Perugia – presentato il IX Rapporto diocesano sulle Povertà e Risorse nel 2023 “Catene Spezzate”. L’arcivescovo Ivan Maffeis: «La Carità deve essere intelligente»

IX Rapporto diocesano sulle povertà e sulle risorse dal provocante titolo: “Catene spezzate”, curato dall’Osservatorio Caritas, consultabile e scaricabile con le infografiche al link: Osservatorio sulla Povertà | Caritas Diocesana Perugia – Città della Pieve (caritasperugia.it), strumento di monitoraggio e riflessione sul fenomeno povertà, che va oltre i confini del territorio perugino, richiamando l’interesse di istituzioni, enti e organismi impegnati nell’opera di contrasto e prevenzione di questo fenomeno che riguarda sempre più italiani.
Sono intervenuti l’arcivescovo Ivan Maffeis, il direttore don Marco Briziarelli, l’economista Pierluigi Maria Grasselli, coordinatore dell’Osservatorio sulle povertà e l’inclusione sociale, l’assistente sociale Silvia Bagnarelli e lo statistico Nicola Falocci, componenti dell’equipe dello stesso Osservatorio.

Il IX Rapporto diocesano in sintesi.
Aumentano le richieste di aiuto degli italiani e la povertà in generale, ma scende il suo tasso di crescita.
Con riferimento alle attività del Centro di Ascolto della Diocesi di Perugia-Città della Pieve, nel 2023, possono cogliersi aspetti dinamici e modificazioni qualitative nel complesso dei richiedenti aiuto. Prosegue nel 2023 l’aumento (+9,2%) del numero totale (1805) di questi presso tale Centro, anche se con una riduzione del tasso di crescita della povertà (nel 2022 segnava +12,7%). La quota degli italiani sale al 25,3% (con un aumento rispetto al 2022) e quella degli stranieri scende al 71,5%. Le persone con doppia cittadinanza il 3,2%. Prosegue la netta prevalenza degli stranieri (provenienti da Perù, Marocco, Ucraina, Nigeria ed altri Paesi).
La povertà, dunque, non si riduce nonostante la presenza permanente di politiche di contrasto, dal Sostegno di inclusione attiva (SIA) al Reddito di inclusione (RDI), poi al Reddito di cittadinanza (RDC) ed infine all’Assegno di inclusione (ADI).
Se continuiamo, come nei precedenti Rapporti, a distinguere tra “vecchi” utenti e “nuovi” utenti, supponendo che i “nuovi” siano quelli con primo contatto in Caritas a partire da marzo 2020 (data del primo lockdown da pandemia), e che i “vecchi” lo abbiano avuto precedentemente, nel 2023 i vecchi utenti sono 568 pari al 31,5%, e i restanti 1237, pari al 68,5%, sono nuovi utenti.
Si noti il particolare interesse dell’analisi dei nuovi utenti, perché da essa possono risultare con particolare evidenza le nuove tendenze che si manifestano tra i richiedenti aiuto. Sotto questo profilo, segnaliamo, in termini di genere, il forte aumento dell’incidenza della componente maschile, che giunge, tra i nuovi, a superare quella femminile.
Per classi di età, tra gli stranieri il peso dei giovani fino ai 34 anni è doppio di quello tra gli italiani, mentre quello degli anziani (65 ed oltre) è tra gli italiani quasi quattro volte quello degli stranieri. Tra i nuovi utenti si osserva un’incidenza molto maggiore delle classi più giovani, il che può indicare la loro sofferenza per le difficoltà della situazione attuale
Lo stato civile degli utenti si distingue per il proseguimento della tendenza ad una sensibile diminuzione del peso di coniugati/e, e ad un aumento di quello dei celibi/nubili (che si possono supporre più provati dalla pandemia). Si pongono in evidenza stati di povertà molto connessi a forme di fragilità familiari. In termini di nucleo di convivenza, si evince, in continuità con il 2022, un cospicuo ulteriore aumento dell’incidenza di quelli che vivono soli, e una altrettanto forte diminuzione di quelli che vivono in un nucleo familiare. Tra i nuovi utenti, il marcato aumento della quota dei “soli” risente dell’alto livello tra gli italiani (molto rilevanti i livelli assoluti: gli italiani passano da 123 a 181, gli stranieri da 200 a 292).
Sul fronte abitativo, al primo posto per incidenza continua a porsi la casa in affitto da privati. Sempre tra i nuovi utenti, si rileva un forte aumento, rispetto ai vecchi, dei privi di abitazione, degli ospiti da amici o parenti, e del ricorso a subaffitto/posto letto.
Per il grado di istruzione, la quota di utenti che non dispongono di un titolo di studio più elevato della licenza media inferiore è del 47,0%, molto vicina a quella stimata per l’anno precedente. Si tratta di un livello di scolarizzazione medio molto basso, non tale da favorire una soddisfacente occupabilità degli utenti Caritas. Occorre accrescere tale livello, per contrastare la povertà educativa, e l’abbandono precoce del percorso scolastico. Sul fronte occupazionale, troviamo, nel 2023, al primo posto la condizione di disoccupato. Tutto sommato il quadro complessivo sembra più negativo e più incerto.
Dalle ricerche compiute da Caritas italiana trae conferma la stretta connessione tra povertà, difficoltà occupazionali e bassa scolarità.

