Terni – apertura del Giubileo con centinaia di fedeli in processione. Mons. Soddu: “le Chiese dell’ Umbria, come segno di carità, pongono attenzione all’emergenza abitativa, promuovendo una grande colletta per l’intero anno giubilare”

«L’Anno Santo, con i segni di Misericordia che lo accompagnano e caratterizzano ci insegna che in Gesù Cristo abbiamo l’opportunità di riiniziare da capo, mediante il dono di una vita nuova resa possibile dal perdono e dalla remissione della colpa». Sono le parole del vescovo di Terni-Narni-Amelia mons. Francesco Antonio Soddu pronunciate domenica 29 dicembre per la solenne apertura dell’Anno Santo in diocesi, alla presenza di centinaia di fedeli. La liturgia è cominciata nella chiesa di San Pietro a Terni con la lettura di alcuni brani tratti dalla bolla d’indizione del Giubileo di Papa Francesco “Spes non confundit” e proseguita con il pellegrinaggio dei fedeli, segno del cammino di speranza a cui invita il Giubileo,dietro la maestosa croce in legno della collegiata di Otricoli, del XVI secolo e recentemente restaurata. Lungo le vie del centro di Terni, via Manassei, via Garibaldi, via delle Conce, via Colombo, piazza Ridolfi, corso del Popolo, via Barbarasa, via Roma, via dell’Arringo, il vescovo, i sacerdoti, religiosi e religiose, il sacerdote ortodosso Romeno Vasile Andreaca e il sacerdote ucraino di rito bizantino don Andriy Maksymovych, membri di confraternite della diocesi, associazioni e movimenti, le autorità civili tra cui l’assessore alla Cultura del Comune di Terni Michela Bordoni, la presidente del consiglio comunale di Terni Sara Francescangeli, il sindaco di Amelia Laura Pernazza, il sindaco di Alviano Giovanni Ciardo, Francesco De Rebotti per la Regione Umbria, e tantissimi fedeli hanno raggiunto la Cattedrale di Terni per la solenne celebrazione eucaristica.
La croce è stata posta al lato dell’altare e sarà esposta in Cattedrale per tutto l’Anno Santo. La celebrazione è proseguita con la benedizione dell’acqua e l’aspersione dei sacerdoti e fedeli, con le letture della domenica. La liturgia è stata animata dalla corale diocesana diretta da don Sergio Rossini; il servizio all’altare è stato curato dai seminaristi e ministranti, coordinati dal cerimoniere Marco Farroni.
«In comunione con tutte le Chiese sparse nel mondo, apriamo nella nostra Diocesi l’Anno di Misericordia – ha detto il vescovo nell’omelia -, in questo giorno solenne nel quale si celebra la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Il tempo di grazia della presenza del Signore nella storia, non potendo prescindere dall’aver assunto la famiglia quale strumento per il suo ingresso nel mondo, non possa anche per noi non partire dalla riscoperta e valorizzazione di questo grande tesoro, entro il quale ciascuno di noi è stato generato, è venuto alla luce e ha iniziato ad apprendere i fondamenti del vivere. Aprendo dunque l’Anno Santo, siamo invitati ad aprire il nostro cuore e ad espanderlo alla misericordia, iniziando proprio dalle nostre famiglie, illuminati dalla santa famiglia di Nazareth. Io credo che ciascuno di noi ha avuto modo di ascoltare tante storie belle ed edificanti di famiglie, ma anche di altrettanti drammi che hanno fatto precipitare quanti ne sono stati coinvolti nel baratro di una esistenza spenta e talvolta addirittura distrutta».
«Insieme al dolore e la contrizione per le nostre colpe, per i nostri peccati, ciò che deve emergere è appunto il dono di grazia della vita nuova, così come descritto ampiamente da Gesù in tutte le parabole della misericordia e confermato dagli avvenimenti evangelici che l’hanno concretizzata. In questi, il Signore Gesù mette in evidenza tre aspetti fondamentali, che sono i segni significativi del percorso giubilare: la gioia, la pace e la speranza, a partire dal perdono. Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Lasciamoci pertanto riconciliare con Dio, la riconciliazione con Dio non potrà che ottenere la pace, la gioia e guidare verso la riconciliazione fraterna. Nella misura in cui ci avvicineremo a Dio procederemo verso l’incontro con i fratelli. Questo percorso richiede fede e speranza. In questo senso la speranza non delude perché ci viene in soccorso la Carità, che è l’amore di Dio, lo Spirito di Dio. La carità richiede di essere tangibile, per questo motivo le chiese della regione Umbria abbiamo pensato come segno di carità di focalizzare la nostra attenzione sulla emergenza abitativa, promuovendo una grande colletta che, in forme diverse, durerà l’intero anno giubilare. Il nostro Anno Santo sia pertanto sempre illuminato e condotto dai gesti, da quei segni che hanno accompagnato e guidato la liturgia fino ad ora: l’ascolto della Parola di Dio, l’intercessione dei santi, il camminare insieme dietro la croce di Gesù, la rinnovazione del nostro Battesimo. La santa Famiglia di Nazareth è per noi il libro aperto della Parola di Dio ed anche il suo commento esistenziale, impiantato nel solco della concretizzazione della presenza salvifica di Dio nella storia del mondo e dunque nella nostra, di ciascuno di noi. Ascolto fatto di disponibilità nella connessione.
Dio è sempre connesso con la nostra vita; abbiamo noi la fiducia di accogliere tale opportunità nella nostra mente e nel nostro cuore ed egli saprà operare in noi la meraviglia di un futuro sempre migliore, nella concretezza del presente da accogliere con fiducia, coraggio e gioia. Il nostro camminare sia sempre insieme; da soli –lo sappiamo- ci si perde, ci si stanca, ci si disorienta. Insieme invece, dietro la croce di Cristo certamente ci si salva, perché dalla croce di Gesù abbiamo la luce; la croce è la nostra àncora di salvezza che nutre la speranza e infonde la gioia della salvezza.
Accogliamola oggi questa gioia, gioia di essere e sentirci figli amati e perdonati da Dio e portiamola in ogni ambiente in cui ci troveremo mediante i gesti, le azioni di carità come certezza di speranza a tutti coloro che hanno bisogno dell’abbraccio paterno e misericordioso di Dio».

