Riflessione e valutazione dei Vescovi dopo l’Assemblea Ecclesiale Regionale. A Natale i Presuli rivolgeranno alle comunità cristiane dell’Umbria un messaggio con le prime risonanze dell’Assemblea

Lunedì 25 novembre 2019 si è tenuta la consueta riunione della Conferenza episcopale umbra (Ceu) presso il Pontificio Seminario regionale Pio XI ad Assisi. I Vescovi hanno così avuto modo di condurre una riflessione e valutazione sull’Assemblea ecclesiale regionale che si è svolta a Foligno (18 e 19 ottobre u.s.) sul tema “Perché la nostra gioia sia piena, l’annuncio di Gesù Cristo nella terra umbra” e si sono rallegrati per la partecipazione qualificata e appassionata degli oltre 400 delegati, rappresentanti delle otto Diocesi, e degli invitati speciali.

Dalle sintesi dei 28 tavoli di lavoro è emerso innanzitutto un vivo ringraziamento per questa esperienza ecclesiale, che ha coinvolto i partecipanti in un confronto libero e attento sulla situazione delle Chiese dell’Umbria. Insieme alla constatazione di una certa fatica affrontata dalle comunità cristiane nell’annunciare e nel vivere la gioia del Vangelo, sono emersi il vivo desiderio e la ferma volontà di avviare sempre più uno stile sinodale tra le Chiese diocesane, condizione indispensabile affinché la Buona Novella possa permeare la vita e le attese della gente in questo nostro tempo, caratterizzato dalla complessità e dalla frammentazione sociale.

I Vescovi – che rivolgeranno alle comunità cristiane della Regione un “Messaggio natalizio” con le prime risonanze dell’Assemblea – condividono con Papa Francesco l’urgenza di percorrere la via di una reale conversione missionaria che faccia guardare al futuro delle Chiese con speranza, audacia e coraggio.

IL SITO DELL’ASSEMBLEA ECCLESIALE REGIONALE

Perugia: veglia diocesana di preghiera per le vocazioni. Il cardinale Bassetti ai seminaristi che hanno ricevuto i ministeri del lettorato e dell’accolitato: «Dare a Cristo la vostra vita non è un volo di farfalla tra i fiori. E’ gemito, è fatica, è fedeltà, è costanza»

«Cari figli, io stasera vi accolgo tutti come vasi preziosi di nardo, perché il vostro profumo si diffonda. Aiutateci con la vostra giovinezza, con la freschezza del vostro sì, a tenere sempre vivo nella nostra Chiesa il desiderio e l’entusiasmo di servire il Signore. E sappiate con il vostro esempio contagiare altri giovani, a seguire la chiamata». Così il cardinale Gualtiero Bassetti al termine dell’omelia pronunciata a Perugia, la sera del 23 novembre, nella chiesa parrocchiale di San Raffaele Arcangelo, alla Veglia diocesana di preghiera per le vocazioni, concelebrata insieme al vescovo ausiliare mons. Marco Salvi, rivolgendosi ai sette seminaristi a cui ha conferito i  ministeri del lettorato e dell’accolitato: Claudio Faina (lettorato), Daniele Malacca, Emmanuel Olajide, Michael Tiritiello, Samy Cristiano Abu Eideh, Simone Strappaghetti e Vittorio Bigini (accolitato). Quest’ultimo è stato il “portavoce” nel raccontare, in sintesi, il loro essere stati accolti da Dio dopo vite movimentate, combattute interiormente, anche distanti dalla fede, e il loro “eccomi” nel voler servire il Signore partendo dagli “ultimi”. Il cardinale ha ringraziato le loro famiglie per la generosità dimostrata nell’aver donato alla Chiesa i loro figli accogliendo, con qualche difficoltà iniziale, la volontà del Signore. Un dono significativo, che dà speranza alla Chiesa e al popolo di Dio in un periodo di crisi di vocazioni.

E’ stato un incontro vissuto, come ha sottolineato lo stesso cardinale, «con molta intensità, partecipazione e con tanta gratitudine al Signore nel vivere questi eventi così significativi per la nostra Chiesa», promosso dal Centro diocesano vocazionale guidato da don Alessandro Scarda, direttore anche del Coro giovanile “Voci di Giubilo” che ha animato la veglia di preghiera a cui hanno preso parte diversi parroci, religiosi e religiose, giovani e famiglie, accolti dal parroco don Alessio Fifi.

Il cardinale, commentando il passo del Vangelo di Marco sullo “spreco” del profumo di nardo versato dalla Maddalena sul corpo di Gesù, ha spiegato che «non è sprecata una vita che si dona totalmente al Signore e alla sua Chiesa. Gesù – ha evidenziato il presule – dà una risposta molto profonda a quanti sostengono: “ma cos’è questo spreco?”. Egli dice che, l’atto di amore e di misericordia che la donna ha compiuto nei suoi confronti, preannunciando con esso la sua sepoltura, vale più dell’elemosina. Lo “spreco” diventa allora l’atto più grande di amore ed è il nocciolo della veglia di questa sera».

«Cari figli – rivolgendosi il cardinale ai sette seminaristi –, per la mentalità di questo mondo anche voi state facendo della vostra vita “uno spreco”, che per alcuni è considerato anche inutile. Tante volte sento dire nei confronti di un giovane o di una giovane che si donano totalmente a Dio e alla sua Chiesa: “Si poteva fare una famiglia, era un ingegnere, era una professionista, quanto potevano essere utili alla società e invece sprecano la loro vita”. Ma voi, con il vostro “eccomi”, sapete bene in quali mani mettete la vostra vita e a chi vi affidate, a Gesù. Voi sapete bene che, per essere tra non molto consacrati diaconi e poi presbiteri, offrire la propria vita. E voi, che grazie a Dio siete tutti adulti, sapete bene che, dare a Cristo la vostra vita non è un volo di farfalla tra i fiori. E’ gemito, è fatica, è fedeltà, è costanza. Cristo, cari figli, ne sono certo, vi darà la possibilità di cantare sempre la canzone del cuore, dell’amore anche sotto un cielo grigio di nubi».

