario Umbro “Pio XI”, la Conferenza episcopale umbra ha incontrato il presidente e il direttore di Caritas italiana, l’arcivescovo di Gorizia mons. Carlo Roberto Maria Redaelli e don Marco Pagniello, e il direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso don Giuliano Savina. Inoltre ha affrontato alcuni temi tra cui gli impegni dell’imminente Visita ad Limina Apostolorum dal Santo Padre Francesco, in calendario dal 18 al 22 marzo, e provveduto alle nomine del delegato Caritas Umbria e del coordinatore della Commissione per la pastorale sociale e del lavoro della Ceu.
Maggiore crescita della Carità nelle comunità. «I vescovi dell’Umbria sono molto interessati e coinvolti nel tema della Caritas, ma anche preoccupati nel senso di farla crescere ancora di più soprattutto nella dimensione di attenzione e formazione alle comunità parrocchiali». È il commento, a margine dell’incontro con la Ceu, del presidente della Caritas italiana, che ha aggiunto: «Apprezzo quanto i vescovi stanno facendo pastoralmente per fare crescere le comunità non solo ecclesiali, ma anche civili alla Carità con una sensibilità maggiore, perché la presenza della Caritas ha un’attenzione specializzata, molto attenta alla povertà che causa esclusione sociale. È una preoccupazione positiva, molto forte da parte dei vescovi umbri, che è anche la preoccupazione di Caritas italiana – ha sottolineato mons. Redaelli -, quella di lavorare molto non soltanto sull’attenzione alla povertà, ma sulla crescita della funzione pedagogica di Caritas italiana di una testimonianza della Carità che faccia lievitare davvero questa dimensione tipica dei cristiani».

Perugia – celebrati i primi cinque anni della parrocchia greco-cattolica romena

«Visitando i malati, entrando nelle case, trovo tante romene al fianco delle nostre famiglie. Gli italiani sanno che nel momento in cui voi smetteste di lavorare, le nostre famiglie si troverebbero in serie difficoltà. Mi auguro e auguro a voi che possiate trovare sempre accoglienza e dignità e, quando queste non ci fossero, possiate trovare in noi dei fratelli che si fanno carico di questa sofferenza». Così l’arcivescovo Ivan Maffeis alla divina liturgia concelebrata con il visitatore apostolico per le comunità greco-cattoliche europee, l’arcivescovo Cristian Crişan, il 25 febbraio, nella chiesa greco-cattolica romena, in via Col di Tenda, a Perugia, in occasione dei primi cinque anni di questa comunità parrocchiale guidata da don Lucian Cordis.

«Una sofferenza – ha proseguito mons. Maffeis – che si aggiunge a quella da voi provata per la lontananza dai vostri cari. Nell’esprimere gratitudine al parroco don Lucian, che costruisce comunità portando alla nostra Chiesa, tante volte arida di spiritualità, un polmone della tradizione orientale, non posso non essere grato ai romeni perché in voi troviamo un popolo dignitoso e lavoratore che ci aiuta a camminare insieme, ricordandoci che siamo un’unica Chiesa con quella ricchezza che vive nella diversità senza mai far venire meno l’unità in Cristo Gesù nostro Salvatore».

Lo stesso arcivescovo Crişan ha parlato della Chiesa cattolica che «respira meglio quando ha due polmoni sia per gli orientali che per gli occidentali, mostrando la bellezza della Chiesa della diversità. Siamo un segno profetico di unità all’interno di questa diversità, come ci ricorda il documento conciliare “Lumen gentium”».

«L’Italia è la nostra seconda patria e la Chiesa italiana – ha commentato mons. Crişan – ha saputo accogliere la nostra presenza che in Romania è testimoniata a prezzo di sangue. Con il parroco don Lucian abbiamo voluto collocare in chiesa l’icona raffigurante i sette beati martiri greco-cattolici romeni beatificati dal Santo Padre Francesco nel 2019. Noi crediamo molto all’ecumenismo del sangue e del martirio e siamo sicuri che, nel coraggio dei martiri, la Chiesa sa trovare degli spunti nei tempi non facili in cui viviamo».