Durante il 2025, diversi saranno i momenti e le celebrazioni connessi con il Giubileo, in particolare in alcuni luoghi di culto, che il vescovo con suo decreto “desiderando offrire a tutti i fedeli la possibilità di accogliere il messaggio di speranza della grazia di Dio e di conseguire i benefici spirituali connessi all’indulgenza giubilare” ha stabilito quali Chiese Giubilari in Diocesi:
la Cattedrale di Santa Maria Assunta in Terni,
la Concattedrale dei Santi Giovenale e Cassio in Narni,
la Concattedrale di Santa Firmina in Amelia,
il Santuario Antoniano dei Protomartiri Francescani in Terni,
il Santuario Santa Maria del Ponte in Narni Scalo, la chiesa di Santa Maria dei Monticelli in Amelia, e in virtù del vincolo spirituale di affinità alla Basilica Vaticana di San Pietro, sarà Chiesa Giubilare anche la chiesa di San Pietro in Terni.
In tali chiese sarà possibile ottenere l’indulgenza giubilare, secondo le consuete condizioni stabilite dalla Chiesa (confessione sacramentale, comunione eucaristica, preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, distacco da ogni peccato anche veniale) e le specifiche disposizioni emanate dalla Penitenzieria Apostolica per il Giubileo 2025.
Nei luoghi giubilari diocesani sarà curata in modo particolare la formazione e la celebrazione del sacramento della Penitenza, la promozione di luoghi e percorsi di catechesi sulla riconciliazione, la disponibilità dei sacerdoti ad amministrare tale sacramento accogliendo i pellegrini che faranno tappa nelle chiese giubilari della diocesi.
In Quaresima, tutti i venerdì dal 7 marzo al 4 aprile 2025, nelle chiese giubilari della diocesi, si terranno le celebrazioni comunitarie della Penitenza e la Via Crucis, animate dai sacerdoti della Vicaria corrispondente alla chiesa giubilare ed aperte a tutta la comunità diocesana.
Saranno proposti pellegrinaggi lungo il cammino a piedi dei Protomartiri Francescani passando per Terni, Narni, Calvi, Sangemini, Stroncone.

Spoleto-Norcia: apertura del Giubileo con tantissimi fedeli. L’Arcivescovo: «Siamo chiamati a realizzare gesti concreti di perdono e opere di misericordia corporale e spirituale che ci conducono ad incontrare Cristo nella persona dei fratelli»

«Il cristiano sa che per lui la speranza è una responsabilità, soprattutto oggi che gli orizzonti culturali sono spesso profondamente asfittici ed è difficile formulare speranze a lunga durata e capaci di reggere una vita». È uno dei passaggi dell’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, mons. Renato Boccardo, ha tenuto in Duomo domenica 29 dicembre 2024 per l’avvio dell’Anno Giubilare della speranza. La celebrazione è iniziata con una sosta di preghiera nella chiesa di S. Filippo Neri in Piazza Mentana; da lì, si è snodata la processione, segno del cammino di speranza, fino alla Basilia Cattedrale seguendo questo itinerario: chiesa di S. Filippo, Corso Mazzini, Piazza della Libertà, Piazza del Mercato, Via Saffi, Duomo. L’Arcivescovo, i presbiteri, i religiosi e le religiose, le autorità civili (tra cui i sindaci di Spoleto Andrea Sisti, di Montefalco Alfredo Gentili e di Cascia Mario De Carolis), i tantissimi fedeli presenti, i membri di confraternite, associazioni e movimenti si sono messi in cammino dietro alla croce, pellegrini verso il Duomo. Sulla soglia della Cattedrale mons. Boccardo ha preso la croce, l’ha innalzata e rivolto verso il popolo lo ha invitato a venerarla: Ave, o Croce di Cristo, unica speranza. L’Arcivescovo, quindi, ha fatto ingresso in chiesa, seguito da clero e fedeli. La croce utilizzata per la celebrazione, e che sarà esposta in Duomo per tutto l’Anno Santo, proviene della chiesa di S. Sabino in Spoleto: è del XVIII secolo ed era il simbolo della Confraternita del Santissimo Sacramento di S. Sabino. Mons. Boccardo, raggiunto il presbiterio, ha sostato presso il fonte battesimale e, dopo aver fatto memoria del Battesimo, ha asperso con l’acqua sé stesso, i presbiteri e il popolo, attraversando la navata centrale. La liturgia è stata animata dalla corale diocesana diretta da Mauro Presazzi, con all’organo Angelo Silvio Rosati; il servizio all’altare, invece, è stato curato dai seminaristi e ministranti, coordinati dal cerimoniere arcivescovile don Pier Luigi Morlino. La casula che ha indossato l’Arcivescovo per la celebrazione è stata pensata e donata dall’azienda Mastro Raphael di Spoleto: vi sono riprodotti alcuni fregi del portale di ingresso del Duomo; il coloro verde richiama la speranza, tema del Giubileo.