Amelia – celebrazione per la festa di santa Fermina patrona della città e copatrona della diocesi di Terni-Narni-Amelia

Domenica 24 novembre ad Amelia si celebrerà la festa di Santa Fermina, patrona della città e copatrona della diocesi di Terni-Narni-Amelia. Una celebrazione che è un evento comunitario religioso e civile, un incontro annuale tra Amelia e Civitavecchia per rinsaldare il gemellaggio tra le due città nel nome della comune patrona Fermina, giovane martire del III secolo. Due saranno i principali momenti liturgici di domenica 24 novembre: alle ore 11.15 la celebrazione nella Cattedrale presieduta dal parroco della cattedrale di Civitavecchia mons. Cono Firringa alla presenza dei pellegrini, delle autorità e rappresentanze della città laziale, insieme ai bambini del catechismo e fedeli di Amelia. Al termine ci sarà l’omaggio ai pellegrini e autorità con l’esibizione del complesso bandistico “Città di Amelia” e la premiazione degli alunni del concorso “S.Fermina” riservato alle scuole dell’amerino.
Alle ore 17.30 la solenne celebrazione nella Cattedrale di Amelia sarà presieduta da padre Giuseppe Piemontese, vescovo di Terni-Narni-Amelia, alla presenza dei sacerdoti della diocesi e dei sindaci di Civitavecchia, Amelia, Alviano, Attigliano, Giove, Guardea, Lugnano in Teverina e Penna in Teverina, animata dalla corale “Amerina”.
La celebrazione sarà preceduta alle 17 dalla rievocazione storica della pesatura e offerta dei ceri, secondo gli Statuti del 1346 e dall’accensione dei ceri con la “Fiaccola S. Fermina” portata dalle associazioni sportive di Civitavecchia. Nei tradizionali abiti del Trecento, i rappresentanti dei borghi del territorio comunale offrono alla patrona grossi ceri il cui peso equivale simbolicamente a quello dei nuclei familiari presenti nel borgo che essi amministrano.

SANTA FERMINA
Di origini romane, Fermina si convertì giovanissima al Cristianesimo, con impegno ed entusiasmo si consacrò all’apostolato, convertendo tantissime persone, sollecitata da una fede fervida e operosa. Secondo la sua passio, che non è anteriore al sec. VI, Fermina era una vergine romana figlia dello stesso praefectus urbis, Calpurnio. Da Roma la famiglia si trasferì a Civitavecchia e quindi ad Amelia. La giovane Fermina qui visse una vita eremitica, rivolgendo ai fedeli parole di conforto esortandoli coraggiosamente alla fede e all’amore.
Un consularis Olimpiade, che aveva tentato di sedurla, fu da lei convertito e diede poi la vita per la fede. Fermina seppellì il martire in un suo fondo detto Agulianus a circa otto miglia da Amelia il 1° dicembre.
Denunciata come cristiana, Fermina fu arrestata e condotta davanti al giudice Megezio il quale, nemico acerrimo dei cristiani, la sottopose a minacce e tormenti più spietati che non spezzarono però il suo coraggioso rifiuto di rinnegare la fede cristiana. Più tardi anche lei subì il martirio. Era il 24 novembre del 304 d. C quando la giovane Fermina fu martirizzata dal Prefetto romano di Amelia, Magenzio. Dopo numerosi tormenti, appesa con i capelli alla colonna (la tradizione vuole che sia quella posta all’ingresso del Duomo), mentre veniva torturata con le fiamme, Fermina morì pregando il Signore per sé e per i suoi persecutori. Molti vedendola morire in quel modo si convertirono al Vangelo. I resti del prezioso corpo vennero segretamente sepolti con grande venerazione dai Cristiani, fuori le mura di Amelia, e vi restarono occulti per circa sei secoli. Furono ritrovati nell’anno 870 e da allora sono solennemente custoditi nella Cattedrale di Amelia.
Le si attribuiscono numerosi miracoli, uno dei quali avvenne durante la navigazione verso Civitavecchia (allora Centumcellae); una violenta tempesta che infuriava in mare sulle imbarcazioni venne placata dall’intervento miracoloso della vergine Fermina. La santa sostò per un periodo in una grotta del porto, sulla quale è stato successivamente costruito il Forte Michelangelo. Per questo è anche la protettrice dei naviganti.
Dopo oltre 17 secoli, Fermina è un esempio di come amare il Signore, anche in mezzo ai sacrifici, ai problemi, alle difficoltà della vita e, le celebrazioni in suo onore, mostrano, ancora oggi, l’intensa devozione che la popolazione locale da secoli destina alla propria patrona. La festa di Santa Fermina a Civitavecchia si celebra il 28 Aprile, giorno in cui giunsero nella città le reliquie donate dalla città di Amelia (28 aprile 1647).

Inaugurazione dell’Anno Accademico degli Istituti Teologico e Superiore di Scienze Religiose di Assisi. Messa presieduta dall’arcivescovo Renato Boccardo e lectio magistralis dell’economista Luigino Bruni

Venerdì 15 novembre 2019 è stato inaugurato l’Anno accademico 2019-2020 degli Istituti Teologico (ITA) e Superiore di Scienze Religiose (ISSRA) di Assisi. Alle 9.00 nella Basilica Superiore di S. Francesco in Assisi il Moderatore dei due Istituti mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, ha presieduto la Messa alla presenza del corpo docenti, del personale non docente e degli studenti. Padre Giulio Michelini, ofm, preside dell’ITA, anche a nome del direttore dell’ISSRA suor Roberta Vinerba, all’inizio della celebrazione ha salutato mons. Boccardo e tutti gli intervenuti. La liturgia è stata animata dalla corale dei due Istituti.

L’arcivescovo Boccardo nell’omelia si è così rivolto ai docenti e agli studenti: «Siete chiamati a riempire le vostre giornate di santità e giustizia, di responsabilità e di dono, per essere trovati “ricchi” nel giorno del Signore». Poi, nello specifico ha detto agli studenti: «Nella ricchezza e diversità delle vocazioni, vi formate qui per diventare “discepoli-missionari” nel mondo di oggi che presenta problemi complessi e difficili, sfide nuove davanti alle quali si rimane a volte disorientati; ma che nello stesso tempo esprime una ricerca di valori spirituali ed etici e manifesta una nuova fame e sete per la trascendenza e il divino. Dovete prepararvi a questa missione attraverso una formazione solida, organica e completa che, lungi dal chiudersi ai problemi odierni, guardi con discernimento al tempo presente, non assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo». Ai docenti, invece, mons. Boccardo ha ricordato che «noi Vescovi, insieme con i superiori religiosi, nell’affidarvi la missio canonica guardiamo a voi con fiducia e vi chiediamo sincera collaborazione. La vostra missione si presenta talvolta arida e faticosa; tuttavia, non potete dimenticare che state contribuendo in modo significativo e incisivo all’edificazione della Chiesa. Se qualsiasi tipo di insegnamento richiede una certa sapienza, per voi, docenti delle facoltà ecclesiastiche, è necessaria una sapienza che viene dall’alto, che si acquista mediante l’esercizio intellettuale e l’invocazione incessante dello Spirito Santo. Sarà questa sapienza che trasformerà giorno per giorno il vostro compito in viva testimonianza. I giovani non soltanto vi ascoltano, ma vi guardano; anzi, mentre vi ascoltano vi scrutano per percepire se e come voi vivete le verità che illustrate loro».