Alla celebrazione dei primi cinque anni della parrocchia greco-cattolica romena di Perugia, una delle 73 presenti in tutt’Europa di cui 35 in Italia, sono intervenuti diversi parroci provenienti da Nord a Sud della Penisola e alcuni seminaristi di Roma. Si è pregato anche per le vocazioni alla vita sacerdotale e alla vita consacrata, non trascurando la preghiera per la pace in un mondo segnato da guerre e violenze come in Ucraina, Paese confinante con la Romania.

Riccardo Liguori

Assisi – Appello contro la guerra e l’uso del nucleare nel corso del convegno del Comitato per una Civiltà dell’Amore

“Il nucleare costituisce una minaccia per l’umanità, si pensi alle 12.500 testate nucleari strategiche esistenti di cui i 3.700 già schierate su missili e aerei. In questo luogo, la sala della Spogliazione, in cui risuonano otto secoli di messaggio di pace incarnato dal corpo nudo di Francesco di Assisi, questo dibattito ha qualcosa di paradossale e, al tempo stesso, di attuale e di ispirante per il cammino dell’umanità”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, nel suo intervento al convegno “Religioni e conversione delle armi nucleari in progetti di pace e sviluppo” organizzato dal Comitato per una Civiltà dell’Amore, in corso oggi, sabato 24 febbraio, nella sala della Spogliazione del palazzo vescovile ad Assisi.

“Proprio questo luogo e la bomba valoriale che rappresenta – ha aggiunto monsignor Sorrentino – ci hanno ancora una volta spinto a collaborare con Civiltà dell’Amore aprendo gli spazi del nostro Santuario a una riflessione che, non a caso, in questa giornata si declina come un momento di riflessione-preghiera, e poi, solo dopo, nelle ore pomeridiane, di riflessione prospettica e, se si vuole, politica, proiettata sugli sviluppi di una energia nucleare che, con gli uomini che l’hanno scoperta e declinata per il male, in una energia che si ‘converta’ in possibilità di bene, facendo i conti onestamente sulla questione dei rischi di una tale conversione”. Monsignor Sorrentino ha lodato anche la “connessione” di questo convegno allo ‘spirito di Assisi’, coniato proprio in termini di preghiera per la pace da San Giovanni Paolo II, che “convocando ad Assisi il 27 ottobre 1986 i leader religiosi dell’umanità, volle dare un ruolo ed anzi un primato alla preghiera, come espressione di un dialogo del vissuto più che del parlato, un vissuto in cui si fa spazio alla grazia più che all’iniziativa umana”.

La giornata, voluta nel giorno del secondo anniversario della guerra in Ucraina, si è aperta con i saluti di padre Marco Moroni, custode del Sacro Convento e di Giuseppe Rotunno, presidente del Comitato per una Civiltà dell’Amore, ma anche del sindaco di Assisi Stefania Proietti, che ha sottolineato la sua gioia per “un momento davvero bellissimo in cui alla preghiera si unisce un argomento che forse suscita riso e ironia, il disarmo nucleare. Ma vorrei ringraziare il presidente Rotunno che ci fa sentire la responsabilità e il dovere di richiamare alla pace. Porto il saluto di una comunità intera che chiede con forza che Assisi spenda il suo nome per la pace, e che condanna le manganellate ai minorenni che si impegnano per la pace. Chiediamo inoltre di non fermarci al disarmo, parliamo anche del boicottaggio dell’economia di guerra”.