Nell’omelia mons. Boccardo ha ricordato che «Papa Francesco la sera di Natale ha aperto nella Basilica di San Pietro la Porta Santa del Giubileo, dicendo: “La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia”. (Omelia nella notte di Natale 2024). Anche noi, come Chiesa diocesana, vogliamo attraversare idealmente quella Porta per andare incontro al Signore Gesù, la Porta che il Padre misericordioso ha aperto perché tutti possiamo fare ritorno a Lui. Lo faremo con l’esercizio costante della conversione personale che troverà nella Confessione il suo sigillo sacramentale; lo faremo realizzando gesti e azioni concrete di perdono e di riconciliazione; lo faremo con le opere della misericordia corporale e spirituale che ci conducono ad incontrare e servire Cristo nella persona dei fratelli (cf Mt 25, 40); lo faremo frequentando le quattro chiese Giubilari (Duomo di Spoleto, Basilica Santa Rita a Cascia, Santuario della Madonna della Stella in Montefalco e Santuario di S. Francesco al Monteluco di Spoleto, ndr), “oasi di spiritualità dove ristorare il cammino della fede e abbeverarsi alle sorgenti della speranza”; lo faremo con i Pellegrinaggi giubilari che, nella bella stagione, ci condurranno come Pievanie ad alcuni luoghi significativi della fede e della devozione del popolo cristiano; lo faremo accogliendo con gratitudine il dono dell’Indulgenza giubilare, che raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità e a crescere nell’amore. Lo faremo ancora intensificando il nostro impegno – Équipes pastorali, sacerdoti e fedeli laici – nella edificazione delle Pievanie come luoghi ecclesiali capaci di far germogliare sogni, intrecciare relazioni, stimolare fiducia, fasciare ferite, aprire orizzonti; decisi a non cedere alla ricorrente e mortifera tentazione che rivendica autonomia per le comunità; desiderosi di suscitare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani, e ci qualifichi ogni giorno di più come popolo che cammina zelante nella fede, operoso nella carità e perseverante nella speranza (cf 1 Tess 1, 3)».

Assisi – apertura Giubileo interdiocesano. Monsignor Sorrentino: “Quest’anno ci chiede più santità, comunione e impegno”

“Con l’apertura della porta santa a Roma comincia l’anno giubilare anche delle nostre Chiese sorelle di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, come avviene in tutte le Chiese sparse nel mondo. Ci viene offerta l’indulgenza, e cioè la certezza che Dio non solo ci abbraccia come un padre, come nella parabola del figliuol prodigo, quando ritorniamo a lui dopo il nostro peccato, ma si fa anche medico delle conseguenze che il peccato ha prodotto in noi. Come la malattia, il peccato, ci lascia indeboliti e inclini a peccare nuovamente. L’indulgenza è un aiuto supplementare a quello del sacramento della riconciliazione. Rimette le cosiddette “pene temporali” a cui col peccato andiamo soggetti, e che sono appunto gli strascichi del peccato da sanare nell’aldilà con il purgatorio o già sulla terra con un cammino serio di conversione”. Lo ha detto il vescovo delle Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, durante la messa di apertura interdiocesana dell’Anno Santo del Giubileo celebrata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli domenica 29 dicembre, alla presenza del presidente della Regione, Stefania Proietti, dei sindaci dei Comuni delle due diocesi, delle massime autorità civili, militari e di migliaia di fedeli.

Di questo cammino, per il presule, “Ne era cosciente il giovane Carlo Acutis quando, sotto gli artigli della malattia, offrì la sua vita per la Chiesa, ma aggiunse anche il desiderio di andare subito in paradiso evitando il purgatorio. Era il desiderio di incontrare Gesù così rapidamente da non sopportare alcun ritardo. A questa santità tutti siamo chiamati. La Chiesa ci offre con il Giubileo una medicina che, se assunta davvero – cosa non scontata – guarisce le ferite dell’anima anticipando per noi su questa terra la gioia del paradiso. Quando Francesco per i pellegrini di questa Porziuncola, la annunciò così: ‘Voglio mandarvi tutti in Paradiso’. Tutto è grazia. Ma nel suo gioco paterno di alleanza con i suoi figli – le parole di monsignor Sorrentino – Iddio ci chiede sempre di fare la nostra parte. Con l’indulgenza giubilare, questa parte è compiuta anche grazie alla comunione che ci lega a tutta la Chiesa, corpo di Cristo. Tocca però a ciascuno aprire il cuore. Non c’è nulla di magico e di automatico. Puoi fare tutti i pellegrinaggi che vuoi, ma se non scatta il pellegrinaggio dell’anima, l’indulgenza non ti può raggiungere. Per accoglierla davvero è richiesta non soltanto qualche pratica esteriore, ma soprattutto il fermo proposito di allontanarci da ogni peccato. In sostanza, la decisione di vivere santamente. Quest’anno ci chiede più santità, più comunione, più coerenza nella vita cristiana”.