Interventi Caritas.
Il numero complessivo degli interventi erogati tramite il Centro di ascolto diocesano nel 2023 arriva a 85.049, con un aumento dell’11,6% rispetto al 2022, e addirittura del 66,5% rispetto al 2020: un aumento esplosivo delle attività di Caritas, sotto i colpi delle crisi di varia natura degli ultimi anni.
Al primo posto come quota di interventi sul totale di questi troviamo l’offerta di beni e servizi materiali, costituiti principalmente dai servizi di mensa, dall’attività degli Empori/market solidali, dalla distribuzione di pacchi viveri. Seguono i servizi di alloggio e quindi i servizi di Ascolto, per lo più accompagnato da discernimento e progetto, nonché finalizzato ad attività di monitoraggio.
Il servizio di Ascolto è preliminare a tutti gli interventi successivi, e prevede Coinvolgimenti – che consentono di costruire una rete sociale operativa, costituita da parrocchie e/o gruppi parrocchiali, enti pubblici, enti privati o del Terzo Settore, e gruppi laici di volontariato.
Per un quadro completo delle iniziative della Caritas diocesana, si ricorda inoltre il suo multiforme impegno progettuale, in tutte le principali direzioni dell’impegno ai più fragili. È particolarmente importante che i progetti siano fatti non solo per i poveri, ma con i poveri. La meta verso cui Caritas si orienta è l’animazione di comunità, stimolare cioè la comunità ad una carità realmente generativa, che ha come principio sociale fondamentale la solidarietà, applicata ad ogni aspetto e dimensione dell’esistenza.
Pierluigi Maria Grasselli /

L’arcivescovo Ivan Maffeis: «La Carità deve essere intelligente»
«Le pagine di questo IX Rapporto raccontano di un viaggio che potremo scandire in tre tappe». Così l’arcivescovo Ivan Maffeis, a Perugia, il 5 giugno, alla presentazione del IX Rapporto sulle Povertà e Risorse nel 2023 dal titolo: “Catene spezzate”, a cura dell’Osservatorio delle povertà ed inclusione sociale della Caritas diocesana. «La prima – ha precisato mons. Maffeis – va dai problemi alle persone…, il primo modo per affrontare seriamente una carità che abbia il riflesso della carità di Dio e qualifichi anche il nostro rapporto con chi vive situazioni di povertà. La seconda tappa va dalla società alle istituzioni, che ringrazio quanti le rappresentano a diverso titolo, dai Comuni, alla Provincia, alla Regione, raccogliendo la loro attenzione e disponibilità. Sarebbe impensabile delegare la cura dei poveri a qualcuno. Come Istituzioni civili e come Chiesa è bello poter dire che qui ci sono interlocutori con cui si cammina insieme. Il lavoro di “rete” della nostra Caritas va in questa direzione, perché il bene comune è il bene della città, quello che sta a cuore a tutti. La terza è dalla denuncia delle “catene” alla proposta. Queste pagine vanno in questa direzione come si evince nella parte finale del rapporto. Mentre forniscono una miniera di informazioni e di dati, raccontano anche di una comunità che sa rimboccarsi le maniche, che ci mette cuore, passione, intelligenza, perché la carità deve essere intelligente aprendo piste per condividere».
Soffermandosi sulle risorse messe in campo per accogliere le tante richieste di aiuto, l’arcivescovo ha parlato dello «zoccolo duro dell’8xmille alla Chiesa cattolica, ma in Caritas io trovo un modello che deve essere esportato nelle altre realtà della nostra Chiesa dove, partendo da una percentuale che è assicurata dalla generosità di tanti cittadini praticanti e non, che firmano per la Chiesa cattolica, il lavoro fatto con le istituzioni, con le aziende, con le cooperative e con tante persone generose, ha moltiplicato quel poco facendolo diventare qualcosa per tutti».
Il direttore della Caritas diocesana, don Marco Briziarelli, ha spiegato la scelta del titolo del IX Rapporto, “Catene spezzate”: «Vedete in copertina questi piedi incatenati e le “Catene spezzate” rappresentano il lavoro compiuto, la missione svolta con molto impegno dove tante famiglie sono tornate libere di poter camminare, sciolte da quelle catene che papa Francesco ci ricorda parlando della povertà. “Catene spezzate” anche perché è il nostro invito-obiettivo della nostra vocazione, quella di continuare a riportare il povero al centro in un cammino che lo vede abbracciato da tante realtà per il ritorno all’autonomia. Essere nella condizione di povertà è una privazione di possibilità, è una privazione della libertà. Non avere la libertà di poter scegliere nel quotidiano e per il proprio futuro. La povertà è in aumento nella nostra diocesi con un dato importante, che ci dice che tante “catene” sono state spezzate, ma che tante nuove “catene” sono arrivate perché il 40% delle famiglie in difficoltà sono nuovi poveri nel rivolgersi per la prima volta alla Caritas nel loro cammino di vita».
a cura di Riccardo Liguori /

 

Perugia – Solennità del Corpus Domini. L’omelia dell’arcivescovo Ivan Maffeis. «L’Eucaristia ci ricorda che il bene della città passa dalla concordia sociale, fondata su valori essenziali…»