I due Istituti sono gestiti dalla Fondazione “Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi” eretta canonicamente nel 2015 e che annovera tra i soci fondatori: la Conferenza episcopale umbra, la Custodia generale del Sacro Convento di Assisi dei Conventuali, le Province umbre dei Frati Minori, Cappuccini e del Terz’Ordine Regolare, le suore Francescane Missionarie d’Assisi e le suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino. L’ITA, che ha come mission principale la formazione dei candidati ai ministeri ordinati e agli ministeri ecclesiali, è aggregato alla Facoltà Teologica della Pontificia Università Lateranense; l’ISSRA, che nasce per fornire ai credenti una formazione nell’ambito del sapere teologico e delle scienze religiose al fine di preparali ad abitare consapevolmente la contemporaneità, è invece collegato alla Facoltà di Sacra Teologia della Pontificia Università Lateranense. Gli studenti dei due Istituti sono più di 300, una trentina i docenti.

Relazione del prof. Luigino Bruni. Al termine della Messa, nel Salone Papale del Sacro Convento, c’è stata la lectio magistralis dell’economista Luigino Bruni sul tema “Il Cantico dell’Economia: Francesco, ricchezza e povertà”. Nella seconda parte del suo intervento, il relatore ha parlato dell’Economia di Francesco in vista dell’evento internazionale “The economy of Francesco” convocato dal Papa e che si terrà proprio ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020, per il quale Bruni è membro del comitato scientifico di preparazione. «Assisi – ha detto – oltre ad essere patria di spiritualità, di pace e di ambiente è anche patria di economia. I primi francescani, infatti, hanno generato le prime riflessioni sui prezzi, sulla moneta, sul commercio. Nel terz’ordine c’erano addirittura dei mercanti. La povertà scelta dei francescani diventa quindi una via di comprensione diversa del valore dell’economia. Nascono poi i Monti di Pietà per combattere l’usura, al servizio dei poveri. E noi ad Assisi il prossimo anno vogliamo riflettere proprio su una economia più in linea con il Vangelo. Ci saranno varie idee a confronto, chi sostiene che il capitalismo è Dio e chi afferma invece il contrario. Il nostro obiettivo è essere profetici e inclusivi, partendo dal bacio di Francesco al lebbroso che richiama un’economia che include il povero».

Premio “Giampiero Morettini”. Prima dei saluti finali, suor Roberta Vinerba ha annunciato che, grazie ad un benefattore che vuole rimanere anonimo, verrà istituito un premio per la miglior tesi di licenza ITA e ISSRA: «È una carezza di Dio – ha detto il direttore dell’ISSRA – per il lavoro dei nostri due Istituti». Infine padre Giulio Michelini ha consegnato il premio al merito (pagamento delle tasse universitarie) “Giampiero Morettini”, seminarista della Diocesi di Perugia-Città della Pieve morto mentre era studente dell’ITA, alla studentessa Maria Rita Farinelli (religiosa). Erano presenti, commossi, i genitori di Morettini.

Città di Castello – festa dei patroni Florido e Amanzio, l’omelia del vescovo Cancian

La comunità diocesana celebra la solennità dei santi patroni Florido, vescovo, ed Amanzio Sacerdote. Martedì 12 novembre in Cattedrale alle 18 la celebrazione dei primi vespri solenni cui seguirà la Santa Messa alle ore 18.30. Dopo cena, alle ore 21 la veglia dei giovani organizzata dalla Pastorale Giovanile.
Mercoledì 13 novembre, il giorno della festa, le messe saranno celebrate nel Duomo inferiore dalle 8 alle 12. Alle ore 18 il pontificale presieduto da mons. Domenico Cancian.

L’OMELIA DEL VESCOVO
Saluto cordialmente il carissimo Don Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata e figlio della nostra diocesi, il clero (sacerdoti e diaconi), religiosi/e, le sorelle claustrali, i fedeli laici e tutte le persone che abitano questo nostro territorio dell’alta valle del Tevere evangelizzato da San Crescenziano e compagni martiri. Siamo qui a celebrare la solennità dei nostri Patroni, i santi Florido vescovo, Amanzio sacerdote e il laico-eremita Donnino che nel VI secolo, dopo la distruzione inflitta da Totila, ricostruirono dalle rovine una città ancora più bella e fecero rifiorire di fede viva la comunità cristiana. Per questo li riconosciamo come i padri fondatori della nostra città e della nostra Chiesa (la nostra Cattedrale li richiama in tante artistiche modalità).

Un saluto tutto particolare alla nuova presidente della Giunta regionale Donatella Tesei, insediatasi l’altro ieri a Palazzo Donini, al Signor Prefetto di Perugia Claudio Sgaraglia, al Questore di Perugia Mario Finocchiaro, al sindaco di Città di Castello Luciano Bacchetta,e tramite lui ai sindaci ed ai rappresentanti degli altri sei comuni della diocesi. Ringrazio il sindaco di Pietralunga, Mirko Ceci, che fra poco offrirà l’olio per la lampada che arderà in onore dei nostri Patroni. Saluto Andrea Lignani Marchesani in rappresentanza della Provincia di Perugia e tutte le altre autorità civili, politiche e militari qui presenti che avrò il piacere di ringraziare dopo la celebrazione.

In questa solenne celebrazione che vede tanta partecipazione di popolo, chiediamo per l’intercessione della Madonna e dei nostri santi Patroni, la grazia di ravvivare la nostra fede cristiana, invocando il perdono per i nostri peccati

Omelia

Cari fratelli e sorelle,
la festa di San Florido quest’anno capita in un momento delicato e complesso, a livello ecclesiale, sociale e politico. È in atto un grande cambiamento nella nostra regione, nel nostro Paese ed anche nel mondo. Un cambiamento che con ogni probabilità continuerà in maniera sempre più vertiginosa e imprevedibile. Sono in atto processi accelerati di trasformazioni che dovremmo saper governare con sapiente responsabilità per volgerli verso una migliore umanizzazione, a partire dall’ecologia e dall’ambiente.
“Il Paese che non va“ titolava recentemente l’editoriale di un grande quotidiano. E spiegava che l’Italia è la cenerentola dell’Europa circa la crescita, il debito, il crollo demografico, la crisi delle aziende, il gap fra Nord e Sud, e tutto questo accompagnato da momenti di delusione, tensione e a volte anche di scoramento.
Nel mondo vediamo situazioni analoghe: ci arrivano segnali di speranza ma anche di grande preoccupazione. Basti citare la recente celebrazione dei trent’anni della caduta del muro di Berlino: due mondi, divisi per decenni, si sono rincontrati dopo una straordinaria rivoluzione pacifica. Davvero un grande evento, ma ahimè oggi i muri si sono moltiplicati. Muri che dividono ricchi e poveri, quell’1% dell’umanità che si è impossessata del 99% della ricchezza del pianeta e miliardi di persone che cercano un futuro (e tra questi molti adolescenti e giovani). Tensioni sociali riscontriamo in tanti paesi del mondo.