“Il giubileo è stato incardinato sulla speranza – ha ricordato ancora Sorrentino – ma questa è efficace e non illusoria se torniamo ad essere famiglia, dalla famiglia fondata sul matrimonio, alle famiglie spirituali che si ritrovano intorno al vangelo come avvenne per Francesco e i suoi frati formati all’ombra di questa Porziuncola, e come è oggi assunto come programma pastorale delle nostre due Chiese sorelle, fino allo sguardo che – sull’onda dell’enciclica ‘Fratelli tutti’ firmata sulla tomba di Francesco, e del patto per una nuova economia siglato dal Papa e da migliaia di giovani, deposto qui come un seme nel giardino della Porziuncola, si porta sulla famiglia dei popoli, alla quale noi cristiani vogliamo dare il nostro contributo perché la pace trionfi sulle tante macerie e rivoli di sangue innocente. Apriamo il cuore e lo sguardo verso Dio – ha concluso il vescovo – e quest’anno sarà davvero un anno di gioia, di speranza e di grazia”.

Il custode della Porziuncola, padre Massimo Travascio ha invece sottolineato che il “Giubileo è un tempo per tutti, nessuno escluso, per riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, un tempo per il rinnovamento spirituale, un tempo per impegnarsi nella trasformazione del mondo e portare e seminare speranza ovunque: la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono’”. Il Custode ha anche ricordato “le dieci chiese giubilari scelte per i sacri pellegrinaggi, dove riscoprire il senso dell’Anno Santo, avere la possibilità di vivere il sacramento della Riconciliazione e nutrire l’esperienza di fede con la preghiera”. Si tratta della chiesa cattedrale di San Rufino in Assisi; la chiesa concattedrale di Santa Maria Assunta in Nocera Umbra; la chiesa concattedrale di San Benedetto in Gualdo Tadino; la basilica Papale di San Francesco in Assisi; la basilica papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola in Assisi, il santuario della Spogliazione in Assisi; la chiesa cattedrale di San Feliciano in Foligno; la chiesa di Sant’Agostino – santuario della Madonna del Pianto in Foligno; la chiesa di San Francesco – santuario Sant’Angela da Foligno in Foligno; il santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia in Foligno.

Orvieto-Todi: l’omelia del Vescovo Sigismondi alla solenne Concelebrazione di apertura del Giubileo nella Cattedrale di Orvieto

Nel pomeriggio di domenica 29 dicembre, festa della Santa Famiglia di Nazaret, è stato ufficialmente aperto il Giubileo diocesano con una solenne Messa presieduta dal Vescovo Sigismondi nella Cattedrale di Orvieto, gremita di fedeli. Presenti le Autorità civili.
La Celebrazione, vissuta davvero in profondità in ogni suo momento, ha preso il via all’esterno, poi una breve processione, varcando la porta del Duomo con gli occhi fissi sul Crocifisso.
Mons. Gualtiero ha esortato a splancare la porta del cuore. La parola “porta” è fortemente risuonata all’omelia, a partire dalla porta della salvezza, apertaci dal Verbo di Dio con la sua Incarnazione; dunque, la porta del cielo aperta per noi da Maria, Madre del Signore, Ella stessa ‘porta felice del cielo’ e ‘porta regale’.
Porta del cielo è anche la casa di Nazaret, ‘porta santa’ che collega la terra con il ‘cielo aperto’. Ed ancora: le dodici porte che circondano la Città santa, dove avrà il suo compimento la ‘grande opera’ della salvezza, iniziata nel giardino in Eden; la valle di Acor che Dio trasformerà in ‘porta di speranza’; la ‘porta della fede’, che Gesù – ‘buon pastore’ e ‘porta delle pecore’ – vuole aprire a tutti e che ha lo stesso codice della ‘porta della Parola’, la quale dà libero accesso alla ‘porta del cielo’; le porte di Sion che il Signore ama e ne rinforza le sbarre, “per regolarne l’afflusso, consentito ai giusti, a coloro a cui Egli bussa e non gli fanno trovare chiusa la porta”.
Nel corso dell’omelia, il Vescovo ha parlato anche dell’indulgenza, sottolineando che è un ‘incentivo’ a intraprendere un cammino di vera conversione. A conclusione, ha invocato la Madre di Gesù, affinché “ci aiuti a spalancare la porta del cuore” per far entrare “il Re della gloria”. “‘Dilata il petto – ha detto, citando Romano Guardini -. Alza gli occhi. Libera l’anima!’: questo è il cronoprogramma dell’Anno Santo!”.
Prima della benedizione, Mons. Gualtiero ha consegnato ai Moderatori delle Unità Pastorali, ciascuno accompagnato da una famiglia, una immagine della Madonna di San Brizio e la lampada del Giubileo, da collocare in ogni chiesa parrocchiale per ricordare a tutti il particolare Anno di Grazia che siamo chiamati a vivere con tutta la Chiesa. Ha inoltre consegnato il Messale proprio della Diocesi, recentemente approvato dalla Santa Sede, ove sono contenute le Messe dei Santi venerati in Orvieto-Todi; l’utilizzo di questo Libro liturgico aiuterà a crescere ancor più nella comunione ecclesiale, che deve portare a essere un cuore e un’anima sola.