Corpus Domini: quanto bisogno abbiamo oggi di questa festa… Ci dice che Dio si fa così vicino da farsi nostro cibo, si fa forza che sostiene nel cammino spesso sofferto del vivere quotidiano, si fa presenza amica che ci trasforma, ci plasma, ci conforma al Signore Gesù e ci unisce fra noi: “Come questo pane era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così sia la tua Chiesa…”.
Questa festa ci dice che l’amore esiste ed è pane spezzato, perché la vita fiorisce solo quando la si dona, quando la si condivide.
Questa verità affiora dalle tre letture esprimono nel tema dell’alleanza.
Mosè sigla l’alleanza tra Dio – che offre la sua presenza provvidenziale – e il popolo, che si impegna a camminare con Dio. Gesù rende nuova e definitiva quest’alleanza tra Dio e gli uomini, offrendo non doni esteriori, ma se stesso.
Che riflesso porta questo messaggio nella nostra vita?
La risposta ce la offre la storia della nostra Chiesa, di questa nostra terra di santi e sante di ieri e di oggi, che riconosciamo senza difficoltà nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità: la loro esistenza è segno di come dalla comunione con il Signore nascano disponibilità e servizio, in un’attenzione che ha al centro la persona e le relazioni, e si spende nell’impegno educativo dei figli come nella cura dei nostri anziani.
Chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia non resta indifferente alle situazioni che la vita gli fa incontrare, ma sa farsi prossimo, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato.
Chi si lascia plasmare dall’Eucarestia trova il vero antidoto all’egoismo; riscopre la gratuità e la logica del dono.
Una comunità che si nutre dell’Eucarestia non rimane preda di divisioni e contrapposizioni: l’unico Pane fa – dei molti che siamo, con le nostre legittime diversità – un solo corpo.
Tra poco porteremo nelle vie della nostra Città la presenza eucaristica per sottolineare che essa è un dono di benedizione che raggiunge le case, la scuola, le Istituzioni, i luoghi di lavoro e d’incontro…; è annuncio di speranza: Dio non abbandona nessuno e mediante la disponibilità di tanti si fa presente per la consolazione, il conforto e l’aiuto di tutti.
L’Eucaristia, sacramento della comunione, ci ricorda che il bene della città passa dalla concordia sociale, fondata su valori essenziali: il bene comune, i diritti delle persone e dei gruppi primari, la difesa della vita, l’attenzione ai più poveri. Chi sarà chiamato ad amministrare la Città possa assumere questa responsabilità con coscienza onesta e capacità di visione, nella ricerca concreta delle convergenze possibili e di azioni costruttive a beneficio di tutti.
Don Ivan, vescovo

 

Terni – Corpus Domini – la processione diocesana: Mons. Soddu: “dai raggi benefici di questo Sacramento possiamo sempre attingere il segreto e il vigore per la crescita organica dei singoli, delle famiglie e della società”.

Tantissimi fedeli hanno partecipato giovedì 30 maggio alla celebrazione diocesana della solennità del Corpus Domini, alla messa presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, concelebrata dal vicario generale mons. Salvatore Ferdinandi e dai sacerdoti della diocesi, ed alla processione eucaristica con il Santissimo Sacramento per le vie del centro cittadino, dalla chiesa di San Francesco alla Cattedrale, in un lungo corteo di sacerdoti, confraternite delle varie zone della diocesi con i loro stendardi, i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme, i ragazzi che hanno ricevuto l’Eucarestia per la prima volta in questo anno, i rappresentanti delle associazioni e movimenti e delle parrocchie, animata dal coro della diocesi diretto da don Sergio Rossini e dalla banda “T.Langeli” di Cesi.
La solennità del Corpus Domini è un momento importante a fine anno pastorale, in cui al centro della celebrazione è l’Eucaristia, fonte e culmine della vita della chiesa, attraverso la quale si sperimenta la comunione tra le varie realtà della diocesi, nella preghiera per i deboli, i poveri, per chiunque ha bisogno di amore e di consolazione, segno tangibile di una condivisione e partecipazione alla vita cittadina e ai suoi problemi.
«Il grande mistero del Corpus Domini è l’eucaristia, il corpo di Gesù, che ci viene data in cibo – ha detto il vescovo -. Ci salva dai nostri peccati, ci riscatta da una vita spesso vuota o banale e ci riabilita totalmente, ponendoci su orizzonti luminosi di speranza. La festa del Corpo e Sangue del Signore Gesù esorta tutti ad avere il coraggio di accedere alla salvezza che solo il Signore può dare, e anche avere Il coraggio e la costanza nel permanere in questo stato salvifico di Grazia. Il Vangelo ci dice che Gesù ha profuso tutto il suo amore, perseverando sino alla fine; non solo facendosi inchiodare sulla croce, ma rimanendovi. La festa del Corpus Domini ci esorta ad avere una fiducia sconfinata in tutto questo, per il semplice fatto che il sangue da lui versato non è invano, non è andato perduto, ma raccolto nel calice, in quel calice della cena, della Mensa Eucaristica ed è oggi nella Messa, nella Eucaristia, per la nostra salvezza. Se questo non avviene nella vita delle persone, se questo non avviene nella nostra vita è perché noi ci intestardiamo rifiutando la salvezza. Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore, la nostra vita non avrebbe alcun senso senza l’Eucaristia. Come si fa a vivere senza questo dono? Perciò è vita vera quella che si conduce a prescindere da tutto ciò?».
Il vescovo ha anche fatto riferimento alla pace e alla speranza nel cammino della chiesa verso il Giubileo del 2025, perché la fede in Cristo: «Risvegli il torpore che spesso ci assale, ridesti in tutti il desiderio e la forza di contribuire personalmente alla costruzione della vera pace e della vita buona, perché dai raggi benefici di questo Sacramento, dal calice della salvezza, possiamo sempre attingere il segreto e il vigore per la crescita organica dei singoli, delle famiglie e della società. Questo consiste nell’invocare il nome del Signore, cioè affidarsi a lui, il quale ci offre questo calice, questo strumento di vittoria conquistata soltanto da lui e che desidera condividere con noi; che desidera cioè sia nostra questa salvezza e ci faccia ricollocare nella giusta strada del percorso pasquale, del percorso sinodale, del percorso giubilare di “pellegrini di speranza”, che con Gesù –unico Salvatore del mondo- conduce al Calvario e al sepolcro e da qui alla vita nuova della risurrezione».
L’OMELIA DEL VESCOVO
La lunga processione silenziosa, interrotta solo da preghiere e canti, si è snodata lungo le vie del centro di Terni da piazza Tacito, passando per la chiesa di San Pietro e fino alla Cattedrale, dove è stata allestita un’infiorata dai volontari dell’ufficio liturgico e della Cattedrale. C’è stata la preghiera del presidente di Azione Cattolica diocesana Rita Pileri per una comunità cittadina che sia capace di farsi vicina ai bisognosi e stranieri, compagna di chi lavora, e nella difesa dei diritti “Oggi vieni adorato anche per le vie delle nostre città, Gesù che nutri la nostra sete di giustizia e verità con il tuo sangue, facci essere ogni giorno ed in ogni luogo testimoni del tuo amore per tutta l’umanità, tu ci sei necessario per liberare i nostri cuori dalla tentazione della disperazione, per imparare l’amore vero, per camminare nella gioia, per moltiplicare l’amore con la carità e orientare l’umanità verso la giustizia e la pace”. La processione si è conclusa con l’adorazione eucaristica e la benedizione solenne con il Santissimo Sacramento.