La nostra regione innegabilmente vive un momento di grande cambiamento sociale, culturale, oltre che politico. Alla Presidente Donatella Tesei, appena insediatasi, e che ringrazio molto per aver accettato l’invito nonostante i pressanti impegni di inizio mandato,auguriamo di realizzare il proposito, da lei stessa formulato, “di lavorare nell’interesse generale, con umiltà e grande impegno, cercando la collaborazione di tutti”.

Ho richiamato volutamente il contesto in cui viviamo perché i nostri Patroni nella loro situazione ancor più critica hanno dato una testimonianza tutt’altro che devozionale e datata. Il fatto di essere qui in tanti non può essere solamente celebrativo. Vedendo con i loro occhi le rovine della città,i nostri santi non si sono limitati al lamento, alla rassegnazione e nemmeno hanno pensato a loro stessi. Loro si sono rimboccati le maniche e hanno chiamato a raccolta la gente, realizzando tutti insieme una ricostruzione materiale e spirituale che ha fatto rifiorire la comunità civile e quella cristiana. Una reazione forte e positiva, un sussulto corale di intelligente coraggio che ha portato ad un cambiamento storico e culturale altamente positivo.

Da dove hanno attinto ispirazione e forza? Certamente dalla Parola di Dio che abbiamo ora ora ascoltato. Da questa stessa Parola, che è davvero Parola di vita eterna, possiamo trarre anche noi le motivazioni per la ricostruzione umana e cristiana del nostro territorio. Tutti insieme possiamo diventare costruttori di un umanesimo cristiano propulsore, come lo è stato nel passato, di profondo rinnovamento.

Ecco i suggerimenti della Parola di Dio e dei nostri santi.

Il Signore è l’unico vero buon pastore dell’umanità.
Su di lui anche noi possiamo contare, viste anche le nostre debole forze. Ascoltiamo il Buon Pastore che continua a chiamarci per nome, a cercarci con amore quando ci perdiamo, ad accompagnarci sulla strada giusta e a darci speranza. Lui, morto e risorto per noi, è presente e operante nella storia personale e in quella del mondo, soprattutto quando ci appare confusa. Lo possiamo incontrare nella preghiera di ogni giorno, nel suo Vangelo, nell’eucaristia domenicale. Con lui possiamo vincere il male che è dentro e fuori di noi. I nostri Patroni ci invitano a riprendere in mano la fede e a riscoprire la gioia del Vangelo perché da qui proviene la luce e la forza per una vita nuova.

Occorre lavorare insieme come fratelli e sorelle.
Sia la lettura del profeta Ezechiele che il passo evangelico ci propongono parallelamente all’immagine del buon pastore quella del suo gregge, composto da coloro che lo ascoltano e lo seguono. I nostri Patroni hanno saputo collaborare tra loro, in équipe diremmo noi, si sono sostenuti a vicenda con stima e amicizia. È la forza della comunità.
Florido vescovo, Amanzio sacerdote e il laico, poi eremita, Donnino, con diversi ministeri e modalità, hanno portato avanti l’opera del rinnovamento della Chiesa e della società. Il Signore chiama anche noi a stare con lui e a vivere la fraternità nella comunità cristiana che abita questa stupenda alta valle del Tevere, questa nostra madre Chiesa Tifernate qui raccolta a festa.
Il Vangelo ci aiuti a dare nuova forma all’uomo e al cristiano, a immaginare un nuovo umanesimo, un nuovo modo di vivere questo tempo. Possiamo così allargare lo sguardo, sentire la gioia di vivere e di generare vita, di procreare, di aprire nuovi orizzonti.

Le nostre responsabilità personali, sociali, ecclesiali.
Fratelli, noi possiamo aiutarci oppure anche farci del male, cercare il bene comune o quello di parte, dialogare con attenzione e rispetto oppure alzare i toni, essere arroganti e far violenza. Sta alla responsabilità di ciascuno di noi cambiare le cose.
Dice la seconda lettura rivolgendosi ai responsabili delle comunità:“Vivete le relazioni come servizio e non come padroni delle persone a voi affidate, non per forza ma volentieri, non per interesse ma con animo generoso e gratuito, imitando il buon Pastore che ha dato la vita per tutti noi”.
È questa la dimensione politica ispirata dalla fede cristiana. È ciò che più occorre oggi. Il Signore e la gente vogliono leaders, maestri, educatori, genitori, formatori e preti così come ci hanno testimoniato i Patroni, che veneriamo per la loro dedizione al vero bene della gente. Nel rispetto dell’autonomia delle varie realtà e del ruolo di ciascuno, con onestà e trasparenza, con umiltà e spirito di corresponsabilità. Amanti e servitori del popolo alla maniera di Cristo che ha offerto gratuitamente il pane, la guarigione dal male, il perdono dei peccati, la grazia di passare dall’egoismo all’amore. Così possiamo affrontare le nostre sfide creando un positivo cambiamento storico.
E su questo, fratelli cristiani, richiamo quello che ci siamo detti in Assembleaa Foligno il mese scorso, quando le otto chiese dell’Umbria hanno riflettuto sul tema: “L’annuncio di Gesù Cristo in Umbria”. Abbiamo ribadito la responsabilità dei cristiani sia di testimoniare Gesù come fonte di gioia (il tesoro nascosto) e di comunione fraterna, sia come impegno sociale, culturale e politico, capace di rispondere ai veri bisogni della gente. Il Vangelo è luce e sale, offre l’ispirazione e dà forza per vivere con lo stile di Gesù: mite, cordiale, sincero, coraggioso.
Questo crea relazioni quotidiane vere, buone e belle; crea alleanze e amicizie che nella ricerca sincera della verità e del bene di tutti, a cominciare dagli ultimi, sviluppano processi virtuosi innovativi a tutti i livelli.
Giustamente il cardinale Bassetti l’altro ieri ha rivolto ai cattolici un accorato appello. Diceva: “È l’ora di una nuova presenza in politica dei cristiani laici che perseguano il maggior bene possibile in dialogo con tutti, mettendo al centro il bene della persona, specie quella più fragile ed emarginata, la pace, il lavoro, la famiglia, i giovani, i poveri e l’ambiente”. La fede non può non affrontare queste sfide decisive,in dialogo col mondo di oggi. Il Signore continua ad amarlo e ci chiede di esserci dentro con lo stesso suo amore, senza condividerne la mondanità antievangelica che in realtà non fa il bene di nessuno. Proprio per crescere in questa fede dai risvolti sociali e culturali, la nostra Scuola Diocesana di Formazione Teologica sta offrendo percorsi utili e attuali. Prendeteli in considerazione.