Il testo integrale della omelia 

Il Verbo di Dio, ponendo la sua dimora in mezzo a noi, ci ha aperto la porta della salvezza. “Dall’orizzonte infinito del suo amore, Dio ha voluto entrare nei limiti della storia e della condizione umana, ha preso un corpo e un cuore; così che noi possiamo contemplare e incontrare l’infinito nel finito, il Mistero invisibile e ineffabile, nel Cuore umano di Gesù, il Nazzareno”. Con questo pensiero di Benedetto XVI, citato da Papa Francesco nell’enciclica Dilexit nos, varchiamo la soglia del Giubileo Ordinario, aperto dal Vescovo di Roma bussando alla Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano. Il suo periodico spalancarsi ritma l’incedere nella storia della grazia divina che, mediante il ministero della Chiesa, entra nel mondo attraverso i “cantieri dell’anima”.

“Una donna ha chiuso la porta del cielo, una donna l’apre per noi: Maria, Madre del Signore”. Questa antifona, proposta dalla Liturgia delle ore per la solennità dell’Assunta, oltre a condurci nel santuario del cielo ove la Vergine Maria risplende “in anima e corpo”, ci introduce nella casa di Nazaret, spesso raffigurata con una grande porta aperta sullo sfondo della scena dell’Annunciazione. La casa di Nazaret è, infatti, la “porta santa” che collega la terra con il “cielo aperto” (cf. Gv 1,51). Entro le sue pareti, ove Gesù cresce “in sapienza, età e grazia” (cf. Lc 2,52), si realizza il sogno che fa dire a Giacobbe: “Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo” (Gen 28,17).

La metafora della porta, con cui la lex credendi indica il Battesimo, apre e chiude la sacra Scrittura, in cui si narra la “grande opera” della salvezza, iniziata nel giardino in Eden, da cui Adamo viene cacciato (cf. Gen 3,23-24), e che avrà il suo compimento nella Città santa la quale, secondo la profezia di Ezechiele (cf. 48,30-35) evocata dall’Apocalisse (cf. 21,12-13), è circondata da dodici porte, ai quattro punti cardinali. Ai battenti delle “porte del cielo” (cf. Sal 78,23), che coprono il cigolio della porta della torre di Babele (cf. Gen 11,1-9), fa da “contrappunto” la benedizione assicurata a Israele: “Trasformerò la valle di Acor in porta di speranza” (Os 2,17).

Fratelli e sorelle carissimi, il simbolismo della porta introduce la parabola del “buon pastore” (cf. Gv 10,11-18), proclamata da Gesù in prossimità del Tempio di Gerusalemme. “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7): con questa metafora Gesù esprime l’ardente desiderio di aprire a tutti la “porta della fede” (cf. Gv 10,16), anche ai pagani (cf. At 14,27). Il codice della chiave della “porta della fede” è lo stesso della “porta della Parola” (cf. Col 4,3), che nessuno può chiudere (cf. Ap 3,8). Si tratta di una porta “grande e propizia” (cf. 1Cor 16,8-9), e tuttavia è “stretta” (cf. Mt 7,13-14), perché “il passaggio alla vita eterna richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo”. La “porta della Parola” dà libero accesso alla “porta del cielo” (cf. Ap 4,1), che gli “operatori di ingiustizia” troveranno chiusa (cf. Lc 13,23-30). Le “chiavi” di questa porta il Signore le ha messe nelle mani di Pietro (cf. Mt 16,19), suo “amministratore delegato” del “tesoro della Chiesa”, ingente “capitale di grazia”, inesauribile “corrente di bene” che i fedeli possono ottenere a determinate condizioni e devono investire nelle opere di pietà, di penitenza e di carità. L’indulgenza non è uno “sconto” sulla pena del peccato, piuttosto è un “incentivo” a intraprendere un cammino di vera conversione. L’indulgenza rappresenta, per l’uomo peccatore e graziato, un invito ad approfondire il suo rapporto con Dio, “ricco di misericordia” (Ef 2,4). “L’indulgenza esprime la certezza della fede che le porte tra la vita e la morte non sono completamente chiuse”.

Nel Salterio si legge che il Signore, “grande nella sua potenza”, “ama le porte di Sion e ne rinforza le sbarre” (cf. Sal 147,13), non per impedirne l’accesso ma per regolarne l’afflusso, consentito ai giusti (cf. Sal 118,19-20), a coloro a cui Egli bussa (cf. Ap 3,20) e non gli fanno trovare chiusa la porta, come quella a cui batte, invano, un amico a mezzanotte per chiedere in prestito tre pani da offrire a un ospite giunto a casa sua da un viaggio (cf. Lc 11,5-8). La Madre di Gesù, “porta regale”, “porta felice del cielo”, ci aiuti a spalancare la porta del cuore e ravvivi in noi la preghiera dei pellegrini che salgono a Sion i quali, giunti alle porte di Gerusalemme (cf. Sal 122,2), varcano la soglia del tempio acclamando: “Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi soglie antiche, ed entri il Re della gloria” (Sal 24,7.9). “A che ti giova – avverte Romano Guardini – che i portali alti s’incurvino e i pesanti battenti si schiudano, se in te non s’apre alcuna porta e il Re della gloria non può entrare?”. “Dilata il petto. Alza gli occhi. Libera l’anima!”: questo è il cronoprogramma dell’Anno Santo!