 

In vista del Giubileo 2025. Il presidente della Ceu mons. Renato Boccardo: «Tanti pellegrini transiteranno nelle nostre contrade: si sentano accolti come a casa»

Anche la Chiesa dell’Umbria si sta preparando al meglio per accogliere nell’anno del Giubileo numerosi pellegrini. Il prossimo 15 giugno, presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Assisi, si terrà il Consiglio pastorale regionale della Conferenza episcopale umbra (Ceu) il cui primo punto all’ordine del giorno è la “preparazione del Giubileo 2025”.
Nell’attesa di conoscere le varie iniziative giubilari promosse a livello diocesano e regionale, il presidente della Ceu, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, interviene sul dato del flusso di pellegrini, circa 32 milioni, che arriveranno a Roma nel corso del prossimo anno, frutto di uno studio della Facoltà di Sociologia dell’Università Roma Tre fornito lo scorso 27 maggio, in conferenza stampa, dall’arcivescovo mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede, responsabile dell’organizzazione dell’Anno Santo.
«Tanti pellegrini transiteranno per le nostre contrade per poi convergere verso Roma, alle tombe degli Apostoli – commenta il presidente della Ceu mons. Boccardo –. Lo scorso 9 maggio il Santo Padre ha pubblicato la bolla di indizione del Giubileo 2025, invitando tutta la Chiesa a mettersi in cammino verso questo pellegrinaggio della speranza. In Umbria ci stiamo organizzando, in sinergia anche con gli enti locali, per poter assicurare un’accoglienza non soltanto dignitosa, ma cordiale e fraterna a tutti coloro che giungeranno nella nostra regione ricca di santità, di testimonianze di vita cristiana. Sarà bello e interessante per quanti verranno in Umbria conoscere meglio la storia e la vita di tanti cristiani (in particolare quelle di san Francesco, di santa Chiara, di santa Rita, di san Benedetto, di sant’Angela da Foligno, del beato Carlo Acutis, prossimo Santo, della beata Madre Speranza di Gesù…) che rimangono per tutti esempio di incoraggiamento a percorrere la strada del Vangelo di Gesù. Fin da ora diamo un cordialissimo benvenuto a tutti i pellegrini: ci stiamo preparando affinché la nostra casa sia con le porte spalancate per permettere a tutti di sentirsi accolti come a casa».

a cura di Riccardo Liguori

Assisi – Beato Carlo Acutis sarà Santo, riconosciuto il miracolo da parte del Papa

E’ stato annunciato dalla Sala Stampa vaticana che un miracolo compiuto per intercessione del beato Carlo Acutis è stato riconosciuto da papa Francesco il quale ha autorizzato il Dicastero per le cause dei Santi a pubblicare il relativo decreto. Su questa base, in data da definire, Carlo sarà proclamato santo, passando così dal culto locale che è proprio dello status di beato, al culto universale che caratterizza i santi canonizzati. La Chiesa di Assisi è in festa. Sia lode al Signore, che sta facendo grandi cose, per dare un colpo d’ala al nostro entusiasmo nella coerenza cristiana e nell’annuncio del Vangelo. Grazie anche al Santo Padre che sta assecondando l’opera di Dio. Trovandomi ancora a Roma, dove si conclude la CEI, conto di arrivare in serata ad Assisi, per ringraziare il Signore nella celebrazione eucaristica. Ma fin d’ora mi unisco ai fedeli che si trovano nel Santuario per una preghiera di lode. Voglia il Signore continuare la sua opera attraverso la testimonianza del beato Carlo. Egli potrà essere chiamato “Santo” e venerato con il culto liturgico dovuto ai Santi solo dopo la canonizzazione. Liturgicamente, pertanto, tutto rimane come prima. Ma esprimiamo con esultanza la nostra gioia in unione con la famiglia, specie il papà Andrea e la mamma Antonia, e tutti i devoti di Carlo sparsi nel mondo. Egli ci ottenga dal Signore di amarlo come lo ha amato lui, soprattutto nella Santa Eucaristia. In attesa di rivedervi, vi benedico di cuore

Assisi – aniversario santuario della Spogliazione. Cardinale O’Malley: “Qui i fedeli, con Francesco e Carlo si riuniscono in questo nuovo Cenacolo di Pentecoste”