Concludo facendo presente due felici ricorrenze che ci incoraggiano.

Anzitutto latestimonianza della beata Margherita di cui il prossimo anno celebreremo, insieme alla diocesi di Urbino, il settimo centenario della morte. Questa cattedrale, che la vede ritratta con i santi tifernati sopra il presbiterio, testimonia la venerazione della nostra chiesa. Nata cieca e storpia, abbandonata dai genitori, divenne esempio di accoglienza verso i più poveri, i disabili come lei. Era cieca e viveva nella luce.

Seconda ricorrenza. Proprio oggi il CEIS celebra i 30 anni di attività nei confronti dei tossicodipendenti. Grazie ai vari direttori (in questi ultimi anni Don Paolino Trani) e ai tanti collaboratori, diverse centinaia di ragazzi vittime della droga (ahimè ancora oggi tanto diffusa), hanno ricevuto notevole aiuto attraverso impegnativi percorsi.Non pochi di loro stanno testimoniando la gioia di una vita nuova ritrovata.
Il 7 dicembre al Teatro Comunale con la presenza del Card. Bassetti verrà raccontata questa encomiabile attività.

Fratelli e sorelle, il Signore, per intercessione dei nostri Patroni, benedica Città di Castello e la Chiesa Tifernate!

Messaggio – invito del vescovo mons. Domenico Cancian

Florido e Amanzio sono riconosciuti come i Padri fondatori della Città e della Chiesa, distrutte da Totila. Vissero in un periodo storico di grande cambiamento: la decadenza alla fine dell’impero romano, le invasioni dei nuovi popoli, la distruzione e soprattutto la ricostruzione che segna l’inizio di una nuova epoca sociale, culturale, ecclesiale. Loro, i nostri Patroni, ne sono stati protagonisti e come tali hanno qualcosa di interessante da suggerire anche a noi che stiamo vivendo un grande “cambiamento d’epoca”.

Proprio in quel periodo così turbolento (VI secolo) si incontrarono con grandi santi: con sant’Ercolano vescovo di Perugia del cui martirio furono testimoni, con a san Fortunato vescovo di Todi e perfino col papa san Gregorio Magno che li cita nei suoi Dialoghi. Ricordiamo infine che i nostri santi erano nel pieno della loro giovinezza quando moriva san Benedetto, di cui avranno sentito la fama.

La festa dei patroni quest’anno capita in un momento delicato e complesso, a livello ecclesiale, sociale e politico. È in atto un grande cambiamento nella nostra regione, nel nostro Paese ed anche nel mondo. Un cambiamento che con ogni probabilità continuerà in maniera sempre più vertiginosa e imprevedibile. Sono in atto processi accelerati di trasformazioni che dovremmo saper governare con sapiente responsabilità per volgerli verso una migliore umanizzazione, a partire dall’ecologia e dall’ambiente.

Dinanzi a questa situazione quello che hanno fatto i nostri Patroni potrebbe rappresentare un suggerimento tutt’altro che devozionale e datato. Vedendo con i loro occhi le rovine della città, i nostri santi non si sono limitati al lamento, alla rassegnazione e nemmeno hanno pensato a loro stessi, a ricostruire la propria abitazione. Loro si sono rimboccati le maniche e hanno chiamato a raccolta la gente, realizzando tutti insieme una ricostruzione che ha fatto rifiorire la comunità civile e quella cristiana. Una reazione forte e positiva, un sussulto corale di intelligente coraggio che ha portato ad un cambiamento storico e culturale altamente positivo.

Richiamo infine quello che il cardinal Bassetti ha ricordato l’altro ieri: “È l’ora di una nuova presenza in politica dei cristiani laici che perseguano il maggior bene possibile in dialogo con tutti, mettendo al centro il bene della persona, specie quella più fragile ed emarginata, della pace, della famiglia, dei giovani, dei poveri e dell’ambiente”. La fede non può non affrontare queste sfide decisive.

Presentazione del Rapporto sulle povertà delle otto Caritas in Umbria. 4599 persone accolte nei Centri di ascolto delle Caritas diocesane umbre nel 2018, ma è crisi di volontari e di educazione alla carità come hanno sottolineato i vescovi Renato Boccardo e Benedetto Tuzia

E’ stato presentato a Perugia, l’11 novembre, il Primo Rapporto sulle povertà redatto dalle otto Caritas diocesane dell’Umbria. Sono intervenuti il presidente della Conferenza episcopale umbra e arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, il delegato Ceu per il Servizio alla Carità e vescovo di Orvieto-Todi mons. Benedetto Tuzia, il delegato regionale della Caritas Umbria e direttore della Caritas diocesana di Orvieto-Todi prof. Marcello Rinaldi, Velia Sartoretti volontaria, Caritas che ha raccolto ed elaborato i dati.

Nel saluto iniziale l’arcivescovo Boccardo ha sottolineato come nelle Caritas umbre ci sia una povertà di generosità, ossia sta calando notevolmente il numero dei volontari e sta mutando lo stile del servizio della carità: «Non vorrei – ha detto – che il virus mortifero del prima noi e poi gli altri, del prima gli italiani, abbia intaccato anche le comunità cristiane che, dimenticando la dimensione costitutiva della carità in tutte le sue manifestazioni, diventano sterili e insignificanti. Come discepoli di Gesù, non possiamo trascurare la sua esortazione: “Quello che avete fatto al più piccolo dei fratelli, lo avete fatto a me”. E’ una sfida che ci attende, non piangerci addosso: non possiamo chiudere il nostro cuore alle ferite dell’uomo».

Dello stesso tenore l’intervento del vescovo di Orvieto-Todi mons. Tuzia, che ha sottolineato come la comunità cristiana faccia fatica a calarsi nella realtà concreta dove la gente vive. «Come Caritas, spesso, diamo priorità alle opere, non siamo in grado di guardare in alto, facciamo fatica a dare speranza al nostro prossimo – ha detto –. Forse è giunto il momento di avere uno sguardo veritiero e intelligente sulla società, come emerso anche dalla recente Assemblea ecclesiale regionale, per pensare a delle forme nuove di educazione alla carità. Così riusciremo, poi, a realizzare anche delle opere significative per la cura dei poveri».