Foto di Pamela Casasole

Gubbio – “La speranza non delude!”: il vescovo Luciano apre a Gubbio l’Anno Giubilare

Dopo la celebrazione di ieri a Città di Castello, celebrata nella cattedrale dei Santi Florido e Amanzio, nel pomeriggio di oggi – domenica 29 dicembre 2024 – il vescovo Luciano Paolucci Bedini ha aperto il Giubileo 2025 anche per la Chiesa eugubina, con una liturgia presieduta nella cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo.

I segni distintivi del Giubileo 2025 includono: il Pellegrinaggio, i fedeli sono invitati a intraprendere pellegrinaggi verso luoghi sacri, in particolare a Roma, come simbolo del loro percorso di fede e penitenza; la Porta Santa, attraversare queste porte – a Roma o nelle singole diocesi – simboleggia il passaggio verso una nuova vita in Cristo; la Riconciliazione, il Giubileo è un tempo di riconciliazione e conversione, ponendo Dio al centro della vita e richiamando alla giustizia sociale e al rispetto della creazione, e i fedeli sono incoraggiati a riscoprire il valore della confessione per ricevere il perdono divino; l’Indulgenza plenaria, durante l’Anno Santo, il Papa concede l’indulgenza plenaria a tutti i credenti che soddisfano determinate condizioni, come la confessione, la comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre; la Carità, i fedeli sono esortati a compiere opere di misericordia e atti di carità verso il prossimo, riflettendo l’amore di Cristo attraverso gesti concreti di solidarietà; la Professione di Fede, il Giubileo invita a una rinnovata professione di fede, partecipando attivamente alle celebrazioni liturgiche e rafforzando il proprio impegno cristiano; la Preghiera, personale e comunitaria, è centrale durante il Giubileo, offrendo momenti di riflessione e approfondimento spirituale. Questi segni offrono ai fedeli l’opportunità di vivere profondamente l’Anno Santo, promuovendo una crescita spirituale e una rinnovata relazione con Dio e con gli altri.

L’omelia del vescovo Luciano
Anche la diocesi eugubina, come tutte le altre, ha i suoi luoghi nei quali poter ottenere l’indulgenza giubilare. Si tratta della chiesa di San Francesco e della basilica di Sant’Ubaldo, a Gubbio, e della collegiata di Santa Maria della Reggia a Umbertide. Ecco il testo integrale dell’omelia pronunciata da mons. Paolucci Bedini all’apertura diocesana dell’Anno Giubilare in cattedrale.

La speranza non delude! È questo il messaggio che con forza il Papa ha affidato a questo Anno Santo. L’orizzonte del cuore di ogni creatura umana è la speranza. Tutto il desiderio di vita che Dio ha seminato in ciascuno di noi necessita di speranza. L’esistenza di noi figli di Dio si comprende e si spiega solo nell’ottica della speranza. Nessuna delle capacità e delle attività umane porta frutto se non ha uno sguardo di speranza.

Purtroppo siamo tutti spettatori, e a volte persino protagonisti, delle conseguenze disumane che un mondo senza speranza certa e concreta è costretto a vedere e a subire. Senza la speranza di Dio e del suo amore ogni sorella, ogni fratello, diventano sconosciuti, nemici, stranieri, diversi, invisibili, inaffidabili, inferiori, inutili. E, nell’animo umano, questo motiva e giustifica troppo spesso il sospetto, il giudizio, l’indifferenza, la lontananza, lo sfruttamento, l’ingiustizia, l’abbandono, la violenza.

Nulla di tutto ciò è degno dell’uomo e, a maggior ragione, di un cristiano, di una creatura che si è scoperta figlio amato di Dio, che ha ricevuto la grazia della Pasqua ed è stato salvato dal Vangelo di Gesù. L’indice che misura la speranza del mondo misura anche la vita e la fede di noi credenti. Noi per primi abbiamo bisogno di accogliere di nuovo il dono della speranza in Gesù morto e risorto. La Chiesa, prima degli altri, deve continuamente riscoprire la sua identità di popolo della speranza e la sua responsabilità di custode della speranza. Chi, se non chi crede, e conosce la sorgente della vita e l’attesa beata dell’eternità, può mantenere accesa la fiammella della speranza nel mondo?

La speranza che non delude quindi è quella di Gesù, anzi è Gesù stesso la Speranza. Il Figlio di Dio che si è compromesso per sempre con la nostra umanità, per guarirla e rialzarla verso un orizzonte di salvezza eterna. Ogni vicenda umana soggiace a questa verità: solo nel Dio di Gesù Cristo c’è una speranza certa e provata. Ma nessun uomo potrà affidarsi ad essa se i figli di Dio non regaleranno al mondo la testimonianza di una vita trasformata dall’amore di Cristo e perciò segno vivo e credibile di fiducia e di speranza.