“La spogliazione di Francesco è il momento del suo “Abbà Padre”. Per me questo è il momento cruciale della vita di Francesco, è la base teologica della sua vocazione, la sua assoluta fiducia nella paternità di Dio, il suo desiderio di seguire Gesù povero e crocifisso”. Lo ha detto il cardinale di Boston, Sean O’Malley nel corso dell’omelia della celebrazione eucaristica di domenica 19 maggio, nella chiesa di Santa Maria Maggiore-Santuario della Spogliazione. Il cardinale, dopo essersi soffermato sull’importanza della Pentecoste, ha poi evidenziato il significato della scelta di San Francesco. “L’aver rinunciato e avere messo tutta la sua vita nelle mani di Dio rende Francesco disponibile a seguire Cristo e annunciare la buona Novella. Questo carisma – ha aggiunto – è così forte che si diffonde a macchia d’olio; la sua vocazione ha cambiato il corso della storia e ci ha convocato qui da tutto il mondo. Il carisma che abbiamo ricevuto non è un documento o una filosofia, ma uno stile di vita trasmesso da uomini il cui cuore è infiammato. La strada che ci propone Papa Francesco è quella della vicinanza. Dobbiamo essere vicini a Dio con la preghiera reale e condivisa. La nostra vicinanza a Cristo povero e crocifisso è segno distintivo della nostra spiritualità. Ai nostri giorni uno dei frutti del carisma di Francesco è Carlo Acutis. Ora qui i fedeli si riuniscono in questo nuovo Cenacolo di Pentecoste”.

Un altro momento interessante sul carisma francescano che sprigiona dal Santuario della Spogliazione è stato vissuto anche nel pomeriggio di sabato 18 maggio durante il convegno: “Tra Frate Sole e Sorella Morte, il Cantico da San Damiano al Vescovado, una riscoperta verso il 2025” al quale hanno preso parte il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, il poeta Davide Rondoni, presidente del “Comitato nazionale per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi”, il frate conventuale padre Felice Autieri e il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi, Marina Rosati. “Che cosa succede al Cantico di Frate Sole se lo leggiamo a partire dalle due ultime strofe? Le sei strofe riguardanti gli elementi materiali sono ben note. In questo tempo in cui l’istanza ecologica si è fatta drammatica, aver riscoperto la profezia di Francesco d’Assisi anche sotto questo profilo concentra ancor più lo sguardo su di esse. Le due ultime finiscono per essere quasi dimenticate. Persino imbarazzanti. Con esse, in effetti, lo scenario cambia”, ha detto il vescovo Sorrentino “La questione dell’unità della composizione del Cantico – ha aggiunto ancora – è risolta dagli storici distinguendo lo sfondo e i tempi in cui nascono i due tipi di strofe: le prime, naturalistiche, hanno il loro grembo a San Damiano, e le altre, umanistiche, richiamano altro tempo e luogo, e cioè, la penultima legata all’episodio della riconciliazione di vescovo e podestà; l’ultima strofa, legata ai giorni in cui Francesco fu degente nel Vescovado prima di scendere, nel collasso finale, alla Porziuncola per accogliere “sorella morte”. Nelle ultime strofe, è prepotente l’aria del Vangelo. Andando verso l’anno centenario del Cantico (2025), questa importante creazione di Francesco, il Cantico di frate Sole, non potrà essere rivisitata se non in questo suo messaggio globale, ben incastonato, per le strofe sulla natura, nella spiritualità francescana della lode, sgorgante a San Damiano, e per le ultime due strofe, nella prospettiva, esistenziale e sofferta, sullo sfondo del vescovado, come esso sta ormai da alcuni anni ritornando alla luce nell’ottica del Santuario della Spogliazione”.
Padre Felice Autieri dopo aver approfondito le varie esperienze che hanno caratterizzato la vita di Francesco ha parlato dei suoi atti di riconciliazione. “Francesco – ha detto – va incontro alla morte con le sue certezze, ma anche con le sue paure. Egli non ha problemi a chiamare la morte come sorella. Francesco è autenticamente santo perché innanzitutto è stato autenticamente uomo. Francesco non è l’uomo che detta formule, ma egli parte dalla sua esperienza di uomo”.
Il poeta Rondoni ha spiegato che nessuno ha mai fatto un commento poetico al Cantico delle Creature. “Francesco – ha detto Rondoni – è un Santo che mentre sta morendo alza una prosa poetica rimata e si rivolge ai suoi frati cantando. Egli non lascia solo la Regola, o il testamento, ma anche una poesia. Il Cantico è un testo commentatissimo che fa impazzire i filologi. Le poesie non si capiscono, ma si comprendono, si imparano a memoria. Francesco nel Cantico mette in scena una grande lode per qualcosa che non è suo. Il Cantico non è un canto ecologico. Per Francesco la natura è un segno è qualcosa che fa vedere l’invisibile. Noi non siamo la cultura che l’essenziale deve essere visibile agli occhi. Tutto nella nostra cultura è segno: l’arte, i sacramenti. Il perdono è contro la natura, è come l’arte. Francesco mette in scena l’uomo come perdono. È un grande poeta”.