Alla presentazione sono intervenuti i direttori delle otto Caritas dell’Umbria che, al termine, si sono recati presso la mensa Caritas “San Lorenzo” di Perugia per condividere il pranzo con i fruitori di questa opera segno della Chiesa perugina, e tenuto la loro mensile riunione della Delegazione. Si è deciso di promuovere annualmente un incontro su temi sociali di attualità nell’imminenza della Giornata mondiale dei poveri voluta da papa Francesco, invitando a questo incontro anche gli operatori dei media. Ospiti e volontari della Mensa “San Lorenzo” hanno ben accolto questo momento di fraternità, ha commentato l’assistente sociale Stella Cerasa, responsabile di questa struttura di accoglienza, «perché la povertà la vivono ogni giorno anche se non amano essere definiti poveri. Sono stati molto colpiti – ha proseguito la responsabile – dell’interesse che ha avuto per tutti loro, nel colloquiare nel corso del pranzo, il vescovo Tuzia, che ha apprezzato molto l’operato dei volontari della Mensa che condividono, ogni giorno, la vita delle persone accolte».

Il rapporto in formato multimediale e non cartaceo, è una story map che garantisce l’accesso alle informazioni sulle povertà in Umbria da numerosi dispositivi elettronici, è disponibile su web:
www.caritasinumbria.it/poverta2019

Nel 2018, in Umbria, la quota di famiglie in povertà relativa è pari al 14,3%, in crescita rispetto al 12,6% dell’anno precedente. In termini assoluti il fenomeno interessa oltre 50 mila famiglie (dato Istat).
Rispetto alle famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà l’Umbria si colloca leggermente sopra la media nazionale dell’11,8%.
Nel 2018 i Centri di ascolto delle 8 Caritas diocesani hanno censito 4.599 beneficiari. Di cui: 2141 maschi e 2456 femmine. Ancora: 2101 erano disoccupati, 563 occupati, 270 casalinghe, 250 pensionati. Ancora: 283 senza fissa dimora, 2630 con figli, 45 con figli disabili. Provenienza beneficiari: 1540 da Italia; 1368 da Africa; 890 da Europa; 329 da America; 112 da Asia.

Beneficiari per singole Diocesi (2018)
Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino: 711
Città di Castello: 262
Foligno: 360
Gubbio: 398
Orvieto-Todi: 421
Perugia-Città della Pieve: 1488
Spoleto-Norcia: 219
Terni-Narni-Amelia: 740

Tra i molteplici interventi realizzati da Caritas, si segnala l’espansione delle attività di ascolto e dei servizi di alloggio, attraverso varie strutture di accoglienza. Si espande fortemente anche la consulenza professionale (soprattutto di tipo medico, ed anche legale). Quanto all’offerta di beni e servizi materiali, essa si concreta in misura crescente attraverso l’attività degli Empori solidali, accresciuti di numero, con un forte aumento del numero di assistiti, dei volontari impiegati (alcune centinaia), e del valore economico dell’impatto sociale stimato (centinaia di migliaia di euro). Inoltre, negli Empori non solo si distribuiscono generi alimentari, ma si costruiscono relazioni e senso di appartenenza alla comunità, e possono compiersi percorsi formativi e culturali.

Perugia, solennità di Sant’Ercolano 2019, il cardinale Gualtiero Bassetti: «Imitiamo i nostri grandi giganti di santità, come Ercolano, testimoniando fino in fondo la nostra fede»

«Davanti a grandi giganti della santità vissuti nei primi secoli del cristianesimo, come il vescovo e martire Ercolano, noi cristiani ci sentiamo dei nani, ma cosa questi Santi avevano di diverso da noi? Avevano lo stesso Vangelo, lo stesso Gesù Cristo, ma a questo Vangelo e a Cristo hanno creduto e l’hanno testimoniato fino in fondo. Sant’Ercolano, defensor civitatis, ci protegga e ci aiuti a imitare i suoi esempi». Con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha introdotto la celebrazione eucaristica della solennità di sant’Ercolano, patrono della città e dell’Università degli Studi di Perugia, di domenica 10 novembre nella splendida chiesa trecentesca a forma ottagonale intitolata a questo santo martirizzato dai Goti di Totila il 7 novembre dell’anno 547, come narrano i più antichi martirologi.

Le Istituzioni presenti e l’accensione del cero votivo.
Il cardinale Bassetti ha presieduto la celebrazione insieme a don Francesco Benussi, rettore della chiesa di Sant’Ercolano e a don Mauro Pesce, canonico della cattedrale di San Lorenzo, rivolgendo il suo saluto alle autorità civili presenti, in particolare al sindaco Andrea Romizi, che al termine della liturgia ha acceso il cero votivo dell’Amministrazione comunale posto accanto al reliquiario del Santo patrono, ai rappresentanti del Sodalizio di San Martino, antica benemerita istituzione laica di carità della città proprietaria della chiesa di Sant’Ercolano, ai membri degli Ordini cavallereschi di Malta e del Santo Sepolcro e dei cinque Rioni storici di Perugia.

Limiti, peccati e ritardi della Chiesa.
Nell’omelia, ripercorrendo brevemente la storia del martirio del Santo patrono, il cardinale ha definito Ercolano «padre dei poveri durante il lungo assedio dei Goti a Perugia, che difese questa nostra Chiesa con la Parola di Dio, annunciandola con forza, con coraggio e con l’esempio e ad immagine di Cristo buon pastore con il dono stesso della sua vita. Anche noi come Chiesa, rinvigorita dal suo sangue e dalla sua testimonianza, perché, come dice Tertugliano, il sangue dei martiri è il seme dei cristiani, vogliamo metterci con onestà dinanzi alla stessa Parola di Dio, volgiamo riconoscere quelli che sono i nostri limiti, i nostri peccati e i nostri ritardi. Parlo come Chiesa, essendo io il primo responsabile come suo pastore. Parlo della situazione religiosa e non solo della nostra città, ma anche dell’Umbria. Recentemente (18-19 ottobre, ndr) c’è stata un’interessante Assemblea ecclesiale regionale, a Foligno, nella quale ci siamo apertamente confrontati con quelli che sono i nostri limiti e che cosa dobbiamo fare per poter evangelizzare di più e meglio le otto comunità diocesane dell’Umbria».

Una Chiesa più luminosa nella sua vocazione e chiamata.
«Rivolgendo il discorso alla nostra Chiesa perugino-pievese – ha proseguito il cardinale –, pur ricca di fermenti, di carismi, di presenze significative, di memorie di santità antiche e recenti, tra queste ultime quella del dottor Vittorio Trancanelli che cammina velocemente verso la gloria degli altari, deve rendere più luminosa la sua vocazione, la sua chiamata. Pur essendo vivo da noi il desiderio e l’impegno di ascoltare la Parola di Dio, la nostra Chiesa non evangelizza sufficientemente se stessa, manca in parte di un cammino generalizzato di approfondimento delle verità della fede con l’allontanamento di tanti adulti, per non dire dei giovani. La nostra Chiesa dovrebbe avere quel dinamismo missionario che la fa uscire dal tempio per comunicare la buona notizia della salvezza e condividere il dono di grazia secondo il progetto di Dio. In una parola ripetuta spesso da papa Francesco, dovremmo essere molto di più una “Chiesa in uscita”, che va incontro agli uomini di oggi, che hanno tanto bisogno di essere evangelizzati».