Nel Salmo abbiamo pregato: “Beato chi abita nella tua casa… Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore”.

Non credo sia un caso che, dopo l’apertura dell’anno giubilare e della porta santa a Roma nella notte di Natale, l’apertura del Giubileo per le Chiese diocesane sia caduta nella celebrazione della Festa della Santa Famiglia di Nazareth. Ogni attesa di speranza attraversa necessariamente la vita e il cammino delle nostre famiglie. Chi più delle famiglie sente sulle proprie spalle il peso delle fatiche e delle ferite che le riguardano? Chi avverte nel profondo l’attesa di gesti e di segni concreti che rianimino la speranza di tutti, se non le nostre famiglie? Chi rappresenta per ciascuno di noi, meglio delle famiglie, la possibilità di un rifugio sicuro, di una rete di affetti, di una speranza di futuro?

Dentro le nostre case si manifestano con maggiore crudezza le insidie di questo nostro tempo. Pensiamo alla fragilità delle relazioni affettive e ai continui assalti che subiscono da una cultura non rispettosa della persona umana. Il timore di progettare la costruzione di una nuova famiglia, sfuggendo al canto stonato delle sirene avverse che adorano il benessere personale prima che il dono di sé. La responsabilità enorme di accogliere la vita come un dono di Dio e di educarla nel corso degli anni e delle stagioni, mentre l’onere e l’onore della genitorialità è stretto e misconosciuto tra esigenze altre. La precarietà del lavoro, come contributo personale alla vita del mondo e sostegno dignitoso alla propria famiglia, troppo spesso sfruttato, senza tutele e scarsamente remunerato. Il pensiero per la salute dei nostri cari, specie i più piccoli e i più deboli, temendo di non poter contare sulle cure e sulle prestazioni di una sanità pubblica. La condanna della solitudine, nelle varie condizioni dolorose che l’esistenza ci riserva, quando viene a mancare una rete di solidarietà e di attenzione che ne possa sollevare il peso. E poi, o forse prima di tutto, coloro che, afflitti dai tentacoli della povertà, non arrivano neanche ad avere un casa, un lavoro, una cura sufficiente per l’educazione dei figli o la salute dei propri cari.

Il Vangelo di questa Festa termina così: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Anche Gesù ha avuto bisogno di una casa, una famiglia, un’educazione e tutte le attenzioni per crescere. Come tutti, come ciascuno meriterebbe.

Ecco allora che l’annuncio della speranza non può che partire dalle nostre famiglie e per le famiglie tutte che abitano il nostro territorio. Gesti e segni concreti, per rianimare fiducia e speranza, possono essere pensati e realizzati a partire dalle condizioni di vita delle nostre famiglie. La comunità cristiana, che è famiglia di famiglie, ha la responsabilità e la missione stupenda di spalancare le proprie porte per accogliere ogni desiderio autentico di vita nuova, e di varcare le porte delle nostre case per conoscere, amare e servire la vita di ogni fratello e sorella. Se sapremo tenere aperte le porte del cuore non mancherà il soffio e l’ispirazione dello Spirito Santo a guidarci e spingerci laddove si continua ad attendere la luce e la brezza della speranza.

Viviamo questo Giubileo sul serio. Non perdiamo l’occasione di lasciarci rinnovare dal Signore. Iniziamo a mettere in pratica le indicazioni che stanno arrivando dal Cammino Sinodale delle Chiese in Italia. Rispolveriamo tutte le nostre risorse umane e spirituali e offriamole a servizio della speranza. Ogni comunità, piccola o grande che sia, inventi un segno o un gesto nuovo che riaccenda la gioia. Ogni famiglia, da sola o insieme ad altre, susciti occasioni nuove di fiducia. Ciascuno di noi, in forza della propria fede in Gesù, Speranza del mondo, compia un’azione d’amore che riattivi, in sé e nella propria famiglia, l’abbraccio dell’amore di Dio.

“Pellegrini di Speranza” è il tema-guida che il Santo Padre ha voluto dare a questo anno giubilare. Carissimi fratelli e sorelle, sentiamoci tutti invitati a percorrere insieme i sentieri che portano alla speranza. Mettiamoci anche noi in cammino e con fiducia compiamo questo pellegrinaggio che la fede ci indica. Uomini e donne di speranza, capaci di cercare e costruire motivi di speranza, consapevoli e responsabili di dover coltivare e custodire i germogli che continuamente il Dio della Speranza semina tra di noi.

Il Signore Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, radice di ogni speranza, prenda per mano le nostre Chiese diocesane, le guidi sulle vie della pace e della riconciliazione, le infiammi del suo amore misericordioso e ci doni la gioia di mettere le nostre vite a servizio della speranza dei fratelli. Amen.