Assisi – A un progetto dell’Amazzonia il premio internazionale Francesco di Assisi e Carlo Acutis

È andato a “A Graça do Trabalho” (“La Grazia del Lavoro”), un progetto che nasce con l’idea di offrire un lavoro dignitoso ai giovani indigeni, e, allo stesso tempo, nutrire i bambini con cibi più sani, tipici delle culture amazzoniche (frutta e verdura di stagione, polli e uova, che ora arrivano surgelati dopo mesi di lunghi viaggi, utilizzando tanta benzina per barche e camion con il conseguente inquinamento dell’ambiente), l’assegno da 40.000,00 euro del Premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per una economia della fraternità, insieme a un’icona con l’immagine di San Francesco d’Assisi e del Beato Carlo Acutis, e un foulard della spogliazione realizzato dall’imprenditore Brunello Cucinelli.
Il progetto è stato scelto tra i 33 in cinque lingue (inglese, italiano, francese, portoghese e spagnolo) arrivati da 24 nazioni e 5 continenti (Africa – 17, America – 7, Asia – 5, Europa – 3, e Oceania – 1). Il riconoscimento di quest’anno va all’America, quarto continente a riceverlo, dopo l’Europa (Italia) nel 2021, l’Asia (Filippine) nel 2022, e l’Africa (Chad) l’anno scorso. Gli altri 10.000,00 euro del premio sono andati al progetto intitolato “Mihavotras” (“Si salva insieme”), proveniente dal Madagascar (Africa) che, sostenuto dalla Caritas locale, mira ad aiutare le donne vulnerabili tramite la creazione di alcune cooperative che possano offrire loro un lavoro.

Il vincitore del Premio e l’altro progetto sostenuto sono stati annunciati nel corso della mattinata di sabato 18 maggio che ha visto la partecipazione, al Santuario della Spogliazione – Chiesa di Santa Maria Maggiore, del vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, del cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, e dell’onorevole Emanuele Prisco, sottosegretario di Stato per l’Interno, in rappresentanza del Governo.

Il vescovo Sorrentino si è soffermato sulla spogliazione di Francesco “un grande gesto che pone nella storia dell’umanità una direttrice di marcia: il suo privarsi di tutto non è rifiutare l’economia, ma rifondarla. Francesco ci spiega che dobbiamo rovesciare il senso del denaro: da qui anche il senso del nostro Premio, cui quest’anno sono arrivate decine e decine di progetti. Il nostro, più che un riconoscimento, è una scuola, una maniera di riflettere in modo organizzato e partecipativo, quasi un laboratorio, per un nuovo modo di fare economia, che deve essere un’adeguata gestione della casa comune, altrimenti non può dirsi tale”.

Nel suo intervento, il cardinale O’Malley ha ricordato “l’ethos fondamentale del Premio: ‘Toccare la carne di Cristo, dare voce alle sue piaghe nei nostri fratelli e sorelle scartati’. Per questo, nelle parole di Papa Francesco, abbiamo bisogno di ‘una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda’. Mi congratulo per questa bella iniziativa, che diventa una scuola per una economia diversa tramite i sostenitori, le varie Commissioni e i proponenti dei progetti. Vi incoraggio di andare avanti su questa scuola dell’economia della fraternità”.

Intanto venerdì 17 maggio grande successo per la performance musicale “Il Cantico di Frate Sole”, a cura di Commedia Harmonica, in cui il maestro Simone Cristicchi ha proposto un estratto dal suo spettacolo teatrale “Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli”, recitando anche il Cantico di Frate Sole. “Ho fatto fatica a trattenere l’emozione – ha detto Cristicchi alla fine della performance – perché esibirmi qui, in questo luogo così speciale, è stato davvero un onore; Francesco è di tutti ma non per tutti”.

Inculturazione, globalizzazione, camminare insieme, camminare insieme alla natura, cambiamenti climatici, alcolismo, violenza, suicidio, giovani, sostenibilità, vocazioni indigene. Sono queste le parole chiave sulle quali si è basato l’intervento dei frati missionari fra Paolo Maria Braghini e fra Carlo Maria Chistolini durante il convegno: “Le sfide dell’Amazzonia e dell’Africa per un’economia della fraternità” che ha aperto la tre giorni. Al convegno è inoltre intervenuto padre Gerald Kpadhingo, dell’associazione Madre Africa. I due frati missionari in Brasile hanno spiegato che parlare di Amazzonia è già una sfida, in quanto non si può parlare di una sola Amazzonia ma di molte Amazzonie. Dopo 15 anni, abbiamo riaperto la parrocchia. Ci abbiamo messo tre anni solo per scoprire tutti i villaggi e conoscere gli abitanti.

Durante il suo intervento padre Gerard Kpadhingo ha detto che parlare di economia della fraternità significa “tornare ai primordi del cristianesimo. L’Africa è un continente gigante dove ci sono tantissime potenzialità: umane e nel sottosuolo. È ricca di senso della famiglia, di fratellanza, fraternità, comunione, amicizia: filosofia vitale che viene vissuta attraverso vari momenti. La chiesa rimane un punto di riferimento, di appartenenza indispensabile. L’economia è un rimedio contro l’egoismo. Abbiamo il compito di avviare la costruzione di un mondo nuovo radicato nel Vangelo. È necessaria una leadership creativa per sviluppare la capacità produttiva dei beni di prima necessità. Dobbiamo rendere gli stessi africani forza trainante del loro sviluppo”.

La tre giorni del Santuario della Spogliazione è organizzata dalla Fondazione diocesana Assisi Santuario della Spogliazione, con la diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e il patrocinio del Comitato nazionale per la celebrazione dell’ottavo centenario morte di San Francesco d’Assisi. Info su www.assisisantuariospogliazione.it • www.diocesiassisi.it e sui social della Diocesi e del Santuario.

Assisi – convegno interregionale, Umbria-Marche, di catechesi. Tra le proposte emerse quella di realizzare un forum permanente di aggiornamento e operatività tra le due regioni ecclesiatiche.