«Pur celebrando l’Eucaristia (di messe se ne dicono tante soprattutto la domenica) e gli altri sacramenti – ha evidenziato il presule – , la nostra Chiesa dovrebbe brillare di più dinanzi al mondo come segno e strumento dell’unità in Cristo di tutto il genere umano, nella concretezza della vita quotidiana, dei rapporti fra tutti i suoi membri, invece c’è un clima che è troppo litigioso e spesso di divisione, mentre deve apparire di più come Epifania e manifestazione del Signore e del suo Spirito. Questo lo deve fare per primo il vescovo e poi i sacerdoti, ma anche tutti i battezzati perché la vocazione che abbiamo è unica. Non abbiamo vocazioni diverse, abbiamo scelte e carismi diversi nella vita, ma la vocazione fondamentale è quella della santità in cui siamo tutti chiamati a viverla e a testimoniarla».

Coraggiosi nel testimoniare la fede.
«Pur mostrandosi le nostre Chiese dell’Umbria in molte circostanze con varie iniziative – ha ricordato il cardinale – attente al grido del povero, del malato, dello straniero, del carcerato, esse hanno bisogno di quella creatività e generosità che hanno caratterizzato molti momenti della nostra storia, soprattutto abbiamo bisogno di abituarci di più a quanto domandano il Vangelo e i sacramenti che celebriamo nella fede. La nostra Chiesa deve ricevere quello stile di vita sobrio ed essenziale che oggi alimenta e sostiene la solidarietà a livello planetario. La nostra Chiesa ancora non è del tutto consapevole del suo dovere di trasmettere il messaggio universale della bellezza che sgorga da un umanesimo che porta ancora visibili le impronte della fede cristiana. Pensiamo a quello che ci hanno tramandato i nostri anziani, pur in una povertà molto più grande della nostra, pur forse anche in tempi per certi aspetti più difficili: la fede, il rispetto e la promozione di ogni uomo. Dinanzi a queste ed altre sfide c’è la forza dei nostri santi, dei nostri protettori, questi grandi testimoni che dobbiamo sempre imitare. Penso ai grandi Santi dell’Umbria, Benedetto, Francesco, Chiara… Vi auguro che voi siate dei fedeli devoti dei nostri Santi, ma non basta saperli imitare e chiedere loro delle grazie. Essi sono delle pietre miliari, dei vangeli viventi, perché chiunque di noi potrebbe dire e pensare: il Vangelo è bellissimo, ma è una utopia perché solo Gesù Cristo l’ha messo in pratica e non può essere alla nostra portata. Noi in questo ragionamento siamo smentiti dai Santi, che erano creature fragili e deboli, con il peccato originale come noi, eppure sono stati testimoni del Vangelo fino in fondo. Soprattutto noi, stamani, a sant’Ercolano vogliamo chiedere il coraggio di questa testimonianza di fede».

Perugia: più volontari Caritas motivati e formati sulle orme del vescovo “santo” don Tonino Bello, al centro dell’imminente incontro di formazione. L’esperienza del “Villaggio della Carità” che prosegue da cinque anni grazie ad operatori e volontari

Sono due gli appuntamenti annuali formativi che la Caritas di Perugia-Città della Pieve offre a coloro che svolgono attività di volontariato nelle opere di carità diocesane e parrocchiali, programmati uno in autunno (9 novembre), l’altro in primavera (16 maggio). Sabato 9 (ore 9-13), presso il Centro Mater Gratiae di Montemorcino, si terrà un incontro rivolto anche a diaconi permanenti e aspiranti diaconi, dedicato alla figura del vescovo “santo” don Tonino Bello. Il teologo padre Giulio Michelin (Ofm), preside dell’Istituto Teologico di Assisi (ITA), aprirà l’incontro con una riflessione su “La Parola di Dio, fondamento del servizio ai poveri”, a cui seguirà una significativa testimonianza del dottor Domenico Cives, medico e amico del servo di Dio don Tonino Bello. Il dott. Cives è stato colui che ha seguito e accompagnato il vescovo pugliese nel calvario della malattia fino alla morte avvenuta il 20 aprile del 1993 all’età di 58 anni.

Figure di santità fondate nella carità.

La Caritas diocesana, come ha ricordato il suo direttore, il diacono Giancarlo Pecetti, durante la recente “Festa dei Volontari”, è da anni impegnata a promuovere incontri di formazione con testimonianze su figure di uomini e donne la cui santità trova fondamento nella carità. Basti pensare all’insegnamento del venerabile servo di Dio Vittorio Trancanelli, il noto medico chirurgo perugino che accolse prima in casa e poi in un’opera da lui voluta (“Alle Querce di Mamre”) minori in difficoltà e anche gravemente malati.

Necessari più volontari, soprattutto giovani.

«Anche se negli ultimi anni diversi giovani si sono avvicinati al volontariato – evidenzia il direttore Pecetti –, oggi c’è maggiore bisogno di volontari per un naturale ricambio generazionale nel prosieguo delle attività socio-caritative della Chiesa. Proprio ai giovani rivolgiamo l’invito a partecipare a questi incontri formativi dove possono trovare anche più motivazioni per il loro servizio donato al prossimo, in un’epoca sempre più individualista e indifferente alle situazioni di disagio dell’altro».

L’esperienza di volontariato al “Villaggio della Carità”.

Questi incontri di formazione, spiega il diacono Pecetti, «sono sulla Parola di Dio e sulla sua messa in pratica attraverso esperienze di vita cristiana, affinché il nostro cammino di vita trovi il suo senso ed il suo fine nella donazione di sé, soprattutto verso i più deboli». Gli incontri sono rivolti anche agli operatori e a quanti svolgono attività di volontariato nei servizi del “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” di Perugia, operativo da cinque anni, dove è situato uno dei quattro Empori Caritas presenti sul territorio diocesano, che complessivamente forniscono generi alimentari di prima necessità, prodotti per l’igiene e materiale scolastico a 1.200 famiglie accolte da 160 volontari. Gli Empori, grazie a questi volontari, sono anche dei veri e propri centri di ascolto dove i fruitori trovano un clima familiare con momenti di incontro-dialogo e scambi di conoscenze. Il “Villaggio della Carità” è soprattutto luogo di accoglienza per 15 famiglie ospitate per periodi medio-lunghi nel corso dell’anno. Si tratta di persone rimaste senza lavoro e senza abitazione, con figli anche minori, in grave difficoltà, che per loro vengono messi a disposizione 50 posti letto. Questi ospiti sono seguiti da operatori e volontari motivati che li aiutano a ricostruirsi un futuro dignitoso.