Al panel “Le Religioni e la conversione nell’era globale”, oltre al cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico in Mongolia, la Commissione Spirito di Assisi, i rappresentanti delle religioni e Andrea Bartoli della Sant’Egidio Foundation for peace and dialogue, è intervenuto anche il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme: “Saluto questo incontro su pace e dialogo religiosi che arriva in un momento molto difficile in Terra Santa: nessuno vuole sentire la parola pace e in pochi ci credono, non si vuole neanche sentire parlare di rapporto tra religioni e pace, perché si dice che i motivi delle tensioni siano religiosi e che ci siano delle scelte politiche legate alla religione. Quello che viviamo è il momento più difficile degli ultimi decenni, ed è uno spartiacque nella vita politica del paese. Tra israeliani e palestinesi ci sono questioni rimaste in sospeso che ora sono esplose e serve affrontare i problemi alla radice: oggi le relazioni tra le varie comunità sono ai minimi storici, gli ebrei non si sentono supportati da cristiani e i musulmani sono accusati di essere conniventi con i fatti 7 ottobre, mentre cristiani si dividono qui e là. Ma la crisi deve essere un’opportunità e un momento di crescita: il dibattito ha puntato molto sulle ferite del passato, un bagaglio che ci portiamo tutti dietro, ma bisogna guardare le ferite del presente e il dialogo interreligioso deve essere capace di costruire prospettive per il futuro. Abbiamo bisogno di una nuova sintassi del dialogo interreligioso, di rimettere a fuoco temi e rapporto tra politica e religione, il rapporto tra fede, religione e Stato, il rapporto tra religione e terra. Noi cristiani abbiamo spiritualizzato la lettura biblica, ma altri non lo hanno fatto: ci sono differenze che non abbiamo affrontato e ora sono nodi venuti al pettine. Bisogna abbattere pregiudizi e stereotipi, un passo necessario per costruire prospettive di pace: in Medio Oriente non si può parlare di pace senza religione, ma finora la visione religiosa non è stata inclusa, si parla solo di territori e spazi, argomenti che non hanno funzionato. È necessario riconnettere la visione religiosa ‘liberata’ dal potere, dai condizionamenti, per illuminare chi decide nella maniera giusta perché, se si costruiscono prospettive di pace in Medio Oriente verrà contagiato anche il resto del mondo”.

Nel pomeriggio il panel dal titolo: “La conversione delle armi nucleari e la pace nel mondo”. Dopo il dibattito, la giornata si chiuderà con le riflessioni finali di monsignor Sorrentino e del presidente Rotunno.

Perugia – L’arcivescovo Ivan Maffeis è stato nominato membro del Dicastero delle Cause dei Santi.

L’arcivescovo Ivan Maffeis è stato nominato da papa Francesco membro del Dicastero delle Cause dei Santi. L’annuncio è stato dato dalla Sala Stampa della Santa Sede, il 17 febbraio, a cui ha fatto seguito il sentimento di gratitudine del vicario generale, don Simone Sorbaioli, a nome della Chiesa di Perugia-Città della Pieve, unito all’augurio di buon lavoro a mons. Maffeis nell’apprestarsi a svolgere il delicato e impegnativo incarico.
«Apprendiamo con soddisfazione e sentimento di gratitudine al Santo Padre Francesco, che il nostro Arcivescovo è stato nominato membro del Dicastero per le Cause dei Santi – commenta il vicario generale don Simone Sorbaioli –. I sacerdoti e tutti i fedeli dell’Arcidiocesi perugino-pievese augurano a mons. Maffeis un buon lavoro a servizio della Chiesa universale e confermano stima ed affetto».

Basilica di San Francesco Assisi – svelato il vero volto di San Francesco, lavori di restauro a cinquant’anni dall’ultimo intervento

La Maestà di Assisi torna al suo splendore. Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa di presentazione e lo svelamento dell’affresco della “Madonna in trono col bambino, angeli e san Francesco” di Cimabue, noto anche come “Maestà di Assisi”, a conclusione dei lavori di restauro realizzato da un’équipe della Tecnireco diretta dal capo restauratore della Basilica di San Francesco prof. Sergio Fusetti, grazie al contributo della casa automobilistica Ferrari. Il progetto conservativo è iniziato a gennaio 2023, a cinquant’anni dall’ultimo intervento, e ha impiegato un anno di lavoro.

Databile tra il 1285 e il 1290 – la prima realizzata da Cimabue all’interno della Basilica –, l’opera è situata nella parte destra del transetto settentrionale della chiesa inferiore della Basilica di San Francesco. L’affresco è celebre non solo per la raffigurazione della Vergine in trono, ma anche per quello che si ritiene essere uno dei ritratti più antichi e affidabili di san Francesco stesso, realizzato, secondo la tradizione, sulla base delle indicazioni di chi lo aveva conosciuto personalmente.