Circa 150 catechisti dell’Umbria e delle Marche hanno partecipato al convegno che si è tenuto alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli di Assisi dalla sera di venerdì 8 maggio a domenica 12 maggio. L’incontro sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una comunità che celebra e testimonia il Kerygma”, ha coinvolto in particolare i direttori degli Uffici catechistici diocesani e le loro équipe, come anche catechisti e sacerdoti. Le riflessioni emerse durante la tre giorni di lavori, poi, verranno consegnate alla Conferenza episcopale italiana che, dopo aver ricevuto tutte le proposte delle altre regioni d’Italia, avvierà una nuova progettazione per la catechesi a livello nazionale.

«Questi giorni di lavoro – afferma don Calogero Di Leo della diocesi di Perugia-Città della Pieve, coordinatore della commissione per la catechesi della Conferenza episcopale umbra (Ceu) – si possono benissimo sintetizzare in tre parole. La prima è bellezza: abbiamo vissuto un’esperienza di gioia, di gaudio, di amicizia, di pace, di condivisione. La seconda è lavoro: abbiamo lavorato molto bene, abbiamo condiviso idee, esperienze, buone pratiche, ma soprattutto la vita. E infine la terza parola è proposta: dai tre grandi settori su cui ci siamo confrontanti – la comunità, la liturgia e l’annuncio – sono emersi suggerimenti su come poter essere Chiesa nuova, con i piedi saldi nella tradizione, in questo cambiamento di tempo».

Mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, delegato Ceu per la catechesi, parla di «un convegno molto ricco sotto il profilo umano, spirituale e catechetico. Abbiamo riflettuto in profondità sulle istanze, i rischi e le sfide della catechesi del nostro tempo; e averlo fatto insieme due regioni ecclesiastiche è stato un elemento di grande ricchezza. Adesso si tratta di non dissipare questo patrimonio che abbiamo messo insieme. Delle tante proposte effettuate, mi piace sottolineare quella di non desistere da questa collaborazione e provare a creare un forum interregionale Umbria-Marche sulla catechesi, che potrebbe essere anche appoggiato da quale laboratorio di rinnovamento pastorale, nel quale fare un costate aggiornamento, un approfondimento e anche una operatività verificata per evitare che i nostri convegni siano solo parole. Il mio augurio è che non ci si fermi qui e quanto abbiamo vissuto possa davvero fiorire».

Le parole di mons. Boccardo, presidente Ceu. Il convegno, al quale hanno preso parte vari Vescovi dell’Umbria e delle Marche, si è concluso con la Messa nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli presieduta da mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra. Il Presule ha sottolineato ai catechisti che il modello da seguire è Gesù. «Gesù – ha detto – non chiede di convincere né di imporre; non dice: “organizzate, occupate i posti chiave, propagandate le vostre idee più belle, proponete la soluzione di ogni problema, mettete in atto una politica o una teologia”; dice soltanto: annunciate il Vangelo. I discepoli non devono fare molte cose o compiere imprese eclatanti; devono solo credere, e la loro vita manifesterà, semplicemente, la presenza del Signore».

VIDEO DELLE RELAZIONI DEL CONVEGNO 

Ad Assisi il convegno catechistico regionale Umbria-Marche. È il primo a livello nazionale che coinvolge due Regioni ecclesiastiche.

Dal 10 al 12 maggio 2024, alla Domus Pacis di Assisi, si terrà il convegno Catechistico Regionale Umbria-Marche, sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una comunità che celebra e testimonia il Kerygma”. L’assise coinvolge 21 diocesi, 8 dell’Umbria e 13 delle Marche, ed è rivolta principalmente ai direttori degli uffici catechistici diocesani e alle loro équipe. Possono, però, partecipare anche i catechisti e i presbiteri che fossero interessati. «È il primo convegno catechistico interregionale che viene fatto in Italia», afferma don Calogero Di Leo dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve e coordinatore della commissione per la catechesi della Conferenza episcopale umbra. «Siamo all’interno del cammino sinodale della Chiesa italiana e, con il mio confratello delle Marche don Emanuele Pizzai (diocesi Senigallia), abbiamo pensato di organizzare questo convegno tra due regioni ecclesiastiche che condividono un territorio omogeneo, con una modalità di trasmissione della fede alle giovani generazioni simile. Questa proposta, che è un’apripista a livello nazionale, – continua don Calogero – è vista con occhio interessato dall’Ufficio Catechistico della Conferenza episcopale italiana ed ha trovato pieno sostegno dai nostri Vescovi umbri e marchigiani». Nel convegno si tratteranno alcune tematiche delineate da Papa Francesco in occasione del 60° anniversario della nascita dell’Ufficio Catechistico Nazionale: la nuova evangelizzazione, l’importanza della liturgia quale luogo naturale per la catechesi e l’importanza della comunità. «Il convegno – dice ancora don Calogero Di Leo – non si fermerà solo alle analisi, cercheremo di far emergere una catechesi nuova, convincente, coinvolgente, in grado di affrontare le sfide del cambiamento del mondo. Le nostre riflessioni, poi, le consegneremo alla Conferenza episcopale italiana che, una volta ricevuto tutte le proposte delle altre regioni d’Italia, avvierà una nuova progettazione della catechesi a livello nazionale».

Al convegno interverranno vari Vescovi delle due Regioni e si concluderà con la celebrazione eucaristica di domenica 12 maggio nella Basilica di Santa Maria degli Angeli presieduta da mons. Renato Boccardo arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra.

Programma Convegno Interregionale

Narni – festa del patrono San Giovenale. Mons. Soddu: «Davanti agli innumerevoli mali del mondo, della nostra società, delle nostre famiglie, abbiamo l’invito di Gesù ad orientare la nostra vita a lui».