Sostegno a chi cerca un lavoro dignitoso.

La Caritas è costantemente impegnata nelle attività di contrasto alla povertà fin dall’origine, cercando di promuovere quelle buone pratiche nel mondo del lavoro che sostengono la dignità del lavoratore e lo sviluppo etico dell’impresa. Questo grazie all’istituzione dell’Osservatorio “Etica del Lavoro e Impresa”, nato lo scorso aprile a seguito del progetto “SoSteniamo in lavoro”, seguito anch’esso da alcuni volontari, che ha dato la possibilità a circa 30 giovani adulti, negli ultimi due anni, di trovare un’occupazione dignitosa dopo un periodo di stage retribuito (grazie ai Fondi 8xMille della Chiesa cattolica), presso alcune aziende del territorio aderenti a questo progetto di rilevanza sociale.

Perugia ricorda mons. Remo Bistoni nel quinto anniversario della morte (2014-2019), canonico penitenziere della cattedrale, missionario, letterato, iscritto all’Albo d’oro della città

Una delle figure più insigni e poliedriche di sacerdoti contemporanei, “figli” della Chiesa diocesana di Perugia-Città della Pieve, è quella di mons. Remo Bistoni (1924-2014), canonico penitenziere della cattedrale di San Lorenzo, missionario, letterato, giornalista, iscritto all’Albo d’Oro della città di Perugia nel 2009 per i suoi diversi meriti conseguiti anche nel campo culturale e in quello sociale, contribuendo allo sviluppo della comunità cittadina.

In occasione del quinto anniversario della morte di «don Remo», come in tanti lo chiamavano, la famiglia e gli amici lo ricorderanno con un incontro, in programma sabato 9 novembre (ore 17), presso la Sala del Dottorato delle Logge della cattedrale, con testimonianze dirette sulla sua indimenticabile figura di sacerdote dedito ad annunciare, attraverso la messa in pratica del Vangelo in diversi ambiti della vita ecclesiale e civile, la Misericordia e la Carità.

Ancora oggi don Remo viene ricordato per la sua infaticabile attività pastorale accanto alle maestranze di significative realtà produttive del capoluogo umbro (fu per mezzo secolo il cappellano dello Stabilimento Perugina), oltre ad essersi prodigato all’avvio e allo sviluppo di una importante attività missionaria nello stato africano del Malawi, dove si recò molte volte. Inoltre è stato per un decennio cappellano della benemerita e storica opera del Sodalizio di San Martino, seguendo con dedizione gli anziani ospitati. Conosciuto anche come letterato, attraverso apprezzate opere in prosa e in poesia, e come giornalista pubblicista, con articoli e editoriali propositivi e stimolanti, ha concorso a vario titolo alla nascita e all’affermazione del settimanale cattolico umbro La Voce e dell’emittente diocesana Radio Augusta Perusia (oggi Umbria Radio in Blu).

La facilità della scrittura, la gioiosità dell’inventiva e la tenace memoria, hanno consentito a don Remo di curare anche profili biografici di santi (Santa Veronica Giuliani) e di personaggi, tra i quali l’arcivescovo Giovanni Battista Rosa e don Federico Vincenti, che ebbe nel 1998 l’onorificenza di “Giusto delle Nazioni” per la sua attività, svolta con altri preti, di salvataggio degli ebrei negli anni della persecuzione. Di grande interesse sono anche le sue rievocazioni storiche, ricche di date e personaggi come “Una Chiesa presente. Passaggio del fronte nel territorio della diocesi perugina 1943-1944”.

All’incontro in ricordo di don Remo interverranno il cardinale Gualtiero Bassetti, il vicario episcopale della Prima Zona pastorale dell’Archidiocesi mons. Saulo Scarabattoli, suo successore alla guida dell’associazione “Amici del Malawi”, don Marco Briziarelli, attuale presidente di quest’associazione, e Gino Puletti, che ricorderanno l’attività missionaria di mons. Bistoni. Inoltre interverranno il prof. Sandro Allegrini, che parlerà dell’opera letteraria del noto sacerdote, e la prof.ssa Isabella Giovagnoni, che leggerà alcuni brani in prosa o in versi tratti dalle opere di Bistoni, letture intervallate da momenti musicali.

Perugia: la solennità del Santo patrono Ercolano, vescovo e martire, defensor civitatis

Il 9 e il 10 novembre la Chiesa di Perugia celebra Sant’Ercolano, vescovo e martire, defensor civitatis, patrono della città e dell’Università degli Studi. E’ un’occasione per richiamare i perugini a riflettere sull’importanza di non sciupare «un patrimonio inestimabile, come quello della nostra città, la cui protezione e custodia è dovere di tutti», sottolinea il cardinale Gualtiero Bassetti nel fare memoria dell’«esempio che ci viene dal nostro Santo patrono, il vescovo Ercolano, che fu uno dei maggiori artefici della difesa di Perugia assediata dai Goti di Totila». Questa solennità è particolarmente sentita anche come momento per rinsaldare il legame tra la comunità civile e quella ecclesiale, chiamate ad operare insieme per il bene comune, raccogliendo le sfide di una città sempre più multiculturale dove non mancano esempi di dialogo, integrazione e solidarietà.

Le celebrazioni in onore del Santo patrono si terranno nella chiesa a lui intitolata e avranno inizio sabato 9, alle ore 11, con la messa presieduta dal vescovo ausiliare mons. Marco Salvi insieme al rettore di Sant’Ercolano don Francesco Benussi e ai parroci della città. Nel pomeriggio, alle ore 18, si terrà il concerto de “I Madrigalisti di Perugia”. Domenica 10, alle ore 10.30, il cardinale Bassetti presiederà la celebrazione eucaristica alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili e dei membri della storica e benemerita opera laica di carità del “Sodalizio di San Martino” (risalente al secolo XVI), proprietaria della chiesa di Sant’Ercolano (splendido edificio a forma ottagonale del secolo XIV). Nel pomeriggio, alle ore 17, sempre in Sant’Ercolano, si svolgerà l’incontro culturale dal titolo: “Dal Bonfigli al Regnaud. Le trasformazioni di una chiesa”, promosso dall’associazione “Radici di pietra”. In serata, alle ore 19.15, nella chiesa dell’Università, si terrà la messa per il mondo accademico celebrata da don Riccardo Pascolini, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria, che al termine consegnerà a ciascun laureato nell’ultimo anno una lampada con l’effige del Santo patrono, come segno della propria vocazione cristiana ad essere “luce del mondo” nella vita e nella professione.