«Sono estremamente grato al professor Fusetti e all’équipe della Tecnireco, e ovviamente a Ferrari – ha dichiarato fra Marco Moroni, OFMConv, Custode del Sacro Convento -, per la sinergia che ha permesso di portare a nuovo splendore un’immagine che non è solo un’opera d’arte, ma è – anzitutto per noi francescani e per tutti i devoti del Santo – un richiamo dall’alto valore simbolico alla figura e ai valori di san Francesco stesso. Tutto ciò è particolarmente significativo mentre ci prepariamo al grande centenario francescano del 2026 in cui celebreremo gli 800 anni della pasqua del Santo di Assisi. Il ritratto di san Francesco, rappresentato in questo capolavoro di Cimabue, ci riporta necessariamente alla sua figura storica che manifesta ancora oggi una straordinaria attualità e continua ad essere fonte di provocazioni profonde per ciascuno di noi, per la Chiesa, per il mondo intero».

Realizzato con una tecnica a secco, per questo meno resistente nel tempo, dal Cinquecento l’affresco ha subito numerosi interventi di restauro, a seguito dei quali ha ricevuto modifiche rilevanti, come nel caso del volto di san Francesco. Nel 1973 è avvenuto l’ultimo intervento a cura dell’Istituto Centrale del Restauro. Nel progetto appena ultimato sono state effettuate numerose indagini con diverse tecniche e strumentazioni non invasive per analizzare lo stato di conservazione dell’opera e i materiali utilizzati nei restauri precedenti. Si è scelto, quindi, di compiere un lavoro conservativo dell’affresco, rimuovendo tutti i restauri precedenti. L’intervento ha seguito il modello dell’Istituto Centrale del Restauro del 1973 con un approccio meno invasivo, che ha cercato di esaltare il contributo dell’artista e si è concentrato anche sul consolidamento dell’intonaco della struttura muraria.

Quello del restauro della Maestà di Cimabue rientra nel più ampio progetto di interventi di manutenzione e conservazione del patrimonio presente all’interno della Basilica di San Francesco, reso ancora più necessario a seguito degli eventi sismici degli ultimi decenni e per il rischio di eventuali nuovi terremoti. A seguire quest’ultimo lavoro appena presentato, in questi giorni sta iniziando il restauro della Cappella di Santo Stefano, affrescata da Dono Doni e Giacomo Giorgetti.

Dall’incontro della Delegazione regionale Caritas umbra con la Caritas italiana. Il vescovo delegato Ceu Francesco Antonio Soddu: «Siamo da sempre in Cammino sinodale raccogliendo insieme le sfide che anche la società ci presenta»