La festa del santo patrono Giovenale è per la comunità narnese un forte momento d’incontro, nel rinnovare la tradizione religiosa e culturale. La festa liturgica, il 3 maggio, è stata celebrata con il solenne pontificale presieduto dal vescovo Francesco Antonio Soddu e la processione per le vie della città con il busto del Santo. Il tutto accompagnato dallo scenario della città antica e dalla coreografia della sfilata del corteo storico in ricchi abiti medievali.
Una presenza viva quella di San Giovenale, che con la sua predicazione divenne l’anima dell’intera città nei secoli difficili delle persecuzioni contro i cristiani. Alla celebrazione nella concattedrale di Narni erano presenti il sindaco Lorenzo Lucarelli, che ha donato l’olio e acceso la lampada davanti al busto di San Giovenale e recitato la preghiera di affidamento al santo patrono, il vice presidente della provincia di Terni Gianni Daniele, la consigliera regionale Eleonora Pace, i sindaci dei Comuni di Calvi dell’Umbria, di Otricoli, di Osilo in provincia di Sassari, autorità civili e militari, i rappresentanti delle parrocchie del narnese che hanno offerto i ceri, i rappresentanti dei Terziari Fraporta, Mezule e Santa Maria e del corteo storico della Corsa all’anello, i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme, l’Unitalsi e tanti fedeli narnesi. Hanno concelebrato il parroco della Concattedrale di Narni don Sergio Rossini, il vicario generale della diocesi mons. Salvatore Ferdinandi, il vicario foraneo di Narni don Jean Pierre Kalongisa, i canonici del capitolo della Concattedrale di Narni, i sacerdoti della diocesi di Terni-Narni-Amelia.
Ricordando la figura del santo patrono e primo vescovo di Narni, mons. Soddu ha sottolineato come San Giovenale sia un testimone attuale della fede «che ha saputo incarnare nella propria vita il vangelo delSignore; con la sua esperienza di vita, tutta donata al Signore, è per noiespressione viva ed eloquente di quanto in Dio e solo in lui si trovi larealizzazione piena della vita».
«L’ideale alto, supremo dell’essere cristiano – ha aggiunto il vescovo -, appartenente a Gesù Cristo, a colui che è la vita bella e buona e che vivifica e nutre come acqua viva e pura tutto ciò a cui arriva, ha orientato e sostenuto san Giovenale; ma non di meno coinvolge ogni cristiano; coinvolge ed interpella ciascuno di noi, dandoci la preziosissima opportunità di essere non solo seguaci o imitatori di questo messaggio, quanto piuttosto depositari di un grande tesoro, anche se questo è contenuto nella nostra fragile vita. Ciò che per noi sarà necessario fare, è accoglierlo ed impastarlo all’interno delle nostre esperienze; facendolo quindi ben agire, questo significa che ciascuno di noi in questo tempo, ai nostri giorni, è chiamato a dare il personale contributo sia per la propria realizzazione e sia per il progresso della società».
Il vescovo ha fatto anche riferimento alla pace e al cammino sinodale della chiesa cattolica: «Davanti agli innumerevoli mali del mondo, della nostra società, delle nostre famiglie, dei nostri mali personali, abbiamo l’invito di Gesù a dirigere l’attenzione su di lui; ma ancor di più: ad orientare la nostra vita a lui. Il Signore ci dice “Venite a me”, ossia orientate la vostra esistenza, il vostro cammino, il vostro progetto di vita verso di me. Tutto il resto verrà di conseguenza. Anche dinanzi ai mali della storia, pensiamo alle guerre e alle continue violenze e ingiustizie, abbiamo questo invito, questa proposta del Signore: “Venite a me”. La preghiera per la pace e sui mali ed ingiustizie non sia perciò ridotta all’invocazione affinché Dio possa fare il suo dovere, quasi di risolutore dei nostri problemi e per di più a prescindere dalla nostra volontà. Il criterio invece è un altro: quello che tiene insieme le due realtà, ossia il volere di Dio e le intenzioni degli uomini. Soltanto orientando e dirigendo decisamente la vita in questa direzione si può ottenere la pace; l’inverso non fa altro che fomentare ulteriore oppressione e stanchezza, illudendosi che prima o poi si potrà ottenere una vittoria, che sarà comunque falsa per tutti, vincitori e vinti. Si pensi alle piccole dispute colme di rancore, alle dinamiche del gioco d’azzardo, a quelle delle più svariate dipendenze, fino ad arrivare ai conflitti tra le nazioni e le guerre, che alla fine lasciano sul campo solo distruzione e morte. Per questo la pace si costruisce anche nella sana politica, valore che va recuperato, perché è il sale del saper vivere e saper convivere.
In questo tempo di percorso sinodale della Chiesa, in questo tempo di preparazione al Giubileo, dal titolo “Pellegrini disperanza”, quanto ci viene oggi offerto è per noi il punto di riferimento essenziale; tutto il resto acquista senso e significato soltanto in rapporto a Gesù, ossia egli è il tutto; e la nostra vita potrà essere bella e colma di senso solo in riferimento a lui».
Al termine della celebrazione il corteo storico, musici, tamburini, bambini e ragazzi del catechismo, i sacerdoti e le autorità sono usciti in processione con il busto di san Giovenale fino a piazza dei Priori, dove il vescovo Soddu ha salutato la cittadinanza e pregato per la città. La cerimonia si è conclusa con il rientro in cattedrale e la benedizione finale del vescovo alla comunità narnese e alla città.

OMELIA DEL VESCOVO