Perugia – apertura Anno Santo. L’arcivescovo Ivan Maffeis: «Apriamo il Giubileo diocesano mettendoci in ascolto della domanda di speranza della Città dell’Uomo»

«La nostra Chiesa di Perugia-Città della Pieve apre l’anno del Giubileo in diocesi mettendosi in ascolto della domanda di speranza che c’è nella Città dell’Uomo. Lo fa simbolicamente dando voce a quattro interpreti-testimoni di questa speranza. Ascolteremo la sindaca Vittoria Ferdinandi, la responsabile dell’Hospice Susanna Perazzini, lo studente universitario e lavoratore Francesco Ricci, il parroco e direttore della Caritas diocesana don Marco Briziarelli». Così l’arcivescovo Ivan Maffeis nell’invitare tutta la Città all’apertura dell’Anno Santo, domenica 29 dicembre, alle ore 10.30, nel “cuore” di Perugia: Piazza Italia per poi raggiungere la Cattedrale di San Lorenzo da Piazza Piccinino percorrendo Corso Vannucci e Piazza IV Novembre. Prima di entrare in San Lorenzo per la solenne concelebrane eucaristica, verranno richiamate le parole di Papa Francesco della lettera di indizione del Giubileo “Pellegrini di Speranza”.

Analoga celebrazione di inizio Anno Santo, presieduta sempre dall’arcivescovo, si terrà a Città della Pieve, nel pomeriggio, alle ore 17.30, con partenza dal Monastero di Santa Lucia delle Clarisse per poi raggiungere la concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio. Mons. Maffeis, nel primo pomeriggio (ore 15), si recherà nel Carcere di Capanne per portare il messaggio giubilare di speranza in uno dei luoghi in cui è più fragile la vita.

Assisi – Apertura dell’Anno Santo nella Basilica di Santa Maria degli Angeli Dieci in totale le chiese giubilari dove ottenere l’indulgenza

Si apre domani, domenica 29 dicembre 2024 alle ore 15.30 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, l’Anno Giubilare delle diocesi sorelle di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, con il ritrovo dei pellegrini in fondo al sagrato della Basilica; alle ore 15.45 la liturgia di benedizione e apertura dell’Anno Santo con la processione alla Porziuncola per la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo monsignor Domenico Sorrentino; al termine seguirà un momento di animazione sul sagrato. A partecipare alla cerimonia, oltre tanti fedeli e pellegrini, anche i sindaci dei vari comuni delle due diocesi, la presidente della Regione Umbria Stefania Proietti e le autorità militari e religiose.

Sono sei per la diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e quattro per la diocesi di Foligno le Chiese giubilari, per i sacri pellegrinaggi, indicate dal vescovo Sorrentino. Si tratta della cattedrale di San Rufino in Assisi; la concattedrale di Santa Maria Assunta in Nocera Umbra; la concattedrale di San Benedetto in Gualdo Tadino; le Basiliche Papali di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli in Assisi; il Santuario della Spogliazione in Assisi; la chiesa cattedrale di San Feliciano in Foligno; la chiesa di Sant’Agostino – Santuario della Madonna del Pianto in Foligno; la chiesa di San Francesco – Santuario Sant’Angela da Foligno in Foligno; il Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia in Foligno.

Nel decreto di individuazione delle chiese giubilari, monsignor Sorrentino spiega che si tratta “di luoghi di pia visita, in cui acquistare l’Indulgenza giubilare, quelli designati dall’Ordinario, tenendo conto del fatto che ‘le stesse Indulgenze sono concesse alle medesime condizioni, a quanti non potranno partecipare alle solenni celebrazioni, ai pellegrinaggi e alle visite per gravi motivi (monache di clausura, anziani, infermi, reclusi, come pure coloro che in ospedale o altri luoghi di cura prestano servizio continuativo ai malati’). L’Indulgenza giubilare si potrà acquistare con le opere di misericordia e penitenza indicate dalle norme: la partecipazione alle missioni popolari, a esercizi spirituali o ad incontri di formazione sui testi del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, preparati a livello parrocchiale o diocesano; le opere di misericordia corporali e spirituali; la visita per un congruo tempo ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, diversamente abili…); le opere di penitenza; le opere di carattere religioso o sociale. Per facilitare l’accesso al sacramento della Penitenza – conclude il vescovo – , invito tutti i parroci e amministratori parrocchiali ad indicare con anticipo, nelle chiese parrocchiali e nei Santuari, tempi e modalità di accesso alla confessione sacramentale”.

Sussidio di Avvento per l’apertura dell’Anno Giubilare 2025

Insieme con tutto il popolo di Dio diffuso in tutto il mondo, come Diocesi e Chiese sorelle dell’Umbria, come comunità parrocchiali e associazioni, come famiglie o singoli fedeli, “anche noi” ci mettiamo in cammino, “Pellegrini di Speranza”. Iniziamo, con questo semplice sussidio, ad allenarci e a prepararci per vivere con serietà e profondità il percorso spirituale, sociale e umano che questo anno di grazia ci dona.
Abbiamo delle certezze che ci aiuteranno nel cammino: prima di tutto il punto di partenza e la méta sono Gesù; abbiamo la Sua Parola che ci accompagna e ci assiste; abbiamo il tifo e l’assistenza di una “moltitudine di testimoni”, di fratelli, amici, ed opere che ci dimostrano che questo percorso di libertà e gioia è possibile e reale.
Questo strumento offre un metodo, una via, una scheda di esercitazione personale e comunitaria da praticare a partire dall’Avvento fino all’Apertura diocesana dell’Anno Santo, che sarà domenica 29 dicembre 2024.

 

IL SUSSIDIO DI AVVENTO (DOWNLOAD)