Si è svolto a Foligno, presso la casa regionale della carità “Il Germoglio meraviglioso”, l’annuale incontro della Delegazione Caritas Umbria (composta dai direttori delle otto Caritas diocesane) con la rappresentanza di Caritas italiana guidata dal direttore don Marco Pagniello. Un appuntamento in cui sono stati trattati temi di interesse non solo pastorale, ma di carattere sociale direttamente connessi alla vita e all’opera delle Chiese diocesane attraverso l’attività delle loro Caritas a livello territoriale.
Costruire comunità dalle periferie. Il direttore di Caritas italiana ha richiamato l’importanza, come non mai in questo momento di crisi internazionale, di prodigarsi a «costruire comunità» per prevenire anche possibili conflitti sociali nel contesto locale. «La prima opera segno», ha ricordato, «è l'”Animazione di comunità”». Anche per questo è necessario «partire dalle periferie esistenziali e non solo geografiche», con uno sguardo attento «non solo ai poveri materiali». In questo i Centri di Ascolto Caritas rivestono un ruolo fondamentale nella presa in carico della richiesta di aiuto, cercando di «non restare schiacciati sull’assistenza materiale».
Già luogo di Cammino sinodale. Occorre mettere al centro dell’impegno Caritas la «spiritualità cristiana che sta emergendo dal Cammino sinodale della Chiesa italiana». E in merito a questo Cammino, iniziato nell’autunno 2021, don Marco Pagniello ha ricordato che «la Delegazione regionale Caritas è già luogo di Cammino sinodale» nell’affrontare in comunione le diverse situazioni di povertà emergenti nei territori.
No agli ammassi umani. In merito ad una delle emergenze più pressanti, quella del fenomeno migratorio, il direttore di Caritas italiana ha detto: «Siamo per l’accoglienza diffusa delle persone migranti, non per i grandi centri di accoglienza, no agli ammassi umani».
Educare alla mondialità. Altro tema toccato è stato quello dell’«educare alla mondialità» partendo dal basso, dalle comunità parrocchiali, affrontando temi come i cambiamenti climatici, le emigrazioni, le cause di sofferenza nel mondo che creano ingiustizie, povertà, violenze, conflitti…, temi che destano non poco l’interesse delle giovani generazioni.
È stato poi presentato il 44° Convegno nazionale delle 200 Caritas diocesane italiane indetto dalla stessa Caritas italiana, in programma dall’8 all’11 aprile 2024, a Grado (Gorizia), sul tema: “Confini, zone di contatto non di separazione” ispirato al passo della Genesi “Non passare oltre senza fermarti”.
Piena comunione tra le Caritas. A spiegare l’importanza dell’incontro è stato il vescovo delegato per la Carità della Conferenza episcopale umbra (Ceu), mons. Francesco Soddu, già direttore di Caritas italiana, nel dire: «rappresenta la piena comunione tra le Caritas presenti in Italia. Non esiste una Caritas centrale e delle Caritas periferiche, esiste un ambito ecclesiale molto importante, quello della Carità, da cui si dirama uno degli aspetti fondamentali del messaggio cristiano che è l’Amore attraverso la prossimità, la vicinanza, le opere segno».
Opere non sportelli, ma centri propulsori. «La visita del direttore di Caritas italiana – ha aggiunto mons. Soddu – mira sempre a creare la comunione tra le Chiese e quindi tra le Caritas, perché la Caritas è un’espressione della Chiesa. Il fatto che vi sia un vescovo delegato che guida, anima e sostiene le Caritas diocesane, non fa altro che mettere in evidenza tutto questo». Inoltre, ha sottolineato, mons. Soddu, «la Caritas, da quando è stata fondata, nel 1971, è molto facilitata nel recepire ciò che è il processo che si sta vivendo all’interno della Chiesa, cioè il Cammino sinodale. Già dal suo sorgere, la Caritas ha portato avanti questo cammino accogliendo le difficoltà che poi si sono trasformate in opportunità per crescere e per animare la comunità al senso pieno della Carità. Oggi raccogliamo le sfide che anche la società ci presenta, condividendole in questa piccola e significativa regione, l’Umbria, all’interno delle nostre Chiese, chiamati ad essere “Chiesa in cammino”. Siamo chiamati ad animare attraverso le opere che non siano semplicemente degli sportelli, ma siano dei centri propulsori affinché la persona, la comunità possa rianimare sé stessa secondo quello che papa Francesco aveva propugnato già dalla Evangelii gaudium».

Terni – pontificale di San Valentino. Mons. Soddu: ““solo l’amore mette in atto delle buone relazioni tra le persone, quelle che mirano alla comunione e non alla divisione o disgregazione, che cercano di costruire ponti e non di innalzare muri”

In una cattedrale gremita di fedeli è stata celebrata domenica 11 febbraio la festa diocesana di San Valentino, con il solenne pontificale presieduto dal vescovo Francesco Antonio Soddu, nella giornata mondiale del Malato, concelebrata da mons. Salvatore Ferdinandi, vicario generale della Diocesi, Padre Angelo Gatto direttore dell’ufficio pastorale della salute, padre Johnson Perumittath parroco di San Valentino, i vicari foranei ed episcopali, il clero diocesano. Alla celebrazione hanno partecipato il prefetto di Terni Giovanni Bruno, il presidente delle Regione Umbria Donatella Tesei, il vice sindaco di Terni Riccardo Corridore, il vice presidente della Provincia di Terni Gianni Daniele, il questore Bruno Failla, la consigliera regionale Eleonora Pace, le autorità militari regionali e provinciali, i sindaci dei Comuni del comprensorio diocesano, i cavalieri e dame dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, i rappresentanti delle associazioni e movimenti della Diocesi, alcuni malati accompagnati dai volontari dell’Unitalsi, i rappresentanti del mondo del lavoro, della scuola.

La parte musicale della celebrazione è stata curata dal Coro Diocesano diretto da don Sergio Rossini e da un gruppo strumentale del liceo musicale ‘F.Angeloni’ di Terni. Durante il pontificale vice sindaco Corridore ha acceso la lampada votiva e pronunciato l’atto di affidamento della città al Santo Patrono, segno di devozione e della disponibilità degli amministratori pubblici ad essere attenti ai bisogni della comunità e a promuovere con onestà e saggezza ciò che giova al bene comune.

La festa del patrono della città di Terni, san Valentino è per la comunità cittadina un’occasione per riflettere sull’identità della città alla luce della testimonianza di san Valentino che ha plasmato cristianamente la città di Terni durante il suo lungo ministero episcopale, come maestro, padre dei poveri e dei giovani innamorati, di custode dell’amore.

Terminato il pontificale, la processione cittadina ha accompagnato l’urna del santo per il rientro nella basilica di San Valentino, lungo le vie della città, passando davanti al palazzo Comunale, la chiesa del Sacro Cuore a città Giardino e quella di Santa Maria del Carmelo, fino al colle dove si trova la chiesa che custodisce le reliquie e la memoria del Santo.
La processione è stata accompagnata dai gonfaloni del Comune, Regione e Provincia e da quelli delle confraternite, insieme ai rappresentanti di movimenti e associazioni diocesane, dalle istituzioni civili e militari presenti alla celebrazione del pontificale, dai figuranti in abiti storici. Sul sagrato c’è stato la preghiera del presidente dell’Azione Cattolica diocesana Rita Pileri: « E tu, Valentino, intercedi per noi, e per tutta l’umanità. Per tutte le volte in cui ci siamo voltati dall’altra parte, per tutte le volte in cui non abbiamo saputo difendere i più deboli, per tutte le volte in cui non abbiamo saputo amare anche se credevamo di saperlo fare. Per tutte le volte in cui abbiamo offeso, ferito, tradito, violato, ucciso. Spinti dal tuo esempio sappiamo essere capaci di usare parole garbate nello spazio privato e soprattutto nello spazio pubblico, parole di misericordia e di giustizia, che non offendono o denigrano. Con il tuo aiuto vorremmo che la nostra città sia luogo di dialogo sereno e costruttivo, del rispetto delle persone, delle regole e delle istituzioni, una città capace di discernere il presente per progettare un futuro in cui tutti si sentano accolti».
La benedizione del vescovo Soddu ha concluso la liturgia che ha solennemente celebrato in città il patrono di Terni San valentino. L’urna è stata quindi riposta all’interno della basilica alla venerazione dei fedeli.

L’OMELIA DEL VESCOVO SODDU
Carissimi fratelli e sorelle,
mentre celebriamo con la Chiesa universale la VI domenica del tempo Ordinario ed anche la 32 giornata mondiale del malato, la nostra chiesa diocesana unisce a queste circostanze i festeggiamenti in onore del proprio Patrono, san Valentino.
In questa felice convergenza di eventi, la Parola di Dio è tutta concentrata sulla malattia e in particolare sulla lebbra.
Nella storia del popolo di Israele, lo abbiamo sentito nella prima lettura, chi contraeva tale malattia, per legge doveva essere bandito dalla comunità, tenuto lontano, molto distante e vivere in solitudine una vera e propria situazione di emarginazione, di scarto. L’unica possibilità di vicinanza con le persone che poteva essergli consentita era quella con i propri simili, ossia con gli altri lebbrosi.

In questa domenica abbiamo davanti a noi la figura di san Valentino, il quale ha saputo cogliere nella propria esperienza di vita la parola di Dio fatta carne e nella propria carne, nella sua persona, l’ha resa evidente in ogni tratto: dall’essere vescovo, pastore premuroso del gregge di questa chiesa di Terni, alla delicata vicinanza verso i malati nel corpo e nello spirito, compiendo e rendendo vivi e veri quei gesti che Gesù aveva consegnato agli apostoli con le parole: “Guarite i malati, mondate i lebbrosi…”.

In questa occasione celebrando pure la 32 giornata mondiale del malato, Papa Francesco ha consegnato al mondo un messaggio dal titolo, tratto dalle parole del libro della Genesi: “Non è bene che l’uomo sia solo”, esortando tutti a curare il malato avendo cura delle relazioni. mette in risalto un aspetto che in filigrana ci riguarda tutti, infermi o sani che siamo, ed è dato dalla malattia che affligge la società attuale e dunque anche la nostra città e il nostro territorio, ossia la povertà delle relazioni. Anche le relazioni non sane, malate, che minano la nostra salute a qualsiasi livello di rapporto, dall’interpersonale al familiare al sociale.

Il nostro san Valentino, così attento a ogni tipo di buona relazione è per noi esempio affinché sentiamo vibrante e vero quanto solo l’amore mette in atto a favore delle buone relazioni tra le persone, ossia quelle che mirano alla comunione e non alla divisione o disgregazione; quelle che mirano alla edificazione e non alla distruzione; quelle che cercano di costruire ponti e non di innalzare muri.
Quest’anno, collegato e ispirato al cammino sinodale e al programma pastorale diocesano, per le manifestazioni valentiniane abbiamo scelto lo slogan “Camminiamo insieme” dando così ulteriore risalto a quanto ancora papa Francesco scrive nel messaggio per questa giornata: “In questo cambiamento d’epoca che viviamo, specialmente noi cristiani siamo chiamati ad adottare lo sguardo compassionevole di Gesù…. E così cooperiamo a contrastare la cultura dell’individualismo, dell’indifferenza, dello scarto e a far crescere la cultura della tenerezza e della compassione”.

San Valentino illumini col suo esempio la nostra città, il nostro territorio, la nostra Diocesi, a partire dalla famiglia, spesso anche disastrata, malata o corrosa dalla lebbra delle molteplici criticità, ad avvicinarsi a colui che solo può col suo tocco compassionevole e pieno di amore guarire ogni tipo di male e di malattia. Se questo non avviene sarà segno evidente che la guarigione non si desidera affatto.

Carissimo san Valentino, nostro Patrono, concedi alle nostre menti, ai nostri cuori la luce necessaria e alle nostre volontà la forza per avvicinarci a Gesù medico delle anime e dei corpi.
Qualora ti dovessi accorgere che questo è ancora troppo lontano dai nostri desideri, conduci e guida gli eventi; tessi tu le trame delle diverse vicende, affinché i nostri sentieri possano imbattersi e convergere verso l’unica strada della vita, nel Signore Gesù, via verità e vita.

Amato san Valentino, guida e illumina con il tuo sguardo di pastore mite e forte coloro che sono preposti alla guida della società, affinché antepongano sempre il bene comune a ogni visione di parte. Mostrati esempio di vita
. a tutti coloro che con fatica sognano la costruzione di una famiglia,
. a tutti coloro che ricercano la felicità attraverso la giusta realizzazione personale,
. agli adolescenti e giovani perché sappiano usare sapientemente il tempo e le buone occasioni della vita.
. a quanti soffrono nel corpo e nello spirito e faticano nel condurre una vita dignitosa, affinché attraverso la cura delle nostre relazioni possano sentire il calore della mano del Signore che salva.

Amato patrono san Valentino, facendomi interprete dei sentimenti del gregge a me affidato, così come lo fu per te, affido all’intercessione di Maria santissima questi desideri, perché dalle sue mani possano ritornare a noi colmi della benedizione della Santissima Trinità”.